lunedì 29 dicembre 2014

Chiudere le finestre prima che arrivi il temporale

Beppe Severgnini è una passione del mio amico blogger Marco di Padova. In tutta sincerità, a me non entusiasma. Fa troppo lo spiritoso e il saccente. Tuttavia mi è piaciuto il suo intervento al Festival della Mente di Sarzana, dal titolo "Creare non vuol dire improvvisare".




Tra i suoi "dieci modi per essere creativi e possibilmente efficaci" ho trovato stimolante il consiglio di non occupare costantemente la mente. "Se tu sei perennemente occupato" dice il giornalista, "a rispondere su WhatsApp, a mandare e ricevere foto, messaggi, mail, telefonate, la mente, le idee non vengono". "La doccia, i viaggi in cui non rispondiamo non chattiamo, sono momenti favorevoli. Quel tempo in cui non puoi far altro che pensare è benedetto e non riempire anche quello lì."
Sono perfettamente d'accordo ma sono talmente avida di imparare e di conoscere che ho inzeppatto in quasi tutti i momenti "vuoti" la possibilità di seguire trasmissioni radio e televisive, conferenze, letture, ecc. Pazienza per le idee! Le lascio ai giovani.

E' vero però che per compicciare qualcosa bisogna opporre un po' di resistenza alle distrazioni. "Le occasioni che ci circondano sono eccitanti ma questo è il problema. E' umano distrarsi ma dobbiamo cercare di non farlo troppo. Le persone creative non si distraggono. Hanno antenne sensibili sempre in funzione. Si riconoscono perché sono capaci di trarre grandi spunti da piccole cose e piccoli spunti da grandi cose." 

Poi Severgnini dice che noi Italiani siamo bravissimi nell'intuire, ma tendiamo a dimenticarci di quello che è il lavoro a casa: la fatica e il metodo. Ha ragione anche quando invita ad evitare la sciatteria e il pressappochismo, a lavorare con gradualità e precisione ai propri progetti. Quale consiglio più inascoltato! Come anche quello di provare tante cose ma a patto di essere "disciplinati". "Chi scrive deve leggere. Chi canta e suona deve ascoltare. Chi cucina deve mangiare."

La parte che mi è piaciuta di più dell'intervento è però quella sul saper farsi da parte (che non vuol dire rottamare, semmai prevenire la rottamazione). "La storia procede per alleanze di generazioni" dice Severgnini. "Sapere quando chiudere il sipario è fondamentale. Bisogna imparare nella vita a chiudere le finestre prima che lo faccia il temporale rumorosamente. Piano piano. Con garbo. C'è l'età in cui le apri tutte e l'età in cui cominci a chiuderne qualcuna, se no te le chiudono in faccia. E molti, in tutte le professioni, se le fanno chiudere in faccia. Se uno ha superato i cinquant'anni e non capisce che deve cominciare a restituire, non è un egoista, è un deficiente."

mercoledì 24 dicembre 2014

Egoisti a Natale e generosi tutto l'anno (con qualche risata amara sul PD)


Oggi, vigilia di Natale, sono andata in ufficio in auto. Atmosfera un po' surreale, uscendo di casa: cielo grigio, temperatura da tiepido inverno, assenza di traffico e piacevole silenzio da giorno festivo. 
Che pace anche in ufficio! I migliori giorni dell'anno per lavorare sono questi e ad Agosto. Non perché si lavori poco, ma perché si fanno le cose che ci sono da fare con calma, senza interruzioni, senza stress. 
Invecchiando, mi sto riconciliando un po' con le feste. Soprattutto da quando non faccio più regali a nessuno. Un notevole stress di meno. Un altro bell'espediente è quello di evitare più possibile pranzi, cene e mangiate varie. Sono troppo orso? Può darsi. Ma non è con il rito dell'opulenza e della coazione al consumo che si arricchiscono i rapporti. Dovremmo trovare durante l'anno occasione di vedersi con gli amici e con i nostri affetti, occasioni per parlare, per scambiarsi idee ed emozioni, senza obblighi e senza costrizioni. 
"Siate egoisti a Natale e generosi tutto l'anno" recita un bel manifesto che la Misericordia di Piazza Duomo a Firenze ha affisso sulla propria sede che si trova giusto all'inizio di Via Calzaiuoli, una delle eleganti strade dello shopping fiorentino. Ottima provocazione. Inutile infatti cadere nella retorica del pensare "a chi sta peggio", a chi ha perso il lavoro, a chi è malato, a chi soffre, a chi non c'è più. Viene da farlo ma sarebbe anche quella un coazione ad essere "buoni per forza" e non va bene.
Meglio qualche risata amara con il surreale (ma tanto realistico) video natalizio del Terzo Segreto di Satira. 
Serene feste!


sabato 20 dicembre 2014

C'è tempo c'è tempo c'è tempo c'è tempo... per conoscere la storia

C'è un giorno che ci siamo perduti
come smarrire un anello in un prato
e c'era tutto un programma futuro
che non abbiamo avverato.

È tempo che sfugge, niente paura
che prima o poi ci riprende
perché c'è tempo, c'è tempo c'è tempo, c'è tempo
per questo mare infinito di gente.

I bellissimi versi di questa canzone di Ivano Fossati mi accompagnano tutti i giorni dalla porta di casa alla fermata dell'autobus da un paio di mesi a questa parte. Ogni giorno mi godo infatti, durante il viaggio, una puntata de Il tempo e la storia di Rai3 di cui questa canzone costituisce la sigla. Naturalmente il tutto registrato e caricato su un vecchio Ipod. Totalitarismi, vicende internazionali, guerre, politica del Novecento, biografie di scrittori e capi di stato, eventi mondiali e anche qualcosa di più lontano nel tempo come i Sumeri o Cleopatra. All'inizio la trasmissione non mi convinceva. Mi sembrava troppo breve, un po' sensazionalistica. Poi però, col tempo, mi ha preso. Gli storici che vi partecipano sono tutti di alto livello, i documenti interessanti e soprattutto è bravo Massimo Bernardini a porre le domande e le curiosità che verrebbero spontanee a noi telespettatori per primi. Certo, le puntate sono così tante che ormai non riesco a seguire altro nei miei viaggi di breve pendolarismo. Ma Fossati tutte le mattine, mentre corro come una matta, mi sussurra per ben quattro volte che c'è tempo. Ed è così lenitivo per la mia consueta ansia!



domenica 14 dicembre 2014

Nativi o immigrati ma comunque dipendenti digitali

Una rivoluzione silenziosa è in atto nelle nostre società tecnologiche: quella che ci costringe ad essere sempre iperconnessi. Come non provare stupore dal fatto che non solo, ormai da tempo, siamo raggiungibili telefonicamente ovunque noi siamo, qualunque cosa stiamo facendo e a tutte le ore del giorno e della notte, ma da quando si sono diffusi quelle diavolerie dei telefoni "furbi" siamo anche costantemente online? Certo, possiamo sempre staccare, ma chi lo fa? Chi resiste alla tentazione di non essere cercato da un SMS, da un Tweet o da un messaggio WhatsApp? E' così comodo e così divertente!
Mia madre settantaquattrenne, da completa digiuna digitale, è stata così contenta di ricevere un centinaio di auguri da amici e parenti grazie al fatto che Facebook ha inevitabilmente ricordato a tutti il suo compleanno! "Se avessi aspettato le telefonate come gli altri anni, addio!"
Come tutte le novità tecnologiche, inutile fare gli apocalittici. Meglio fare gli integrati anche se è assai difficile non farsi dominare.
Lo dimostra il questionario dipendenze digitali che è stato sottoposto ad insegnanti, alunni e genitori al liceo di mio figlio. Dalle domande si capisce facilmente dove si vuole andare a parare.
Ci sono quelle ci aspettiamo, tipo:

Quando sono in rete ho la sensazione che il tempo voli

Preferisco contattare le persone via Internet, piuttosto che per telefono o di persona

Mi emoziono a navigare o a comunicare in Internet

Ma ci sono anche affermazioni, a parer mio, stravaganti (alle quali bisogna rispondere, come per tutte, in ordine crescente dal falso al vero), tipo:

Dopo alcune ore di collegamento, le persone o le cose intorno a me mi sembrano in qualche modo diverse

Dopo alcune ore di collegamento ho la sensazione che il mondo intorno a me abbia qualcosa di irreale

Qualche volta penso che la vita reale sia più deprimente della vita "on-line"

Quando sono collegato provo una vaga sensazione di onnipotenza

In Internet mi sento più abile o scaltro

Dopo alcune ore di collegamento mi sento leggermente stordito o ho delle sensazioni strane

Ho l'impressione che in rete sia tutto più facile

Qualche volta ho l'impressione di perdermi nel cyberspazio

Le domande poi cercano di capire se si stanno trascurando amici e familiari per internet, se vi costruiamo una personalità parallela e completamente diversa da quella reale, se la rete per noi è un rifugio per superare la solitudine, la noia o le frustrazioni, ecc. 
Devo dire, che per me stare in internet è una delle cose più rilassanti che ci sia. Per me rappresenta un'evasione, quando ci sono, il tempo vola e che mi capita di pensare: "ancora un po' " ... e mi scollego" (questa l'ultima affermazione del questionario). Tuttavia la vita reale, i rapporti dal vivo e anche, bene o male, i doveri familiari e sociali hanno sempre la precedenza per me. Pertanto il tempo in cui mi posso accomodare sulla poltrona dell'Ikea a pispolettare sulla tastiera del portatile è veramente poco (lo si vede dalla frequenze e dalla lunghezza dei post). Non credo quindi di correre il rischio di maturare una dipendenza digitale e, dall'altra parte, vorrei resistere più che posso all'acquisto di un "telefono furbo"  perché la trovo una comodità che si paga a caro prezzo, cioè con il continuo intromettersi nella mia vita e nel mio così scarso tempo di informazioni che per la maggior parte non mi interessano e non ho richiesto. Un po' come quelli che tengono sempre la televisione accesa anche se non la guardano. Mai potuto sopportarlo. Ma si sa, non faccio testo: sono una vecchia cinquantenne (che spesso non risponde nemmeno al telefono), una di quelli che ho sentito definire "immigrati digitali".

lunedì 8 dicembre 2014

Trionfo di funghi, muffa e muschio

Questo finesettimana in campagna, niente raccolto.
Visto il clima, abbiamo trovato un trionfo di funghi



muffa




e muschio.




Inoltre, in nostra assenza, ha lavorato un simpatico tarlo creando pittoreschi cumuletti

 

giovedì 4 dicembre 2014

Quando qualcosa brilla in fondo allo sguardo delle ragazze


Oggi sono dovuta andare a illustrare un piccolo progetto di grafica ad una classe di un istituto professionale. Una piccola cosa da fare in collaborazione tra la nostra sezione ANPI e loro. Per i ragazzi si tratta di un esercizio, per noi un prezioso ricordo nel settantesimo anniversario della Resistenza.
Ho dovuto prendere permesso al lavoro per andarci all'ora di lezione (la mattina), ho attraversato due volte la città con lo scooter, tra il traffico, la benzina da fare, ed ho preso pure un bello scroscio d'acqua tornando in ufficio.
Tuttavia non c'è prezzo che valga quel lampo di intelligenza e di interesse che ho scorto in fondo allo sguardo di quelle quattro o cinque ragazze (i maschi facevano visibilmente i fatti loro) che, non solo mi stavano a sentire, ma facevano anche domande, osservazioni, ecc.