Luigi* ha novant'anni. Fisico asciutto, carnagione scura, il suo bell'apparecchio acustico che ogni tanto emana un fischio ed un'energia invidiabile. Lo vado a trovare alla sua sezione ANPI e lo trovo al telefono con un altro partigiano con cui concorda un intervento per stasera ad una casa del popolo: "Vacci tu che sei più bravo a raccontare episodi di resistenza." Riattacca ostentando l'aria un po' scocciata: "Mi tocca andare a me anche stasera, stamani sono stato in una scuola elementare e domani [25 aprile n.d.A.] devo essere in tre posti."
Vivono giorni frenetici da protagonisti questi ragazzi degli anni Venti in questo settantesimo anniversario della liberazione dal nazifascismo. Sono rimasti in pochi e soprattutto sono pochi quelli in grado di muoversi e di raccontare. Luigi è uno di questi. Una miniera di ricordi. Figlio di comunista della prima ora, era già sui monti all'indomani dell'8 settembre 1943. Fu uno dei primi ad entrare in Firenze nell'agosto del 1944 e poi, non contento, partì anche come volontario per il Nord combattendo con la
divisione Friuli.
Per questo 25 aprile si dovrebbe avere il dono dell'ubiquità: ogni sezione ANPI, ogni casa del popolo, ogni paese ha preparato qualcosa. Ed anch'io, che non sono una testimone ma che sento il dovere della memoria, mi divido in tre posti come Luigi.
Al mattino atto di presenza alle celebrazioni ufficiali del Comune:
di corsa poi alla Manifattura Tabacchi dove accogliamo un gruppo in bicicletta che fa una "pedalata partigiana".
Nel pomeriggio, ricambio la visita alla Zona Altamente Partigiana (presso il popolare quartiere delle
Piagge da cui erano partiti i ciclisti)
ma poi mi precipito a vedere il bel film di Samuele Rossi:
La memoria degli ultimi.
Doverosa giornata piena quindi, anche se... provo una certa avversità per questo "dovere della celebrazione" che oggi, 26 aprile, è già messo dietro le spalle e i partigiani già dimenticati. Non oso pensare cosa succederà quando i ragazzi e le ragazze degli anni Venti non ci saranno più.
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nome di fantasia