lunedì 29 ottobre 2007

Cinema, che passione!

Uno dei miei primi ricordi legati al cinema risale ai film che ci facevano vedere alle elementari. Oggi tutte le scuole hanno videoregistratori, lettori di DVD, ecc. Ma negli anni 60/70 era un evento quando, da tutte le classi, prendevamo la nostra seggiolina e ci piazzavamo nel corridoio per vedere la proiezione di qualche cartone animato come I tre caballeros della Disney.
Mi ricordo inoltre quando avevo nove anni e la mia nonna (la mitica Nonna Vanda) propose di portarmi al Teatro Comunale a vedere la Cavalleria Rusticana ma, non trovando i biglietti, dovette ripiegare su La carica dei 101.
I miei genitori mi hanno concesso tardi di andare al cinema con i miei amici e così per anni sono stata costretta ad andarci con loro subendo soprattutto le scelte di mio padre che cascavano di solito sui film di Bud Spencer e Terence Hill (a me piaceva soprattutto quest'ultimo, prima che diventasse Don Matteo!).
Quando finalmente ho potuto scegliere da sola cosa andare a vedere, appunto già grandina, la mia preferenza è andata presto ai film impegnati.
In particolare ricordo quanto mi piacquero Tornando a casa con Jane Fonda e John Voigt (1978), che univa il fatto di essere una bella storia di amore, con il tema della guerra del Vietnam, il femminismo, il marito cattivo, ecc. e La scelta di Sophie con Meryl Streep (1982), un film che oggi troverei francamente un po' troppo pesante.
Negli anni Settanta non fui però esente dal fascino di film come Jesus Christ Superstar o La febbre del sabato sera.
Che ci volete fare: anche per i film, come per i libri, non riesco a godermi il puro divertimento e quindi non riesco ad apprezzare i film di fantascienza, quelli con effetti speciali, poco i thriller, mentre detesto i film dell'orrore. Guardo volentieri alcuni film comici se hanno qualcosa che va un po' piu' in là della semplice gag (Benigni e Verdone, tanto per fare due esempi), ma la mia preferenza va sempre ai film che fanno riflettere e mi lasciano qualcosa dentro:
Soldato blu, Piccolo grande uomo, Il cacciatore, Qualcuno volò sul nido del cuculo, L'attimo fuggente, Lanterne rosse.
Se devo a tutti i costi indicare un film preferito, direi: Il laureato di Mike Nichols.

venerdì 26 ottobre 2007

Cara Coop

Sulla scia delle riflessioni che mi ha suscitato il Corso per Attivisti della Campagna Abiti Puliti a cui ho partecipato recentemente, oggi ho scritto il seguente mail all'Unicoop di Firenze:

Cara Coop,
sono una socia Coop e ma sono soprattutto una consumatrice critica. Penso che oggigiorno il potere del cittadino consumatore sia più importante e incisivo di quello del cittadino elettore. Quotidianamente, oltre a praticare una certa sobrietà nei consumi, cerco di orientare le mie scelte verso prodotti il più possibile rispettosi dell'ambiente (meno imballaggi, meno trasporti, meno sostanze nocive, ecc.) e dei diritti sociali (condizioni dignitose dei lavoratori che li hanno prodotti).
Credo che questi dovrebbero essere anche i valori della Coop.
Non ritengo opportuno chiedere alla Coop di non vendere i prodotti delle multinazionali o l'acqua minerale o altri prodotti a forte impatto ambientale ma, ahimè, molto richiesti dai consumatori a causa della martellante pubblicità perchè la Coop deve poter rimanere concorrenziale sul mercato.
Però vorrei chiedere alla mia cooperativa di fare uno sforzo "educativo" del consumatore. In pratica vorrei che fossero messi ben in evidenza sugli scaffali:
1) i prodotti della linea "solidal" (commercio equo);
2) i prodotti di Libera (cooperative antimafia);
3) i prodotti di aziende che hanno la certificazione SA8000 (responsabilità sociale);
4) i prodotti "locali" cioè di piccole aziende artigianali o che comunque hanno fatto pochi chilometri per giungere in negozio (un po' come esiste per legge l'indicazione della provenienza per la frutta e la verdura).
5) i prodotti biologici.
So che tutti questi prodotti ci sono presso le Coop ma talvolta bisogna cercarli con il lanternino e questo lo possono fare solo dei consumatori molto informati e motivati. Invece con dei bei cartelli che li evidenziano sugli scaffali (esattamente come sono evidenziati in giallo quelli di più economici) essi potrebbero attirare anche il consumatore più distratto e frettoloso. E' chiedere troppo?

mercoledì 24 ottobre 2007

La cerentola delle materie

Mi piacerebbe capire se è normale che la geografia non si studi più. Nella scuola media tipicamente la geografia è affidata all'insegnante di lettere. Tutte e tre le professoresse che mio figlio ha avuto in tre anni hanno mostrato disamore verso questa materia (al contrario di altre come la storia e l'italiano per le quali hanno preteso un appropriato impegno dai ragazzi). E' probabile che le insegnanti abbiano ritenuto di doverla sacrificare a causa dello scarso tempo a disposizione. E così per geografia spiegazioni e interrogazioni sono state sostituite dal lavoro a gruppi con relativa relazione. Il risultato è che tutto quello che un ragazzo sa alla fine dell'anno sia, per esempio, solo qualche notizia sulle città dell'Argentina.
Io penso invece che la geografia sarebbe una materia molto interessante ed utile se fatta con agganci all'attualità, alla situazione economica e alle tradizioni dei vari paesi. Trovo poco sensato imparare a memoria per esempio la "lista" dei tipi di industria di una determinata regione o paese. Mi ricordo che da piccola, nel dubbio, ci mettevo sempre "siderurgiche e metallurgiche" senza sapere esattamente cosa volesse dire. Diverso è sapere che in Piemonte, per esempio, ha sede la più grande industria italiana di automobili oppure che la Nutella, amata da tutti i ragazzi, è prodotta dalla Ferrero che ha sede in quella regione.
Non mi ha meravigliato che in classe di mio figlio, prima liceo scientifico, ci sia stato il panico alla prima lezione di geografia sulla globalizzazione: ben pochi ragazzi sapevano di cosa si stesse parlando.
Temo che si vada verso un'americanizzazione dell'istruzione. E' nota infatti l'ignoranza in geografia degli studenti americani, magari preparatissimi nelle loro materie specifiche e professionali.

domenica 21 ottobre 2007

Soldi ben spesi /1

Ho concluso il mio post Spilorcia o parsimoniosa affermando che una delle cose in cui spendo volentieri i soldi sono le buone cause (non mi piace chiamarla beneficenza).
Da circa 10 anni "adottiamo" un bambino a distanza tramite una delle numerose associazioni con le quali questo si può fare. A suo tempo abbiamo scelto, un po' istintivamente devo dire, la Reach Italia .
Riguardo a questa esperienza, vorrei sfatare una leggenda. Non ci si sente affatto come avere un altro figlio che vive lontano. Il rapporto con il bambino si riduce a una paio di lettere l'anno, scritte per lo più dal maestro, qualche disegno, la pagella una volta l'anno. Ai bambini ci dicono di scrivere in francese o portoghese che non è ovviamente la loro lingua madre e così la corrispondenza è più che altro un insieme di frasi standard.
Inoltre spesso i bambini cambiano e non si fa a tempo ad affezionarcisi.
A noi hanno assegnato:




- Umou, 7 anni, Guinea Bissau, dal 1996 al 2001 quando, ci hanno scritto che la sua famiglia si era trasferita in un altro territorio;






- Arielle, 4 anni, Capo Verde, da novembre 2001 a marzo 2003, quando ha "deciso volontariamente di abbandonare la scuola".











- Salia, 12 anni, Mali, da marzo 2003 a ottobre 2005, quando, essendo stato bocciato due volte, non è stato possibile fargli continuare la scuola perchè il ministero dell'istruzione del Mali non permette che uno studente frequenti la stessa classe per più di due anni consecutivi. E' anche vero che Salia ci scriveva che a lui non piaceva affatto la scuola e che preferiva lavorare nei campi.






- Kambale, 7 anni, Congo, da novembre 2005 ad oggi.
Ogni tanto sul giornalino della Reach Italia ci sono le foto di ragazzi e ragazze che sono arrivati alla laurea ripresi riconoscenti accanto ai loro tutori. Sono però casi rari. I bambini frequentano queste scuole più per avere un pasto al giorno assicurato che per imparare. Alla fine più che di "adozione" parlerei di "tutela" (questa è la definizione che dà anche Reach Italia).
Racconto tutto questo non certo per scoraggiare ma perchè è bene eliminare il pathos che c'è intorno a queste cose.
Ritengo comunque che sia una buona causa in cui spendere soldi (20 euro al mese: meno di un euro al giorno) perchè la Reach Italia, come anche altre associazioni simili, contribuisce ad alleviare la sorte di qualcuno dei tantissimi bambini più sfortunati dei nostri.
Per quanto mi riguarda, in attesa di poter fare di più magari partecipando in prima persona a qualche progetto, mi fa piacere intanto pensare che un bambino di un paese lontano stia un po' meglio grazie a me.

venerdì 19 ottobre 2007

Che passione la lettura!

Mi è difficile stabilire quali sono i miei libri preferiti oppure i libri "che mi hanno cambiato la vita". Ogni periodo della mia vita è stato accompagnato da letture di tipo diverso.
Il mio amore per la lettura è iniziato presto, verso gli 8/9 anni. Dopo aver letto diversi romanzetti da fanciulle, chiesi a mia nonna di regalarmi Zanna bianca di Jack London. Al solito, la nonna esagerò e mi regalò tutta la collana Vallecchi di narrativa per ragazzi. In un primo momento mi parve una spesa inutile ma fu grazie a questo che lessi romanzi come L'isola del tesoro, Piccole donne, Robinson Crusoe, I viaggi di Gulliver, ecc, romanzi che mi accompagnarono fino all'adolescenza.
Da adolescente sognai invece su romanzi come Cime tempestose di Emily Brontë o Spirito d'amore di Daphne Du Maurier o Uccelli di Rovo di Colleen McCullogh.
Venne poi il periodo in cui lavoravo e contemporaneamente frequentavo l'Università ed ero quindi costretta a leggere libri collegati al programma di studio per l'esame. Così, mentre apprezzai i romanzi di Kafka, affascinante oggetto dell'esame di Storia della Cultura Tedesca, feci una gran fatica a leggere La Montagna Incantata di Thomas Mann che invece, ascoltato recentemente in audio libro, mi è piaciuto molto.
In seguito arrivò il periodo in cui adoravo le biografie e le autobiografie di donne. Lessi allora con passione Vita di Sylvia Plath di Anne Stevenson, Melanie Klein di P. Grosskurth, Rivoluzionaria di professione di Teresa Noce. Le biografie sono state il primo segnale del cambiamento di gusto personale dal romanzo verso il saggio.
Attualmente infatti, non so perchè, non riesco più a godermi i romanzi e la mia scelta cade sempre sui saggi. E' rimasta leggendaria in famiglia la mia faticosa lettura (nove mesi, praticamente una gravidanza!) de Il Secondo sesso di Simone de Beauvoir, che mi sono intestardita a finire a qualunque costo. Mi sono invece piaciuti molto alcuni libri che hanno maturato in me il desiderio di un mondo diverso. Sto parlando di Manuale per un consumo responsabile di Francesco Gesualdi, No logo di Naomi Klein e diversi libri di e su Don Milani.
Eccoci arrivati così ad oggi, periodo in cui, con mio grande rammarico, riesco a dedicare assai poco tempo, e soprattutto poche energie, a questa attività. Capita che per diverse sere prima di spengere la luce "scorra" con gli occhi la stessa pagina continuando a non focalizzarne il contenuto. Che soddisfazione può dare leggere così?

martedì 16 ottobre 2007

Good news Report: Groningen

USA LA BICI
Tranquilli: non è un altro post in inglese!
Questa volta la buona notizia la copiamo dall'ottimo programma di RAI3 Report.
Groningen, cittadina olandese di circa 180.000 abitanti e capitale mondiale delle biciclette (circa 300.000 biciclette). Il 60% dei trasporti è effettuato con questo mezzo, nonostante il clima non proprio favorevole. Come ci sono arrivati?
Negli ultimi venti anni hanno investito 40 milioni di Euro per incentivare la bicicletta.
Divieto di accesso alle auto nel centro storico.
Piste ciclabili in tutte le strade.
Ai semafori le biciclette passano simultaneamente ma in tempi diversi rispetto alle macchine cosi' quando tocca a loro non ci sono auto in mezzo all'incrocio.
Corsie preferenziali per bici intorno alle rotonde.
Gli alberghi mettono a disposizione gratuitamente una bicicletta.
Parcheggi per circa 6000 posti-bici solo nel centro storico.
Alla stazione nuovo parcheggio per 5000 bici, gratuito e sorvegliato 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

La città dei sogni del mio amico Alessio ... e anche la mia.

E in Italia? Beh, guardate come finisce il servizio:

Pedala! di Giuliano Marrucci
(6 minuti e 30)

domenica 14 ottobre 2007

Ecological footprint


Bloggers Unite - Blog Action Day
"Ecological footprint" is a smart definition to calculate statistically the surface of the Earth that a person or a country consumes. By complicate calculations, we can have an idea of how much planet we use with our lifestyle (see: http://en.wikipedia.org/wiki/Ecological_footprint). For example, the average worldwide ecological footprint per person is 1.9 hectares, the one of an italian citizen is 4.2, in India it is 1.0 and in USA it is 9.6 hectares!
This calculation has some limits but it gives an immediate idea of the different impact on the Earth of the industrial countries and of the other ones.
If you want to calculate your own ecological footprint see: http://en.wikipedia.org/wiki/Ecological_Footprint#External_links.

Since I have begun to care enviromental and substainability lifestyle, I am trying to reduce my personal ecological footprint. Here are some little tips that I can suggest you:
- I go to work by bus instead of motorbike;
- in the free time I use my bike or I walk every time I can;
- I do not buy mineral water any more and I drink tap water;
- I put low-flow plumbing devices on every taps;
- I put everywhere low energy light bulbs;
- I don't use the standby mode of the electronic devices;
- I set the temperature of my home at 18.5 degrees C in winter;
- I separate reciclable wastes as much as I can;
- I buy clothes and shoes only when I need them and not simply when I would like to have a new look;
- I am almost complete vegetarian;
- I buy only season fruit and vegetables;
- between two similar products I prefer the one that comes nearer;
- I do not use oneuse dishes and glasses;
- in my office I do not switch the light on if I have sufficient light from the window;
- I keep the fan-coil of my office room off either in winter or in summer because the heat or the fresh air that comes from the corridor is enough for me;
- I switch my computer and printer off at the end of the work day;
- I print documents on both sides of the paper;
- I reuse the plastic glass of the coffee machine for several times.

I could surely do more, but I think that the most important thing is to know the direction to make lighter my passage on Earth.
Unfortunately, if I look around, very few people care that!

The above one is a translation of an old post of mine: Cos'è l'impronta ecologica?

For Italian speaking people, I wrote a lot of posts on enviromental themes:
Altri miei post sull'ambiente:

Che almeno la bottiglia sia degradabile
Oro blu
Mettiamola fuori legge!
Decrescita felice o infelicità della decrescita?
Un pianeta di cento abitanti
Aspirante vegetariana
A caccia di buone notizie
Eroi verdi

venerdì 12 ottobre 2007

BA Day, non V-day!


Mi sembra un'iniziativa carina. Il 15 ottobre i blogger che vorranno unirsi a questa iniziativa pubblicheranno un post sull'ambiente. Visto che il Nobel per la pace 2007 e' andato ad Al Gore e alla commissione clima dell'ONU, mi sembra che possiamo anche noi dire la nostra sull'argomento.
Non posso che aderire e invitare i miei amici blogger a fare altrettanto.
http://blogactionday.org/it
Ringrazio Erica di avermelo segnalato.
A lunedì!

mercoledì 10 ottobre 2007

La solitudine dei vent'anni

E' curioso ritrovare lo stesso tema che ho espresso nel mio primo post anche sul mio diario di quando avevo vent'anni. Ma forse ha ragione Giulia: la solitudine è la nostra malattia.

14/11/83
Il problema è stato messo a fuoco. Lo si può sintetizzare in una parola che, come tutte le parole è qualcosa di fittizio e di arbitrario ma più o meno si avvicina al concetto. La parola è: SOLITUDINE. Prima obiezione: non si era già scoperto più volte?
Verissimo, e ciò non fa che confermare la mia stoltezza nel credere (o estrema illusa!) di superare questo problema che, prima o poi, ritorna prepotentemente vero.
Il fatto è che la solitudine è un malessere esistenziale non uno stato d'animo temporaneo. E' una condizione che non dipende dagli avvenimenti esterni.
La sentivo ad agosto ed ero veramente sola. Ma la risento anche ora. Ora che esco spesso con i miei amici che ben conosco e a cui voglio bene, ora che ho quello che si può dire "un ragazzo", ora che vedo tanta gente, che lavoro, ho molto da fare ecc. Eppure non mi sono mai sentita più sola. Ciò significa che la solitudine non è in nessun altro posto che dentro la mia testa.
Secondo importante punto: la solitudine, essendo esistenziale, non si supera. Impossibile è essere capiti, impossibile è trovare la persona che vuoi al momento che vuoi.
Quindi la solitudine la si può solo:
1) dimenticare

2) affogare.

In ambedue i casi si tratta di qualcosa di temporaneo e di effimero che serve solo ad andare avanti.
1) la si dimentica quando ti sembra di aver trovato qualcuno che ti capisca, o qualcuno che condivida con te qualche tuo problema o anche semplicemente qualcuno che ti ha cercato. In quei momenti ti dimentichi della solitudine che c'è, c'è sempre, e (strana natura umana) ti illudi che essa non ci sia.

2) la solitudine si può affogare in mille modi più o meno validi. Quelli che riescono meglio a me sono:

a) nella musica

b) nell'alcool

c) nei cappuccini caldi.
a) E' forse il modo migliore (nel senso che riesce meglio) capace di resuscitarmi da situazioni di profondo spleen come quello di oggi. Non so spiegarmi bene il meccanismo, so solo che talvolta la musica diventa un bisogno vitale, quasi fisico.

b) Naturalmente non bisogna pensare che mi attacchi alla bottiglia del whisky e vada in giro col naso rosso a ballare in mezzo alla strada. Il mio affogare la solitudine nell'alcool si limita ad un paio di bicchieri di spumante talvolta cercati, spesso occasionali, che facendomi girare la testa, mi fanno vedere la realtà attorno in una dimensione nuova, strana, inafferrabile ma affascinante.

c) Ridicola definizione che è naturalmente simbolica e sta a indicare tutti quei piccoli piaceri che mi concedo quando mi vedo una piccola bambina indifesa e spaurita che vanno, appunto, dal cappuccino caldo, alla colazione a letto (servita da me stessa, naturalmente, e da chi se no?) all'abbracciare il cuscino, ecc.
I dolci no, non fanno parte di questo gruppo, ma di un tipo particolare di espediente che ha come scopo non l'affogare la solitudine ma la mancanza di affetto.
Concludendo devo dire che il quadro tracciato non è dei migliori ma il fatto che l'abbia tracciato significa che ho ritrovato l'ironia e il distacco da poter sorridere su questo mio malumore di oggi.

domenica 7 ottobre 2007

China Blue

Nell'ambito di un corso per attivisti della Campagna Abiti Puliti, che sto seguendo, un momento particolarmente coinvolgente è stata la visione del film-documentario "China blue". Un film che andrebbe fatto vedere in tutte le scuole.
Esso mostra la realtà di una fabbrica cinese di jeans dove lavorano soprattutto ragazze giovanissime (tra i quattordici e i sedici anni) venute dalle campagne e disposte a lavorare anche sedici ore al giorno pur di guadagnare il più possibile e mandare qualche soldo alle famiglie. Le ragazze vivono nel dormitorio annesso alla fabbrica e non sempre riescono a tornare a casa una volta l'anno nelle vacanze di capodanno per rivedere le famiglie perchè non sempre riescono a risparmiare i soldi necessari per il viaggio.
Gli ispettori mandati dalle multinazionali non trovano mai niente di grave perchè le ispezioni sono annunciate e i lavoratori sono istruiti a mentire (sulla loro età, sulle ore di lavoro, ecc.).
Le ragazze cuciono questi pantaloni destinati all'esportazione verso i paesi occidentali e si chiedono chi mai li indosserà visto che sono così lunghi e con la vita così larga. E così Jasmine, la protagonista, decide di mettere di nascosto una lettera nella tasca di un paio di jeans destinata a chi comprerà quel capo nella quale racconta la sua condizione di giovane operaia.

Il film, girato tra mille difficoltà a causa del controllo asfissiante delle autorità cinesi, non mi ha raccontato nulla di quanto già non sapessi ma è stato comunque scioccante dare dei volti ad una ingiustizia di cui noi, consumatori occidentali, siamo i complici, più o meno consapevoli.
China blue è prodotto da una casa indipendente e uscirà in Italia solo in DVD acquistabile online dal 20/11/07.

venerdì 5 ottobre 2007

La colonna sonora della mia vita

A tre anni adoravo ballare sulle note di "W la pappa col pomodoro" cantata da Rita Pavone.

A otto anni andavo matta per le canzoni dello Zecchino d'oro come "44 gatti".

A dodici anni sognavo sulle note di "Anima mia" dei Cugini di Campagna.

Dai quattordici ai diciott'anni sapevo a memoria tutte le canzoni di Vecchioni e molte di quelle di Guccini e di De Andrè.

A vent'anni ascoltavo con il mio fidanzato le opere di Verdi e conoscevo a memoria soprattutto La Traviata.

A quarant'anni Carmina Burana e le canzoni di Enya sono state le migliori colonne sonore delle mie escursioni in bicicletta sulle colline toscane.

In raltà, dopo la nascita dei figli, l'ascolto della musica è diventato purtroppo casuale e superficiale.

Una canzone però mi è rimasta nel cuore e ancora oggi mi vengono i brividi quando la canto insieme a mio figlio che mi accompagna con la chitarra:

Cat Stevens: Father and son
Father:
It's not time to make a change
Just relax, take it easy
You're still young, that's your fault
There's so much you have to know
Find a girl, settle down
If you want, you can marry
Look at me, I am old
But I'm happy

I was once like you are now
And I know that it's not easy
To be calm when you've found
Something going on
But take your time, think a lot
I think of everything you've got
For you will still be here tomorrow
But your dreams may not

Son:
How can I try to explain
When I do he turns away again
And it's always been the same
Same old story
From the moment I could talk
I was ordered to listen
Now there's a way and I know
That I have to go away
I know I have to go

Father:
It's not time to make a change
Just sit down and take it slowly
You're still young that's your fault
There's so much you have to go through
Find a girl, settle down
If you want, you can marry
Look at me, I am old
But I'm happy

Son:
All the times that I've cried
Keeping all the things I knew inside
And it's hard, but it's harder
To ignore it
If they were right I'd agree
But it's them they know, not me
Now there's a way and I know
That I have to go away
I know I have to go

http://www.youtube.com/watch?v=Jek6iP6AuAQ

mercoledì 3 ottobre 2007

Davide contro Golia

In primavera pubblicai la notizia di un'iniziativa di Altreconomia, a cui sono abbonata con la quale si auspicava una regolamentazione alla pubblicità delle acque minerali. Il tema della difesa dall'acqua dagli interessi del mercato è uno di quelli che mi stanno più a cuore. Soprattutto non mi va giù il fatto che le multinazionali delle acque minerali facciano tanti soldi vendendo un prodotto che, nella maggior parte dei casi, è peggiore di quello che scorre dal rubinetto ed per di più contribuendo in maniera notevole ad aumentare i rifiuti (altro tema a me caro). La pressione pubblicitaria è talmente forte che a chiedere in un ristorante una brocca d'acqua del rubinetto si è guardati come marziani se non peggio.
Ho appreso in questi giorni che la Ferrarelle (129 milioni di euro di fatturato e 834 milioni di litri imbottigliati nel 2006) ha diffidato Altreconomia a continuare la campagna perchè può "ledere la sua reputazione commerciale". Altreconomia, che è una piccola rivista mensile edita da un gruppo di associazioni no profit) ha deciso di continuare e ne spiega qui i motivi. Appunto Davide contro Golia.
Vi segnalo inoltre il sito dove trovate tutte le informazioni sulla campagna, compresa l'iniziativa "Imbrocchiamola", nata a Firenze, che promuove un censimento dei ristoratori che danno (o si rifiutano di dare) l'acqua del rubinetto. Vi consiglio di leggere le assurde motivazioni con le quali certi ristoratori si rifiutano di darla.

lunedì 1 ottobre 2007

Una traccia dietro di sè

Spesso mi chiedo che valore potrà avere un blog che lasciamo dietro di noi quando non ci saremo più (vedi La nera signora) ed ecco che purtroppo mi capita di verificarlo adesso.
E' venuta infatti a mancare Adele, una blogger che non frequentavo costantemente ma di cui però apprezzavo i commenti lasciati nei blogger che seguo. Che fosse una persona fuori dal comune lo si capisce fin dalla sua firma: Adele07 (Easy Rider). Che fosse una persona straboccante di vitalità lo si scorge anche solo leggendo il suo profilo.
Ecco che allora mi sono messa a leggere più approfonditamente il suo blog, soprattutto il capitolo Diario personale e l'ho trovato affascinante. Che brutta sensazione non poter commentare! Non poterle scrivere! Leggendo queste pagine la si immagina vivere, parlare, litigare, indignarsi, ridere, scherzare. E' veramente una parte di lei che sopravvive, una parte diversa dalle foto, dai documenti ufficiali o dai ricordi dei suoi cari. Per far sì che sopravviva un briciolino di più vi propongo uno dei suoi post:

SOLA NELLA NOTTE

Casa mia, 4 Sett. 2000 ore 1 di notte

Nessuno sa che all’una di notte

sono qui sveglia a ragionare da sola
paragonando gli avventurosi romanzi
e gl’inconcepibili fatti della mia vita
di bambina, ragazza, donna, madre e sposa.
Se fossi ospite in casa d’altri
non potrei osare ad accendere la luce,
aprir la TV per guardare l’astronomia,
vagare da una camera all’altra,
tirare l’acqua nel gabinetto in bagno
lasciare tutte le porte aperte,
parlare tra me ad alta voce
rallegrandomi della mia libertà,
d’alzare la persiana e sbirciare fuori
imprecando contro il tempaccio.
Essere ospite è come essere in prigione,
è una vita piena di soggezione,
di riguardi per i padroni di casa
anche se dicono di comportarmi
come fossi a casa mia....dove vorrebbero che fossi.
La libertà è una bellissima condizione
che si gode soltanto con la solitudine.
Il permesso di fare ciò che voglio
posso ottenerlo soltanto da me stessa.
Ho i vicini di casa, ma son lontana da tutti.
Mi posso considerare nella giungla
o in mezzo ad un vastissimo deserto,
sulla cima di un’alta montagna
o nell’ignota stanza di un albergo.
Aprire la porta ed entrare,
sentire soltanto il silenzio,
il ticchettìo della sveglia,il ronzare del frigorifero,
fermarsi con la valigia nell’ingresso
e assaporare la libertà completa.
Nessun saluto, ma anche nessun condizionamento.

Adele07 )Easy Rider(