giovedì 30 dicembre 2010

Caro segretario del Partito Democratico Pier Luigi Bersani

Così comincia un'audiolettera di un ottimo giornalista di Controradio, Raffaele Palumbo, sul tema della comunicazione. Si prende spunto da una recente affermazione di Pier Luigi Bersani che, secondo Palumbo, è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso: "Darsi una trama istituzionale che sia coerente con le esigenze di governance di questo problema qua, che va messo in orizzontale, come abbiamo detto, ma che può avere anche verticalmente delle strumentazioni che possono essere messe a disposizione di un ben inteso federalismo."
L'audiolettera prosegue riportando altri esempi di comunicazione politica, da quella della vecchia Tribuna Elettorale, ad Aldo Moro nel 1966, alla volgarità dei leghisti, alla rozzezza di Di Pietro, all'arroganza di La Russa, alle barzellette di Berlusconi, alla retorica di Vendola, all'amabilità di Renzi. Il tutto accostato alla supercazzola di Amici miei.
Questa audiolettera mi è piaciuta molto sia come elettrice del centrosinistra sia perchè il tema mi sta molto a cuore (e ne ho già scritto in un accorato post precedente), tanto che mi sento di sottoscriverla punto per punto.
Non ho niente contro Bersani che, anzi, mi sembra una persona seria e preparata, ma quando lo sento parlare mi fa pena (anche rabbia, ma soprattutto pena). Non vi faccio il solito riassuntino perché vorrei davvero che ascoltasse l'audio qui (dura circa 18 minuti).
Che succede quando la politica parla così? Si chiede Palumbo e me lo chiedo anch'io da tempo.
"Rigorose, chiare, giuste, necessarie, comprensibili e magari emozionanti sono le parole di una politica perseguita con onestà e spirito di servizio."

lunedì 27 dicembre 2010

C'è chi dice no, c'è chi fa il suo mestiere e c'è chi ci marcia

Vincenzo Cenname si è fatto il giro di tutte le trasmissioni di Rai3: da Le storie di Corrado Augias a Report (nella rubrica "C'è chi dice no"), ad Ambiente Italia (puntata del 4.12.2010).
Durante la campagna elettorale per sindaco di Camegliano (provincia di Caserta, 1900 abitanti) il giovane ingegnere ambientale ricevette minacce. Appena eletto andò a mettere il naso in una cava in cui si scavava da trent'anni senza controllo e ben al di là di quanto autorizzato e fece sospendere i lavori. Poi si mise contro la lobby dell'eolico che voleva installare un impianto ben diverso da quello approvato dai cittadini in un referendum comunale. Inoltre si oppose alla privatizzazione della rete idrica, affidata ad una azienda privata senza gara pubblica, e fece approvare lo stop al consumo di suolo oltre il perimetro attuale del paese. Ma il pezzo forte della gestione Cenname sono stati i rifiuti: la riduzione (distribuzione di pannolini lavabili alle neomamme), la raccolta differenziata (arrivata al 60% in quattro anni, con operatori e mezzi comunali, contenendo le tariffe) e lo smaltimento (ricerca degli impianti per il trattamento dell'umido che non esistono nella provincia di Caserta).
Già nel 2004 Camegliano si era rifiutato di far parte del Consorzio Provinciale per la raccolta, lo smaltimento e la tariffazione dei rifiuti (consorzio nel quale la magistratura individuò rapporti con la camorra) riuscendo a contenere le tariffe sui 90 euro/abitante/anno contro i 120/130 dei comuni che invece vi aderirono. Ma con la legge 26 del 2010 il servizio passa obbligatoriamente ad una società provinciale a cui il comune deve trasmettere l'archivio degli utenti. Vincenzo Cenname si è rifiutato e per questo (in soli 10 giorni) è stato destituito dall'incarico. Comune troppo virtuoso, sindaco pericoloso. "Ce lo invidiano in tutta la provincia di Caserta" dicono i cittadini durante la loro manifestazione di protesta.
Mi stavo accingevo a scrivere che il problema rifiuti in Campania è scomparso dalle prima pagine quando, aprendo Repubblica.it, ecco che ricompare di nuovo il tema.
Secondo Walter Ganapini, ex assessore all'ambiente in Campania, che ha risolto l'analoga emergenza a Milano nel 1994 (con 65.000 tonnellate di rifiuti per strada contro le 3000 a Napoli di un mese fa) "tecnicamente il problema non esiste". Ganapini afferma ad Ambiente Italia (puntata del 27.11.2010) che "La Campania potrebbe importare almeno 2-3 mila tonnellate al giorno di rifiuti perché ha impianti industriali di trattamento, che altrove funzionano benissimo, capaci di trattare 8500 tonnellate al giorno". Perché non viene saturata la capacità di questi impianti? Cui prodest?




Nella Interview di Controradio del 14 dicembre scorso sentiamo invece Paolo Stancanelli, direttore operativo di Asia, la municipalizzata che si occupa della raccolta, che spiega in modo chiaro i termini della questione dal loro punto di vista di addetti ai lavori: ogni giorno Napoli produce 1400 tonnellate di rifiuti. Asia raccoglie solo quello che può conferire, il resto rimane a terra, e così i giorni seguenti. "Il nostro compito, raccogliere i rifiuti, lo sappiamo fare bene, ma bisogna avere la garanzia di poter scaricare i camion".
Nel 2009, primo anno in cui in Campania non c'è stata emergenza, c'è stato un incremento di raccolta differenziata di 6 punti percentuali, ma la raccolta differenziata, dice Stancanelli, è un processo che si avvia nel corso di 4, 5 o 6 anni come è accaduto in tutte le città del Nord e del Centro e purtroppo nel 2010 con la nuova crisi c'è stata una battuta d'arresto.
Bisognerebbe quindi smettere di pensare in modo emergenziale, di rincorrere soluzioni tampone, di mettere toppe a breve scadenza. Ci vorrebbe un piano strutturale ad ampio respiro, un sistema industriale che smaltisca e tratti i rifiuti. Mi sembra evidente invece che ci sia l'interesse (probabilmente da più parti) di mantenere l'emergenza perché essa genera flussi di denaro.
Intanto sei compattatori di ottima qualità provenienti dal consorzio fiorentino Quadrifoglio aiuteranno fino a gennaio a ripulire le piazze di Napoli. Un bel messaggio di solidarietà. La cosa divertente è che essi hanno impressa sopra la campagna per la riduzione dei rifiuti: "Compreresti rifiuti? Lo stai già facendo". Pare che le facce dei Napoletani di fronte a questo slogan siano state piuttosto stranite.

sabato 25 dicembre 2010

Un anno più vecchia


La saggezza dei miei quarantotto anni mi ha fatto arrivare alla conclusione che c'è un modo semplice ed efficace per superare il nervoso delle feste natalizie: aspettare che passino.

A tutti auguri laici di serenità.

Artemisia

giovedì 23 dicembre 2010

Voglio vivere a Tenganan

Ludovico Guarneri si definisce "malato esperto". Ascolto sempre con interesse le sue Lezioni di stile a Controradio, brevi colloqui con Sabrina Sganga che offrono uno sguardo diverso, originale sulla malattia, sulle cure e anche su altre cose più generali.
Ultimamente ha raccontato del suo recente viaggio in India e in Indonesia, dove era stato già molti anni fa.
"Vi ho trovato una grande rilassatezza." racconta Ludovico Guarneri "Lì ho imparato che quando ci rivolge ad una persona è meglio farlo con il sorriso e parlando a voce bassa. Su un muro ho letto un motto che diceva: "il passato è la storia, il futuro è mistero, il presente è un regalo".
Il malato esperto racconta poi del villaggio Aga di Tenganan, uno dei pochi villaggi balinesi a resistere all’invasione dei Majapahit nel 1343 e dove quindi sono rimasti i balinesi originari. Per tradizione gli abitanti di questo villaggio non fanno niente tranne tessere dei tessuti sacri per le cerimonie o fare offerte agli dei. Il paese è circondato da un muro e per entrare si deve dare un'offerta. Questi Bali Aga sono quindi persone molto rilassate perché non hanno quasi niente da fare. Altri lavorano per loro. Vi ricorda qualcosa?

lunedì 20 dicembre 2010

Lontana è assai la Svezia

Anche se ormai (con un po' di sollievo) il tema non riguarda più la mia quotidianità, mi è piaciuta molto la puntata di Fahrenheit Radio 3 sui padri che prendono il congedo parentale per accudire i figli piccoli. Lo spunto è il provvedimento approvato al Parlamento Europeo (che dovrà poi essere recepito dai singoli paesi della UE) che estende a 20 mesi il congedo per le madri (ma in Italia è già previsto) e riserva ai padri due settimane a pieno stipendio.
Ospiti della puntata due padri in congedo: Stefano dell'Orto, dirigente d'azienda italiano che vive a Stoccolma e che racconta la sua esperienza in un blog che si chiama Diario di un papà in congedo parentale e lo scrittore Vito Bruno (autore de L'amore alla fine dell'amore. Una lettera dalla parte dei padri).
Ecco quello che apprendiamo sulla Svezia da Dell'Orto (e anche da un'ascoltatrice che interviene):
  • 480 giorni di congedo parentale di cui 60 riservati alla mamma e 60 al papà (che ne ha anche 10 lavorativi alla nascita del bebè). Durante i 480 giorni lo stato paga l'80% dello stipendio sino a 42.400 Euro all'anno. Molte aziende poi aggiungono la differenza per garantire sino al 90-100% dello stipendio nominale effettivo (più alcuni bonus introdotti recentemente). Inoltre si è spesso incoraggiati e stimolati sia dall'azienda che dalla società (famiglia, amici, conoscenti, eccetera) a prendere il congedo. "In azienda si sarebbero stupiti se non avessi preso il congedo e avrebbero pensato qualcosa come: "possiamo affidare i nostri dipendenti ad una persona che non si prende cura nemmeno della propria famiglia?"
  • l'85% dei padri usufruisce del congedo di paternità;
  • a Stoccolma ci sono i fasciatoi anche nei bagni degli uomini;
  • gli autobus sono gratuiti per chi li prende con il passeggino, hanno il pavimento alla stessa altezza dei marciapiedi ed hanno al centro dei grossi spazi dove i passeggini possono stare e fare manovra;
  • asilo nido aperto tutto l'anno e costa circa 100 euro/mese;
  • 100/120 euro al mese per ogni figlio indipendentemente dal reddito;
  • dentista gratuito fino a 19 anni (tutto questo a fronte ovviamente di un prelievo fiscale medio del 45% ma con una restituzione in servizi inimmaginabile per noi).
Ben diversa l'esperienza di Vito Bruno che racconta come sia l'unico babbo a portare e riprendere il figlio all'asilo nido e per questo è visto come un "caso singolare" (devo dire che non è tale la mia esperienza personale, risalente ormai a diversi anni fa: al nido dei miei figli i padri sviaggiavano tranquillamente).
Vito Bruno però lancia una provocazione che mi torna perfettamente: da parte del mondo femminile c'è richiesta di aiuto e collaborazione ma l'atteggiamento attivo dei padri è visto come "un'invasione di campo", c'è una resistenza da parte delle donne al fatto che i padri facciano i padri. Ho notato anch'io sovente che, pur lamentandosi della poca collaborazione del marito, tante donne nei fatti stentano a delegare la cura dei figli perché in fondo non si fidano, perché vogliono avere almeno in questo campo un ruolo prioritario e accettano al massimo un aiuto del tutto esecutivo.
Sono sincera, sarà che mi sento così poco "materna", sarà che la cura dei figli piccoli per me è una noia mortale, trovo tenero, commovente e benemerito quando sono i padri ad occuparsene con entusiasmo come si evince dal blog di Stefano Dell'Orto:
"... stare a casa è splendido, sia per il legame che si crea con Sofia, nonché con il resto della famiglia, sia perché scopro aspetti della mia persona che raramente utilizzo in altre situazioni."
"Il primo mese è passato velocissimo e sento che voglio godermi ogni momento dei tre che rimangono!"


P.S. nella foto: una giacca pensata per i babbi di figli piccoli con scomparti per pannolini ed altri accessori.

sabato 18 dicembre 2010

Qui Firenze: "la civiltà si sta sgretolando"


Ai primi straprevisti fiocchi di neve, ho irriso la mia collega che è scappata temendo di rimanere bloccata con l'auto. "Tze!", mi dicevo, "Chi, come me, viene in ufficio con i mezzi pubblici ha il ritorno garantito." Poi verso le 14 è giunta la notizia che i bus non circolavano più e che in tutta la città il traffico era bloccato. Gulp!
Così ci siamo tutti accodati, sotto la neve che continuava a scendere, al nostro collega "esperto pendolare" che viene dal Valdarno e che ci ha guidati alla stazione più vicina che dista a piedi circa un quarto d'ora. Tutti fiduciosi che su un treno ci si potesse contare.
Arrivati lì tra frizzi, lazzi e battute su quanto è "piacevole" la morte per congelamento, abbiamo notato con un filo di apprensione che la neve sui binari era intatta. "Un treno prima o poi passera!" continuava a dire il mio collega fiducioso.
Quel buontempone di mio marito continuava a scherzare: "La civiltà si sta sgretolando. Si cominciano a scorgere le prime bande armate!" E tutti a ridere. Poi quando qualcuno a provato a chiamare a casa con il cellulare e si è accorto che le linee erano inutilizzabili, ci siamo scambiati uno sguardo un po' allarmato.
Alla fine abbiamo appreso che anche i treni erano fermi. Così ognuno si è arrangiato come poteva. Io e mio marito ci siamo incamminati e siamo arrivati a casa dopo circa un'ora e mezzo di cammino sorpassando file e file di auto in colonna. La città era infatti tutta un'unica coda.
Povera nostra civiltà che conta troppo sull'auto, sulla benzina, sull'elettricità!


giovedì 16 dicembre 2010

Assaggio di Roma


Tre giorni a Roma per lavoro. Ci vado sempre volentieri in questa città, che conosco ormai così bene da girarla quasi senza cartina.
Il paradosso di imparare le astruse e bizantine regole degli appalti pubblici, in un paese nel quale le regole sono fatte per essere aggirate. Il pellegrinaggio a Piazza Vittorio per vedere il luogo del libro di Marina. L'abbraccio con lei e il capire che sarà molto improbabile rileggerla in rete. Il quartiere di San Lorenzo con la sua aria genuina e le numerose lapidi sulle case. Gli studenti che sfilano in via Cavour, così tanti e così belli che non meritano il futuro che stiamo lasciando loro. Il sapore vero del quartiere del Testaccio. La pace della Città dell'Altra Economia (che rischia di chiudere e che invece bisognerebbe salvare). Un piatto di farro con lenticchie biologico che mi ha fatto sentire a casa. Le notizie degli scontri in centro e il pensiero preoccupato ai ragazzi che ho visto sfilare al mattino. Il centro della città blindato (paura, eh?). Le signore con le borse delle shopping natalizio che dribblano le camionette della polizia. Il Pasquino censurato (ma perché non si può più appiccicarci i versi satirici?). Finalmente ho trovato dove a fare la tessera di Libera e finalmente mi sono potuta incantare davanti alla Madonna dei Pellegrini di Caravaggio. Il motivo non mi fa piacere ma posso dire, a bassa voce, che via del Corso senza auto è assai più bella? L'orrore dei negozi di via Nazionale tutti con la porta aperta a spregio di qualsiasi anelito di risparmio energetico. Ma davvero pensate che in tal modo la gente sia più invogliata ad entrare? Fossi un sindaco lo proibirei.
Ma com'è che mi fanno male le gambe? Ah già, sono cinque ore che cammino. Peccato! Se potessi, mi fermerei solo quando la capitale non avesse più segreti per me. Ma ci saranno ancora occasioni.



martedì 14 dicembre 2010

Dilemma ambientalista

Predisponendo un po' di roba da portare alla stazione ecologica, scovo nell'armadio della cantina diversi prodotti che ho acquistato tanti anni fa, prima della mia presa di coscienza ambientalista. Si tratta di prodotti fortemente inquinanti che adesso ho sostituito con sostanze più innocue per l'ambiente e anche per le mie mani e il mio naso: il fornet, lo smac per i fuochi, il vetril, il brillantante per la lavastoviglie. A questo punto però si apre un dilemma: si inquina di più a buttarli via semipieni (pur conferendoli correttamente alla ecostazione) oppure, visto che tanto nell'ambiente ci finiranno, vale la pena di utilizzarli per il loro impiego (dato che sono comunque più efficaci dell'aceto o dell'olio di gomito)?
Difficile rispondere. Tuttavia un indizio mi è giunto dalla sorte. In un attacco di casalinghitudine mi sono accinta a pulire con il fornet un piccolo forno assai sporco il quale, mentre lo maneggiavo, mi è caduto in terra rompendosi il vetro che fungeva da sportello. Ovviamente, come tutte le apparecchiature moderne, non è pensabile trovare i pezzi di ricambio e così, ironia della sorte, ho un oggetto in più da conferire in ecostazione. Ben mi sta.

domenica 12 dicembre 2010

La classe operaia e il Paradiso mancato

Feltrinelli ha ripubblicato recentemente un piccolo libro di Gad Lerner dal titolo "Operai. Viaggio all'interno della FIAT" Si tratta di un reportage, pubblicato la prima volta nel 1988, che racconta dall'interno l'universo delle grandi fabbriche automobilistiche, attraverso le storie e le vite degli operai che vi lavorano. Ho trovato molto stimolante l'intervista a Fahrenheit Radio 3 a Gad Lerner sul ruolo degli operai, durante la quale il giornalista ha confrontato tale condizione negli anni Ottanta, dopo le lotte e la famosa marcia dei Quarantamila, con quella di oggi.
Secondo Lerner negli anni caldi della contestazione c'era un sentimento di condivisione che nasceva dall'idea molto radicata che la fatica fisica fosse un valore, un valore fondativo della nostra Repubblica. Chi svolgeva un lavoro manuale meritava un'attenzione speciale ai nostri occhi ma ciò era caricato dall'ideolgia comunista, che secondo Lerner ha fatto molto male perché era strumentale. Gli operai non interessavano in quanto persone in carne ed ossa, bensì come "classe per sua natura rivoluzionaria", come lo strumento attraverso il quale si poteva cambiare il mondo prendendo il potere.
Negli anni Ottanta, con la sconfitta del sindacato, questa illusione fu archiviata e si pensò che potesse aprirsi una stagione felice per tutti superando "l'anacronistica contraddizione tra capitale e lavoro". Era la fine di un'epoca e la pace sociale prometteva di far star bene tutti più della presa del potere degli operai (miglioramenti salariali, più tempo libero, ecc.). Oggi sappiamo che non è andata così.
Delle persone che vivono la condizione operaia e svolgono un lavoro manuale oggi non interessa più a nessuno. Assistiamo alla fine del senso di comunità e al crearsi di tante nicchie scollegate tra loro. Anche i piccoli partiti che continuano a chiamarsi comunisti hanno solo mantenuto la terminologia ed i loro leader, con il loro stile di vita, hanno perso la capacità di sintonia e di frequentazione del mondo operaio.
Lerner sottolinea inoltre che in Italia tra il 1983 e il 2005 il PIL derivante dai profitti di impresa ha fatto un balzo di 8 punti. Perché questa ricchezza (che si calcola sarebbe stata di circa 7000 euro l'anno) non è finita nelle buste paghe dei lavoratori come è avvenuto in tutti i paesi industrializzati? In questo ventennio c'è stato un imponente dirottamento di ricchezza dal monte salari ai profitti e alle rendite. E' vero che la finanziarizzazione, l'esplodere dei profitti e dei compensi dei manager, c'è stata in tutte le economie industriali, ma, mentre in altri paesi si è accompagnata ad una crescita economica, in Italia, mentre gli operai perdevano quote importanti del proprio tenore di vita, l'economia si è inceppata ed ha rivelato una mediocrità della nostra classe imprenditoriale che ha puntato a piccoli vantaggi. Gli enormi profitti sono stati investiti altrove (diversificazione), nei centri commerciali, nella televisione, ecc. e sono aumentati vertiginosamente i compensi dei manager. Vittorio Valletta negli anni Cinquanta guadagnava 20 volte quello che prendeva un dipendente FIAT, oggi Marchionne guadagna 435 volte la media dei suoi operai.
La domanda che viene sempre spontanea di fronte alle ingiustizie è: perché i lavoratori non si ribellano? A questo Gad Lerner risponde cintando lo studioso Maurizio Franzini, autore di "Ricchi e poveri. L'Italia e le disuguaglianze (in)accettabili", che spiega che si crea una accettazione della disuguaglianza quando ormai non si crede più che si possa andare avanti grazie al merito ma solo per colpi di fortuna. Il vedere che sono molto ricche ed esibiscono il loro benessere persone che intellettualmente, per eleganza e cultura, non sono tanto meglio di te, ti dà l'idea che si possa andare avanti solo per caso, per un colpo di fortuna, non certo per un costante impegnativo processo di miglioramento graduale.
Negli anni Ottanta gli operai erano orgogliosi che i loro figli, così diversi da loro, vestiti alla moda, non avessero scritta in faccia la loro fatica. Oggi invece i padri si augurano che i propri figli abbiano un posto a tempo indetermitato come quello che essi hanno avuto.

venerdì 10 dicembre 2010

Auguri, mamma!

Ricordo come fui contenta alle elementari nello scoprire di avere la mamma più giovane tra le mie amiche. Ricordo anche quando, in piena fase edipica, ti prendevo in giro per attirare l'attenzione del babbo. Poi però mi dispiaceva, volevo chiederti scusa, ma lo stupido orgoglio me lo impediva.
Ci sono stati anni in cui mal tolleravo il tuo affetto protettivo ed ansioso. Come succede a tutte le figlie, ho cominciato a sentirmi donna quando, andata via di casa, non ti avevo più intorno a ripetermi "Copriti!" o "Mangia di più!" o "Mi raccomando: stai attenta!". Anche ora continui a dirmelo al telefono e mi fai sorridere perché entrambi sappiamo quanto poco sia utile, ma è il gioco delle parti e va rispettato. Alla fine è un po' come dirmi: "Ti voglio bene".
Mi dispiace che ci vediamo così raramente adesso che lavoro ed ho una famiglia mia. Per questo quei dieci minuti di telefonata in pausa pranzo sono un appuntamento quotidiano irrinunciabile per me. Qualche minuto insieme pur lontane, per scherzare, per sfogarmi sui figlioli, per avere ancora consigli da parte tua.
Oggi compi settant'anni. Ne hai ancora di strada da fare, dolcissima ragazza!

mercoledì 8 dicembre 2010

Forse non tutti sanno che...

L'avvocato Cristina Cassigoli, a Ben scavato vecchia talpa in onda su Controradio, spiega che l'istituto del patrocinio a spese dello Stato consente di avere la tutela legale alle persone (anche cittadini stranieri, pensate un po') che non possono permettersi di avere un avvocato, sia per aprire una causa che per difendersi. Riguarda sia le cause penali che civili, amministrative, contabili, tributarie ed anche le separazioni. I requisiti per poterne usufruire sono un reddito annuale del nucleo familiare imponibile inferiore a 10.628,16 Euro. Se il conflitto è contro un familiare vale il reddito personale e questo può essere utile per le casalinghe che vorrebbero separarsi ma rinunciano alla causa perché pensano di non poter permettersi l'avvocato o accettano quello del marito. Una recente normativa prevede il diritto al patrocinio gratuito senza limiti di reddito in caso di violenza sessuale. Contrariamente a quanto si può immaginare, il legale non viene assegnato d'ufficio ma si può sceglierlo in una lista molto ampia.
Si tratta di uno strumento poco conosciuto e non meraviglia apprendere che, anche se qualsiasi avvocato dovrebbe renderlo noto, spesso questo non avviene. Ci pensa invece l'associazione Prima Consulenza di cui fa parte l'avvocato Cassigoli.

lunedì 6 dicembre 2010

Gli esseri umani non sono semplici

C'è stato un periodo nella mia vita in cui ho provato un grande interesse per la psicanalisi, tanto che ho accarezzato l'idea di iscrivermi a Psicologia. I complicati e misteriosi meccanismi della mente umana hanno sempre avuto per me un grande fascino, di gran lunga superiore alla comprensione dell'universo o della materia. Con gli anni ho ridimensionato le potenzialità della psicanalisi, anche a causa degli approcci e dei metodi così bizzarramente diversi praticati dagli addetti ai lavori. Rimane comunque una professione affascinante (penso al nostro blogger Giorgio e a quello che ci racconta).
Nello stesso modo ho trovato interessante l'intervista allo psicanalista Stefano Bolognini, autore di un piccolo libro dal titolo accattivante: "Lo Zen e l'arte di non sapere cosa dire".
Bolognini, con la sua bella voce calda, racconta a Fahrenheit Radio 3 che, durante il suo lavoro, "i canali comunicativi profondi che si instaurano tra persona e persona, e che vanno al di là di quello che controlliamo coscientemente, si aprono un po' alla volta e la possibilità di essere in contatto con se stessi e con l'altro cresce di ora in ora". Curiosamente succede che, quando termina la giornata di lavoro e ci si ritrova nel trambusto della vita cittadina, nei microincontri, sguardo con sguardo, con interlocutori occasionali mai conosciuti, ci siano dei momenti di contatto addirittura imbarazzanti come se si sorpassassero delle barriere di chiusura personale.
Devo dire che non tutto quello che ho sentito da Bolognini mi ha trovato concorde, però mi ha colpita il suo modo di trattare temi come le barriere, i sentimenti non ammessi, le contraddizioni.
"Negli individui", afferma lo psicanalista, "ci sono sempre delle vaste aree in cui le aspettative sono quelle di avere un trattamento di favore, un trattamento come quello che avremmo ricevuto dai nostri genitori. Come se dentro di noi ci fosse una parte cittadino e una parte figlio. Ma queste aspettative non sono ammesse consciamente dalla persona nella propria immagine di sè. Ci dichiariamo tutti correttissimi, internazionalissimi, democraticissimi, ma non è vero."
Altro elemento difficilmente accettato è il fatto di avere vincoli, legami e limiti. Mentre al tempo di Freud il problema era guadagnare l'indipendenza e liberarsi dall'oppressione del SuperIo (cioè una coscienza morale interna troppo forte), oggi, nella nostra società individualista, si tende a negare la necessaria interdipendenza tra esseri umani (vedi la tipica affermazione narcisistica "non mi sono mai piegato a compromessi") e si tende a dimenticare che il convivere sociale non è un compito semplice, ma richiede pazienza e impegno.

venerdì 3 dicembre 2010

W l'Europa


Giorni di protesta e di tensione nelle Università. C'è anche molta preoccupazione per il futuro. I fondi scarseggiano. Il ritornello quotidiano è "non ci sono soldi". Così, quando una mattina, ho visto una gru che caricava sul tetto del Dipartimento una serie di grosse strutture metalliche, ho chiesto al mio collega:
"Che stanno facendo?"
"Montano i pannelli solari."
"I pannelli solari??? E chi li paga?"
"Con fondi europei."

Meno male che l'Europa c'è. L'ho sempre pensato.