mercoledì 31 gennaio 2007

Camminare nella natura

Sono cresciuta nella periferia di una grande città. Per me la natura corrispondeva ai giardinetti circondati da palazzi nei quali mi portavano a giocare dopo la scuola. E' grazie a mio marito, conosciuto verso i trent'anni, che ho imparato da apprezzare la natura ed in particolare la montagna. Questa passione è cresciuta sempre di più con gli anni. Nel 1992 partecipammo ad un corso di introduzione alla montagna organizzato dal CAI. La nostra intenzione era di proseguire l'anno seguente con il corso di roccia, ma ciò non è stato possibile perchè è nato il nostro primo figlio (altre soddisfazioni: vedi post "Mamma frustrata"). Abbiamo continuato a camminare un po' durante le vacanze estive, cercando di coinvolgere i nostri figli in questa passione ma abbiamo trovato molte resistenze. Forse non siamo stati abbastanza bravi e le nostre gite estive sono sempre state accompagnate da frasi del tipo: "Quanto manca?" "Quando si arriva?" "Quanto c'è da salire?" "Quando si mangiano i panini?" ecc.
Due o tre anni fa abbiamo scoperto l'associazione La Boscaglia che organizza viaggi ed escursioni basate sul camminare lento (la definizione di lento e' abbastanza relativa). Lo spirito di questi viaggi ci è piaciuto molto: un turismo responsabile che cerca di avvicinarsi ai luoghi senza aggredirli, di non inquinare, di utilizzare strutture rispettose dell'ambiente, ecc. Certo dobbiamo dire che talvolta le guide ed anche i partecipanti hanno delle aspirazioni un po' troppo new age per i nostri gusti. Diciamolo: la camminata meditativa, a piedi nudi, ad occhi chiusi, ecc. non ci convincono troppo.
In ogni caso, camminare nella natura (ma anche, perchè no, andare in bicicletta) anche solo un paio d'ore rubate un sabato mattina vicino a casa, mi scarica, mi riconcilia con il mondo, mi rigenera il corpo e lo spirito.
Non riuscirò mai a capire chi passa il suo tempo libero nei centri commerciali...

sabato 27 gennaio 2007

Cosa salverei della TV? Probabilmente la radio

Penso che una delle cause di decadenza morale e civile dell'Italia degli ultimi anni, sia il livello medio dei programmi televisivi. Purtroppo la TV commerciale ha trascinato verso il basso anche la RAI, nella folle corsa allo share ed a riempire i palinsesti di reality show, telequiz, con domande a cui saprebbe rispondere anche anche mio figlio di 14 anni, talk show basati sul mettere in piazza i problemi privati oppure in cui personaggi pubblici si parlano uno sull'altro. Ecco una cosa che detesto e che mi impedisce di guardare trasmissioni come Ballarò è proprio l'abitudine dei partecipanti di interrompersi continuamente cominciando a parlare uno sull'altro. Come scritto sul mio profilo: odio la violenza anche quella verbale.
Non sono d'accordo nemmeno con coloro che vorrebbero l'abolizione del canone. Io pagherei anche il triplo di canone se ciò fosse finalizzato ad TV pubblica, libera dalle influenze dei partiti, gestita da professionisti seri, con programmi di qualità e senza pubblicità.
C'è anche chi è tentato da posizioni estreme tipo non avere la televisione. Io e mio marito non l'avevamo e stavamo benissimo finchè eravamo "signorini" (bei tempi!) e potevamo uscire la sera. Quando nostro figlio ha compiuto tre anni non abbiamo ritenuto opportuno fare di lui un marziano che non ha mai visto i cartoni. Ritengo che anche a livello educativo, piuttosto che eliminarla del tutto, sia molto meglio insegnare a guardare la TV con il cervello acceso, cioè senza fare zapping, scegliendo i programmi migliori e possibilmente vedendone la registrazione in modo da scorrere la pubblicità.
I programmi televisivi che mi piacciono di più sono quelli documentaristici: La storia siamo noi, La grande storia, Superquark, Gaia.
Dei talk show, tollero solo quelli dove si può ascoltare tranquillamente cosa hanno da dire gli ospiti, tipo "Che tempo che fa".
Adoro la satira di "Parla con me".
Infine vorrei citare una canzone di Finardi che esprime bene una mia personale passione:
"Amo la radio perché arriva dalla gente
entra nelle case e ci parla direttamente
se una radio è libera ma libera veramente
piace anche di più perché libera la mente

Con la radio si può scrivere leggere o cucinare
non c'è da stare immobili seduti a guardare
forse è proprio quello che me la fa preferire
è che con la radio non si smette di pensare"
Ci sono delle trasmissioni splendide alla radio: "Ad Alta Voce" di RAI3 (grazie alla quale ho "letto" dei classici della letteratura che non avevo mai avuto il coraggio di affrontare), "Fahreneit" di RAI3 (che lieto stupore scoprire in quanti seguono una trasmissione dedicata ai libri!), "Alle 8 della sera" di RAI2 (interessanti approfondimenti di storia) e l'irresistibile intelligente ilarità di "Caterpillar" su RAI2.
Detesto le radio commerciali che hanno tutte lo stesso formato e tonnellate di pubblicità. Sono una sostenitrice di Controradio anche se l'ascolto raramente (passa una musica che non è dei miei tempi) ma grazie alla quale posso ascoltare Radio Popolare (vedi post "Le mie fonti di informazione...").

martedì 23 gennaio 2007

Le mie fonti di informazione e di... sopravvivenza civile

Perchè ho indicato la politica tra i miei interessi? Non sono iscritta a nessun partito, non faccio attività politica. Trovo però essenziale tenermi informata e quando guardo il telegiornale o leggo un giornale, la parte che mi interessa di più è quella della politica interna. Nel Sessantotto avevo sei anni e quindi non si può cert dire che sono una ex sessantottina ma, bene o male, ho ereditato da quella generazione il rifiuto di rinchiudermi nel privato. La politica italiana non è certo entusiasmante. La differenza tra un partito e l'altro oggi sta più che altro negli interessi economici o sociali che esso difende (imprenditori, commercianti, operai, pubblica amministrazione, ecc.). Il bene comune, l'interesse generale dell'Italia, vengono spesso citati ma in realtà non interessano a nessuno (vedi post sull'egoismo). Sento molto la mancanza di valori condivisi in cui credere.
Sono convinta però che non deve vincere il qualunquismo con posizioni del tipo "tanto sono tutti uguali, tanto fanno sempre come vogliono, tanto rubano tutti alla stessa maniera". Se anche fosse vero, non dobbiamo mai abdicare al nostro compito di cittadini, non dobbiamo lasciare deleghe in bianco.
Per me quindi informarmi ed interessarmi di politica significa rimanere viva dal punto di vista civile, indipendentemente dal partito che posso scegliere di votare nel momento delle elezioni. Informarmi non significa infatti sapere semplicemente quello che è successo (per quello basta aprire il televideo o quegli odiosi giornali gratuiti che infestano le città). Significa cercare spunti di riflessione per vedere un po' più in là della notizia.
Questi tipo di approfondimenti li trovo soprattutto su Internet con i video di Arcoiris TV, i blog di Beppe Grillo , di Piero Ricca, di Nando Dalla Chiesa, mentre, per quanto riguarda la carta stampata, il giornale in cui mi ritrovo è L’Unità (di cui soprattutto apprezzo gli articoli di Marco Travaglio, Furio Colombo e Antonio Padellaro). Trovo molto interessante inoltre la rassegna stampa e microfono aperto di Radio Popolare e la mailing list "Criticamente".
Grazie ad Arcoiris TV ho potuto seguire interviste e dibattiti registrati in varie parti di Italia su argomenti che mi stanno a cuore (ambiente, movimenti, antimafia, ecc.). Ne segnalo due per tutti: un video inedito di Paolo Borsellino registrato in una scuola superiore nel 1989 e una videointervista a Roberto Saviano sul "Sistema Camorra".
Che dire di Beppe Grillo? Sono contenta che esista, che esista il suo blog, che abbia tanto successo, che esistano i "grillini", ma non condivido certi toni qualunquisti che prende talvolta con una certa superficialità. Inoltre, secondo me, dovrebbe mettere un filtro ai commenti ai suoi post, non certo per censura ma perchè molti, oltre ad essere beceri ed offensivi, non sono di alcun interesse ed attinenza al tema.
Piero Ricca: noto ai più come colui che gridò "buffone" a Berlusconi (ha vinto la causa, per fortuna), fa un ottimo lavoro con le sue inteviste insieme a Marco Canestrari e non risparmia certo gli esponenti dell'attuale governo.
Mi piace molto il blog di Nando Dalla Chiesa, perchè ha la rara qualità di esprimersi con pacatezza e buon senso e di sottolineare anche le cose positive invece di criticare sempre e comunque come fanno tanti.
Trovo grande Marco Travaglio. Ha la rara qualità di dire le cose come stanno, suscitando in tal modo l'odio di molti. I suoi articoli (come i suoi interventi ad Anno Zero) sono taglienti e sempre conditi con un'ironia sottile ma irresistibile.
Gli articoli di Furio Colombo ed di Antonio Padellaro sul L'Unità mi trovano quasi sempre d'accordo. Forse molti non sanno (anch'io non lo sapevo fino a circa un anno fa) che L'Unità non è più il noioso organo del partito ma un giornale indipendente che, pur collocandosi come linea di pensiero nell'area DS, pubblica articoli di ottimi giornalisti indipendenti. Durante una tavola rotonda organizzata da Micromega dal titolo "Libera stampa in libero stato" (seguita naturalmente su Arcoiris TV) ho sentito chiamare L'Unità un "campo profughi" per il fatto che ci sono finiti molti giornalisti allontanati dalla televisione o dalla stampa omologata.

mercoledì 17 gennaio 2007

Sono una consumatrice critica

Sempre sul filone della mia intenzione di non vivere solo per riempire la mia pancia (e per svuotarla), non posso non parlare di una delle cose che mi stanno più a cuore: il consumo critico. Sono sempre stata portata a non seguire la moda, le tendenze, i suggerimenti della pubblicità ma in modo molto istintivo e generico. Qualche anno fa una mia amica mi ha prestato un libro: " Manuale per un consumo responsabile " di Francesco Gesualdi. Questo libro mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto capire che il tenore di vita di noi abitanti dei cosiddetti paesi occidentali è possibile solo a spese di chi vive nei paesi del Sud del mondo ed a spese di chi vivrà sulla terra quando ne avremo esaurito le risorse. Ritengo questa una terribile ingiustizia. Il fatto di essere nata in questa parte del pianeta non è un merito mio, ma una gran botta di fortuna. Inoltre noi consumatori occidentali siamo sì dei privilegiati ma non siamo certo liberi perchè i nostri bisogni e le nostre scelte sono talmente pilotati dalla pubblicità, che finiamo per sentirci frustrati se non possiamo soddisfare dei desideri che non sono veramente nostri.
Si fa un gran parlare del potere dei governi e dei politici, ma chi decide davvero le nostre sorti non solo i governanti, bensì coloro che tengono in mano l’economia, le grandi corporation. Allora il nostro unico, piccolo, piccolissimo, ma unico potere sta in quello che compriamo o che decidiamo di non comprare.
Per questo ogni volta che penso di comprare una cosa mi chiedo se mi serve davvero o se posso farne a meno. Inoltre nella scelta tra piu' oggetti mi chiedo sempre dove sono stati prodotti, che notizie ho di quell’azienda, come tratta i lavoratori, quanto inquina, quanto sto pagando l’oggetto e quanto la sua pubblicità, quanta strada ha fatto e quindi quanto ha contribuito all’inquinamento.
Certo è dura, ma piano piano ci si fa l’abitudine e si scopre che i veri bisogni non sono il telefonino nuovo, la macchina nuova o le scarpe a punta che il prossimo anno non andranno più. Sono convinta che il vero sacrosanto bisogno della maggior parte delle persone non sia avere più cose ma avere più tempo per stare con la propria famiglia, per parlare con le persone, per leggere un libro, per camminare nella natura, per pensare, per rilassarsi, per fare l’amore, per dormire, ecc.
Nel mio percorso di consumatrice critica mi hanno aiutato:
- i libri del Centro Nuovo Modello di Sviluppo : “Guida al consumo critico”, “Lettera ad un consumatore del Nord”, “Guida al vestire critico”, “Guida al risparmio responsabile”;
- “No logo” di Naomi Klein (un po’ troppo lungo ma sicuramente interessante);
- la rivista “Altreconomia” a cui sono abbonata da alcuni anni;
- un convegno organizzato da una piccola associazione fiorentina i Consumattori ;
- un'ottima manifestazione che tratta di questi temi come “Terra Furtura".

lunedì 15 gennaio 2007

La morale del "chissenefrega"

Sono atea convinta. La mia morale è laica ma forse il messaggio di base del Cristianesimo ha permeato tanto la mia coscienza da guidarmi come un faro. Il principio che guida il mio comportamento è: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te, rispetta gli altri come te stessa (non importa "amare", basta e avanza "rispettare"). A me sembra semplice e naturale, eppure mi guardo intorno e a tutti i livelli non vedo altro che egoismo ed indifferenza. Di cattiveria ce n’è ma, devo dire, non è quella che guida la maggior parte delle persone. Più che altro è l’egoismo ed l’indifferenza.
Cammino per strada e non posso fare a meno di notare quello che la gente butta in terra. Mi immagino già che il motivo sia “chissenefrega, tanto c'è chi pulisce”. Perchè ai bordi di una strada si trovano pacchetti di fazzoletti di carta o di sigarette vuoti buttati? Costerebbe tanto rimetterli in borsa o in tasca e buttarli al primo cestino disponibile? Perchè in casa propria nessuno butterebbe nulla in terra e fuori, nella casa di tutti, si'? Meglio ancora quelli che dicono: “Con le tasse che pago, ho diritto a buttare per terra quello che voglio ed ad avere la strada pulita”. Ma che bravi!
Sul posto di lavoro: la prima preoccupazione dei miei colleghi è di non dover fare niente che possa essere fatto da qualcun altro. "C'è una cosa in più da fare? L'importante che non venga data a me! Perchè proprio io? Perchè non lei/lui che ha molto meno da fare?" E’ vero che, per chi svolge un lavoro impiegatizio, non ci sarà mai un compito talmente gratificante e divertente da essere anche appetibile, ma se c’è una necessità significa che a qualcuno quella cosa sarà utile.
Egoismo anche in casa. Tutte le volte che chiedo ad uno dei miei figli di fare qualcosa la risposta standard è: "Perchè lo devo fare proprio? Perchè non lo chiedi a lui?"
Egoismo anche nei confronti del pianeta ed di chi lo abiterà in futuro. Chi prende l'auto anche anche quando potrebbe benissimo andare a piedi o in bus (“chissenefrega dell'effetto serra, basta che il mio deretano venga trasportato!”). Chi non spenge mai le luci dalle stanze vuote in ufficio (“chissenefrega, non la pago mica io la bolletta!”). Chi, non solo non fa la raccolta differenziata dei rifiuti, ma butta le cose più assurde nei cassonetti della carta o dell'organico. Chi ammassa rifiuti ingombranti sui marciapiedi (“chissenefrega se danno noia, l'importante è liberare casa mia!”).
Ecco prepotente il senso di solitudine (vedi post "Perche' scrivere un blog?"). Mi vergogno quasi di confessarlo: mi piace lavorare, mi piace fare, provo piacere nell’essere utile agli altri. Certo anch’io ho le mie preferenze sui compiti da svolgere, ma ogni lavoro che concludo mi dà una particolare soddisfazione a cui non rinuncerei. Certo, anch'io sto meglio lontano dall'ufficio, a casa, oppure, ancor meglio, a fare due passi. Ciò nonostante detesto stare senza far niente. Parafrasando un detto, per me “molto lavoro, molto onore”.
Non si fa che sentire allarmi sulla sorte del pianeta ed allora per me è normale fare tutto il possibile per non usare l’auto o il motorino. Dove posso arrivare a piedi o in bicicletta, lo faccio. Fa bene al pianeta (ed anche alla mia salute).
Quando sento i dati della mole di rifiuti che noi dei paesi del benessere produciamo a testa tutti i giorni, mi sento in colpa verso quelli che verranno. Penso che il segno del mio fugace passaggio sulla terra non sarà purtroppo nè un opera d’arte, nè un edificio, né il nome di una strada, ma solo una gran massa di rifiuti. Ed allora mi impegno a far sì che questa massa sia la più piccola possibile (vedi le famose quattro R) perchè mi metto nei panni di chi verrà dopo di me.
Purtroppo (per me) non riesco a non notare i tanti episodi di inciviltà, di mancanza di rispetto, di menefreghismo che la gente semina con disinvoltura. Raramente trovo qualcuno che condivide questi miei sentimenti. Forse dovrei andare a vivere su altro pianeta.

venerdì 12 gennaio 2007

Mamma frustrata

L'episodio che ha fatto scaturire la decisione di tenere un blog è stata l'ennesima discussione con mio figlio adolescente. Non è certo una novità che mi faccia arrabbiare e non sarò certo la sola madre che si lamenta delle rispostacce dei figli adolescenti. Ci sono però alcuni episodi che, chissà perchè mi fanno toccare con mano prepotentemente tutta le delusione della mia esperienza di maternità e che mi bruciano in maniera cocente. Mi ricordo in particolare uno di questi episodi qualche anno fa subito dopo il quale partii per Roma per lavoro ed ho nella mente l’immagine di me che giravo per la città sotto la pioggia piangendo come una cretina. Nessuno se ne stava accorgendo (tipico esempio di sensazione di solitudine di cui al post inziale). Mi sentivo come un innamorata delusa e sentivo che il mio rapporto con i miei figli non sarebbe stato più lo stesso. Esagerata? Forse.

La stessa sensazione l'ho provata la mattina dell'Epifania di quest'anno. Mi sono svegliata, sono entrata nella stanza di mio figlio che, appena alzato si stava accingendo a giocare con il PC (sua principale attività e suo unico interesse), non ho fatto in tempo a dirgli "Buon giorno" che sono stata assalita da proteste tipo: "Lasciami in pace, torna a letto, non cominciare subito a rompere..." A tutti può scappare una rispostaccia fuori posto, specialmente ad un ragazzo oggetto di tempeste ormonali, ma buona norma vorrebbe che ciò venga riconosciuto con un minimo (sincero o no) dispiacere. Invece ha pensato bene di sentirsi vittima perchè gli ho ritirato la calza della Befana e gli ho annunciato che non andrò più a vedere le sue partite di calcio finchè non dimostrerà di aver capito i miei sentimenti.

E che dire dell'estate 2004 quando sono arrivata a stilare un resoconto dal titolo "Riflessioni sull'esperienza della maternità "? Lo ripropongo qui e lo potrei controfirmare anche oggi a distanza di due anni e mezzo.

Riflessioni sull’esperienza della maternità estate 2004

Requisiti di base: figli sani e con intelligenza nella norma => OK

Cosa altro mi aspettavo da questa esperienza e quanto ha corrisposto la realtà con le aspettative?

1. Fatica (cioè energie richieste e senso di stanchezza): superiore alle aspettative, i primi anni più per gli aspetti materiali ed organizzativi, mentre ora più per l’interazione con i figli (= farmi ascoltare, farmi obbedire, far valere le mie ragioni)

2. Impegno (cioè sforzo richiesto per imparare a gestire le diverse situazioni che si presentano alle diverse età): superiore perché spesso sento di non esser all’altezza.

3. Responsabilità: come da aspettative.

4. Scarsità di tempo libero: come da aspettative. Le mie esigenze passano sempre prepotentemente in secondo piano e solo imponendomelo riesco a ritagliarmi spazi e momenti miei.

5. Soddisfazione del mio bisogno di “insegnare”: solo in parte. Spesso ai miei figli interessa poco quello che ho voglia di insegnare loro ed inoltre si stufano facilmente ad ascoltare.

6. Trasmissione dei valori in cui credo: solo in parte. Il valore a cui tengo più di tutti, perché secondo me è alla base di tutte le regole di convivenza, è il rispetto degli altri, del lavoro degli altri, dello spazio degli altri e la capacità di mettersi nei panni degli altri. Non si tratta di altruismo ma semplicemente “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”. Su questo punto non riesco a far superare ai miei figli il loro naturale egocentrismo, nemmeno nei confronti delle persone a cui essi vogliono bene (o dicono di voler bene).

7. Dare ai miei figli opportunità che io non ho avuto (maggior possibilità di stare con i coetanei, maggiori occasioni di autonomia, possibilità di provare esperienze varie e nuove nei limiti delle possibilità di tempo e di soldi): inferiore alle aspettative, perché spesso sono loro che rifiutano le proposte. So che è sbagliato pensare che a loro piaccia quello che poteva piacere a me nella mia infanzia, ma spesso a loro piace proprio quello che io ero costretta a fare per mancanza di alternative (= stare a casa a giocare da soli). Il tempo in cui essi stanno con i coetanei è sicuramente più lungo del mio ma solo per necessità (nido, materna ed elementari a tempo pieno, centri estivi).

8. Compagnia e aiuto (nei limiti delle loro possibilità): molto inferiore alle aspettative. La nostra compagnia è assai poco apprezzata. Le nostre conversazioni tollerate per breve tempo perché stare a parlare con noi toglie spazio ai loro giochi. L’aiuto arriva solo dopo pressanti richieste se non addirittura ricatti, mai spontaneamente. Insieme al punto 6. questo è il punto di maggior scostamento rispetto alle apettative.

Mi sono chiesta: “ Ma tu ti metti mai nei panni loro? Provi mai a vederti dall’altra parte?”

A parte che mi sembra sempre comunque di farlo, ma ultimamente ho provato a fare uno sfozo ulteriore e ho visto una bisbetica rompipalle. Il contenuto delle comunicazioni nei loro confronti al 90% è composto da raccomandazioni, rimproveri e ultimatum per costringerli a fare cose.

Poi mi sono chiesta: “Ma quando cerco di interessarmi alla loro vita, migliorano le cose?”

In effetti tutti i giorni faccio loro domande del tipo:

“Come è andata?” Risposta: “Bene”.

“Cosa hai fatto? Che è successo a scuola?” Risposta: “Niente”

Se non sono troppo stanchi, se le domande non sono troppo pressanti o troppo generiche e soprattutto se non sono troppo ansiosi di rituffarsi nei loro giochi preferiti, si riesce ad ottenere qualche informazione. Guai però a non capire alla prima la risposta e chiedere maggiori spiegazioni, perché si scocciano e vanno via.

Infine mi sono chiesta: “Ma capita mai che loro chiedano che cosa ho fatto io, come sto, come è andata la giornata?” Non passa nemmeno nella loro mente.

giovedì 11 gennaio 2007

Perche' scrivere un blog?

Ho deciso di tenere un blog. Ci sono vari motivi. Il primo è che sin da piccola mi è sempre piaciuto tenere un diario, mi è sempre piaciuto scrivere e, soprattutto, scrivere mi ha sempre aiutato a sfogarmi, a superare stati emotivamente difficili, a chiarirmi le idee, superare le ansie, ecc.

Da adulta ho perso l'abitutine a scrivere perchè, come tutti, sono sempre di corsa e poi perchè nella mia mentalità (probabilmente sbagliata) prima vengono tutti i doveri e poi le cose che mi fanno piacere.

Un altro motivo è che mi sento sempre di più sola. Non nel senso che non ho compagnia, anzi, sono circondata di persone. Non nel senso che non abbia chi mi vuol bene. So perfettamente su chi posso contare dal punto di vista affettivo. È più una solitudine metafisica (è la parola giusta? Boh, non lo so, ho fatto il tecnico...). Non mi riconosco nelle persone che incontro tutti i giorni sul lavoro, per strada, in palestra, ecc. "Brave persone" (oddio, non tutte) ma sento che non condividono la mia irrequietezza ed io non condivido il loro modo di pensare.

Infine ho deciso di tenere questo blog perchè voglio provare ad investire in questo modo quel surplus di energia che mi sento addosso e che non riesco a sfogare. È come se avessi costantemente una smania che non so bene cosa sia e che quindi non trova realizzazione.

Voglio scrivere le mie idee, le mie considerazioni, la mia rabbia, la mia frustrazione come se questo blog fosse un messaggio nella bottiglia lanciata nel mare della rete. Chissà se qualcuno la raccoglierà ...