martedì 30 novembre 2010

Che tristezza le risse tra maschi alpha!

Che tristezza apprendere delle diatribe tra gli oppositori di Berlusconi! Volano coltelli dentro l'Italia dei Valori tra Luigi De Magistris e Sonia Alfano contro un tale Antonio Borghesi. Grande can can per un uscita di Beppe Grillo contro Saviano durante uno spettacolo, raccontata da Beatrice Borromeo, investita per questo da 2800 commenti arrabbiati. Ma che senso ha tutto questo?
Non entro nei particolari di queste dispute, che conosco solo superficialmente e non sono neanche sicura che mi interessi conoscerli.
Faccio solo con grande amarezza qualche considerazione:
1) Chi l'ha detto che gli oppositori all'attuale governo debbano pensarla tutti allo stesso modo? Per fortuna ognuno ha idee ben diverse su come uscire dal declino e propone alternative diverse, come è normale e augurabile.
2) Perché chi si oppone all'attuale governo non si unisce su quello che condivide perseguendo in tal modo il bene comune invece che dividersi per dimostrare chi è più ganzo? Temo che la risposta sia proprio che il fine non è il bene comune ma l'affermazione della propria personalità sotto i riflettori mediatici.
3) Perché c'è tanta gente che ha bisogno di essere "seguace" acritico e talebano di un guru, innamorandosi del messia di turno, anziché ragionare con la propria testa e saper apprezzare e/o criticare i contenuti più che il personaggio leader nel suo insieme? Credo che sia una mancanza di cultura nel senso di allenamento alla fatica di riflettere, farsi domande, porsi dubbi o anche solo approfondire gli argomenti (costa tempo e fatica approfondire, meglio aderire agli slogan).
4) Perché nessuno ragiona come un "noi" ma sembra non esserci via di uscita da una società individualista dove conta solo il proprio successo e la propria affermazione personale? Era così anche prima della caduta (con tutti i loro mali) delle ideologie novecentesche? In questo mi sento giovane e non mi ricordo. Mi piacerebbe capirlo.
Insomma queste polemiche mi fanno un gran male, non perché mi importi di De Magistris o di Grillo, ma perché danno la misura di quante poche speranze ci sia in un reale cambiamento di passo.
A questo proposito mi è piaciuto molto quanto scrive Concita De Gregorio nel suo fondo di domenica scorsa (anche se non condivido fino in fondo la lettura femminista che ne fa del fenomeno):
"Sgomenta la rissa da galli nel pollaio che si è scatenata contro Saviano fra campioni dell'opposizione mediatica. Dicevo molti mesi fa che c'è un eccesso di testosterone, in queste dispute: lotta fra aspiranti maschi alfa. Michele Serra giorni fa ha scritto: la consueta gara a chi ce l'ha più lungo. La sindrome si associa spesso alla sua gemella: ce l'ho solo io. Sono stato il primo, non metto il cappello sulla manifestazione degli altri, eccetera. Vorrei far notare alle prime donne - mai come in questo caso: ai primi uomini - che il pubblico (l'elettorato) da casa è lo stesso. Sono le stesse persone, a volte più a volte meno, e si aspettano che chi conduce la medesima battaglia sia solidale. In tv come in politica. E' quella malattia lì il cancro dell'opposizione. Spiace farne una questione di sesso, ma è una malattia maschile."

domenica 28 novembre 2010

L'invidiabile leggerezza del giocare insieme


Sabato mattina. Finalmente una pausa al brutto tempo. Ne approfitto per ritagliarmi un'oretta e andare alle Cascine a fare qualche foto ai bellissimi alberi gialli che ho adocchiato durante la settimana di cielo grigio.

Sul pratone del Quercione è in corso la consueta partitella di calcio. Fermo un attimo la bicicletta per osservarli. Chi sono questi uomini di tutte le età e di diversa provenienza che, abbigliati alla meno peggio, passano la mattina qui a tirare calci ad un pallone? Ci sono giovani e anziani con la pancetta. Fiorentini e sudamericani. Alcuni tarchiati, altri alti e un po' curvi. I più vecchi stanno davanti alle piccole porte costruite artigianalmente con dei pali. Si sente una bestemmia ogni trenta secondi, ma non c'è tensione. Vedo che battono persino le punizioni senza che ci sia un arbitro che le decreta. "Passala al Perù!" "Benissimo un c..o! Mi ha sgambettato!" Qualcuno con i capelli grigi tenta virtuosismi da ex, qualcun altro liscia la palla. Ma si divertono. Chi sono? Si trovano qui spontaneamente come i bambini ai giardinetti o c'è qualcuno che organizza?
Il calcio, nonostante tutti i soldi che ci girano, nonostante lo spettacolo obnubilante di quello professionistico, è un gran collante. Lo noto anche tra i coetanei dei miei figli.
Giocare insieme. Invidio questa capacità degli uomini di saper mantenere la propria dimensione ludica. A tutte le età. Di saper mettere da parte doveri, responsabilità, problemi e giocare. Non so chi sei ma basta che giochiamo.
Noi donne non lo sappiamo fare (salvo eccezioni). Sin da piccole il passatempo è chiacchierare, con tutte le dinamiche positive e negative che questo comporta. Ma non voglio fare la sociologa da strapazzo.
Semplicemente mi piacciono questi sfigati che, a costo zero, si divertono all'aria aperta, in questa splendida fredda mattina di sole.

giovedì 25 novembre 2010

RUP, CIG, CUP, DURC.... bum!

Basta, sono stufa! Nei quasi trent'anni che faccio questo lavoro ho visto cambiare le regole amministrative che riguardano gli approvvigionamenti tante di quelle volte che ho perso il conto. Negli ultimi anni mi sembra che questi cambiamenti siano sempre più fitti e le regole sempre più complicate e farraginose. Basta! Come cittadina rivoglio indietro lo stipendio del ministro della semplificazione e di tutti gli addetti al suo ministero!
Sono stufa delle circolari dei miei dirigenti che si limitano a fare il riassunto della legge appena uscita. Il riassunto lo so fare anch'io. Voglio indicazioni PRATICHE su cosa fare. Mi sento sotto il fuoco incrociato delle circolari. Ogni dirigente manda la sua. Non ne posso più di quelle dove si fa sfoggio di burocratichese:
"...approccio di tipo sistemico potenzialmente in grado di dispiegare capacità di contrasto dei fenomeni psicosociali in oggetto e teso ad andare oltre la mera previsione del disposto normativo..."
Siamo veramente sicuri che se un ricercatore ha bisogno di un bullone per il suo apparato sperimentale debba essere nominato RUP, debba acquisire un CIG, indicare un CUP e noi in amministrazione ottenere un DURC? Serve davvero a contrastare la mafia, il riciclaggio di denaro sporco, il lavoro nero?
Sono furiosa.

lunedì 22 novembre 2010

Piove sulla blogger malinconica, svogliata e anche un po' obsoleta

In questo piovoso pomeriggio domenicale mi pervade una certa malinconia. L'autunno mi mette tristezza, le feste natalizie che si avvicinano, l'inverno davanti da passare, l'attualità politica, i miei colleghi, tutto contribuisce a deprimermi.
Apro il PC portatile e mi accingo a fare il mio compitino domenicale di trascrizione-riassunto di qualche trasmissione ascoltata o vista tra le mie preferite. Ho vari file nella cartella "dapostare" ma improvvisamente mi prende la pigrizia di chi avrebbe voglia solo di andare in letargo.
Penso agli amici blogger e mi accorgo che tanti hanno smesso di aggiornare il blog per i motivi più diversi, alcuni noti, altri solo immaginati. Marina non si è ripresa dalla morte del marito, i due giovani Pandoro e Lorenzo hanno comprensibilmente ben altro per la testa, Belphagor è emigrato, Giangiacomo, Equipaje, Licia Titania hanno altro da fare o si sono scocciati. Un po' assenti anche Verrocchio, Marco-Senza traccia, Erica, Julo. In giro per blog noto che scarseggiano anche i commenti e non ci sono più quelle belle discussioni di qualche tempo fa'. Probabilmente il blog è una moda che sta passando.
Trovo nel mio file di appunti un link ad un articolo del Corriere della Sera nel quale, già dal febbraio di quest'anno, si titolava "I blog sono già vecchi". In realtà nell'articolo si parla più che altro di giovani e si indica come causa del declino la necessità di qualcosa di più veloce e immediato. Gli intervistati nell'inchiesta in questione (tutti sotto i 30 anni) definiscono il blog troppo "macchinoso, complicato e prolisso". (Come non mi piace la parola prolisso!) Probabilmente, dal loro punto di vista, hanno ragione. Dipende tutto da ciò che si cerca. Capisco che oggi non si abbia voglia di spiegare concetti e sensazioni per mezzo di un testo scritto e articolato, di prestare un minimo di attenzione alla forma, alla sintassi, all'ortografia. E questo non vale solo per i giovani. D'altra parte si può essere tentati di vedere l'affermarsi dei social network, con la loro immediatezza a danno del pensiero ponderato e formulato con un minimo di accuratezza, come un "imbarbarimento".
Stefano Maruzzi, capo di Google Italia, intervistato da Marino Sinibaldi a Fahrenheit, afferma a ragione che si è sempre parlato di imbarbarimento quando nella storia abbiamo avuto una discontinuità tecnologica significativa, come per esempio quando si è diffusa la macchina per la stampa di Gutenberg. Anche allora la diffusione più veloce dei libri è stata vista come un imbarbarimento perché si è avuto un abbassamento del livello qualitativo del prodotto come accade quando la tecnologia apre spazi a chi fino ad allora faceva altri mestieri. (Chi di noi blogger si può dire indenne da piccole inconfessate velleità letterarie o giornalistiche? "Vanity publishing" si chiama in USA l'attività di stampare libri a spese proprie per il piacere di pubblicare qualcosa di proprio).
Temo di star divagando. Quindi, visto che siamo sull'autocoscienza blogger e che non vuole smettere di piovere, ci sta bene una curiosa poesia che ho trovato in rete diverso tempo fa'. E' di una blogger che si firma "DolceLei" e che, a quanto pare, a dispetto di quanto detto sopra, tiene il suo blog, carico di banner e di cuoricini, da ben quattro anni.

oh..ohhh...ohhhh ...ascoltate voi blogger dispersi latitanti e depressi.
Piove sui blogger a macchia di leopardo.
Piove e tuona sopra i loro blog con ghigno beffardo.
Piove sui derelitti blogger afflitti.
Piove sulle loro teste balzane e le loro menti scrivane.
Piove sui loro volti bizzarri e stanchi.
Piove sui loro sinistri scritti e i loro
volti avvizziti
Piove e diluvia sui blogger senza l'Adsl e la connessione.
Piove sul postatore di professione e sul suo capoccione.
Piove senza sosta sul blogger che posta.
Piove a catinelle e forse a tinozze sul blogger che festeggia le terze nozze.
Piove a dirotto sul blogger che ha rotto.
Piove insistentemente sul blogger assente
Piove sui loro commenti sempre poco presenti.
Piove senza indugio sul blogger deluso.
Piove senza ritegno sul blogger ottimista, scherzoso e altruista
Piove semplicemente
su questa Dolcelei fetente
che vi dedica questa poesia.
Chiedo venia per le possibili inondazioni,
gli straripamenti e le alluvioni.

sabato 20 novembre 2010

Un caffè al chiosco degli sportivi

Sabato mattina. Sono in anticipo di qualche minuto per la visita guidata a Palazzo Pitti con gli Amici dei Musei. Quasi quasi mi prendo un secondo caffè della giornata (uno strappo alla regola per me). Passo davanti ad un piccolo chiosco, famoso punto di ritrovo per attempati tifosi viola, e mi viene in mente che tempo fa una signora mi segnalò che qui il caffè costa solo 80 centesimi. Ma sì, mi fermo qui. Non tanto per il risparmio, quanto perché preferisco un ambiente meno pretenzioso degli eleganti caffè di via Tornabuoni.
Entrando ci si trova davanti una televisione sintonizzata su MTV, a sinistra il banco del bar e a destra un altro con la cassa e la vetrina dei panini. A quest'ultimo un ragazzo biondo sta preparando dei sandwich con il tonno e chiacchiera amabilmente con la ragazza che sta al banco di fronte. A quanto capisco, parlano del padrone che sarebbe dovuto passare con le provviste e ancora non si è visto. La ragazza ha la pelle un po' scura, i capelli nerissimi tirati su e veste una divisa impeccabile. Non riesco a capire la sua provenienza ma parla un fiorentino con accento straniero che trovo delizioso.
Entrambi i ragazzi sono gentili ed educati con me, ma la loro attenzione è molto assorbita dalle loro schermaglie. Mi sento quasi di troppo mentre bevo il mio caffè. Così pago e li saluto lasciandoli soli nella loro tranquilla mattinata di sabato. Anche se il loro capo non arrivasse mi pare che stiano proprio bene così.

giovedì 18 novembre 2010

Ma come diavolo si usa questo affare qua

L'altro giorno ascoltavo una delle puntate di Fahrenheit dedicate alla scuola. Erano ospiti Girolamo De Michele, insegnante di storia e filosofia in un liceo di Ferrara e autore di La scuola è di tutti. Ripensarla, costruirla, difenderla, e Piero Cipollone, economista e autore di Capitale umano. Sulla scuola i due ospiti non hanno detto niente che non sia condivisibile ma anche niente di nuovo, però alcuni spunti di riflessione mi sono parsi interessanti.
De Michele, per esempio, ha evidenziato come il divario Nord-Sud (che pare sia di ben 70 punti OCSE-PISA equivalenti a due anni di scuola) non sia solo un problema di scuola ma di società. L'istruzione di un ragazzo dipende infatti anche da altri elementi come quanti libri ci sono in casa, quante biblioteche e librerie ci sono nel paese in cui abita (13 milioni di Italiani vivono in paesi dove non c'è neanche una libreria).
Durante la trasmissione si sono poi soffermati sui cambiamenti epocali del Ventunesimo secolo per i quali c'è bisogno di imparare competenze diverse da quelle che la scuola tradizionalmente insegna. In effetti se ci guardiamo intorno in ufficio vediamo quasi tutte apparecchiature non c'erano dieci anni fa e ciò ci dà l'idea di quanto saremo costretti ad imparare nei prossimi dieci anni. Chi non sarà in grado di utilizzare macchine complesse che diventeranno quotidiane sarà tagliato fuori. Questo però non significa che ci vogliano più insegnanti e più materie tecniche. Quello che la scuola deve fare non è insegnare ad usare il computer di oggi, che tra dieci anni sarà antiquariato (e qui mi sono venute in mente le polverose macchine che usavamo durante l'ora di Calcolo Computistico) ma deve dare l'elasticità mentale che mi consentirà tra dieci anni di imparare ad usare la macchina che ci sarà allora senza avere il blocco dell'apprendimento che capita ad una certa età.
L'analfabetismo di ritorno è un altro dei temi affrontati nella puntata dimostrato da quante persone hanno difficoltà a fare un biglietto del treno allo sportello automatico o addirittura a capire il tabellone dell'orario dei treni o da quante persone che non sanno fare da soli la dichiarazione dei redditi.
Viviamo in una società molto complessa e, se negli anni Sessanta il diploma di Scuola Media Inferiore era sufficiente per affrontarla, oggi come base bisogna avere quello che si impara a diciott'anni finito il liceo.
Dall'altra parte invece c'è una precisa volontà politica di creare un ceto di cittadini di serie B, incapaci di essere attivi e di leggere un contratto di lavoro. Nell'odierna giungla dei contratti di lavoro, afferma sempre De Michele, avremo dei cittadini che firmeranno inconsapevolmente e che saranno incapaci di far valere i propri diritti a fianco di un'elite del 10% della popolazione che, per tradizione familiare (siamo il paese con il più alto grado di rigidità sociale), può accedere all'istruzione.

martedì 16 novembre 2010

Il presente con gli occhi dello storico

Adriano Prosperi, professore ordinario di Storia Moderna, ha una bella voce calda e parla in modo pacato con quel suo lieve accento toscano ed un linguaggio curato e chiaro. Assistetti l'anno passato ad una sua conferenza organizzata da Laterza che, a dire il vero, fu un po' pesante. Ospite a Le Storie in un puntata dal titolo "Un presente non facile" ha espresso, sull'attuale classe politica italiana, giudizi inaspettatamente netti e implacabili ma sempre con una visione ad ampio spettro tipica dello storico e per questo particolarmente interessante.
"Lo stato di degrado delle istituzioni è reso evidente dal fatto che gli Italiani più consapevoli si stringono intorno alla magistratura come ultimo garante dei diritti costituzionali. Ciò fa sorridere pensando che nel Sessantotto la magistratura era considerata un'istituzione borghese da travolgere. Oggi abbiamo capito che la giustizia riguarda soprattutto i più deboli."
Alla richiesta di Augias di qualche elemento consolatorio da attingere da altri momenti di crisi della nostra storia, Prosperi risponde:
"L'Italia è un paese che è stato unito malamente a spese delle classi popolari. E' cresciuto sulle tragedie delle due guerre mondiali e sulla violenza del fascismo. Dopo un periodo considerato "miracoloso" in cui la popolazione era unita sui punti essenziali, adesso assistiamo al disastro che è avvenuto perchè negli anni delle vacche grasse nessuno ha provveduto ad ammodernare veramente le istituzioni che sono rimaste fondamentalmente quelle del ventennio fascista. I difetti antichi ci vengono davanti nella veste modernissima di un regime seduttivo basato sul monopolio dell'informazione."
Una ragazza del pubblico gli chiede se l'attuale legge elettorale gli sembra degna di una democrazia:
"Durante il fascismo il Parlamento divenne una Camera delle Corporazioni con candidati decisi dall'alto. Ci stiamo tornando. Il carattere della società democratica in cui viviamo è tale che coloro che hanno fatto l'attuale legge Corsivoelettorale sghignazzino allegri perchè sono fieri di quello che hanno combinato. Il regime fascista in questo senso era più pudico. Ora ci si può gloriare delle porcherie instillando l'idea che la prepotenza funziona e che la sopraffazione è un diritto."
"Abbiamo il privilegio di vivere in un paese dalle tradizioni culturali altissime, che si è arricchito di tesori che lo rendono il principale possessore della memoria dell'umanità e che è ancora un paese capace di straordinari frutti dell'intelligenza. Il nostro problema è che tutta questa potenzialità non si traduce in istituzioni civili."
Ed alla "banda di sciagurati che non sa quello che fa" (i militanti della Lega che bruciano il tricolore), lo storico risponde con il motto risorgimentale: Liberi non sarem se non siam uni.

sabato 13 novembre 2010

Sindrome da deficit motivazionale

Nella filiale della banca che frequento per motivi di lavoro sono passati diversi impiegati (e diversi direttori). Essa rappresenta la mia cartina di tornasole per capire se certi meccanismi che vivo nel mio ambiente lavorativo di ente pubblico si ritrovino anche nel privato. E' il mio piccolo laboratorio antropologico. Ci sono periodi come questo in cui la stanchezza mi fa tollerare poco i miei colleghi che, pur lavorando, si lamentano di tutto, la cui principale preoccupazione è avere assegnati meno compiti possibili e verificare che la propria mole di lavoro non sia superiore a quella degli altri, con un capo, gradevolissima persona, ma che non sa assolutamente gestire i propri sottoposti.
Così quando esco per portare i documenti in banca, un po' mi consolo perché vi scopro dinamiche simili. C'è l'impiegato con l'aria scostante a cui è bene non chiedere nulla perché non sa nulla e ti farà capire che non si sforzerà di un centimetro per darti le informazioni di cui hai bisogno. C'è la cassiera gentile che, nonostante i suoi modi educati, non ti sarà utile perché di tesoreria di enti pubblici non ne ha mai sentito parlare. C'è la corpulenta impiegata, che è da più tempo in quella filiale, che si muove come un bradipo e la cui unica preoccupazione è quanto manca alla pausa caffè, alla fine dell'orario e alla pensione. Poi c'è il giovane rampante, capelli pieni di gel e modi confidenziali, che alla tua domanda sulla tesoreria ti risponde che non ne sa nulla perché "si occupa di borsa".
E infine c'è L., giovane madre, carina, magra, lo sguardo vispo, un modo di fare accogliente ma non servile. Se gli fai una domanda capisce subito il problema. Se non sa come risolverlo, alza il telefono e cerca qualcuno a cui chiedere. Ci sarà un motivo se il direttore delega tutto a lei quando non c'è.
Ieri le chiedevo se sapeva qualcosa delle diatribe tra l'ufficio tesoreria e l'ufficio estero di Roma. "Non ne so niente", mi ha risposto, "ma fondamentalmente il punto è che la gente non c'ha voglia di lavorare".
Pare che tra le tante malattie inventate dalle industrie farmaceutiche per vendere farmaci ci sia la sindrome da deficit motivazionale che, come dice L. nella sua mirabile sintesi, sta diventando un'epidemia.

martedì 9 novembre 2010

Forza ragazzo mio!

Spesso mi dite che sul blog "vi infamo", cioè parlo male di voi raccontando i fatti vostri. Non è proprio così e poi comunque la cosa vi turba talmente tanto che il mio blog non lo leggete mai.
In questi giorni tentiamo, anzi, TU stai tentando un esperimento per risolvere un problema che ti fa soffrire, un problema troppo intimo e delicato per parlarne qui.
Volevo solo dirti che sono con te. Io e il babbo siamo con te. Facciamo il tifo per te.
Coraggio!

domenica 7 novembre 2010

Prossima fermata?

La curiosità ed il banalissimo fatto che il luogo è a dieci minuti a piedi da casa mia mi ha spinto a mettere il naso alla Stazione Leopolda dove, come saprete, si è svolta in questi giorni l'iniziativa "Prossima fermata Italia". Sono contenta di poter scrivere "come saprete" perchè la manifestazione ha avuto, per fortuna, (oltre ad un bel successo di partecipazione) una discreta copertura mediatica e quindi non c'è bisogno che mi dilunghi a raccontarla.
Mi limiterò ad alcune impressioni del tutto personali:
- La formula del centinaio di interventi di cinque minuti l'uno mi ha lasciata un po' perplessa. Adoro la sintesi ma in cinque minuti si dice davvero poco e si rischia ridurre temi importanti in spot. Per esempio, avrei voluto saperne di più dell'esperienza raccontata da una giovane consigliera in un comune del nord dove il PD si è alleato con la Lega.
- Alcuni interventi mi sono piaciuti molto come quello di Cristiana di Latina, dove da anni si contendono le primarie i soliti due candidati, tra l'altro anche con qualche ombra. Altri meno, soprattutto quelli dei politici più consumati.
- Hanno parlato molti giovani sindaci di tutte le parti d'Italia. Ricordo Giovanni, giovane sindaco campano, che si è guadagnato con la sua buona amministrazione il secondo mandato nonostante il PD locale non ne abbia confermato l'appoggio o Giuseppe Catizone, sindaco di Nichelino, eletto al secondo mandato con il 75% dei voti in un comune del nord dove la lega è al 4%. Ciò dimostra che ci sarebbe un bel vivaio di persone nuove (anche non necessariamente giovani) ma con una bella esperienza alle spalle da proporre invece di passarsi le candidature tra i soliti (Vi prego ditemi che non è vero che vogliono candidare Fassino a sindaco di Torino!).
- Ho sentito tante belle idee sul fisco, sul lavoro, sull'ambiente, sulla cittadinanza agli stranieri, sulle donne, sulla necessità di diffondere la banda larga in tutto il paese, ecc. ma sono rimasta fino all'ultimo con un bel punto interrogativo: tutto bello ma ora che facciamo? Qual è la proposta concreta finale, a dire la verità, non l'ho capito (nonostante la cosiddetta Carta di Firenze).
Dubbi e perplessità a parte, alla Leopolda c'era una bella atmosfera, propositiva, speranzosa, per niente sfiduciata o aggressiva. Ha fatto male, secondo me, Bersani a non venire dimostrando di non capire ancora una volta che ovunque ci siano elettori, ex-elettori o potenziali elettori del PD, il segretario dovrebbe farsi vedere almeno interessato ad ascoltare.
Tanto di cappello alla capacità oratoria di Renzi che si dimostra, aldilà di tutto, un ottimo comunicatore per chiarezza e per capacità di coinvolgere.
Per usare le parole del costituzionalista e deputato del PD Salvatore Vassallo: “Una bella boccata d’ossigeno in tempi amari”

sabato 6 novembre 2010

Prossima fermata Italia


La diretta su www.ilpost.it oppure su L'Unità

Prossimamente su questi schermi le impressioni di Artemisia.

martedì 2 novembre 2010

Siamo quello che costruiamo

L'Osservatorio Nazionale sui Consumi di Suolo ha rilevato che tra il 1999 e il 2005 nella sola Lombardia è scomparso (cioè è stato sottratto alla vegetazione) ogni giorno l'equivalente di una dozzina di campi da calcio (dai 12 ai 20 ettari). Tra il 1990 e il 2005 l'Italia si è "mangiata" 3,5 milioni di ettari di suolo, una superficie pari a Lazio e Abruzzo messi insieme, ogni anno 240.000 ettari contro gli 11.000 della ben più estesa Germania. E non è vero che questa edificazione serve per soddisfare le esigenze abitative della crescente popolazione (lo illustrava bene una puntata di Report dell'anno scorso) perché in Liguria, per esempio, dove la popolazione sta diminuendo, sono in costruzione 3 ML di metri cubi.
Non sono un'amante delle cifre ma quelle tratte dal libro "La colata", scritto da cinque giornalisti appassionati di architettura, sono impressionanti. Ferruccio Sansa, uno degli autori, ospite insieme a Marco Preve di Augias, ha dichiarato di essere partito dalla frase Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia: "Tutte queste speculazioni sono realizzate per mancanza di affetto". Anche oggi la mancanza di attaccamento al nostro paese purtroppo balza agli occhi. Sansa e i suoi colleghi elencano casi e responsabili del saccheggio: dalla Riviera del Brenta che ispirò Tiziano riempita di centri commerciali, alla Langhe di Fenoglio deturpate da una fila di capannoni industriali, al progetto Minneapolis che sta devastando la conca morenica di Ivrea, al progetto di costruire case a Modena per altri 50.000 abitanti su una popolazione attuale di 100.000, all'interramento di 100.000 mq di mare davanti a Siracusa dove nel 400 a.C. i Siracusani sconfissero gli Ateniesi, e tanti altri ancora.
Un saccheggio che vede diversi colpevoli: speculatori edilizi, imprese legate alla criminalità organizzata che riciclano nel cemento i proventi delle loro attività illecite, politici di tutti gli schieramenti, amministratori locali che, strozzati da esigenze di bilancio, non riescono a dire di no agli oneri di urbanizzazione, architetti di chiara fama che mettono il proprio nome su progetti nefasti e anche i cittadini che vedono il vantaggio immediato di una casa pur abusiva senza pensare nè ai pericoli di dissesto idrogeologico nè ai costi per la collettività nel fare i servizi che si rendono necessari.
Il business del cemento e del mattone è illustrato in modo più efficace di tante parole nella provocatoria scenetta di Antonio Albanese, tratta da Che tempo che fa, nella quale il suo strepitoso Cetto La Qualunque dice:
"Sai quante palazzine ci verrebbero al posto di quella catapecchia del Colosseo?"
"Ma è di un valore inestimabile!", gli fa da spalla Fabio Fazio.
"Macchè, ti faccio subito la stima. Ci verrebbero 16 palazzine con 44 appartamenti ciascuna. Risparmiando sul verde, parco giochi e rete fognaria (che non servono a niente) a 10.000 euro al mq, perché siamo in centro, fa un totale di 762 ML di Euro." Più chiaro di così.
Oggi, risentendo storia a mio figlio, notavamo come balza agli occhi la differenza tra la raffinata ed eterea civiltà minoica e l'austera e guerresca civiltà micenea, confrontando quello che ci hanno lasciato (il colorato e fantasioso Palazzo di Cnosso al confronto con le ciclopiche mura di Micene). Come dice giustamente Ferruccio Sansa, "noi siamo quello che costruiamo". Cosa lasceremo a chi verrà dopo di noi?
Questo tema mi ha fatto venire in mente anche Riccardo Carnovalini, che da 25 anni fotografa il paesaggio italiano e le sue modificazioni durante i suoi viaggi a piedi. L'estate scorsa, durante un convegno sul camminare, mi aveva infatti molto colpito l'intervento del Carnovalini ed in particolare questo passo:
"Vista la condizione del nostro paese così straordinario ma così straordinariamente calpestato, ho pensato che, se dovevo continuare a camminare in Italia, dovevo farlo con un taglio decisamente più politico, visto che i politici non fanno politica ma affari. Ho capito allora che il cammino può essere rivoluzionario. Se noi riusciamo con il nostro cammino a proporre nuovi stili di vita e a rifiutare il massimo simbolo del progresso (cioè l'automobile), facciamo qualcosa che può veramente cambiare le carte in tavola in questa nostra società e può riallacciare i fili tra il territorio e i suoi abitanti. Ritengo che il male principale rimanga la mancanza di amore e di conoscenza del territorio e dei suoi abitanti. Bisogna che il cammino ridiventi protagonista della nostra vita perché è l'unico strumento che abbiamo per riappriopriarci del nostro territorio prima che altri ne facciano uno strumento per i loro affari e per la loro ricchezza, a danno della ricchezza di tutti noi."

Ferruccio Sansa a Fahrenheit
Sansa e Preve a Le Storie - Diario Italiano