lunedì 30 giugno 2014

Allenamento in Calvana

Torno sempre volentieri sopra i monti della Calvana. Pur non essendo nulla di ché come cime (la punta più alta non arriva ai 1000 metri), dal loro crinale si domina tutta la piana fiorentina: la conca della città del cupolone, Prato, Pistoia; e di là l'Appennino, il Pratomagno, Monte Giovi, Monte Morello, la valle del Bizenzio.
Nel nostro programma di allenamento in vista di un impegnativo viaggio in Val d'Aosta, il giro di 22 km in Calvana è un buon test. Si sale per per oltre due ore nel bosco, la cui piacevole ombra ci evita di sudare troppo, fino al passo di Valibona accompagnati dal cinguettìo degli uccelli. Poi si sale ancora ma per aperti prativi.
Sono sorpresa di scoprire che, pur essendo domenica, quassù non si scorga un'anima. Il sole va e viene e un bel vento fresco ci allieta scacciando anche le mosche. Una coppia di volatili (forse gheppi) plana sopra di noi e si ferma facendosi sostenere dal vento. Laggiù a destra scorrono le auto sull'A1 mentre in lontananza, nella foschia, giace sonnolenta la città. Alla croce di Retaia abbiamo la città di Prato ai nostri piedi. I tetti dei palazzi sembrano così vicini che pare di toccarli con una mano.
In questo silenzio irreale, siamo investiti dall'inebriante profumo di ginestre in fiore. Ci chiediamo il perché di questo deserto domenicale. Che sarà mai successo? E' forse un giorno lavorativo e ci siamo sbagliati? C'è stata un'allerta meteo che non abbiamo sentito?
In ogni caso, ci godiamo questa pace prima di incamminarci giù per la discesa, verso la civiltà, con il suo traffico, il suo cemento, il suo rumore.
Al prossimo allenamento.

martedì 17 giugno 2014

Assemblea di condominio

"Quando modestamente mi esprimo... cerchiamo di essere chiari..."
"Questo è stato un anello non forte della gestione..."
"Un professionista va sostenuto. Vi sono troppi gufi in questa assemblea. Io perdo il mio tempo."
"Siamo degli incompresi! Noi ci mettiamo passione e tempo e vorremmo collaborazione."
"L'equivoco va eliminato con il garbo che si addice: qui vi sono delle faide, vi è commistione tra controllati e controllori..."
"I funzionari del Comune non ci possono dileggiare così!"
"Intorno alla quinta colonna si coalizzano maggioranze strane..."
"Non potete immaginare il livello delle umiliazioni che io ho patito per voi!"
"Tagliamo questo nodo gordiano!"
 Quest'uomo esercita un fascino irresistibile in me. Un amministratore di condominio con esperienza decennale, con uno stuolo di dipendenti tra i quali il figlio e la figlia, non può non essere un gran marpione (se non di peggio). Eppure l'impassibilità con cui incassa gli attacchi, il suo linguaggio pittorescamente ricercato mi suscitano un'estrema invidia.
Chi ha avuto a che fare con riunioni condominiali sa che sono occasioni dove le persone danno il peggio di sé. Figuriamoci se si tratta di un mega condominio di 258 box auto!
C'è la prosperosa giovane avvocata con gli occhi azzurri che presiede con piglio, per nulla intimorita dalla aggressività di certi condomini. C'è l'avvocato in rappresentanza della società che possiede un congruo numero di box venuto palesemente per contestare l'amministratore. C'è quello che si assume il ruolo di "interprete", cioè di ripetere con parafrasi ciascun intervento. C'è quello che "ne sa più di tutti" e che ha fatto causa al Comune da anni riuscendo ad ottenere persino un risarcimento. C'è l'avvocato dall'accento romano che discetta se sia meglio fare un ATP o una VIS o una CPU (non sono sicura di aver capito bene le sigle, anche perché non ce le hanno spiegate!). C'è  la giovanissima "futura" avvocata che entra in polemica con la verbalizzatrice (anche lei avvocata, ma quanti avvocati ci sono in Italia!!!). C'è quello che vuole sapere le motivazioni di quelli che hanno dato voto contrario al bilancio consuntivo, ma c'è anche quello che vuole sapere le motivazioni di chi ha votato favorevole.
Insomma c'è materiale per psicologi, sociologhi, antropologi, politologi, neuroscienziati e filosofi (già consigliato a mio figlio).
Insomma, che sollievo uscire di lì!

venerdì 6 giugno 2014

Vent'anni a "casa nostra"

Vent'anni fa siamo venuti a vivere in questa casa. Era una soleggiata giornata di prima estate. Mi ricordo che uno dei traslocatori andò a comprarsi le ciliegie al mercato che era proprio sotto il nostro appartamento di allora. Ricordo anche quell'energumeno che si prese sulle spalle da solo la lavatrice per portarla giù per le scale di cantina.
Mio figlio piccolo non era ancora nato ed il grande aveva poco più di un anno. Quando lo portai con me a vedere la nuova casa, cadde inciampando subito sul primo gradino che si trova davanti alla porta di ingresso e l'ansiosa nonna materna decretò subito che non era una casa adatta a lui perché vi erano troppe scale e troppi pericoli. Ed invece ci sono cresciuti tutti e due. Tutto sommato la sua collocazione nella semiperiferia piccolo borghese, ben collegata con il centro e il resto della città, ne fa, a parer mio, una casa adatta per crescerci i figli in modo che possano essere presto autonomi nel muoversi.
Mio marito, in questi venti anni, ha spesso buttato là la provocatoria domanda: "Perché non cambiamo casa?" Non avrei niente in contrario, anzi, cambierei volentieri se potessi saltare tutte quelle fasi odiose che l'operazione comporta: la ricerca della casa adatta, le pratiche burocratiche per l'aquisto, il mutuo, le volture, la fatica immane del trasloco. Infatti io gli rispondo sempre che "chiavi in mano" io ci starei.
Non è una casa curata, anzi, vi regna il caos. Non ha il posto auto. Ha un microgiardino che è più fonte di zanzare che di ossigeno. Però è casa nostra e, anche se di solito non mi affeziono ai luoghi, le voglio bene.

domenica 1 giugno 2014

La democrazia e la delega consapevole

"Oggi noi deleghiamo il potere in maniera eccessiva ad un gruppo di persone che sta agli ordini di altre persone che non hanno bisogno di essere elette da nessuno e contano molto di più," afferma Luciano Canfora durante la puntata di Pane Quotidiano in diretta dal festival di Torino.

"Democrazia vuol dire "potere di tutti," continua il filologo, "cioè il corpo civico ha il diritto di esercitare collettivamente il potere. Quanto più grande è il corpo civico tanto più è inevitabile la cosiddetta delega, parola allarmante. Rousseau diceva che il giorno dopo aver votato il popolo inglese ridiventava schiavo."
Il rimedio? Diffondere le sedi e i luoghi decisionali nelle numerose articolazioni del corpo civico, dall'esercito alla fabbrica, dalla scuola alle università, in modo che ciascuno nel suo luogo conti qualcosa. Ecco il contravveleno a quella tremenda parola che è la delega.

"La grandezza del potere sta nel trovare sempre delle forme seduttive," aggiunge Gustavo Zagrebelsky nella stessa puntata. "Cerchiamo di guardare dietro le etichette, dietro le formule seduttive, dietro le parole mentitorie che vengono spacciate sui mezzi di informazione."

"La democrazia politica (elezioni, parlamento, ecc.) è solo un aspetto della società democratica," aggiunge il giurista. "E' molto più importante riflettere della democrazia nelle nostre relazioni individuali quotidiane. L'abitudine a prendere sul serio le proprie responsabilità tutte le volte in cui si ha rapporti con i propri simili. Le forme esteriori della democrazia si riempiono di contenuti se noi siamo in grado di esercitare quotidianamente, nella nostra vita di relazione, uno spirito democratico,  ciè uno spirito contro il prepotere, la sopraffazione, l'illegalità."
Esercitare la delega ma con spirito critico, consapevolmente.

Spunti postelettorali.