mercoledì 30 maggio 2007

Bello grasso!

Un campo in cui si gioca la partita degli affetti tra genitori e figli è sicuramente il cibo. "Nutrire la prole" è un'attività primaria del ruolo del genitore. Nel nostro mondo occidentale del benessere, salvo rari sfortunati casi, non c'è più il problema di riuscire a nutrire a sufficienza i figli, ma c'è il problema di nutrirli in modo sano.
La pubblicità bombarda questi poveri bambini inducendoli a mangiare cibo spazzatura e non sono molti i genitori che si preoccupano di cosa mangiano i figli. Basta vedere quanti bambini obesi ci sono.
Primo: la colazione questa sconosciuta. I bambini, si sa, fanno storie la mattina. Storgono il naso all'idea di bere il latte. Non c'è tempo. I genitori hanno i minuti contati e non possono stare a battagliare tutti i giorni. Si finisce per andare a scuola digiuni salvo mangiucchiare sotto il banco prima della ricreazione.
Secondo: lo spuntino di metà mattina talvolta diventa un pranzo (panini farciti, pizze, focacce e altra roba ipernutriente). Ne consegue che gran parte dei pasti della mensa finisce in pattumiera. Alla scuola elementare di mio figlio le maestre hanno invitato i genitori a dare ai figli per merenda uno yogurt o un frutto. Il risultato è che adesso i bambini mangiano molto di più a pranzo.
Terzo: i fuori pasto sono la regola e spesso si tratta di snack pieni di grassi. Quando aspetto mio figlio all'uscita dell'allenamento di calcio (tra le 19 e le 19.30) non c'e' un bambino che non esca chiedendo al genitore di comprargli le patatine, il gelato e qualche altra schifezza oppure addirittura chiedendo direttamente i soldi per andare al bar a comprarsi quello che gli pare. Ci fosse un genitore che gli dice che non è il caso di mangiare, visto che siamo quasi all'ora di cena!

sabato 26 maggio 2007

Uno dei "salotti buoni" del pianeta Terra

Traversata dell'Isola d'Elba a piedi con La Boscaglia: sei giorni di trekking da Cavo a Pomonte. Salendo le pendici di Monte Castello mi fermo a godermi la vista sul golfo di Portoferraio e sul Monte Capanne. Mille colori intorno a me: dal bianco dei fiori di cisto marittimo e della camomilla, al viola dei fiori di cardo e di lavanda selvatica, al giallo delle ginestre. Mille profumi: dai cespugli di rosmarino, al caprifoglio, all'eliocrisio, sinonimo per me di isole tirreniche.

Guardo quest'isola, il più importante batolite d'Europa, e ringrazio chi ce l'ha regalata. Guardo il mare liscio come l'olio solcato da barchine a vela e pescherecci e penso: "L'uomo non sarà così stupido da rovinare questo ben di Dio!". Penso a quelli che sono approdati qui nei secoli: Greci, Etruschi, Romani, Saraceni. Penso a Napoleone che arrivò qui anche lui a maggio e capisco che si sia innamorato di quest'isola.

venerdì 18 maggio 2007

Un pianeta di cento abitanti

Ho seguito recentemente su Arcoiris.tv un incontro con Luca Lombroso, meteorologo, sul tema "Ambiente. Che fare?" cioè sui cambiamenti climatici in atto e sui provvedimenti da prendere a tutti i livelli. Mi è piaciuto perchè il taglio era piuttosto divulgativo e "colloquiale" ma non superficiale. Lombroso è un ricercatore ma non ha cominciato a sparare cifre e grafici come di solito fanno gli addetti ai lavori. Ha fatto esempi concreti per quantificare l'impatto che l'attività economica e umana sta avendo sul clima. Non ha proposto modelli utopistici di società (come fa Pallante, per intenderci) ma accorgimenti che sembrano piccoli ma che comunque hanno un'influenza non trascurabile nel processo: dal classico preferire l'acqua del rubinetto piuttosto che quella che arriva in bottigliette di plastica da lontano, al quantificare la diminuzione di gas serra prodotto semplicemente portando il limite di velocità in autostrada da 120 a 90 km/h.
Alla fine ha citato quella che a prima vista mi sembrava una statistica. Poi facendo una rapida ricerca, ho scoperto che non è niente di scientificamente serio. E' una sorta di "parabola" ma di grande efficacia per far capire la situazione della terra dal punto di vista dell'iniqua suddivisione delle risorse tra i suoi abitanti. La ripropongo solo come suggestivo spunto di riflessione.
Se la terra fosse un pianeta di 100 abitanti avremmo:
- 57 asiatici, 21 europei, 8 africani, 14 americani (nord e sud);
- 52 maschi e 48 femmine,
- 30 bianchi e 70 di altri colori,
- 30 cristiani e 70 di altre religioni,
- 89 eterosessuali e 11 omosessuali,
- 6 persone possederebbero il 59% della ricchezza della terra e sarebbero statunitensi,
- 80 vivrebbero in case inadeguate, 70 sarebbero analfabeti, 50 soffrirebbero di malnutrizione;
- 1 sola persona sarebbe laureata e 1 sola avrebbe un computer,
- solo 25 avrebbero cibo in frigorifero, vestiti nell'armadio e un tetto sulla testa,
- solo 8 avrebbero soldi in banca o nel portafoglio o spiccioli sparsi per casa.

Approfitto per consigliare a chi ha a cuore il futuro del nostro pianeta e avesse modo di venire a Firenze la manifestazione Terra Futura (18 - 20 maggio 2007).

mercoledì 16 maggio 2007

Erano proprio altri tempi...

Come tutte le bambine, da piccola sognavo un bel vestito di carnevale da damina, di quelli gonfi con tanto di parrucca con i boccoli. Mi ricordo che in prima elementare mia madre mi disse che non poteva permettersi di comprarmelo e, per cercare di farmi contenta, mi mandò a scuola con un vestitino nuovo (non di Carnevale) cucito da lei, che naturalmente non apprezzai affatto.
Un paio di anni dopo, (forse con l'immancabile contributo della nonna), finalmente comprarono a me e a mia sorella un vero vestito da Carnevale: il mio da Ungherese e il suo da paesanella. Fu un tale evento che ci portarono a farci fare le foto in uno studio di un fotografo. Mia sorella vinse con quel costume il sesto premio della sfilata alla Casa del Popolo, consistente in un gioco da tavola.
Una piccola storia che mi ha fatto riflettere su come sono cambiati i tempi. Oggi, nel nostro mondo occidentale, sono pochi i bambini che sanno cos'è una rinuncia, che sanno cosa vuol dire aspettare nella realizzazione di un desiderio. E' certo una fortuna che sia così. Basterebbe però che lo apprezzassero!

lunedì 14 maggio 2007

Impegno e... risultato?

Una riflessione che mi è venuta l'altro giorno tornando da lezione di canto. Per il fine settimana dovevo imparare un pezzo difficile. Con la sensazione che non sarei mai riuscita a "digerirlo", mi sono messa alla tastiera e faticosamente (con grande tedio dei miei familiari) sono riuscita a riprodurre al melodia. Mi sembrava comunque di essere molto lontana dal saperlo riprodurre anche con la voce ed invece la maestra mi ha detto che andava bene. Sono uscita da lezione con quella sensazione di gioia infantile che si ha quando si raggiunge un traguardo dopo uno sforzo. Allora mi sono chiesta: che valore hanno oggi l'impegno, l'applicazione, la costanza volti a raggiungere un risultato?
Ho paura che ci sia purtroppo la tendenza a non impegnarsi se non si è sicuri di avere tutto subito con poco sforzo oppure a scoraggiarsi se i risultati non arrivano presto.
Anche tra i ragazzi c'è questa tendenza di precipitarsi a dire: "Non mi riesce!" salvo poi scoprire che bastava un po' di costanza e anche di pazienza per riuscire. Temo che spesso il vero motivo è che ci fa fatica impegnarci oppure che abbiamo paura del fallimento.
Il mio istruttore in palestra di fronte ad un rifiuto nel provare un esercizio nuovo, dice sempre: "Quando qualcuno mi dice <Non mi riesce>, al 95% vuol dire che non ci vuole provare".
E' vero che non sempre ad un adeguato impegno corrispondono adeguati risultati, però secondo me bisogna sempre provarci, mettersi in gioco, cimentarsi.
Be', forse sarò capatosta, ma le difficoltà mi stimolano, le sfide mi piacciono. Altrimenti mi annoio!

sabato 12 maggio 2007

SpotLab

Stamani sono andata a vedere i risultati di un laboratorio a cui hanno partecipato ragazzi di IV, V elementare e medie intitolato "SpotLab" e finanziato dal Comune di Firenze. I ragazzi, con l'aiuto di professionisti del settore, hanno dapprima studiato teoricamente il mondo della pubblicità, scoprendone i segreti, le tecniche di persuasione, le contraddizioni, ecc. e poi hanno realizzato uno spot per ogni classe. Una sorta di smontaggio e rimontaggio degli spot pubblicitari.
Mi è sembrata un'ottima iniziativa perchè, a parte il fatto di divertirsi a fare una cosa nuova e creativa, quest'attività ha dato ai ragazzi gli strumenti critici per non essere più fruitori passivi del martellamento pubblicitario. Un produttore pubblicitario presente in sala ha persino invitato fra le righe a considerare al momento dell'acquisto di un prodotto quanto del suo prezzo corrisponde al suo valore effettivo e quanto invece serve a compensare i costi della pubblicità.
Racconto questo episodio perchè mi ha stimolato due riflessioni. Non si perde occasione di criticare (spesso giustamente) le istituzioni e il mondo della scuola. Come cittadina, sono contenta che il mio comune abbia investito soldi in questa attività che ritengo utile. Come genitore, sono contenta di constatare che esiste anche una "buona" scuola.

venerdì 11 maggio 2007

Profondo blu


Nella foresta di corallo.
Fra i turbini freddi delle correnti
si ode il canto delle balene.
Il risplendere dell'acqua cristallina
scende lentamente nel profondo
come fili lucenti.
Le perle argentate
nel loro forziere
crescono solitarie e magnifiche.

Alessio, Emilio e Mejronick
(V elementare)

I figli so' piezz'e'core...

mercoledì 9 maggio 2007

Con che cosa mi curo?

Sempre più persone hanno perso fiducia nella medicina tradizionale o convenzionale e cercano di curarsi con i rimedi più strani. Sviluppando un commento che ho lasciato sul blog del mio amico Davide , io sono del parere che prima di ricorrere ai farmaci tradizionali bisognerebbe chiedersi se è proprio necessario. Innanzitutto non si dovrebbe cadere nella trappola delle multinazionali farmaceutiche che cercano di "medicalizzare" anche i disturbi più comuni che di norma passerebbero anche da soli. Inoltre i farmaci contengono, insieme ai principi attivi, anche sostanze tossiche che sarebbe meglio non prendere se non ce n'è effettivamente bisogno. D'altra parte, secondo me, bisogna anche stare attenti alla tendenza opposta cioè di rifiutare la medicina tradizionale per malattie serie. Sono abbastanza scettica sull'efficacia della maggior parte delle cosiddette "medicine non convenzionali". Di solito esse hanno un approccio più attento al paziente nel suo complesso e meno mirato a considerarlo a pezzi, ma vi sono, secondo me, pochi controlli sulla professionalità di chi le esercita e sulle controindicazioni dei rimedi.
A titolo esemplificativo racconto la storia di due miei disturbi cronici.
Soffro di lombalgia, cioè di mal di schiena, che mi ha procurato in passato i classici "colpi della strega", cioè quelle forti fitte causate da un banale movimento che ci fanno rimanere bloccati per diversi giorni. Questo tipo di episodi erano diventati sempre più frequenti con gli anni e ogni volta il tempo di recupero si faceva sempre più lungo.
Ho consultato tre ortopedici (con tre diagnosi/cure diverse), ho fatto due radiografie, una risonanza magnetica, ho provato due tipi di fisioterapia, una serie di sedute di medicina manuale, una punturona di antiinfiammatorio, varie sedute di agopuntura, cerotti antiinfiammatori transdermici, gel all'arnica ed infine, dall'inizio del 2005, faccio ginnastica medica posturale. Devo dire che quest'ultima mi sta permettendo di mantenere la situazione sotto controllo nel senso che adesso so quali attività, quali posizioni, quali movimenti devo evitare per prevenire i "colpi della strega".
L'altro mio disturbo cronico è la cistite di cui soffro da anni. Non mi consola molto sapere che una donna su quattro ne soffre. Per un periodo ho seguito avidamente un forum su Internet sull'argomento dove ho letto di donne che stavano messe peggio di me e che stavano provando di tutto. Dopo aver girato vari ginecologi e un urologo, fatto varie analisi e provato vari antibiotici, da circa un anno e mezzo cerco di non prenderne più e di curare le fasi acute con riposo e tisane rinfrescanti (malva, gramigna e uva ursina). Ciò non basterà ad evitare altri episodi ma ho notato che essi si sono diradati perchè probabilmente gli antibiotici, di efficacia sicuramente più immediata, alla lunga abbassano le difese naturali e creano casi di resistenza batterica.
Con questo racconto non voglio dare consigli a nessuno perchè, come giustamente scrive Davide: "non ci sono due malati uguali", ma semplicemente spiegare cosa intendo per evitare di intossicarsi di farmaci se ne possiamo fare a meno.

lunedì 7 maggio 2007

Pensieri dalla gradinate/2

Piccolissimo episodio che si collega alle mie riflessioni pubblicate in un post di qualche tempo fa. Domenica mattina, partita di calcio categoria "giovanissimi" (14 anni). Un ragazzo della squadra avversaria protesta perche' l'arbitro ha concesso agli altri una rimessa laterale. In effetti aveva ragione: non aveva toccato la palla che era uscita dal campo. Il padre dalle gradinate gli grida: "Niccolo', stai zitto! L'arbitro ha deciso cosi' e allora basta!"
Mai sentita una cosa del genere in cinque anni che frequento questo tipo di incontri... Gli avrei voluto stringere la mano.

sabato 5 maggio 2007

Evviva la timidezza!

Premesso che detesto i falsi timidi (tipo le bellissime attrici che confessano candidamente di soffrire tanto per la loro timidezza), la vera timidezza è un aspetto del carattere che nessuno vorrebbe avere. Ho sempre detestato chi mi faceva notare (magari con tenerezza) il mio rossore. Mi ricordo che da ragazzina mi imponevo delle prove di forza e cioè mi offrivo di fare gesti "coraggiosi" (tipo attaccare discorso con un ragazzo bellino) per forzare il mio carattere e dimostrare a me stessa che non ero timida, che stavo guarendo!
Il timido è sicuramente un insicuro, uno che ha paura dell'eventuale giudizio negativo degli altri e per questo evita di esporsi. Mi chiedo se cio è dovuto ad una sensibilità innata oppure al fatto che i nostri genitori ci hanno tarpato sin da piccoli nelle nostre manifestazioni spontanee facendoci sentire inadeguati. Non so quale sia la ragione per cui una persona è timida ma devo dire che fa tanta rabbia non riuscire a far valere le proprie ragioni in questo mondo sempre più arrogante ed aggressivo.
Eppure voglio dire basta con il mito dell'essere disinvolti, dell'apparire a tutti i costi, della sfrontatezza. E' ora di rivalutare il pudore, la mitezza, la modestia.
All'età di mio figlio, nell'adolescenza, è comune sentirsi inadeguati, impacciati e ammirare chi invece sa essere spavaldo ed esuberante. Solo con l'età si impara che la ricchezza di una persona sta nella sua sensibilità, nella sua capacità di dare, di ascoltare, di aiutare, più che nel suo apparire. Spero di aver convinto mio figlio quando recentemente gli ho assicurato che, prima o poi, ci sarà qualcuno (o, meglio, qualcuna) che apprezzerà la sua ricchezza nascosta e snobberà gli spacconi superficiali. Il proprio valore alla lunga viene fuori e quello è un gran giorno!

giovedì 3 maggio 2007

Il tempo dello studente non vale niente

Quando mi iscrissi all'università (correva l'anno 1981), fui subito colpita da un senso di anonimato. Venivo dalla scuola superiore dove ero conosciuta e apprezzata ed invece lì non ero nient'altro che la matricola 822777. Alle lezioni di letteratura inglese e tedesca eravamo tra i cento e i duecento studenti. Già per capire esattamente quale programma era da studiare per l'esame ci voleva un bell'impegno. Non era nemmeno facile trovare i libri da studiare. Per parlare con il professore c'era da mettere in campo tutta l'abilità investigativa di cui si disponeva perchè non era affatto detto che egli fosse disponibile il giorno previsto e poi non era affatto chiaro in quale stanza si trovasse.
Andare in segreteria studenti era un incubo. Voleva dire impiegare tutta la mattinata a far la coda e, mentre questo si può anche mettere in conto per l'iscrizione, per altre pratiche più veloci e banali era una cosa più difficile da mandar giù.
Recentemente sono tornata in segreteria studenti per ritirare il mio diploma di ragioniera, visto che ormai sono decaduta dagli studi e che esso rimane il mio unico "pezzo di carta". Mi ero rassegnata a fare una bella coda ma, arrivata lì, ho scoperto che alle 9 avevano distribuito i numeri degli utenti che intendevano considerare quel giorno entro le 13. E gli altri? Gli altri, mi fu detto, potevano provare ad aspettare la fine della mattinata e sperare di rientrare altrimenti niente. La stanza era piena di studenti che aspettavano seduti il loro turno.
Io, che avevo preso un giorno di ferie per sbrigare varie pratiche tra cui quella e dovevo solo chiudere i conti con quel pezzo di vita, sono riuscita a muovere a compassione un'impiegata la quale gentilmente mi ha servito di straforo.
Quando sono uscita comunque ho pensato desolata: "E' proprio vero. Ora come allora il tempo dello studente non vale niente!"
Probabilmente non tutte le realtà sono così, ma leggendo un post di Nando Dalla Chiesa mi sono resa conto di quanto sia diffusa questa situazione.