sabato 29 giugno 2013

Castelluccio di Norcia e le creste dei Sibillini

Castelluccio di Norcia è un posto davvero straordinario. Qui l'Architetto ha fatto un ottimo lavoro e l'intervento umano gli ha dato una mano. Qui si tocca con mano il concetto di altopiano: una conca pianeggiante a 1400 metri di altezza sul mare (probabilmente occupata da un lago in tempi remoti), circondata dalla magnifica corona dei Monti Sibillini, con un paese arroccato su una collinetta a dominarla. Nei piani di Castelluccio si coltivano le famose lenticchie IGP e altri legumi in regime di "comunanza agraria" (come mi raccontava un agricoltore). Pare che la lenticchia abbia un insignificante fiore bianco ma le fioriture delle infestanti creano scenari che scatenano i fotografi. Dal giallo della colza:


al rosso dei papaveri:


all'azzurro dei fiordalisi:


Il paese tradisce un abbandono che sta cercando di recuperare con il turismo, soprattutto con i curatissimi agriturismi che offrono una cucina prelibata.
Sognavo da tempo di andare a camminare sui Monti Sibillini e nonostante il tempo si sia messo di traverso e ci abbia fatto cambiare diversi progetti di escursione, siamo riusciti a goderci un paio di camminate su affilate creste aeree, intorno ai duemila metri, che mi hanno dato la sensazione di volare come un uccello. Scenari magnifici. Ci torneremo. 
Qui altre foto del viaggio

sabato 22 giugno 2013

In partenza


Ho voglia di aria fina e di silenzio.

A presto,


Artemisia

giovedì 20 giugno 2013

La lungimiranza di Piero

Parigi, febbraio 1926: un ragazzo di neppure venticinque anni (ma già un intellettuale italiano di grande levatura) muore a causa dell'aggravarsi delle cattive condizioni fisiche provocate dalla violenza subita precedentemente dalle squadracce fasciste.
Eppure aveva già capito tutto (e non solo del fascismo):

"Il fascismo in Italia è una catastrofe. E' un'indicazione di infanzia decisiva che segna il trionfo della facilità, della fiducia, dell'ottimismo, dell'entusiasmo. Si può ragionare del ministero Mussolini come di un fatto d'ordinaria amministrazione. Ma il fascismo è stato qualcosa di più: è stato l'autobiografia della nazione. Né Mussolini, né Vittorio Emanuele Savoia hanno virtù di padroni, ma gli Italiani hanno bene l'animo di schiavi. E' doloroso per chi lavora da anni dover pensare con nostalgia all'illuminismo libertario e alle congiure. Eppure siamo sinceri fino in fondo. Io ho atteso ansiosamente che venissero persecuzioni personali perché dalle nostre sofferenze rinascesse uno spirito, perché nel sacrificio dei suoi sacerdoti questo popolo riconoscesse se stesso. Il fascismo ha avuto almeno questo merito: di offrire la sintesi delle storiche malattie italiane: retorica, cortigianeria, demagogismo, trasformismo. Quando l'opposizione parla di democrazia e di liberalismo deve sapere che il fascismo è il governo che si merita un'Italia di disoccupati e di parassiti, ancora lontana dalle moderne forme democratiche e liberali e che per combatterlo bisogna lavorare per una rivoluzione integrale dell'economia come delle coscienze."
Piero Gobetti

martedì 18 giugno 2013

Batticuore da risultati scolastici

Agli Allievi ed alle loro famiglie

Oggetto: Pubblicazione dei risultati degli scrutini finali

Si informa che i risultati delle classi dalla prima alla quarta saranno pubblicati martedì 18 giugno sul sito Scuolanet e giovedì 20 giugno all’Albo del Liceo.
La pubblicazione sul sito Scuolanet, cui le famiglie hanno accesso tramite password, costituisce la comunicazione UFFICIALE E RISERVATA che la scuola è tenuta ad inviare alle famiglie degli allievi non ammessi alla classe successiva.

... ecco perché il sito scuolanet stamani è schizzato in testa alle classifice ...

Agli Allievi ed alle loro famiglie

Oggetto: Comunicazione allievi e famiglie

A parziale modifica della Circolare n°... si informano gli allievi e le loro famiglie che alle famiglie degli studenti non ammessi alla classe successiva sarà comunicato l’esito dello scrutinio tramite fonogramma prima della pubblicazione dei risultati su Scuolanet.



Fonogramma?? E che sarà mai questo oggetto sconosciuto? Da una frenetica ricerca in internet scopro questo post molto carino di un precario che aspettava appunto per fonogramma la chiamata dalla scuola. Apprendo quindi che trattasi di "una telefonata registrata dove chi viene contattato dichiara di avere inteso il contenuto del messaggio. Così ha lo stesso valore legale di una raccomandata con ricevuta di ritorno." Ma guarda!

DRIIIIIIIN!!!!!

... tuffo al cuore...

"Ah! Ciao Maria!... No... no ... non mi disturbi affatto..."

domenica 16 giugno 2013

L'insostenibile leggerezza del prezzo

Un altro "regalo" dell'abile antennista è stata la possibilità di vedere RAI 5, un canale un po' particolare che manda trasmissioni curiose. Quelle che mi piacciono di più sono i documentari della BBC (pare che il nome tecnico sia factual) nei quali si trattano temi ambientali e di consumo consapevole. Non hanno il classico formato noioso e didattico ma mostrano degli esperimenti su persone normali che si prestano per esempio a mangiar sano per una settimana per vedere se ciò ha effetto sui valori di colesterolo oppure a sperimentare per un certo periodo uno stile di vita più parsimonioso in quanto a risorse naturali oppure mostrano i vari mercati di filiera corta, e così via.
Una serie per me molto affascinante si intitola "L'insostenibile leggerezza del prezzo". Negli ultimi tre anni la BBC ha inviato dei giovani consumatori a scoprire la verità sui luoghi da dove provengono molti degli oggetti di uso quotidiano. Giovani fanatici della moda e del lusso hanno così scoperto lati dell'industria che pochissimi conoscono, le condizioni di lavoro massacranti dei loro coetanei che, dall'altra parte del mondo, producono quei beni che essi consumano e gettano con tanta facilità, quello che si cela dietro il mondo patinato della moda ed infine il prezzo umano di ciò che mangiano.
Le puntate vengono trasmesse ciclicamente e i relativi promo sono rivedibili su rai.tv. Una delle due che ho visto riguardava il Ghana  ("Il lusso a buon mercato, l'oro e i rifiuti elettronici") dove i giovani consumatori inglesi hanno sperimentato due giorni di lavoro in una miniera per capire da dove proviene l'oro di anelli e orecchini di cui essi fanno facile uso. Mentre gli uomini spalavano la terra ricca d'oro, le donne, alcune portando bambini sulla schiena o incinte, trasportavano bacini da venti chili sulla testa (almeno 160 carichi al giorno) in un caldo infernale. Dopo due giorni massacranti nei quali i giovani inglesi non sono riusciti a mantenere neppure il ridotto carico a loro richiesto, essi sono rimasti allibiti di fronte alla  piccola pallina di oro raffinato che ne rappresentava il risultato ed impressionati dalla sproporzione tra la fatica e il ricavo (427 Cedi Ghanesi, circa 250 Euro destinati a coprire tutte le spese, la paga dei lavoratori, circa 5 Euro per gli uomini e 4 per le donne ed il guadagno poco superiore del proprietario del mezzo ettaro di miniera). Lo stesso oro, trasformato in anello, costa il doppio in Inghilterra.
I ragazzi hanno alloggiato presso famiglie del luogo e sono rimasti colpiti da storie come quella di Emanuelle, loro coetaneo, che dopo la morte del padre, con il suo salario, mantiene la sua famiglia composta di ben 18 componenti (15 bambini suoi nipoti). "Si usa così qui" dice Emanuelle. "In Ghana non ci sono alternative." "Nella mia vita io penso solo a me stesso" osserva invece un ragazzo inglese, "e lui, così giovane, deve pensare a tutti."
Il ventiquattrenne Ato, che lavora in miniera da cinque anni e che ama la lettura ma non potrà mai permettersi di andare all'università, ha fatto riflettere la ragazza inglese Shivonne, che non ha voluto proseguire gli studi e che ha capito ora quale privilegio ha avuto a portata di mano.
Nel resto della puntata i ragazzi visitano una delle più estese discariche di materiale elettronico (oltre un km e mezzo) ad Accra, capitale del Ghana. Il giornalista ghanese che li guida ha spiegato che, quando sono arrivati i primi rifiuti tecnologici gli abitanti del Ghana li hanno accolti pensando che li avrebbero aiutati a superare il divario tecnologico tra loro e il resto del mondo, poi però si sono accorti che non si trattava di apparecchi di seconda mano ma di rifiuti inutilizzabili. Ogni mese arrivano centinaia di tonnellate di rifiuti elettronici occidentali. Il numero di rifiuti continua a crescere e così le discariche dove frotte di bambini, anche molto piccoli, rovistano e soprattutto bruciano materiali tossici per ricavarne piccole  quantità di metalli da rivendere.
I giovani inglesi sono rimasti colpiti nel leggere su molti monitor o case i bollini di inventario di college e scuole superiori inglesi e persino di stazioni di polizia del loro paese. Gli enti di provenienza degli oggetti probabilmente sono all'oscuro perché pensano semplicemente di aver destinato gli oggetti ad un riuso nel Terzo Mondo, non sapendo che imprese senza scrupoli li smaltiscono scaricandoli così, con conseguenze drammatiche.
L'altra puntata che ho visto ("Il lusso a buon mercato: alta tecnologia") era ambientata nel distretto della gomma di Manila, noto come la Silicon Valley delle Filippine. Lì i giovani consumatori inglesi hanno provato a lavorare in una fabbrica che produce 250 milioni di componenti elettronici all'anno per alcuni dei giganti della tecnologia industriale. Le operaie, munite di tuta, guanti e mascherina, dovevano produrre mille unità ogni ora (una ogni tre secondi). Non ci si poteva distrarre per nessun motivo, era proibito parlare e si era controllati a vista. Mezz'ora di pausa per mangiare, bere e fare pipi senza altre interruzioni. Gli inglesi, che hanno clamorosamente mancato i livelli di velocità e qualità richiesti, sono rimasti scioccati dall'ambiente spersonalizzato della fabbrica che rende le persone automi.
Tuttavia alla fine i ragazzi hanno capito perché gli operai di queste fabbriche, spesso giovani donne della provincia, si ritengano fortunati in quanto almeno hanno un lavoro che consente loro di inviare il sostentamento alla loro famiglia, tipicamente con la madre vedova, i fratellini e talvolta anche figli piccoli. L'alternativa sarebbe la prostituzione oppure vivere nelle baracche degli slum (che essi infatti hanno visitato) selezionando la spazzatura per ricavarne di che sostentarsi.
"Non penso mai alla provenienza delle cose che compro" diceva una delle ragazze prima di partire. "Non mi sento in colpa perché spendo tutti questi soldi", affermava uno dei sette ragazzi inglesi, "me li sono guadagnati. E' un mio diritto spenderli." Dopo questa esperienza i giovani inglesi però hanno inevitabilmente rivisto il proprio stile di vita.  
A parte che da anni il consumo consapevole è una delle mie fissazioni, mi chiedo comunque a che serva conoscere da vicino le realtà, i volti e i modi dello sfruttamento dell'Occidente industrializzato sul Terzo Mondo. E' utile toccare con mano fino in fondo l'avidità su cui è basata la globalizzazione? La disperazione e l'impossibilità di scelta che c'è dietro il nostro lusso? Il vantaggio che noi occidentali traiamo dal fatto che questi paesi sono molto poveri e che la gente che vi vive deve accettare qualsiasi tipo di lavoro? Oppure, non avendo scelta neppure noi, coatti del consumo, vedere queste cose fa sì che continuamo lo stesso identico stile di vita ma solo con più sensi di colpa?
Sono dubbi che mi rimangono. Sono convinta, al di là della finzione che c'è sicuramente dietre queste trasmissioni, che le realtà che esse mostrano siano vere o verosimili e che la consapevolezza di esse sia doverosa ed anche utile per mettere in pratica quel minimo di scelta che possiamo avere, che sia il commercio equo e solidale, che sia diffidare della merce che costa troppo poco, che sia rinunciare al superfluo perché ne conosciamo i costi umani che si porta dietro. "Vedo le persone dietro al prodotto, non più solo l'oggetto" dice una delle inglesi al ritorno.
E ora mi guardo le altre puntate. 

giovedì 13 giugno 2013

Routine

Sono i piccoli rituali quotidiani che rassicurano, soprattutto andando avanti con gli anni. Quando ero giovane detestavo la routine e ancora oggi sento la necessità di cambiare sempre qualcosa almeno nelle cose poco importanti tipo fare una strada diversa ogni volta che raggiungo a piedi un luogo consueto. Negli anziani si nota come nulla debba essere lasciato all'impulso, tutto debba essere programmato e il programma rispettato, pena un senso di smarrimento esagerato per la cosa in questione. La vita è bella anche per gli imprevisti ma con gli anni si ha paura proprio di quello che non si può prevedere.
Così, pur variando ciò che ascolto nelle le mie cuffie (un romanzo di Ad Alta Voce, una puntata di Fahrenheit o de La lingua batte o delle lezioni di musica di Radio 3), mi rassicura la mattina recarmi alla stessa fermata del bus e scorgervi il solito signore che aspetta il 57, la solita signora che prende il 22 e l'ex professoressa di matematica di mio figlio che aspetta il 23.
Mi rassicura attendere alla fermata "Tre pietre", osservare il cambiamento stagionale dei grandi platani, ora spogli, ora frondosi, ora donanti foglie dai multicolori autunnali e seguire con lo sguardo quel bel ragazzo bruno dal fisico scolpito e dalla mirabile postura che passa tutte le mattine. Mi rassicura scorgere in fondo alla via il 59 delle 7:43, far cenno con la mano e vedere che l'autista mette la freccia per fermarsi. Mi rassicura salirvi sopra e scorgere sempre la solita decina di passeggeri, tutti seduti al loro consueto sedile (me compresa, chissà perché): lo studente con gli occhiali e lo zaino di tipo scolastico, il dottorando che cammina a grandi falcate, la ragazza che parla al telefono tutte le mattine per tutto il viaggio, la studentessa dagli occhi azzurri e i fianchi torniti, l'altra che legge tutte le mattine Repubblica, la giovane ricercatrice che scende all'Incubatore e che veste in modo così particolare (come mi piacciono i suoi vestiti e i suoi accessori che rivelano una personalità spiccata) e il signore straniero coi baffi e gli occhiali che mi fa sempe dei gran saluti e dei gran sorrisi. Oggi piove a dirotto, oggi invece fa un gran freddo, oggi si vede una bella alba, oggi c'è la nebbia, oggi una brinata, oggi c'è una bella luce e l'aria è tersa. 
Poi la giornata di lavoro comincia, più o meno intensa, quasi sempre poco gratificante, poco appassionante. Sempre uguale ma sempre diversa. Tuttavia quella routine del mattino mi aiuta ad entrare nella giornata con dolcezza e le sono grata per questo.

lunedì 10 giugno 2013

La rivoluzione rinviata


Evviva Grillo! Per carità, non il Beppe al centro dell'attenzione dei media, bensì il Salvatore, l'omonimo abile antennista grazie al quale adesso posso vedere un canale che mi fa impazzire: Rai Storia
I documentari di Rai Storia me li vedrei proprio tutti. Ultimamente mi sono piaciuti in particolare quelli del 1986 di Domenico Bernabei e Valerio Ochetto "España: guerra civile spagnola", un evento di cui so veramente troppo poco. Interessante la puntata su Franco dalla quale si capisce come la dittatura spagnola, meno velleitaria del fascismo italiano e più tradizionalista, potè durare quasi quarant'anni. 
Ma la puntata che mi è piaciuta di più è stata "Dalla parte della Repubblica" che mi ha aperto tutto un mondo. Nella mia ignoranza (a scuola la guerra civile spagnola si studia pochissimo, a malapena si legge "Per chi suona la campana" o si conosce il Guernica di Picasso) ero completamente all'oscuro del regolamento dei conti all'interno del fronte repubblicano tra partiti antifascisti che passò alla storia come "i fatti di maggio".
Molto sinteticamente, il governo repubblicano del presidente Caballero, attaccato dai nazionalisti di Francisco Franco, era difeso dai comunisti, piccolo partito ma molto ben organizzato e soprattutto rifornito e diretto dall'Unione Sovietica, e da altri partiti tra cui il principale era quello degli anarchici, forti in Catalogna.
Mentre a Madrid al famoso Hotel Gaylord's, dove stavano gli inviati del COMINTER russo, si viveva nel lusso (come scrive anche Hemingway in Per chi suona la campana), a Barcellona si tentò di mettere in pratica (primo e forse unico tentativo nella storia) l'utopia anarchica: l'egalitarismo assoluto organizzato non dai vertici ma dalla base. Nel documentario di Rai Storia si vedono immagini, tratte da un cinegiornale, con grandi tavolate in un grande albergo: "La grande sala da pranzo, una volta piena di frivole signore, finanzieri e capitani di industria, pigri aristocratici e avventurieri internazionali è ora affollata di uomini e donne umili che seguono il ritmo della società che si sta creando. Barcellona lavora e mangia. Questa è la sua forza e la sua virtù." L'esperimento investe molti aspetti della società: dal ruolo delle donne catalane, da secoli relegate in un ruolo subordinato al padre e al marito all'interno della famiglia, che conquistarono la parità di un sol colpo, anche se questo voleva dire la partecipazione ai combattimenti, all'abolizione della prostituzione, alle libere unioni, alla requisizione e collettivizzazione di duemila fabbriche e molte terre, all'abolizione, in alcune località, del denaro, simbolo dell'odiato capitalismo, sostituito con buoni scambio. Il rovescio di ciò fu la violenza con le chiese bruciate e la fucilazione di capitalisti e proprietari terrieri.
Il contrasto tra comunisti e anarchici si incentrava soprattutto su due nodi: se rivoluzione e guerra potevano andare di pari passo e se l'efficienza necessaria per vincere la guerra dovesse prevalere su ogni altra preoccupazione. Ciò è illustrato bene anche in un bel libro che sto leggendo su consiglio di una compagna dell'ANPI: "Omaggio alla Catalogna" di George Orwell. Orwell racconta di essere partito dall'Inghilterra sull'onda dell'entusiasmo di uomo di sinistra per difendere la democrazia e la repubblica spagnola minacciate dal fascismo, che ormai si era impossessato di molti paesi europei, senza tanto chiedersi a quale partito aderire. Nella prima parte del libro Orwell racconta bene l'inefficienza, l'improvvisazione e la disorganizzazione delle file repubblicane catalane messe su dal CNT, il sindacato anarchico. Lo scrittore inglese spiega poi come per i comunisti, sotto indicazione di Stalin, la rivoluzione andasse rimandata a dopo la fine della guerra perseguendo invece una politica di moderazione e di collaborazione con la borghesia, mentre per gli anarchici rivoluzione e guerra erano indissolubilmente collegate.
Il 3 maggio 1937 alcune formazioni militari comuniste assaltano la centrale telefonica di Barcellona controllata dagli anarchici. Iniziano così gli scontri che terminano con una dura repressione degli anarchici e anche di altri partiti di sinistra come il POUM (Partito Operaio di Unificazione Marxista) nelle file del quale si era trovato a combattere Orwell. 
Dopo i fatti di maggio le milizie repubblicane furono totalmente in mano ai comunisti. Che tristezza pensare alle speranze per una società più egalitaria soffocate nel sangue da chi, in teoria, doveva combattere per lo stesso fine! Federica Montseny, ministra anarchica della sanità nel governo Caballero, afferma nel documentario: "Il giorno in cui cominciarono a militarizzare la gente, il giorno in cui fu distrutta la rivolta spontanea cominciammo a perdere la guerra. Questa è una cosa che i comunisti hanno sempre rifiutato di accettare." E' sempre così: le forze progressiste perderanno sempre perché continueranno sempre a litigare.
Nella primavera del 1939 il fascismo si affermò anche in Spagna come in gran parte dell'Europa.
Per una strana coincidenza ascoltando recentemente in audiolibro "Caro Michele", un romanzo della Ginzburg che parla di tutt'altro, ho incappato in una famosa canzone del Quinto Regimiento, il più famoso corpo militare repubblicano della guerra di Spagna, a conferma del fascino che suscitano ancora quelle vicende lontane:


giovedì 6 giugno 2013

Non si capisce perché

Non si capisce perché si torna dai corsi "di formazione"
(così detti) con le idee più confuse di prima.
Non si capisce perché in Italia si debbano fare leggi così complicate, stratificate e contraddittorie che nemmeno gli addetti ai lavori ti sanno dare certezze sulla loro applicazione.
Non si capisce perché raramente si riesce a mantenere i tempi e gli argomenti programmati.
Non si capisce perché in una assemblea o riunione prendano la parola sempre le stesse persone.
Non si capisce perché certe persone sentano il bisogno di attirare l'attenzione a tutti i costi su di sé.
Non si capisce perché si spendano soldi per mandarci a corsi di formazione che non ci servono a nulla.
Cioè io almeno non lo capisco.