venerdì 25 settembre 2009

Tempo supplementare


Di solito quando si arriva a settembre mi sento ormai proiettata verso l'inverno. Ricomincia la scuola, riprendono i vari impegni (palestra, calcio, visite ai musei), riprendono i ritmi cittadini, le giornate si accorciano, si tirano fuori i vestiti più pesanti, la copertina per il letto. Le vacanze sono ormai un ricordo. Mi viene voglia di andare in letargo e risvegliarmi a primavera.
E invece quest'anno mi concedo un tempo supplementare. Un viaggetto autunnale in un posto particolare della nostra bella penisola. Ve lo racconterò al mio ritorno.
Eravamo rimasti alla Val Maira lassù quasi al confine con la Francia. Ecco, tracciate una bella linea che percorre tutto lo stivale...

Un abbraccio a tutti,
Artemisia

mercoledì 23 settembre 2009

Non siamo estinti


"Ma se non le conosci nemmeno le canzoni della Bandabardò che ci vai a fare al concerto?", mi ha chiesto mio marito giorni fa.
"Per esserci. Per annusare l'atmosfera. Per vedere che aria tira", ho risposto io.
E ho fatto bene.
Come al concerto per il compleanno di Emergency un paio di settimane. Palasport strapieno, banchini presi d'assalto (una maglietta, me la sono comprata pure io), bella atmosfera, bella serata. Splendida Fiorella Mannoia nella sua semplicità. Ha cantato "Oh che sarà che sarà" completamente da sola senza alcun accompagnamento e poi ha cantato insieme a Paola Turci cosi' come veniva, senza nessuna preparazione, ma con molto calore (guardate il video e fate caso alle panoramiche sul pubblico).
Anche ieri sera è stata una bella serata. Un concerto organizzato dalla Regione Toscana per la festa della legalità, cioè, a quanto ho capito, per festeggiare i ragazzi che questa estate sono andati a fare i campi di Libera. Piazza Santa Croce piena di giovani che ballavano, cantavano (sapevano tutte le parole delle canzoni), saltavano, (sbevazzavano) e, tra una canzone e l'altra, gridavano "Berlusconi p...o di m...a". E poi la Bandabardò di cui appunto non sapevo nulla tranne il fatto che c'e' a tutti i concerti del Pimo Maggio: allegri, coinvolgenti, ironici. Impossibile non mettersi a saltare.
Insomma se potrò non me ne perderò uno di questi eventi. Scalda il cuore sapere che c'è ancora questa gente. Dobbiamo spengere la televisione e il computer, uscire dalle case e ritrovarci. Per capire che ci siamo e non siamo affatto pochi. Come ha detto Fiorella Mannoia l'altra sera dal palco: "Non siamo estinti".

martedì 22 settembre 2009

Come volevasi dimostrare


Sabato, 12 settembre
- Ragazzi, noi andiamo a far la spesa all'ipermercato. Vi serve qualcosa per la scuola?

D&E: No, grazie. Abbiamo tutto

- Sicuri??? Non me lo venite a chiedere il giorno prima alle undici di sera o magari la mattina stessa alle sette e mezzo, eh? Intesi?

Lunedi, 21 settembre, ore 23

D&E: mammaaaa!!!

- eh?

D: dov'è il mio libro di storia dell'arte? l'hai mica venduto?

E: le tempere? mi servono le tempere? dove sono?

D: ce l'hai un cartoncino rosso bristol 50x70?

E: i pennelli? dove sono? ce l'hai?

D: e il compasso? e il lapis 2H?

- e una fettina di c..o, no???? non vi serve??



Non si è mai preparati ad essere genitori. Appunto.

sabato 19 settembre 2009

Non si è mai preparati ad essere genitori

Tempo fa ho sentito a Fahrenheit un'intervista a Carola Susani ed Elena Stancanelli, due scrittrici che hanno pubblicato insieme un libro dal titolo "Mamma o non mamma?", una serie di lettere a partire da due condizioni di vita fortemente scelte e fortemente difese: essere o non essere madre. La Susani, incinta della seconda figlia, racconta nel libro le sue ansie e le sue paure, ma anche le cose luminose che ci sono, il binomio appagante femminilità/maternità, mentre la Stancanelli difende la sua resistenza alla figura genitoriale. L'argomento mi ha attratto subito per i noti motivi personali che ho raccontato sin dall'inizio di questo blog: la fatica psicologica che la maternità mi ha sempre comportato con il suo corollario di ansia da prestazione e di frustrazione.
In realtà non mi è piaciuto granchè come le due scrittrici hanno affrontato l'argomento. Alcune affermazioni mi sono parse condivisibili, tipo che è difficile smettere di "essere figli" senza essere genitori, che al tempo stesso c'è qualcosa di "mediocre e tranquillizzante" in questa esperienza, e come, con la nascita di un figlio, anche le persone più inquiete si sentono "sistemate nel loro posto nella catena mondo". Non mi è piaciuto per niente invece quando le due scrittrici hanno paragonato il nostro modo di essere fare figli, sempre più tardi, con consapevolezza, accompagnandoli nella loro strada, con quello più barbaro e casuale di un ragazzo brasiliano che non si ricorda più quanti figli ha o quello delle ragazzine inglesi che in una classe hanno fatto a gara a farsi mettere incinte dallo stesso ragazzo. "Apparentemente sembra un abominio ma io la trovo una meraviglia", dice la Stancanelli. Io, francamente, lo trovo un abominio e basta.
Mi è parsa invece più stimolante un'intervista su ArcoirisTV al prof. Antonio Di Ciaccia, psicoterapeuta, sul disagio minorile e sulle "colpe" dei genitori nell'allevare i figli.
Dice il professore:
"Si crede che l'amore sia dare un qualcosa al proprio figlio. La formula migliore dell'amore è invece che il genitore riconosca il proprio figlio, lo riconosca nei suoi desideri e anche nei suoi errori. E' importante che un genitore dica 'Non ti capisco ma riconosco che stai cercando qualcosa' piuttosto che 'Questa è la soluzione. Devi fare così'." Nella sua esperienza di psicanalista, Di Ciaccia ha rilevato che gli adolescenti non si lamentano tanto di mancanza d'amore quanto di mancanza d'aria. Riconoscono che i genitori li amano, ma sentono questo amore come qualcosa che li blocca, come un cuscino sulla bocca che non fa respirare. Di Ciaccia dice che questo amore è ambiguo, più che amore è una richiesta fatta ad un figlio perché corrisponda a quello che ci si aspetta da lui, è un amare noi stessi nei figli. Bisognerebbe invece imparare ad amare i figli per quello che sono e, soprattutto, per quello che non sono.
Dai figli seminati in modo animalesco dal ragazzo brasiliano ai figli soffocati ci sarà pure una via di mezzo. Di certo non è facile trovarla anche perché non si è mai preparati ad essere genitori. Anzi, coloro che pensano di essere preparati possono essere molto pericolosi.

mercoledì 16 settembre 2009

Caos

Io lo so perché, per quanti sforzi faccia, prima o poi arriva il caos. Cerco di tenere in ordine la casa, non certo per estetica, semplicemente perché detesto perder tempo a cercare le cose. Ma per quanto mi sforzi, per quanto periodicamente mi sembra di aver trovato un posto razionale a tutte le cose, prima o poi si riforma il caos.
E cosi' sulla mia scrivania in ufficio. Divido i fogli in cartelline con colori diversi, le accatasto con un ordine ben preciso. In alto le cose più urgenti. Eppure, dopo un po', ecco che ritorna il caos.
Tale e quale succede anche nel file dapubblicare.txt. Come? Che cos'è questo file? Vi svelo un piccolo segreto. E' l'utero in cui stanno in gestazione i post! Un semplice file di testo su una pennina vecchia quanto il cucco (infatti si chiama proprio VECCHIOTTA) e contiene le mie annotazioni dalle quali mi piacerebbe PRIMA O POI sviluppare un post: citazioni che mi sono piaciute particolarmente, link di articoli da rileggere, audio da risentire, video da rivedere su argomenti che mi hanno colpito, idee che mi sono venute nei momenti più diversi. Annoto tutto lì in attesa di trovare il tempo per svilupparli. Ecco appunto: trovare il tempo. Ogni tanto a qualcuno riesco a dargli una forma comprensibile e a pubblicarlo. Ma il tempo corre inesorabile e le idee si accumulano sul file. Le scorro e finisce non mi ricordo più il motivo per cui esse stanno lì. Alcuni temi sono anche difficili e necessitano di concentrazione e/o ispirazione e/o approfondimento: i valori dell'illuminismo dimenticati, giovani e disimpegno, maternità sì maternità no, fare debiti, spot pubblicitari, genitori e figli, paesaggio che cambia, ruolo della parola nella discussione politica, donne che mi piacciono, parole demodè, mafia e Chiesa, parlare in modo comprensibile, la presunzione di saper disquisire su tutto, rapporto tra pazzia e creatività artistica, sanità pubblica e privata.
Insomma anche in questo file il caos è arrivato (e di conseguenza anche nella mia testa). Ma so benissimo il motivo. E' la fretta. Maledetta fretta! Ecco finita anche la pausa pranzo e tutto quello che sono riuscita a scrivere è questo schifo di post.

lunedì 14 settembre 2009

Per chi suona la campanella

Oggi riaprono molte scuole. Sarà un anno difficile per gli insegnanti che non potranno lavorare o che lavoreranno in condizioni più disagiate, per i genitori che assistono a cambiamenti di cui non si capisce l'utilità, ma soprattutto per i bambini e i ragazzi che si troveranno in classi più numerose, che vedranno un carosello di insegnanti senza capirne il motivo, che vedranno venir meno alcune attività per le quali non ci sono più soldi.
Con questo post voglio comunque fare i miei migliori auguri agli insegnanti, ai genitori e ai ragazzi per il prossimo anno regalando loro una storia bella e commovente che a me è piaciuta tanto.
Ad Acquaformosa (provincia di Cosenza) per evitare la chiusura dell'unica classe elementare a causa dello scarso numero di alunni si sono iscritti anche alcuni anziani ultraottantenni, analfabeti o semianalfabeti. E fin lì si tratterebbe di un originale e simpatico espediente per rispondere ai tagli del governo. In realtà i nonni di Acquaformosa a scuola ci sono andati per davvero e questa esperienza è stata raccontata nel documentario "Per chi suona la campanella" di Emiliano Sacchetti e Alessandro Di Gregorio (andato in onda un paio di settimane fa su RAI3, E DOVE ALTRIMENTI?) e di cui potete vedere il trailer sotto.
Un maestro di Novi Ligure, ormai in pensione, si è prestato ad insegnare in questa classe particolare. Nella loro semplicità le immagini del documentario sono di una tenerezza incredibile: i bambini, che con la loro prontezza, aiutano i nonni nei problemi di matematica e i nonni, che con i loro racconti di un passato povero e rurale, arricchiscono la mente dei bambini. Alcuni di questi anziani si sentono finalmente un po' più padroni del mondo (tenerissima la scena dell'anziano che, con l'aiuto del nipotino, riesce finalmente a scrivere una lettera al sindaco per chiedere di asfaltare la strada che porta al suo podere).
Insomma la scuola vista anche come luogo di incontro di una comunità che altrimenti sarebbe destinata a sparire. Una piccola, minuscola, confortante buona notizia.
Buon anno scolastico a tutti!

venerdì 11 settembre 2009

Ho trovato dove voglio emigrare

Sovente, parlando del degrado civile e morale del nostro paese con mio marito, mi viene da chiudere il discorso con un "Basta! Io me ne vado in Svezia!". "Scherzi?" avverte lui "Ti immagini tu che soffri il freddo come ti deprimeresti. Perchè non la Spagna?" e via dicendo fantasticando sui pregi e i difetti dei vari paesi.
Ecco, leggendo questo articolo su Criticamente.it ho trovato la mia meta: Samsø, un'isola danese di 4500 abitanti. Pannelli fotovoltaici su tutti i tetti, 21 turbine eoliche, edifici isolati termicamente con il muschio, fornaci a biomasse, utilizzo al minimo dei mezzi motorizzati, si mangia quasi esclusivamente prodotti locali, stile di vita "slow". E' una delle isole più verdi e più fertili della Danimarca e produce una gran varietà di frutta e verdura. L'unico territorio abitato a saldo negativo quanto ad emissioni di gas serra.
Voglio diventare anch'io una "samsinger" (cantante di Samsø), come si definiscono gli abitanti di quest'isola per sottolineare la positività e la leggerezza della loro vita. Guardate che non sto scherzando. Mi porto avanti con il lavoro e vado subito ad iscrivermi ad un corso di danese.

martedì 8 settembre 2009

Scorpacciata estiva di film

La pausa (spero PAUSA) estiva delle mie trasmissioni preferite unita alle vacanze scolastiche ha fatto sì che quest'estate ho visto (o rivisto), insieme a mio figlio maggiore, diversi film di vario genere. Mi fa molto piacere quando lui mi chiede di vedere un film insieme e per questo, anche quando sono stanca, non dico mai di no. Sono contenta che gli piaccia il cinema perché lo ritengo un interesse che arricchisce. Mentre al fratello piacciono solo i film di puro intrattenimento, soprattutto il fantasy, il grande apprezza anche quelli un po' più impegnati.

Abbiamo visto

1) film piuttosto recenti come:
"N (Io e Napoleone)" di Virzì (carino ma non tra i suoi migliori);
"Munich" di Steven Spielberg (sul settembre nero, non mi ha appassionato più di tanto);
"Il dubbio" (interessante);
"I love radio rock" (non sono riuscita ad apprezzarlo);

2) vecchi film che non avevo visto:
"La parola ai giurati" (bellissimo)
"Un eroe borghese" di Michele Placido (su Giorgio Ambrosoli, un po' didascalico ma da vedere);
"I giudici" di Ricky Tognazzi (il film di Ferrara sullo stesso tema, secondo me, è migliore);
"Il segno di Venere" di Dino Risi (film non all'altezza del grande cast)
"Anni Ruggenti" di Luigi Zampa (divertente parodia del fascismo)
"Lo sceicco bianco" il primo film di Fellini (chissà perché non riesco ad appassionarmi per Fellini);

3) film cult che avevo già visto ma che ho rivisto con piacere anche se, per qualcuno, il ricordo è risultato migliore:
"Il laureato", "Piccolo grande uomo", "Uomo da marciapiede" e "Papillon" (il grande Dustin non delude mai);
"Ricomincio da tre" (più tenero che esilarante);
"La notte dell'aquila" (un po' filoamericano ma ottimi i due protagonisti);
"Ovosodo" e "Ferie d'Agosto", (i migliori di Virzì secondo me);
"Pomodori verdi fritti alla fermata del treno" (tenero);
"Io, Chiara e lo scuro" (lo ricordavo più divertente) ;
"Pane e tulipani" (si vede sempre volentieri);
"Il ladro di bambini" di Gianni Amelio (mi era piaciuto tanto all'epoca ma stavolta non ce l'ho fatta a finirlo)
"Novecento" (un filmone, in tutti i sensi).

domenica 6 settembre 2009

Il corpo delle donne


Prima delle vacanze me lo ero registrato nei "segnalibri" del mio browser, ripromettendomi di vederlo appena possibile. Così l'altro giorno in pausa pranzo ho trovato 25 minuti liberi per vedere il documentario di Lorella Zanardo e Marco Maffi Chindemi "Il corpo delle donne".
Nonostante che io non veda mai la televisione trash, conoscevo il modello di rappresentazione femminile che in essa si fa. Ciò nonostante durante quei 25 minuti prima mi è salita una rabbia incontenibile, poi mi si è chiuso lo stomaco ed infine sui titoli di coda sono scoppiata in lacrime.
"Non immaginavo che le immagini televisive fossero uno specchio così preciso per descrivere certi comportamenti", dice la voce narrante di Lorella Zanardo. Ecco, non lo immaginavo neppure io, o per lo meno, non fino a quel punto.
"I volti e i corpi reali delle donne", continua la Zanardo, "sono stati occultati. Al loro posto la proposizione ossessiva e volgare di bocche, cosce, seni. La donna proposta sembra assecondare e accontentare i presunti desideri maschili sotto ogni aspetto. Ridotta ed autoridotta ad oggetto sessuale, a cornice muta e decorativa, a conduttrice di programmi inutili dove mai è richiesta la competenza, costretta ad una corsa contro il tempo fatta di ritocchi chirugici mostruosi."
Il documentario è un susseguirsi di spezzoni di programmi televisivi da dove emerge che:
- la TV è un grande circo che mostra un'immagine contraffatta della realtà;
- le donne hanno talmente introiettato il modello maschile che non sanno più proporne uno diverso e si guardano l'un l'altra con occhi maschili tanto che anche le pubblicità rivolte alle donne sono a base di riferimenti sessuali appetibili per i maschi;
- è stato stabilito che le donne emancipate devono proporsi sempre e comunque come oggetto di desiderio anche quando vengono interpellate per la loro professionalità, anche quando sono donne adulte e preparate, ma l'unico canone di desiderabilità che riconoscono è l'allusione sessuale;
- le ragazze che si propongono secondo questo modello spesso sono le stesse ragazze studiose, diligenti e determinate descritte dalla scuola, le stesse ex bambine bravissime gioia-delle-maestre;
- le donne adulte, che hanno raggiunto fama e potere in TV, gareggiano con le più giovani da un punto di vista estetico e sono le più spietate e sprezzanti verso di loro;
- il vero volto delle donne non si può più mostrare e deve essere mascherato dalla chirurgia estetica. La nostra faccia, ciò che esprime la nostra autenticità, le nostre rughe frutto del nostro vissuto, la nostra unicità, non possono apparire pena mostrarsi vulnerabili in un mondo in cui si è vincenti solo se siamo spietatamente invulnerabili. Molto bella la citazione di Anna Magnani che diceva al suo truccatore il quale voleva toglierle le rughe: "Lasciamele tutte, non me ne togliere nemmeno una, ci ho messo una vita a farmele."
Soprattutto alla base di tutto questo, secondo me, c'è un equivoco di fondo e cioè che queste donne, queste ragazze si esibiscano proprio perché sono libere, cioè forse pensano di essere emancipate e progressiste facendosi umiliare pubblicamente. Per usare le parole di Loredana Lipperini (autrice del libro "Ancora dalla parte delle bambine"): "A monte del reggiseno in vista e delle labbra gonfie che anche la più intelligente delle ospiti di un dibattito si sente, a differenza dei colleghi maschi, obbligata ad esibire, c'è il malinteso concetto per cui un essere umano che ha raggiunto la presunta liberazione dagli stereotipi possa usare i medesimi per divertirsi."
Ma la bella ragazza usata come gambe di una scrivania o appesa ad un gancio e timbrata sulle mele come un quarto di bue o umiliata con allusioni alla sua presunta stupidità, non solo è un'offesa a tutte le donne che ogni giorno lavorano, studiano e si impegnano, ma anche all'intelligenza umana in generale.
Quindi consiglio a tutti, donne e uomini, di guadare questo documentario, perché non è solo una questione di genere (come dimostra anche il film Videocracy di Erik Gandini).
E in ogni caso se è vero che il 60% del pubblico televisivo sono donne, allora sì che mi sale la rabbia e mi viene da urlare: "basta, donne! E' ora di reagire. Protestiamo per come veniamo rappresentate. Cominciamo a spengerla questa maledetta televisione. Facciamo calare l'audience di questi programmi che ci umiliano!"

Sul blog "Il corpo delle donne" e su L'Unità il dibattito è in corso.

mercoledì 2 settembre 2009

Parlare di sé

Oggi sono andata da una psicologa. (Guai al primo che dice: "Era ora!") Avevo bisogno di essere rassicurata ma soprattutto avevo bisogno di essere ascoltata. Il fatto che una persona per un'ora sia a tua disposizione, ti ascolti (cioè per davvero, quanto detesto le persone che mentre parli distolgono lo sguardo e si capisce che pensano ad altro!), ti faccia qualche domanda e sia interessata a te (d'accordo lo è per soldi, ma che significa? L'importante è che non sia un mistero per nessuno), a quello che ti capita, persino a quello che senti e che pensi, io lo trovo fantastico. I miei tre uomini di famiglia lo trovano invece terrificante. Tant'è che due hanno disertato ed uno è venuto solo per amore. Sono davvero così strana?
Eppure il bisogno di parlare di sè e di essere ascoltati (ma ascoltati davvero) io credo che sia comune. Così mi sono ricordata che da tempo volevo segnalare una puntata di Le Storie di Corradio Augias (se sopprimono questo programma, giuro, che mi incateno davanti alla RAI) nella quale era ospite Massimo Cirri,
uno dei due simpatici conduttori della trasmissione Caterpillar ma questa volta in veste di psicologo che lavora da anni al Dipartimento di Salute Mentale di Milano e di autore del libro "A colloquio" dove racconta in modo semplice le storie di alcuni suoi pazienti.
"Cosa dà ai suoi pazienti?", chiede Augias, "Consigli? Pillole?"
"Nel servizio pubblico, dove esso funziona", risponde Cirri, "alle persone che hanno la vita movimentata da un disturbo anche grave si danno molte cose. Prima fra tutte la possibilità di colloquiare, di dire di sè, di riflettere, di pensare. Si danno dei farmaci, anche se non troppi nonostante le pressioni delle case farmaceutiche. E poi si danno delle possibilità per esempio di lavorare e di stare comunque "dentro la vita" e non fuori come era prima per i manicomi. E' un'esperienza molto umana, prima ancora che psicoanalitica. Parlare di sè è una possibilità che abbiamo sempre meno per le vite che facciamo ma che è un'esigenza umanamente importante. La psicoterapia, quando funziona, nonostante i suoi ottocento tipi diversi, funziona perchè corrisponde a quel bisogno umano di comunicare."
Ecco io la penso proprio come Cirri. D'altra parte ciò è confermato anche da un piccolo e divertente esperimento che personalmente ho trovato strepitoso: un ragazzo un giorno a Roma a messo un banchino in Piazza del Popolo a Roma con un cartello: "Parlo con chiunque di qualunque cosa". Ha avuto più successo di tanti gazebo dei partiti politici. (Grazie a Nestorburma per la segnalazione).
Semplice ma geniale.