mercoledì 30 marzo 2011

I lussi della vita

Quelli che tutte le mattine si chiudono in una scatoletta di latta e si buttano nel traffico probabilmente non si saranno neanche accorti che con la finanziaria 2011 il governo ha tagliato pesantemente i finanziamenti del trasporto pubblico. Regioni, Province e Comuni hanno si sono trovati costretti a tagliare frequenza dei treni regionali e linee di autobus. Se si tiene conto che gli utilizzatori del servizio pubblico sono, per la maggior parte, gli studenti, gli anziani e gli stranieri, si capisce che si è trattato di un ennesimo colpo di scure sul welfare.
Il servizio di trasporto pubblico è quindi sempre meno "competitivo" (a livello di tempo di viaggio, ma talvolta anche come costo) rispetto al mezzo privato. Il cittadino medio che lavora, di solito, ancora ce la fa a permettersi di muoversi in auto (o male che vada in scooter). Privilegiati? Fino ad un certo punto.
Il mio posto di lavoro dista una decina scarsa di chilometri da casa mia e potrei raggiungerlo in 15 minuti in scooter, 20 minuti in auto, 35 minuti in bici o 40-45 minuti in bus. Pur avendo a disposizione tutti questi mezzi e le relative risorse economiche necessarie, pur percorrendo un tragitto poco trafficato, ho scelto di utilizzare il bus da alcuni anni perché lo trovo più rilassante e meno rischioso, anche se in termini di economicità si colloca solo al terzo posto dopo bicicletta e scooter.
Mi sono resa conto che la possibilità di fare questa scelta è in realtà un privilegio. Infatti ciò mi è consentito perché non ho un orario rigido, se ritardo non subisco nessuna sanzione, esco ad un'ora tale il pomeriggio che mi permette di organizzare bene il mio tempo libero, non devo più correre a riprendere i figli piccoli a scuola, non devo, per il momento, andare ad accudire genitori anziani. Alla fine anche i miei amici di Firenzeinbici, che si sentono eroici ad andare tutti i giorni al lavoro in bicicletta (e per certi aspetti lo sono) in realtà sono dei privilegiati perché il lavoratore (e soprattutto la lavoratrice) con le esigenze di cui sopra non può permettersi i tempi di viaggio della bicicletta. Senza contare chi ha impedimenti fisici che sconsigliano la bicicletta (basta avere una comunissima discopatia).
Alla fine, paradossalmente, il vero lusso della vita non è possedere un SUV o una pelliccia, bensì avere tempo a disposizione, poter prendersela con calma, poter dire, prima di uscire di casa, "quasi quasi ci vado a piedi così mi faccio due passi".

sabato 26 marzo 2011

Quale esempio!

"Alla scuola è affidata una larga parte del nostro avvenire collettivo", dice Corrado Augias in apertura della puntata di Le Storie Rai3 nella quale è stata ospite la giovane professoressa precaria Silvia Dai Prà, autrice di "Quelli che però è lo stesso", libro che racconta episodi della sua supplenza annuale presso un istituto professionale di Ostia.
Uno degli episodi centrali del libro è la visita a Montecitorio di una delle classi più indisciplinate dell'istituto. Dopo che la severissima guida che li accompagna ha ammonito i ragazzi con un: "Niente McDonald se non state zitti!", appena entrati, "dall'aula si alza un tale boato", racconta l'insegnante, "che possiamo solo stare lì muti e immobili con le braccia ciondoloni e la testa che scoppia. I parlamentari urlano mentre uno sta parlando, ma non si riesce a capisce di che cosa."
Silvia Dai Pra' descrive quello che ha visto in aula come "il delirio". "Ciascuno fa quello che vuole, chi sta sul computer, chi parla, chi fa battutine, chi guarda il sedere della parlamentare. Mi sono resaconto in quel momento", continua la professoressa, "che invece i ragazzi ci credevano in quel luogo, credevano davvero che stessimo andando nel Gotha della democrazia e quindi sono rimasti malissimo".
Come si fa a rientrare in classe e dire loro che devono stare zitti per sei ore di seguito, non accendere il cellulare, non tirare fuori il giornale sportivo e magari riesumare quell'antica severità che la riforma Gelmini vorrebbe?
"Mi sono vergognata", afferma Silvia Dai Pra'.
Come genitore capisco perfettamente l'imbarazzo provato da questa giovane supplente. Viene spontaneo chiedersi se sia meglio sospendere queste visite (come suggerisce Augias) o far comunque vedere ai ragazzi a che livello stanno le istituzioni italiane.

mercoledì 23 marzo 2011

Nella coda della gaussiana

Nel post del 16 gennaio scorso La variante anomala mi sono resa conto di non aver centrato bene il punto che avevo in mente perché, citando esempi virtuosi, il tema è virato su un giudizio morale con implicita riprovazione verso la maggioranza delle persone che non li segue.
In realtà l'idea di partenza era tutta un'altra e cioè quella di descrivere la mia costante sensazione di essere anomala, in un certo modo stravagante, al di là di scelte dettate dall'etica.
Proprio da un punto di vista strettamente statistico mi piacerebbe sapere, per esempio, quante cinquantenni non si sono mai truccate né tinte i capelli. Quante non hanno il buco nel lobo dell'orecchio o non possiedono un paio di stivali. Quante donne non stirano niente (tranne le camicie personali)? In quante case la prima cosa che si vede entrando è una macchina da fitness? In quante famiglie il pranzo della domenica consiste in una pizza surgelata?
Quando vado in trasferta per lavoro, pur avendo diritto al rimborso di 60 Euro al giorno per pasti al ristorante, preferisco saltare la cena (magari faccio uno spuntino) e farmi un giro a piedi. I miei colleghi mi guardano come un animale strano. Stessa espressione dei miei figli, che, sbavando dalla voglia di avere lo scooter, non capiscono perché, pur avendo a disposizione due scooter ed un auto, io vada al lavoro in bus e mio marito in bicicletta. Nemmeno i miei colleghi mi capiscono. Tanto che quando dico loro che devo scappare per non perdere l'autobus, impietositi, mi offrono un passaggio perché non concepiscono che si tratti di una libera scelta.
Potrei citare molti altri esempi. Talvolta si tratta certamente di scelte dettate da principi in cui credo, ma spesso è semplicemente questione di interessi diversi. Non so perché istitintivamente e inconsapevolmente provo un'irresistibile attrazione nel non fare quello che la maggioranza delle persone fa. Chissà in quale piega del mio Io si nasconde il motivo di questa mia esigenza.
Ho scoperto che nella rappresentazione grafica di un certo fenomeno statistico si è soliti disegnare una specie di curva che sale, ha un picco dove c'è la massima frequenza di casi per poi scendere ove la casistica si fa più rara. Quella zona lì, minoritaria e statisticamente irrilevante, pare che si chiami "la coda della gaussiana". Ah, ecco dove stavo!

(Nella foto ho preso in prestito la maglietta (non stirata) di mio figlio.)

lunedì 21 marzo 2011

Svuotando la mia wishlist

Una volta tanto non ho resistito alle offerte speciali e, complice il giorno di festa e lo "sconto tricolore", giovedì scorso sono andata in libreria con in mano la mia lista dei desideri stampata da Anobii. Compro raramente libri soprattutto perchè ho pochissimo tempo per leggerli però mi sono detta che forse la loro presenza fisica avrebbe fatto da stimolo. Mi sono anche divertita a cercarli senza chiedere aiuto ma, al solito, con scarsi successi. Non ho mai capito bene il criterio con cui sono messi sullo scaffale.
Ecco i miei acquisti:

Bozidar Jezernik, Europa selvaggia. I Balcani nello sguardo dei viaggiatori occidentali
(consigliato da Luposolitario)

Gad Lerner, Operai. Viaggio all'interno della Fiat. La vita, le case, le fabbriche di una classe che non c'è più
(ne ho parlato in questo post)

Simone Fornara, La punteggiatura
(consigliato da Dorfles in TV)

Laura Boldrini, Tutti indietro

Chuck Korr, Marvin Close, Molto più di un gioco. Il calcio contro l'apartheid
(comprato principalmente per mio figlio grande)

Malalai Joya, Finché avrò voce. La mia lotta contro l'oppressione delle donne afgane e i signori del terrore

Nicola Gratteri, La malapianta. La mia lotta contro la 'ndrangheta
(com'è che sono attratta da libri il cui sottotitolo comincia con "la mia lotta contro..."?)

Alessandro Messina, Servire lo stato. Il mestiere del bravo burocrate
(in cerca di qualcuno che mi spieghi a che diamine serve il mio lavoro)

Vista la mia velocità di lettura, mio marito ha giustamente commentato: "Così ti sei ipotecata le tue letture per i prossimi tre anni?"

venerdì 18 marzo 2011

L'Italia unita al Miche

Ottima iniziativa quella dell'editore Laterza di organizzare delle conferenze sull'unità d'Italia presso le scuole coinvolgendo insegnanti e studenti e invitando anche la cittadinanza. Mercoledì pomeriggio sono l'ho passato al Liceo Classico Michelangiolo e ho seguito quattro lezioni magistrali una più bella dell'altra. Il "Miche" (come lo chiamano affettuosamente i fiorentini) è un liceo storico di Firenze, ospitato in un vetusto edificio, ex convento cistercense e poi carmelitano, del centro. Nel labirinto di ambienti angusti e poco luminosi non mi sentirei tanto a mio agio come studentessa ma i ragazzi che vi si aggiravano erano così belli e vivi che ho presto dimenticato il déjà vu che mi riportava alla mia vecchia scuola media.
Un po' scolastica la lezione di Giovanni Sabbatucci che mirava a rispondere alle due domande di fondo sull'unità d'Italia: valeva la pena farla e si poteva farla diversamente dalla forma centralista e monarchica? Quanto alla prima domanda lo storico ha sottolineato come non ci sarebbe stato lo sviluppo economico e sociale che abbiamo avuto se fossimo rimasti divisi. Per quanto riguarda le istanze federali o repubblicane, secondo Sabbatucci, la scelta di incorporare le varie parti di Italia sotto la monarchia più forte è stata saggia e inevitabile, sia per poter gestire territori così disomogenei e riottosi, sia ottenere il riconoscimento internazionale.
Travolgente la lezione di Maurizio Viroli che ha conquistato i presenti con un excursus storico sulla "libertà del suddito" come "assenza di impedimenti", perfettamente compatibile con il potere assoluto di un sovrano, contrapposta alla "libertà del cittadino", una libertà non facile, che si conquista con una vita ispirata alle virtù civili e che non ha prezzo. Praticamente, con la sua descrizione della corte (vedi post su "La libertà dei servi"), ha fotografato la situazione attuale senza mai nominare il nome di un politico.
Piacevole la lezione di Andrea Carandini che, con tono amabile, ci ha fatto capire come l'identità italiana trova le sue radici non nelle giovani e fragili istituzioni ma nel patrimonio storico, artistico e culturale e ci ha citato diversi luoghi di Roma in cui si può toccare con mano lo stratificarsi delle nostre origini cristiane e anche pagane. "Non possiamo vivere solo di presente", ha detto Carandini, "altrimenti siamo come delle foglie al vento".
Infine l'entusiasmo di Lucy Riall per la spedizione dei Mille ha conquistato i superstiti e dipingendoci un Garibaldi come modello di modestia e generosità ("tornò a Caprera povero come era partito").
Alle 20 saluto una mia amica, insegnante del liceo, che con la sua spilla tricolore sulla giacca, mi dice quanto sia contenta della giornata ma anche distrutta: "Sono qui da stamani alle 7 e un quarto." "Coraggio", le faccio io, "domani è festa e ti riposi". "Figurati!", esclama, "Ho cinque pacchi di compiti da correggere!"
Dobbiamo andare fieri della scuola pubblica italiana e dei suoi insegnanti.

giovedì 17 marzo 2011

150 anni vengono una volta sola


"Chi l'avrebbe mai detto nella mia gioventù che sarei finito per esporre il tricolore come i fascisti?", commento del solito scettico di famiglia.
Io invece penso che questo anniversario vada festeggiato anche solo per dire che indietro non si torna, anzi, semmai l'unità dell'Italia va superata in un contesto più globale. Se devo proprio essere sincera, alla domanda "ti senti italiana?" risponderei che mi sento soprattutto europea. Del mio paese la cosa a cui sono più attaccata è la lingua, perché trovo che l'Italiano sia un bellissimo idioma, con un suono meraviglioso e una storia di cui essere orgogliosi. Per il resto, non mi sento affatto in linea con lo spirito italico e soprattutto non mi piace il pensare a un "noi" contrapposto agli "altri".
Come ho sentito da Gianguido Palumbo, giornalista autore di "Noitaliani" intervistato recentemente a Fahrenheit Radio 3, una delle ricchezze che abbiamo è proprio il nostro reale profondo, pur difficile, meticciato, il fatto che, anche se non ne abbiamo coscienza, per motivi geografici la nostra storia sia un incrocio tra popoli e culture di tutto il mondo. Concordo con lui quando afferma che "dopo secoli questo meticciato si era un po' fermato mentre, negli ultimi vent'anni, con l'immigrazione, abbiamo una nuova grande occasione di linfa vitale con tutti i problemi che comporta." Per questo provo verso gli stranieri curiosità e piacere di scoprire la diversità.
Gianguido Palumbo individua sul nostro paese tre macigni da rimuovere prima di fare qualsiasi altra cosa: il mix di micro-macro illegalità, la criminalità organizzata e l'ignoranza. Ignoranza che non è semplicemente imputabile al tasso di alfabetizzazione e scolarizzazione ma che riguarda tutta la formazione culturale di una persona, cioè "l'insieme delle esperienze che ha fatto nella propria vita, come lavora, che tipo di lavoro fa, come si distrae o si diverte, cosa legge o non legge, quante volte va al cinema, al teatro, se e cosa guarda in televisione, se ha internet. L'insieme della vita di una persona oggi nella contemporaneità tecnologica è ciò che crea il suo livello di coscienza culturale." E qui siamo messi piuttosto male.
Tanto per tirarsi su di morale, Gianguido Palumbo comincia il suo libro provando ad adattare il discorso del giuramento di Barack Obama del 20 gennaio 2009 al nostro paese per vedere se potrebbe essere applicabile:
"Prima di me oggi decine di presidenti hanno pronunciato questo giuramento. Queste parole sono risuonate in tempi di alte maree, di prosperità e di calme acque di pace ma spesso il giuramento è stato pronunciato nel mezzo di grandi temporali e terremoti. In quei momenti l'Italia è andata avanti non solo grazie alla bravura e alla capacità di coloro che ricoprivano gli incarichi più alti, ma grazie al fatto che noi, il popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali della nostra Carta fondamentale, la Costituzione Repubblicana elaborata nel 1947".
Oggi è festa ed è giusto sognare per un po'.

lunedì 14 marzo 2011

Son tutti uguali

Mattinata di colloqui con i professori (il mio sistema nervoso non regge quelli generali del pomeriggio). In attesa con altri genitori, tra un colloquio e l'altro, capita che a qualcuno sfugga un'espressione di scoraggiamento che dà il via allo sfogo generale: "Anche il mio è così, non studia, sembra che non gli importi nulla dei brutti voti, sempre a chattare, messaggiare, e Facebook, e Messanger e tutte quelle altre diavolerie pur di non studiare! Come si fa a farglielo capire? Non so più che fargli!" "E che dire del fascino irresistibile dello scansafatiche?", rincaro la dose. "Giusto! Guai a passare per uno che studia! Specialmente tra i maschi". "Le femmine sono diverse", mi assicura una mamma, "Il maschio "secchione" non è accettato."
Mi consolo quindi aspettando la prossima prof che mi dirà per l'ennesima volta: "E' sveglio e capace. Peccato che non si impegni!"
Si avvicina un'altra mamma anche lei con l'aria sconsolata: "Non so più cosa fare per la mia figliola. Fino alla terza media non mi ha mai dato problemi. Al liceo ha cominciato ad andare male. Persino quest'anno che pure è ripetente! Bocciata a settembre dopo tutta un'estate di ripetizioni!" "Forse non è la sua scuola", azzardo io. "Ma l'ha scelta lei! Fin dalla quinta elementare ha dichiarato di voler fare lo scientifico!"
Ecco mi crolla anche il mito "le femmine sono migliori". Chiedo ai miei figli che in effetti mi confermano che, per la loro esperienza, le ragazze o sono brave e studiose o sono un disastro. Difficile trovarne una della loro banda: quelli del "seino tattico".

sabato 12 marzo 2011

C-day fiorentino

"Uhm, che brutto effetto mi fanno questi tricolori che sventolano!" fa mio marito che non riesce a non associarli ai militanti di destra degli anni Settanta. "E poi qui so' tutti vecchietti!"
In effetti, a parte il rumoroso gruppo di studenti che seguiva un furgone con la musica a palla, l'età dei partecipanti al corteo era piuttosto elevata. Che tenerezza però queste signore con la Costituzione in mano e la coccarda tricolore sulla giacca! E comunque, non so perché, ad ogni manifestazione incontro conoscenti sempre diversi.
In tutta sincerità andare in piazza per me è diventato un po' un rito: preparazione del cartello da appendersi al collo, foto, album su web, post e avanti un'altra. D'altra parte, finché non si escogita una protesta più efficace bisogna farlo, bisogna esserci comunque perché il silenzio è sicuramente un segnale assai peggiore. E poi non eravamo poi così pochi (qui qualche foto). Piazza Santa Croce alla fine era piuttosto piena. Certo, ogni giorno c'è un motivo in più per indignarsi e scendere in piazza. Come si fa a star dietro a tutto?
Premio miglior cartello della giornata:

venerdì 11 marzo 2011

Mal'aria invernale

Tutti gli anni verso gennaio torna alla ribalta l'inquinamento delle città e si ritorna a parlare di sfondamento dei limiti previsti dalla legge, provvedimenti antismog, centraline, ecc. Mi sono sempre chiesta perché quest'argomento durante il resto dell'anno passi un po' di moda e ultimamente ho cominciato a darmi delle risposte. Una prima cosa da considerare, per quello che ho capito, è che ci sono vari tipi di inquinanti. Contro alcuni si è già fatto molto, come il monossido di carbonio che era la bestia nera un decennio fa e che ora pare che sia un problema abbastanza marginale, mentre per altri non si è ancora trovata la soluzione, come per le polveri sottili, dal PM10 in giù, che sono al centro dell'attenzione in questi ultimi anni.
Come continua a ripetere il mio sindaco (assai poco incline a scoraggiare l'uso dell'auto), il traffico veicolare incide solo per un terzo sulla produzione di polveri sottili. Gli altri due terzi pare siano imputabili alle attività industriali e al riscaldamento. Renzi cita, per dimostrare ciò, la giornata di sabato 18 dicembre (successiva alla grande nevicata e per questo con traffico quasi inesistente) quando le centraline di controllo hanno registrato uno sfondamento dei limiti dovuto appunto al massiccio uso del riscaldamento.
Ma anche le caldaie a metano inquinano? Pare di sì, ovviamente molto meno di quelle a gasolio. Da quello che ho capito, ogni combustione di qualsiasi tipo produce sostanze inquinanti. Il fattore riscaldamento spiega il perché d'estate, quando pure l'aria è molto pesante, non si parla tanto di inquinamento.
Un mio collega ricercatore, che studia il particolato atmosferico, mi ha detto che hanno rilevato forti produzioni in corrispondenza di stufe a pellet ed anche di camini. Ma come, il nostro romantico focolare che fa tanto atmosfera? Lo conferma anche il Dott. Tomasi, del Dipartimento di Prevenzione della USL di Lucca, che, intervistato a Controradio, afferma che bisogna purtroppo sfatare questo mito che bruciare legna sia ecologico, "basti pensare che bruciare un kg di legna è come fare 217 km con un'auto a benzina Euro 0".
E allora dobbiamo spengere i camini? Magari intanto abbassiamo il termostato del riscaldamento (l'ordinanza comunale a Firenze prevede di non superare i 18 gradi, che non è tanto, ma è di sicuro più che sopportabile) e, se possibile, bisognerebbe cercare di eliminare le dispersioni con interventi di coibentazione delle case. Gli edifici pubblici però dovrebbero dare il buon esempio. I miei figli si sono sempre lamentati di quanto sono surriscaldate le varie scuole che hanno frequentato, per esempio. Nella puntata di Ambiente Italia del 5.2.2011 è stato fatto un esperimento termometro alla mano ed sono stati rilevati anche 25 gradi in un ufficio pubblico a Milano, senza contare la vergogna dei negozi con la porta aperta (è stato mostrato come dai 4 gradi misurati all'esterno si passi ai 22 misurati appena entrati in una profumeria). Altro che caminetti!

mercoledì 9 marzo 2011

Buone notizie intorno a me

Sempre più scarsi i motivi di ottimismo leggendo le notizie di attualità. Meglio limitarsi alle cose più vicine tra le quali qualche buona notizia si trova.
  • Dopo anni nei quali, da talebana della raccolta differenziata, mi sono portata il mio sacchettino di scarti di cucina nell'unico cassonetto della zona distante circa 500 metri, stanno finalmente posizionando i cassonetti dell'organico nella mia strada.
  • Il ragazzo ruandese che sostengo a distanza tramite la Reach Italia ha brillantemente terminato gli studi. Mi è arrivata la sua foto (con la sua candida camicina bianca e l'aria un po' triste e pensosa) accompagnata dalla sua pagella: 217 giorni di presenza a scuola su 220, "buono" a tutte le materie tranne due "eccellente". Una piccola grande soddisfazione. Spero che davvero questo gli dia la possibilità di un futuro dignitoso, come dice la lettera della Reach. Mi hanno assegnato adesso Elie, un tenerissimo bambino del Burkina Faso che inizia ora il suo percorso scolastico.
  • La ricercatrice precaria di cui ho parlato in questo post (forse qualcuno la ricorderà) è stata assunta a tempo indeterminato presso il mio ente dal 1 marzo, risultando vincitrice di un concorso nazionale. La sua tenacia è stata premiata.
  • Infine, non avrei scommesso un cent sulla sopravvivenza all'inverno delle quattro piantine di geranio comprate l'estate scorsa (ricordate l'esperimento?). Due infatti sono morte ma dalle altre due, lasciate fuori alle intemperie (anche se riparate un po' dal vento) senza alcuna cura, stanno spuntando miracolosamente delle nuove foglioline verdi. Rimango sempre stupefatta della potenza della vita.

domenica 6 marzo 2011

Feticista a chi?

Il nostro personale rapporto con gli oggetti nasconde sicuramente tracce della nostra storia e del nostro carattere. Chi tende ad accumulare e chi ama disfarsi periodicamente degli oggetti, chi è morbosamente attaccato e chi ama condividere, chi ne ha una cura maniacale e chi tende a strapazzare le proprie cose. Tendenzialmente io sono per l'essenzialità. Amo di più lo spazio libero dell'oggetto che potrebbe occuparlo. Mi piacciono le cose da usare e magari anche usate da altri, con l'aria vissuta. Mi piace condividere e non amo l'idea della "mia roba".
Anche il rapporto con i libri è una bella spia del carattere di ognuno. Molti lettori forti hanno un rapporto talmente sacrale con l'oggetto libro che li porta non solo ad aborrire l'idea di prestarlo o di leggerlo sul palmare (vedi la solita storia del "profumo delle pagine"), ma addirittura aprono le pagine con delicatezza per non sciuparne la rilegatura. Figuriamoci l'idea di sottolinearlo o di scarabocchiarlo! Apriti cielo!
Francamente non ho mai capito questo tipo di attaccamento. A me piace l'oggetto libro per la sua fisicità (la forma, il peso, il colore), anche se, riguardo al contenuto, non disdegno affatto il prestito o l'ebook o l'audiolibro. Se un libro che mi colpisce particolarmente, mi piace anche sottolinearlo e persino (udite, udite) non trovo orribile farvi le orecchie per segnare una pagina (e qui il tipico feticista del libro comincia a fare gli esorcismi). Perchè no? Ecco una pagina di un manuale di Psicanalisi, letto nella mia gioventù e ripescato ultimamente per prestarlo a mio figlio, con tanto di sottolineature, nota e punti interrogativi che ancora oggi rischiafferei sulla fumosa pagina.

venerdì 4 marzo 2011

Maggiorenne


Oggi compi diciotto anni. Per la giurisprudenza la maggiore età è "l'età con la quale la persona fisica acquisisce la capacità di agire".
"E' bella la vita da maggiorenne?" chiede Matty su Yahoo answer. "Non cambia assolutamente niente," gli risponde Linda, "a parte che puoi prendere la patente e firmare le giustificazioni da solo."
E' certo una convenzione pensare che oggi sei diverso dal ragazzo di ieri, ma non è del tutto vero che non cambi niente. Forse non è un caso che proprio in questi ultimi mesi abbia visto in te i segnali di un grande cambiamento in corso, anche doloroso ma di sicuro necessario.
Io e il babbo ti guardiamo: giovane uomo, snello, che ci guarda dall'alto del suo quasi metro e ottanta, che comincia a prendere in mano le fila della sua vita, a fare le sue scelte, che non vede l'ora di andare a votare e di prendere la patente, ma che ogni tanto si volta indietro per chiedere conferma di ciò che sta facendo. Noi siamo qua per dirti che sul nostro aiuto ci puoi sempre contare ma siamo certi che te la caverai benissimo da solo. Sei un uomo intelligente, sensibile, corretto e leale.
Lasciami essere un pizzico orgogliosa di aver contribuito alla creazione di un ottimo cittadino.

mercoledì 2 marzo 2011

Ripercorrendo gli anni di blog

Ci sono due cose che trovo bellissime nel tenere un diario: scriverlo e rileggerlo. Ho riletto più volte nella mia vita i miei quadernini di quando ero una ragazzina di 11-13 anni e ogni volta con spirito ed emozioni diversi.
Così, con l'occasione dell'estrazione dei pdf del blog mi sono riletta con sorpresa, divertimento ed anche soddisfazione, i miei numerosi post e anche gran parte dei commenti. E' stato un po' come rivivere questi anni appena trascorsi, riflettere su come sono cambiata, ricordare le speranze e le
delusioni.
Tra l'Artemisia del 2007 e quella del 2011 (ma anche quella del 2008, 2009 e 2010) ho trovato delle discrete differenze. A parte il comprensibile entusiasmo per lo strumento blog che caratterizza i primi due anni, ora prevedibilmente calato, a parte la nostalgia che ho provato per il boom di commenti e di scambio di idee con i miei lettori (picco nel 2008), si percepisce chiaramente quanta urgenza avevo di raccontarmi nei primi tempi. Era un po' come aver tolto il tappo ad un recipiente a pressione. E via a parlare della mia famiglia di origine, dei ricordi di infanzia, del rapporto con i miei figli, delle insoddisfazioni sul lavoro, dei viaggi a piedi, delle manifestazioni a cui ho partecipato. E che dire dei numerosi post sui temi ambientali, sul consumo critico, sulla politica? E dei post sull'autocoscienza blogger sempre molto commentati? E quelli sul rapporto con la lettura? E quando con Marina ci siamo messe d'accordo per fare un post contemporaneo sullo stesso argomento? Che nostalgia!
Ora mi sento molto più disincantata, ma non tanto dal blog, quanto a voglia e ad entusiasmo nel denunciare le cose che non mi piacciono e nel proporre un possibile combiamento. Mi sento come in standby per quanto riguarda la situazione sociale e politica del mondo che mi circonda. Sono pronta a fare qualcosa, come sempre, ma sento ora più che mai l'inutilità, o forse la stanchezza, di parlarne. Per questo ultimamente tratto quasi sempre di cose personali, tornando, appunto, al classico diario di quando ero piccina.