mercoledì 31 agosto 2011

La difficile arte di invecchiare

Saper accettare i segni del tempo sul nostro corpo (e sulla nostra mente) è un compito arduo ma necessario. Saperli accettare vuol dire non farsene una malattia, non vergognarsene e soprattutto saperli prendere con autoironia. Un buon esercizio è trovarsi improvvisamente in minoranza in un costesto giovanile e riuscire a rapportarsi con i giovani non alla pari (perché sarebbe ridicolo) ma nemmeno con atteggiamento materno o paternalistico (tipo "vedrai cosa ti aspetta, non sai quante ne ho passate, ecc."). Tale esercizio è una delle sfide che mi è piaciuto affrontare durante il campo di volontariato in Calabria.
Riguardo all'aspetto esteriore, non avendoci mai dato grande importanza, accettare l'invecchiamento mi riesce discretamente. Di capelli bianchi ne ho ancora pochi e riguardo alle rughe continuo a ripetermi la frase di Anna Magnani al suo truccatore ("Lasciamele tutte, ci ho messo una vita a farmele").
Trovo più arduo da mandar giù invece il fatto di non avere più le stesse "prestazioni fisiche" di un tempo (e non sto parlando di quelle sessuali). In particolare mi pesa tantissimo la vista che peggiora di giorno in giorno. Continuo a dire che è la schiavitù di dipendere dagli occhiali a darmi fastidio, ma so che non è vero. Mi scoccia proprio il segno del tempo che passa.
Riguardo all'attività fisica cerco, nel limite del ragionevole, di pormi sempre nuove mete per mantenere la prestanza e la forma, come, per esempio, il fatto di essere ancora capace di fare escursioni anche di 20-25 chilometri, zaino in spalla. Con il dovuto senso della misura e con un po' di fortuna, so che questo tipo di attività si riesce a mantenere bene anche fino a tarda età.
La stessa attenzione che si dedica alla forma fisica, andrebbe riservata all'esercizio della memoria, che si può tenere sufficientemente sotto controllo, prima che sia troppo tardi, con l'uso quotidiano e anche con qualche trucchetto (dai post-it agli allarmi tramite cellulare).
Più delicato e difficile è mantenersi "giovani nel carattere". Va da sé che con l'età, mentre da un lato si acquista la saggezza di saper ridimensionare tante cose poco importanti, si acuiscono gli spigoli, si diventa sempre più intolleranti, ci si avvia ad un destino da bisbetici. Di qui la necessità di un costante lavoro di autocritica, di sapersi guardare con gli occhi degli altri, di saper fare della sacrosanta autoironia. Non è facile, me ne rendo conto, ma ci provo. E più vedo questo tipo di invecchiamento nei miei coetanei, più mi ci impegno per timore di diventare come loro. Per citare una bella frase che ho sentito da una mia coetanea al campo: "Ci vogliono molti anni per diventare "giovani", per imparare la leggerezza."

lunedì 29 agosto 2011

Donne che mi piacciono /4

Non c'è parola che sintetizzi meglio la personalità di Malalai Joya quanto: coraggio.
Ho appena finito di leggere il suo libro "Finché avrò voce" e sono rimasta colpita dalla vita di questa giovane donna afgana (nata il 25 aprile 1978, singolare coincidenza nella data?). Profuga con la sua famiglia tra l'Iran e il Pakistan, ha insegnato per anni, di nascosto ai talebani, a donne e bambine nascondendo i libri sotto il burqa e sfidando persino il coprifuoco. Eletta rappresentante della sua regione nella Loya Jirga, la costituente afgana, vi ha denunciato la presenza di quelli che lei chiama "signori della guerra", ovvero coloro che detenevano il potere prima dei talebani, che sono stati autori efferate violenze e oppressioni e che continuano, con la complicità dei paesi occidentali, salvo una verniciatina di apparente democrazia, a detenerlo ancora oggi nel governo di Karzai.
Successivamente Malalai è stata eletta anche al parlamento da dove è stata espulsa a causa delle sue audaci denunce. Vive sotto scorta, è scampata a numerosi attentati alla sua vita, ma non per questo si arrende nella sua lotta per una vera democrazia.
Guardate nel video quanto questa piccola, giovane donna fa arrabbiare i vecchi barbuti della Loya Jirga con un discorso di nemmeno tre minuti.



Ecco il testo del suo discorso:
"Il mio nome è Malalai Joya, e vengo dalla provincia di Farah. Con il permesso degli illustri partecipanti e in nome di Dio e dei martiri del cammino della libertà, vorrei parlare per pochi minuti.
Unitamente ai miei compatrioti, mi chiedo perché permettiate che la legittimità e la legalità di questa Loya Jirga sia messa in discussione dalla presenza di quei criminali che hnno ridotto il notro paese in questo stato. perché permette loro di essere qui? Sono loro i responsabil della nostra attuale situazione!
Il presidente di ciascun comitato è già stato scelto. Perché non mettete tutti questi criminali in un comitato così che possiamo scoprire che cosa hanno in mente per questo paese? Sono loro che hanno trascinato la nostra patria al centro delle guerre nazionali e internazionali! Sono gli elementi più misogini della nostra società ad averci ridotti così e hanno intenzione di ripetere quanto già hanno fatto. Credo che sia un errore mettere alla prova coloro che già hanno dato prova delle loro capacità."

Mi ha colpito il fatto che, pur non facendo alcun nome preciso, il breve discorso di Malalai è sufficiente a creare scompiglio. Probabilmente il fatto che sia una donna ad avere questo coraggio ha pesato fortemente e ciò fa capire quanto sia arretrato e misogino ancora oggi l'Afghanistan (nel libro si apprende che non è sempre stato così). E non è, come siamo portati a pensare noi occidentali, una questione di burqa (indumento che tra l'altro risulta spesso utile alle donne come difesa) perché come scrive Malalai nel suo libro: "Senza laicismo o senza una legislazione che protegga le donne dallo stupro e dalla violenza, senza possibilità di impiego, senza cibo e i servizi fondamentali la questione del burqa è secondaria."

E' triste per me pensare che l'Italia, come tutte le potenze NATO sia complice di questa situazione. Ormai nessuno può sinceramente continuare a credere che i nostri soldati siano in quel paese in missione di pace. Come ben ha spiegato il generale Fabio Mini, militare di grande esperienza tra cui il comando della missione di pace in Kossovo, ospite da Augias qualche mese fa: "La nostra missione in Afghanistan è una guerra fatta per uno scopo che ipoteticamente è di pace. Tecnicamente è una guerra, i nostri soldati combattono. Lo scopo in teoria è la pace e molti ci credono ma probabilmente si stanno perseguendo degli interessi. I nostri soldati non devono essere presi in giro con la favola dell'azione umanitaria, altrimenti vi partecipano con una tensione bassa e senza percezione del rischio reale. "
Mi consola solo un pochino sapere che il mio Comune ha conferito a Malalai Joya il Giglio d'oro. Infatti l'instancabile afgana ha portato la sua testimonianza in tutto il mondo, ha vinto premi, ma ancora oggi non si può permettere di prendere un gelato con una amica senza temere di essere riconosciuta o peggio ancora aggredita da chi vuol far tacere la sua scomoda voce.


venerdì 26 agosto 2011

E se vi dico "femminismo"?

Si tratta del titolo di una rubrica lanciata dalla trasmissione "Frequenze di Genere. Storie di donne passate e presenti" in onda su Radio Città Fujiko (ma scaricabile anche da internet), che ho scoperto questa trasmissione grazie al blog Donne pensanti. Tre giovani ragazze, con il loro compìto e tenero accento bolognese, trattano vari temi "in un'ottica di genere", come si usa dire.
Così mi sono scaricata tutte le puntate e le ho sentite in vacanza traendone alcune informazioni e spunti interessanti.
Alla domanda posta nella rubrica di cui al titolo, gli ascoltatori hanno cominciato a parlare di "donna scialba e incazzata con cartello intenta a manifestare". Invece a me la risposta che è piaciuta di più è stata quella di Chiara:

“E’ inevitabile non avere un riscontro di vecchie immagini e vecchi filmati quando si nomina il “femminismo”. Ricordo ancora i brividi che mi provocavano quando ancora ero bambina nel vederli, una sorta di consapevolezza latente su milioni di battaglie che anch’io avrei dovuto affrontare prima o poi nella vita.
Definire il femminismo non è certo un gioco semplice. Io è da una vita che cerco di capirci qualcosa. Su me stessa. Sulle altre. Sugli errori e sulle contraddizioni. Sugli estremismi.
Da piccola mi chiedevo come fosse possibile che una donna, una ragazza, una femmina non fosse “femminista”. Da piccola essere femminista voleva dire per me lottare per determinati diritti, per determinate opportunità, esistere a pieno in quanto donna. E mi pare assurdo che tutto ciò fosse rifiutato in primis da una donna, verso se stessa.
Crescendo ho iniziato a capire un po’ meglio questo mondo, e forse questa cultura.
Definirsi femminista spaventa, perché con “femminismo” rievochi una determinata cultura politica, non soltanto una questione di genere. Le femministe sono ancora, nell’immaginario collettivo, le streghe urlanti che giravano con i peli sotto le ascelle, lesbiche radicali che avrebbero ucciso piuttosto ucciso un uomo per l’amore delle proprie sorelle.
Il “femminismo”, come movimento, è stato tanto ed ha assunto molteplici forme, come poi era, a mio avviso, giusto che fosse. Quelle mie compagne di classe che si dicevano antifemministe, la pensavano così, era tutta una questione di sinistra. Il femminismo s’è sporcato degli errori di una generazione, ma secondo me ci voleva.
Ho cercato di approfondire più volte l’argomento nel corso della mia vita e neanch’io mi rispecchio in un certo radicalismo, ma ci voleva, in quel momento bisognava iniziare spaccando tutto.
Quando si parla di femminismo bisognerebbe però fare attenzione a non cadere in questa facile trappola rievocativa. Una donna è una donna, bisognerebbe scatenarla un attimo dal retroterra culturale di appartenenza, dalla fazione politica, dal colore, dalla religione. Il “femminismo” non è o non dovrebbe essere un semplice ramo della cultura di sinistra. Il “femminismo” dovrebbe riacquisire un valore originario, dovrebbe essere semplicemente, in primis, una questione di donne“.

Ha ragione Chiara: come fa una donna a dichiararsi "antifemminista"? E' come se un essere umano di dichiarasse "antiumano". Suona tanto di paura di non essere accettata. Le donne, tutte le donne anche le ricche occidentali istruite, devono sempre impegnarsi almeno il doppio degli uomini per ottenere la stessa cosa. Non parliamo poi se sono povere e se hanno la sfortuna di nascere in un paese povero. Che poi qualcuna appartenente a quella realtà multiforme che erano (e sono) i movimenti delle donne abbia detto o fatto qualche stupidaggine, ci sta. Vogliamo per questo negare la necessità di non abbassare la guardia sui diritti conquistati e continuamente messi in discussione, sugli stereotipi che rinascono tenacemente come le erbacce nel mio giardino, sulla finta libertà di disporre del proprio corpo vendendolo in cambio di soldi, carriera, favori, sul martellamento pubblicitario a base di poppe, cosce e culi pur di vendere qualsiasi cosa?
A proposito di quest'ultimo, sono assolutamente da seguire e sostenere quei blog come Donne Pensanti oppure anche l'ottimo Un altro genere di comunicazione che non si stancano di denunciare allo I.A.P. le pubblicità sessiste e offensive.
Tornando alle dolci ragazze di Frequenze di genere (non me ne vogliano di questo mio atteggiamento materno dato che avranno la metà dei miei anni), finalmente ho trovato qualcuna che la pensa come me sulla bellezza:

"E' abbastanza inquietante pensare che i nostri gusti, anche i nostri gusti erotici, possano essere storicamente, culturalmente e socialmente determinati, frutto di mode o convenzioni, la cui origine a volte non conosciamo oppure ci siamo dimenticata. In particolare la questione della depilazione la collego ad un'idea di controllo sociale ovvero la depilazione, a mio parere, rappresenta una forma di repressione interiorizzata. Le maggiori guardiane di questo ordine, ovvero di essere perfettamente depilate, sono le donne stesse che sono le prime a guardare con orrore chi osa non estirpare la peluria. Le donne restano soggiogate da questo sentimento di vergogna e di inferiorità.
Penso che impossessarsi del proprio corpo significhi anche sottrarlo a meccanismi del genere, acquisendo anche la consapevolezza di quello che si è e accettandosi per come si è, anche se non è sempre facile. A corpi ritoccati, di plastica, labbra perfettamente lucide, preferisco una bellezza che si sleghi dai canoni che rappresentano un'omologazione, che cambiano in base alle mode e ai costumi, per riaffermare il diritto di ogni donna di essere bella com'è, con le proprie rughe, con qualche filo di capelli bianchi, con un po' di cellulite. Anche perché penso che gran parte della bellezza non sia qualcosa di esteriore ma sia legato soprattutto alla personalità."

Mi ha ricordato una discussione con le mie giovani compagne del campo di lavoro quando l'argomento era caduto sui vari metodi di depilazione. Ho provato a dire loro: "Ragazze, teniamo sempre presente che la necessità di depilarsi è solo una convenzione, che tra l'altro è mutata nella storia." Mi hanno guardato con aria interrogativa e hanno esclamato: "Sì, ma.... i peli... che schifo!!!"

Qui un bell'esempio di quello che io intendo come bellezza femminile non stereotipata

Qui la presentazione di Annamaria Testa su "Donne e pubblicità"

mercoledì 24 agosto 2011

Letti in vacanza

Il libro che sto leggendo merita un post a parte che farò quando l'avrò finito. Per il momento dico solo che ho avuto la conferma di ciò che già sapevo: quanto si godono di più le letture, sia di libri che di riviste, quando non si lavora, quando il sonno notturno è in quantità sufficiente a ricaricare il cervello, quando si ha la mente sgombra delle innumerevoli incombenze e scadenze quotidiane! Non c'è confronti!
Anche la rivista mensile Altreconomia, a cui sono abbonata da anni, e che non riesco mai a leggere se non di sfuggita, mi ha donato in questo periodo spunti interessanti.
Nel numero di Marzo, per esempio, ho appreso del pesante impatto ambientale del caffè in cialde che pare stia vendo un grandissimo successo. Se ne sono accorti nel mitico comune di Capannori quando, studiando come ridurre il già esiguo rifiuto indifferenziato e aprendo i relativi sacchetti, hanno scoperto che vi era un gran quantità di capsule di caffè che, avendo l'involucro o in alluminio o in plastica, non possono essere riciclate. Ma perchè non usare la vecchia moka? Oltretutto l'articolo dimostra che un caffè con le cialde costa circa sette volte di più. Pensavo, nella mia vasta ignoranza sul caffè, che fosse una questione di gusto ed invece scopro che è solo perché "non abbiamo più tempo". E ti pareva!
Nel numero di Aprile invece ho trovato agghiacciante l'articolo "La discarica hi-tech". Tonnellate di rifiuti elettronici, provenienti da Europa, America e Giappone, partono dal porto di Anversa per l'Africa dove vengono buttati in discariche a cielo aperto. Qui bambini poverissimi li smontano e soprattutto li bruciano per ricavare i metalli che hanno un certo valore commerciale. Bambini altrimenti destinati a morire di fame, peccato che respirando questi fumi prodotti dai ritardanti di fiamma, bromurati, piombo, cadmio e diossine, non arriveranno a vent'anni. Cosa possiamo fare visto che i prodotti elettronici sono fatti con obsolescenza programmata e quindi destinati ad avere vita breve? Forse qualche spunto ci può venire dall'Ecoguida di Greenpeace.
Affascinante invece l'articolo sui semi di grano antichi che stanno scomparendo. Forse non sarà essenziale per l'umanità, ma il fatto che di 291 varietà di frumento che si coltivavano in Italia nel 1927, oggi se ne coltivino sì e no 5 o 6 tipi, a me sembra una gran perdita, al di là della facile ironia di mio marito, fan di DB. Mi verrebbe voglia di assaggiare il pane del GAS di Vecchiano fatto con le varietà verna, gentil rosso, inallettabile o frassineto.
La mia rabbia di comsumatrice critica ha subito un'impennata nel leggere l'articolo "Il buyer pentito" ove si apprendono tutti i trucchi (e il loro costo) per indurre (attenzione: non convincere) l'homo consumens a comprare di più di quello che gli serve. Si capisce quindi perchè, per esempio, gli ipermercati sembrano tutti uguali e perchè cambiano continuamente la collocazione dei prodotti (che arrabbiature ogni sabato!) aumentando così "il tempo di permanenza nel negozio". Sul tema vi è uno spettacolo teatrale trasposto anche nel libro "Label. Questioni di etichetta".
Purtroppo mi ha un po' deluso la lettura della rivista "Noi donne", storica rivista femminista che risale addirittura al 1937 e alla quale mi sono abbonata quest'anno per sostenerla. L'ho trovata poco concreta, un po' fumosa. Eppure ci sarebbe tanto da dire sulla questione femminile, ma su questo tornerò prossimamente.


lunedì 22 agosto 2011

Visti in vacanza

Durante l'anno raramente riesco a vedere un film perchè la sera sono troppo stanca e in quell'oretta che mi rimane dopo aver sparecchiato e prima di crollare di sonno al massimo riesco al massimo a vedere un pezzo di qualche trasmissione che ho registrato (Udite udite: Vcast ritorna con una nuova versione!). Così nelle passate due settimane di vacanza ne ho approfittato per vedere un po' di film e qualche puntata delle tante che ho in archivio di La storia siamo noi. I miei commenti ai film sono comunque tutti sul mio account di MyFilmTV.

Ecco la playlist frutto di compromesso con mio figlio cinefilo:
- Madame Bovary *** Confezionato con maestria. Brava la Huppert. Madame Bovary fa sempre comunque molta rabbia.
- Irina Palm *** Mi aspettavo un film più leggero, mentre è abbastanza drammatico. Maggie, signora di una certà età che si mette a fare seghe in un sexy shop per salvare il proprio nipotino in pericolo di vita, suscita commozione ma anche rabbia per come subisce il mondo con il suo ingenuo stupore.
- Caos calmo ** A parte l'egocentrismo di Moretti di cui si inizia ad essere un po' stufi, a parte la scena di sesso esplicito con l'Isabella Ferrari di cui non si capisce l'esigenza tranne quella di alzare l'audience e il compenso per la Ferrari medesima, il film tocca dei temi interessanti: la revisione della propria esistenza dopo un evento traumatico, il rapporto padre-figlia, la scoperta che il proprio coniuge ha un mondo tutto suo di cui non si sa niente, il prendere le distanze dal lavoro e dai suoi problemi. Tutti temi che il film lascia appena accennati e che quindi lasciano lo spettatore deluso.
- Giovani, carini e disoccupati ** Favolina americana. Lui e lei che si desiderano ma non lo vogliono ammettere. Il tema dei laureati disoccupati (forse l'unico di qualche interesse) è appena sfiorato.
- Il posto dell'anima **** Un po' Pomigliano, un po' Eternit (per le morti di cancro), gli operai e le loro vite personali al centro di un film un tantino didascalico ma comunque ben fatto. Poi c'è la multinazionale spietata che vuole chiudere la fabbrica, fabbrica da difendere anche se fonte di morte, il gap culturale che ostacola la partecipazione alla trattativa in Usa e persino la grande distribuzione che annienta la piccola impresa artigianale. Bravi gli attori e bella la fotografia.
- East is East **** Divertente ma anche commovente questa commedia sull'integrazione e sugli immigrati di prima e seconda generazione nell'Inghilterra degli anni Settanta. Singolare famiglia di un Pachistano, attaccatissimo alle sue tradizioni e alla sua religione, che a stento parla inglese, ma che ha sposato una donna inglesissima con la quale ha fatto ben sette figli.
- Giordano Bruno ** Non è un film storico tradizionale. Risente nello stile del periodo in cui è stato fatto (primi anni Settanta). Recitazione esagerata che passa repentinamente dal silenzio all'urlo, insistenza sul dialogo, preponderanza di scene interne e buie tipo quadro caravaggesco. La locandina con la Rampling nuda la dice lunga. Bravo Volontè, ma io mi aspettavo qualcosa di più chiaro sulla figura del filosofo. Magari anche di un po' meno "sessantottino".

Ed ecco le puntate di La Storia Siamo noi che ho visto:
- L'infame e suo fratello. Storia di Patrizio Peci, il primo brigatista pentito, e del fratello Roberto, rapito e ucciso dai brigatisti. Non prendiamoci in giro: metodi mafiosi ammantati di ideologia.
- La dolce vita. Roma, Cinecittà e Via Veneto negli anni Sessanta. Contrasto tra lo stile di vita dei VIP e le baraccopoli delle periferie. Interessante ma un po' dispersivo.
- Uomini e miniere. Il mondo dei minatori italiani, incidenti compresi, nel racconto dei protagonisti.
- Il Filo d'oro. Cinquant'anni di moda italiana. Deludente perché più che la moda delle persone comuni tratta dei successi dei più famosi stilisti italiani.
- La sigla. Carrellata di sigle televisive dagli anni Sessanta agli anni Duemila. Che nostalgia!
- L'alba del quarantasettesimo giorno. Storia del rapimento e assassinio del direttore della Montedison a Porto Marghera, Giuseppe Taliercio. Commovente.
- Il Terzo Reich a colori (in due parti). Filmati inediti con le prime pellicole a colori dal 1937 alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Da amatori.

sabato 20 agosto 2011

Stacco rigenerante con sorpresa

Saranno quasi vent'anni che trascorriamo i giorni intorno a Ferragosto in questa casa di famiglia, in questo piccolo anonimo paese di collina che non ha neppure un bar. Lo scopo rimane sempre quello di togliersi dalla città in un periodo in cui tutte le attività sono ferme e l'aria si fa appiccicosa.
Ci sono stati anche periodi in cui ho provato un po' di insofferenza per il soggiorno in questa casa, come per esempio quando c'era da costringere i figli a fare i compiti per le vacanze oppure per il fatto che alla fine finisco per fare più pulizie in questi giorni di ferie che in un anno a casa mia.
Tutto sommato però sono contenta di avere questa opportunità e sono soddisfatta anche di queste due settimane appena trascorse. Non ho fatto niente di speciale nè di emozionante o divertente, anzi, quest'anno c'è pure presa la pigrizia per le escursioni in montagna, però è stato uno stacco rigenerante. Tornerò su quello che ho letto, ascoltato e visto.
Infine mi sono accorta con stupore che la cosa che ho apprezzato più di questo ultimo brandello di vacanze per quest'anno è stata la compagnia dei miei figli (dato che la compagnia di mio marito, per fortuna, ho modo di apprezzarla tutto l'anno). Durante l'anno con i ragazzi ci vediamo poco e male. Nel breve tempo che trascorriamo insieme essi sono troppo immersi nelle loro cose, assorbiti da internet o di passaggio tra un impegno sportivo e l'uscita con gli amici. Il rapporto si limita quindi ai rimproveri per lo stato in cui lasciano le cose e gli ambienti, alle raccomandazioni, alle "comunicazioni di servizio" riguardo alla scuola ed ad altre cose, alle trattative sui soldi, gli orari, ecc.
Invece vivendo tutto il giorno insieme a loro, oltre alle immancabili discussioni, c'è spazio anche per condividere la visione di qualche film, o per scambiare qualche opinione o per prendersi in giro a vicenda o per accorgersi che non sono solo dei petulanti adolescenti viziati ma anche delle persone. Insomma un qualche sprazzo di umanità ce l'hanno anche loro. Chi lo avrebbe mai detto?

sabato 6 agosto 2011

Pausa relax


Ultima tranche di ferie. Stavolta si va in campagna. Nessuna aspettativa "avventurosa" (anche se qualche sorpresa non è da escludere).

Propositi per le prossime due settimane:
- leggere i sei mesi arretrati di riviste,
- leggere almeno un libro,
- trascrivere le visite degli Amici dei Musei,
- ascoltare due mesi di Fahrenheit,
- scrivere qualche post da pubblicare al ritorno.

Troppo ambiziosa come al solito? Forse sì.
Intanto se lo scrivo qui mi sento più compromessa.

Stay tuned!

giovedì 4 agosto 2011

E ora come faccio?




VCAST chiude!

Un colpo veramente mancino. Non riesco proprio a capacitarmi. Non si capisce perché e nemmeno se aprirà qualche sito analogo.

E io come faccio????
Non guardo mai la televisione in diretta perché non posso sicuramente permettermi di stare davanti al video nell'ora in cui vanno in onda le mie trasmisisoni preferite. E' troppo complicato e limitato registrare con il vecchio VHS. Ed anche rivedere le puntate messe successivamente quelle in rete è molto scomodo.
Io campavo di VCAST, un portale che permetteva di registrare più trasmissioni insieme, memorizzarne la periodicità (tutte le settimana, tutti i giorni, ecc.), scaricare i file e vederseli su PC oppure sul lettore mp4 in bus, in treno, a letto nelle notti insonni, quando e dove si voleva!
L'esperto di famiglia mi dice che non c'è niente di analogo in rete e ciò è confermato anche dalla redazione di VCAST.

MA PERCHE'????
A me basterebbe la RAI, anzi, a me basterebbe RAI3 scaricabile in podcast esattamente come Radio RAI. E non pretendo i film che sono opere artistiche, mi basterebbe poter scaricare Report, Presa diretta, Che tempo che fa, Le storie, Parla con me, Blu notte, La storia siamo noi, La Grande Storia, Correva l'anno, DOC3. Insomma tutte le trasmissioni che concimano il mio cervello. In cambio vi lascio tutti i telequiz, telenovelas, partite, gran premi e reality.


UFFAAAAAAA!!!!!