venerdì 30 marzo 2007

La secchiona

Dal mio diario di quando ero bambina:
7 gennaio 1971, "Finalmente le vacanze sono finite ed io non mi annoierò per mezza giornata..."
3 gennaio 1978, "...Il mio unico divertimento è a scuola..."

Se non si fosse capito (vedi post "W la squola"), a me piaceva andare a scuola. Sono sempre stata una brava scolara, mai presa un'insufficienza. I miei figli infatti dicono che ero una secchiona. In realtà non studiavo molto perchè apprendevo molto in classe ed avevo un'ottima memoria.

Ma quanto i successi scolastici misurano il valore di una persona?
Mi piacerebbe fare un'indagine in proposito. Sono numerosi i casi di grandi personalità, scienziati, artisti, scrittori, che sono stati studenti mediocri. Vi sono invece ex studenti brillanti che, di fronte alle richieste della vita adulta, non hanno saputo sfruttare le loro capacità. Mi sento di essere una di questi.
I miei genitori non mi hanno stimolato a continuare gli studi oltre il diploma perchè mi hanno indicato come meta un sicuro impiego pubblico e una famiglia. Da parte mia, dopo la maturità, mi sono intestardita a mettere in primo piano l'indipendenza economica rispetto all'università. Dall'altra parte il mio impatto con l'università (Lettere e Filosofia a Firenze) è stato quanto mai demotivante: folla di studenti considerati poco più di numeri, lezioni mediocri, professori mediocri, accoglienza nulla.
La conclusione: vita tranquilla ma banale, lavoro sicuro ma noioso, tutti i comfort, poche emozioni.
Talento sprecato? Come potro' mai scoprirlo!

mercoledì 28 marzo 2007

Andare in bici a Firenze

Oggi ho fatto una cosa che mi ero proposta da tanto tempo: mi sono iscritta all'associazione FirenzeinBici, che fa un ottimo lavoro di pungolamento verso le istituzioni della mia città affinchè, al di là delle belle parole, favoriscano davvero l'uso di questo mezzo. Pubblico quindi il servizio del TGR Toscana realizzato con la collaborazione dei volontari di questa associazione. Con la speranza di poter diventare una ciclista più assidua...

lunedì 26 marzo 2007

Cos'è l'impronta ecologica?

"Impronta ecologica" è una brillante definizione del calcolo statistico dell'impatto ambientale dei consumi di un individuo, di una nazione, ecc. Con dei complicati calcoli, si riporta con una misura di superficie quanto “pianeta” consuma un certo stile di vita. Per saperne di più http://it.wikipedia.org/wiki/Impronta_ecologica. Si pensi che se, per esempio, l'impronta ecologica procapite mondiale è di 1,9 ettari, quella di un cittadino italiano in media è di 4,2, quella di un Indiano è di 1,0 e quella di uno Statunitense è di 9,6 ettari!
Il calcolo naturalmente ha molti limiti ma rende bene l'idea di quanto pesa lo stile di vita dei paesi occidentali in termini di consumo di risorse naturali.
Si può calcolare la propria impronta ecologica tramite un questionario sul sito del WWF .
Da quando mi sono appassionata per i temi ambientali e del consumo critico, ho cercato di scovare nei miei piccoli gesti quotidiani il modo di diminuire la mia impronta ecologica. Ne riporto una lista non esaustiva nel caso potesse servire a qualcuno come spunto:
- ho cominciato ad usare l'autobus per recarmi al lavoro invece dello scooter (tranne nei due o tre mesi più caldi, cercando pero' anche in quelli di usare la bicicletta compabitilmente con i miei acciacchi);
- nel tempo libero cerco ove possibile di muovermi a piedi o in bicicletta;
- ho eliminato completamente l'acquisto di acqua minerale;
- ho messo i riduttori di flusso a tutti i rubinetti di casa;
- ho sostituito quasi tutte le lampadine di casa con modelli a basso consumo;
- cerco di ricordarmi sempre di spegnere gli standby degli apparecchi elettrici;
- tengo il crono-termostato del riscaldamento a 18,5 gradi;
- faccio la raccolta differenziata dei rifiuti il più possibile;
- compro capi di abbigliamento solo quando ne ho bisogno e non semplicemente per cambiare (come facevo prima regalando pacchettate di vestiti agli enti di beneficienza ad ogni cambio di stagione);
- mangio carne una volta alla settimana e pesce una volta alla settimana (per diventare completamente vegetariana ho ancora da vincere diverse resistenze in ambito familiare);
- compro sempre solo verdura e frutta di stagione;
- sto ancora più attenta di prima a preferire prodotti che, a parità di altre caratteristiche, hanno fatto meno strada;
- non uso più piatti, bicchieri e posate usa e getta, nemmeno nelle feste;
- in ufficio uso il più possibile la luce che viene dalle finestre;
- tengo il fan coiler della mia stanza spento sia d'inverno che d'estate utilizzando la temperatura che entra dalla porta;
- a fine giornata spengo stampante e monitor;
- stampo solo i documenti strettamente necessari e sempre fronte-retro;
- riciclo il bicchierino di plastica del distributore automatico del caffè per una o due settimane (un po' fanatica, eh!?!).
Potrei sicuramente fare di più, ma credo che l'importante sia aver preso consapevolezza del problema e continuare a modificare gradualmente il mio stile di vita.
Certo, se mi guardo intorno....mi sento proprio sola!

venerdì 23 marzo 2007

Cosa farò da grande?

Guardo i miei figli ed i loro coetanei e mi chiedo come saranno da adulti. Chi di loro concluderà qualcosa di buono? Chi sarà un insoddisfatto? Chi avrà successo? Chi sarà più sfortunato?
Mi chiedo se già nei bambini ci siano dei segnali che facciano capire le loro potenzialità e se ci siano o meno in loro i mezzi per tirarle fuori. Non mi sto riferendo al destino a cui non credo, anche se credo che alcuni avvenimenti casuali possano fare da catalizzatori per concretizzare o meno le potenzialità di ciascuno.
Quando scrivo "avere successo" non mi riferisco alla carriera o comunque al successo professionale. Certo, riuscire a fare un mestiere che ci piace e che ci dà soddisfazione è un grande punto di arrivo, indipendentemente da quanto esso sia remunerativo o da quanta notorietà ci dia.
Quello che auguro con tutto il cuore ai miei figli è di trovare ciascuno la propria strada, qualunque essa sia. E' impossibile non avere rimpianti ma auguro loro di poter un giorno dire: "La mia vita mi piace così e non la cambierei con quella di nessun altro".
Ecco quello che penso mentre gli spio e cerco di immaginarli proiettati nel mondo degli adulti, con le loro capacità e i loro limiti.

martedì 20 marzo 2007

I misteri dei tufi etruschi


Impressioni a caldo di ritorno da un viaggio a piedi tra natura e testimonianze storiche nella zona a cavallo tra Toscana e Lazio (Pitigliano, Farnese, S.Quirico di Sorano, Sorano). Per me che sono toscana e che comunque ero già stata da quelle parti, è stato singolare scoprire l'esistenza delle vie cave. Si tratta di percorsi scavati nel tufo dagli Etruschi, costellati di grotte che probabilmente erano tombe. Vie sacre o semplici strade di comunicazione?
Molto suggestive le rovine preistoriche e medievali delle Sorgenti della Nova, circondate da uno splendido paesaggio che fa invidiare la coppia di sparvieri che lo sorvolano. Come anche quelle di Rofalco, immerse nella selvaggia e solitaria Selva del Lamone. Percorrendo l'intricata selva ci si imbatte anche nella Rosa Crepante, una specie di anfiteatro di lava.
Mi è piaciuta anche l'escursione notturna alla città abbandonata di Vitozza. Infine abbiamo visto due eremi solitari scavati nel tufo.
Questo viaggio mi conferma che non è necessario andare lontano per scoprire posti belli e sconosciuti ai più. E poi è stato piacevole camminare insieme a persone che non conoscevo prima (e che forse non rivedrò più) ma che so che condividono con me la passione per la natura e la voglia di un turismo che non pesi sull'ambiente, un turismo dal "passo leggero".
Per saperne di più: http://www.boscaglia.it/programma/2108_b.htm

giovedì 15 marzo 2007

Per esser belle bisogna soffrire?

Tempo fa, visitando la Galleria del Costume, ho potuto notare quanto gli abiti delle nobil donne del Settecento fossero all'insegna della sofferenza di chi li portava: avevano un busto che stringeva tutto il torace (provocando danni ai polmoni e parti prematuri) e due ceste di vimini per gonfiare la gonna che impedivano alle dame persino di sedersi.
Riflettendoci però sono giunta alla conclusione che oggi le cose non siano cambiate molto. Anche la moda femminile attuale richiede sofferenza. Cari uomini, avete mai provato a pensare come si cammina con i tacchi a spillo e magari con le scarpe a punta che strizzano le dita? Avete mai provato a portare i collant che, oltre ad essere noiosissimi, provocano un sacco di problemi ginecologici e urinari (lo so, non potete capire!)? Avete mai pensato a come si deve stare con un filo che passa tra i glutei o con la pancia scoperta d'inverno? Senza contare gli stivali che cuociono le delicate vene delle gambe oppure il sublime dolore della ceretta.
Mi sono chiesta perchè la moda maschile non propone mai capi che comportino disagio (tranne forse la cravatta, non so). Semplice: perchè gli uomini non li porterebbero mai. Non sono mica scemi!
Pensandoci bene, nel mondo animale è il maschio delle varie specie che cerca di essere attraente (dalla ruota del pavone alla criniera leonina), non la femmina. La femmina non ha bisogno di essere attraente perchè è colei che deve scegliere il compagno e non viceversa.
Perchè allora la donna si preoccupa tanto di attrarre sessualmente l'uomo?
Secondo me le donne si dovrebbero ribellare alle imposizioni della moda e della pubblicità. Donne, curiamo il nostro corpo per quanto riguarda la salute, la tonicità, l'armonia e facciamoci apprezzare per la nostra intelligenza, la nostra personalità, la nostra sensibilità. Credo che queste siano carte molto più vincenti dei tacchi alti e della biancheria sexy. O no?

lunedì 12 marzo 2007

Arte...misia

Artemisia Gentileschi, per chi non lo sapesse, era figlia del pittore Orazio Gentileschi ed era anche lei una pittrice. E' vissuta tra il 1593 e il 1653. Non deve essere stata facile la vita per una donna pittrice nel Seicento. Infatti nella sua vita dovette affrontare uno stupro e, quel che forse è peggio, un processo durante il quale, come al solito, lei passò presto da vittima a colpevole. Il processo finì, come si può immaginare, con una lieve condanna dello stupratore (un pittore amico del padre).
Nell'immagine che ho scelto come profilo, Artemisia non raffigura semplicemente l'episodio di Giuditta che decapita Oloferne, ma esprime tutta la sua rabbia e tutto il suo desiderio di vendetta. Ho scelto questo dipinto perchè oltre ad essere bello (trovo che i colori siano stupendi) è di grande potenza emotiva.
Vivo in una città d'arte e sono socia degli Amici dei Musei da vent'anni. A dir la verità non ho grande senso estetico. Il mio approccio verso un'opera d'arte è più storico. Cerco di capire chi era l'artista e cosa ha voluto esprimere con la sua opera.
Trovo che la cosa più grande dell'arte è che l'opera sopravvive alla persona e ci fa parlare di lui/lei anche dopo secoli. E' una sorta di vittoria sulla morte, l'unica, secondo me, che possa esserci.

sabato 10 marzo 2007

W la rete!

Una delle cose su cui mi trovo d'accordo con Beppe Grillo è la sua idea di dare la "cittadinanza informatica" alla nascita. Accedere alla rete è una grande opportunità. Certo, bisogna stare attenti a non prendere per oro colato tutto quello che si trova su internet. Non essendoci per fortuna nessun controllo (per ora) su quello che è pubblicato, ci si trova anche delle stupidaggini incredibili.
Ho già scritto sulla rete come preziosa fonte di informazione .
L'accesso alla rete per tutti (e per tutte le tasche) sarebbe anche un ottimo metodo per diminuire il traffico e l'inquinamento perchè, per esempio, permetterebbe di fare tante pratiche senza muoversi da casa. Senza contare il telelavoro o le lezioni universitarie in video conferenza.
La rete inoltre può far sentire meno soli come succede ai miei suoceri che vivono in campagna e ai quali tutti i giorni mando un email (che loro teneramente chiamano "lettera"). I miei suoceri, via internet, fanno la spesa, comprano libri ed altri oggetti, fanno operazioni bancarie e leggono quotidiani. Eclatante è anche il caso della blogger spagnola
di 95 anni
che riceve migliaia i contatti al giorno.
Tutto questo ed altro che adesso non mi viene in mente è il bello della rete. Bisogna ovviamente combattere il lato negativo, a partire dai brutti "incontri" che si possono fare fino alla dipendenza da videogiochi (di cui ho qualche esempio in casa).

giovedì 8 marzo 2007

Non mimose, ma opere di bene

Permettetemi uno sfogo sull'8 marzo che è tanti anni che mi sta sullo stomaco. L'8 marzo NON E' la festa della donna, analoga alla festa degli innamorati, della mamma, del papà, ecc. NON E' il giorno in cui si regalano mimose e le donne vanno la sera in pizzeria con le amiche.
L'8 marzo è una ricorrenza politica. Per chi non lo sapesse, questa giornata ricorda l'incendio durante il quale morirono, l'8 marzo del 1908, 129 operaie in sciopero chiuse a chiave dal proprietario nella fabbrica Cotton a New York. Altro che pizza con le amiche!
L'8 marzo quindi dovrebbe essere una giornata di lotta (termine desueto, ahimè) o comunque di riflessione sulla condizione della donna. Non è questione di essere "pari" o no all'uomo (proviamo a chiederlo alle donne iraniane o alle ragazzine africane infibulate). In Italia leggi adeguate ci sono, anche se sono sempre in pericolo (come la 194). Si tratta di farle rispettare e si tratta di combattere ancora la mentalità patriarcale e maschilista che si esprime nelle violenze in casa e fuori ma anche nell'iniqua suddivisione dei compiti familiari.
Per questo chiedo agli uomini meno mimose e più gesti quotidiani.

martedì 6 marzo 2007

Mettiamola fuori legge!

Poichè concepisco questo blog come un diario personale, sono restìa a pubblicare appelli o interventi esterni. Faccio un'eccezione per questo di Altreconomia, sia per la considerazione che ho per questa rivista a cui sono abbonata, sia per il tema che mi è caro (vedi post Oro blu), sia per Francesco Gesualdi che è uno dei miei riferimenti.

Cari amici,

con questa lettera vogliamo -innanzitutto- ringraziarvi.
Per aver aderito alla nostra proposta di pensare se e come regolamentare la pubblicità delle acque in bottiglia (dal 10 febbraio ad oggi abbiamo registrato quasi 800 adesioni) e per averci suggerito -con i vostri commenti- alcuni spunti e approfondimenti che ci saranno utili per andare avanti e provare a strutturare una vera e propria campagna.
Se l'idea continua a piacervi vi chiediamo di girare l'invito ai vostri amici.
Intanto ecco, in anteprima, il commento di Francesco Gesualdi (Centro nuovo modello di sviluppo) che uscirà sul numero di marzo di Altreconomia (da martedì nelle botteghe del commercio equo), insieme ad alcuni aggiornamenti dal mondo dell'acqua in bottiglia.
Grazie di tutto.
La redazione di AE


FARE A MENO DELLA PUBBLICITA
È provato. La pubblicità si fa aggressiva quando la gente non vuole saperne.
La prova? Esiste pubblicità per il pane? Non ce n’è bisogno, lo mangiamo da millenni e continueremo a farlo finché ci sarà del grano disponibile.
Fa parte della nostra cultura. Beviamo anche acqua: non da millenni, ma da milioni di anni.
Da quando l’uomo è comparso sulla terra. Prima di sorgente, poi di pozzo, infine del rubinetto: nessuno ci ha mai spronati a farlo.
Invece, oggi, subiamo un bombardamento da 380 milioni di euro all’anno per essere costretti a bere acqua in bottiglia. Altrimenti nessuno la berrebbe.
In assenza di condizionamento quale persona di buon senso opterebbe per una scelta tanto insicura, dispendiosa e inquinante? Nessuna società di buon senso accetterebbe di fare viaggiare tutti i giorni centinaia di camion da un capo all’altro d’Italia per fare bere ai trentini l’acqua di Caserta e ai casertani l’acqua di Trento.
Alla faccia degli allarmi sul clima e della necessità di ridurre le emissioni di CO2 del 60%.
Se vietassimo la pubblicità dell’acqua in bottiglia contribuiremmo agli obiettivi di Kyoto molto di più della lenzuolata di provvedimenti farsa messi a punto da Bersani e Pecoraro Scanio, veri pannicelli caldi.
Ma renderemmo giustizia anche all’intelligenza umana e all’opinione pubblica che quotidianamente è presa per il bavero da spot pubblicitari che tentano di inebriarci inneggiando all’acqua “zero grassi” o “che fa pisciare”.
In un mondo serio, la pubblicità non dovrebbe esistere, perché i consumi non vanno spinti, ma frenati in nome della sostenibilità e dell’equità. La gente non ha bisogno di messaggi ingannevoli, ma di informazioni serie sulla qualità dei prodotti, la sicurezza, la storia ambientale e sociale.
Dunque: non spot privati al servizio delle imprese, ma un servizio pubblico di informazione sui prodotti al servizio della gente. Purtroppo non viviamo in un mondo serio, che si pone
come obiettivo primario la salvaguardia dei beni comuni per garantire a tutti il diritto alla vita. Questo mondo è asservito alle imprese che per il profitto della giornata distruggono il mondo, la gente, la pace.
Non so se ce la faremo a invertire il senso di marcia prima di giungere alla catastrofe, ma dobbiamo provarci.
Anche a costo di essere derisi come forse succederà quando ci presenteremo per chiedere il divieto della pubblicità sull’acqua in bottiglia. Se non altro forse riuscirà a fare riflettere qualcuno e questo sarebbe già un grande risultato.

Francesco Gesualdi

Altreconomia. L'informazione per agire
http://www.altreconomia.it
"Mettiamola fuori legge! La pubblicità, non l'acqua in bottiglia"
http://www.altreconomia.it/acqua /acqua>
tel. 02-83.24.24.26

lunedì 5 marzo 2007

Al supermercato di Dio

L'Italia è un paese a maggioranza cattolica, ma la maggioranza degli Italiani, interrogati sul loro essere religiosi, risponde: "Io sono credente ma a modo mio"; "Credo in Dio ma non in quello che insegna la Chiesa"; "Sono credente ma non vado in chiesa, prego quando mi sento".
Io sono stata battezzata ed ho fatto la prima comunione con relativo catechismo, ma con l'età adulta ho maturato la convinzione che Dio non esiste. Penso che Dio sia un'invenzione dell'uomo per sentirsi meno solo e per consolarsi della morte. Ho grande rispetto per chi crede nel Dio cristiano (come in qualsiasi altro Dio), a patto che lo faccia con animo sincero e con coerenza.
Non mi piace la religione fai-da-te perchè è troppo comoda e spesso non è accompagnata da un adeguato comportamento morale in coerenza con ciò in cui si afferma di credere. E' una religione da supermercato: compro solo quello che mi interessa e il resto lo lascio sullo scaffale. Sì al matrimonio in chiesa perchè è più coreografico; no all'astinenza sessuale prima del matrimonio. Sì a battezzare i figli perchè non si sa mai (è un po' come fargli una polizza assicurativa); di andare tutte le domeniche a messa invece non se ne parla (che noia!), "prego quando mi sento".
Dio non è una persona che sta lì ad ascoltarti quando ne hai bisogno (quello e' il confessore o lo psicologo). Il Dio dei cristiani è un qualcosa da coltivare anche con sacrificio e soprattutto con l'amore per il prossimo.
Purtroppo le gerarchie della Chiesa cattolica sono le prime a mostrare poca coerenza. La Chiesa Cattolica nella storia ha fatto seri danni e si è sempre schierata dalla parte dei potenti al contrario di quello, che secondo gli insegnamenti di Cristo, avrebbe dovuto fare. Anche oggi basta pensare all'impegno che sta mettendo contro la fecondazione assistita, le coppie di fatto e l'eutanasia, in confronto a quello che invece impiega contro le guerre, il liberismo che affama gran parte della terra, le violenze ad ogni livello, la mafia. Non c'è confronto.
Trovo che ci siano e ci siano stati dei preti degni rappresentanti di un Cristianesimo autentico e coerente. Per nominarne solo alcuni: Giuseppe Puglisi , Lorenzo Milani , Alex Zanotelli , Luigi Ciotti , Enzo Mazzi. Ecco, se la Chiesa avesse il coraggio e la coerenza di queste persone, ci sarebbero molti più cristiani veri.

Personalmente mi ritrovo sulle posizioni dell'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (blog: http://www.uaar.it/news/).
Ho trovato interessante anche il blog di Maurizio Ferraris , autore del libro "Babbo Natale, Gesù Adulto. In cosa credi chi crede?"

sabato 3 marzo 2007

Due ruote di libertà

Dedico questo post al mio amico blogger Alessio, coraggioso attivista della Critical Mass di Catania.
Anche per me la bicicletta è il mezzo ideale per muoversi: ci libera dal traffico, non inquina e ci mantiene in forma.
Una trentina d'anni dopo la mia graziella che vedete qui accanto, mi sono comprata una mountain bike e ho fatto dei bei giri sulle colline acquistando anche un discreto allenamento (intendiamoci: parlo di 20/30 km per volta). Poi purtroppo sono arrivati i guai fisici: la bicicletta ha dato il colpo di grazia alla mia schiena già malandata e in più ha aggravato i miei problemi all'apparato urinario. Così, con molti rimpianti, mi sono rassegnata ad usarla solo saltuariamente e per brevi tragitti.
Al simpatico Alessio che scrive che pubblicizzerebbe di più la bicicletta dei mezzi pubblici , vorrei chiedere di tener presente anche le signore con qualche acciacco che non ce la fanno ad andare in bici tutti i giorni!
Come ciclista del cuore (più che del perineo), simpatizzo con il movimento Critical Mass e con la FIAB e spero che gli amministratori delle città dimostrino di più la volontà di incentivare l'uso della bicicletta, costruendo più rastrelliere e più piste ciclabili. Allo stato attuale infatti girare nella mia città in bicicletta è un po' da suicidi.
Una cosa però la devo dire: non capisco quei ciclisti che vanno in mezzo al traffico dei viali di circonvallazione, rischiando la vita ed intralciando il traffico, ignorando la pista ciclabile che il Comune ha realizzato accanto. Tante volte sono stata tentata di affiancarmi e chiedere loro perchè non la usano. Se qualcuno ha una risposta, me lo scriva.