lunedì 30 aprile 2007

Ma che carini!

La tenerezza che normalmente suscitano i bambini credo che sia un istinto biologico che porta a proteggere i cuccioli della nostra specie. Eppure, diciamolo francamente, i bambini talvolta sanno anche essere odiosi. Personalmente provo sentimenti contrastanti verso la categoria e questa volta non sto parlando dei miei figli.
I bambini mi piacciono quando sono freschi e spontanei, quando, con la loro ingenuità, dicono cose che noi grandi, per educazione, non abbiamo il coraggio di dire. Un po' come nella favola del re nudo.
Quando invece vedo bambini che si comportanto da tiranni perchè sanno che urlando e battendo i piedi otterranno quello che vogliono, o altri che scimmiottano con malizia gli adulti, quando vedo bambini che, spalleggiati dal gruppo, sanno essere spietati con quelli più deboli, mi viene da pensare che un breve soggiorno nelle baraccopoli di Korogocho o a lavorare nelle fabbriche , non farebbe poi loro male. Sì, lo so, è colpa dei genitori che non hanno saputo insegnare loro il rispetto degli altri. Però voglio dire una cosa impopolare: la sensibilità, la dolcezza, l'empatia non si imparano. Le persone perfide ed egoiste si riconoscono anche da piccine!

venerdì 27 aprile 2007

Elogio della sintesi

Sono una timida e sono molto restìa a parlare in pubblico. Se talvolta mi sforzo e prendo la parola, cerco di essere più sintetica possibile perchè ho paura che la gente si stufi ad ascoltare se mi dilungo.
Noto però che quelli che normalmente prendono la parola non si preoccupano affatto di questo. Nel cosiddetto "spazio per il dibattito", di norma, chi prende il microfono in mano non lo molla più e spesso continua a ripetere concetti già espressi, finchè il moderatore non gli toglie la parola. Perchè tutta questa voglia di protagonismo? Avete notato che quando tocca alle domande del pubblico, gli interventi non sono quasi mai domande ma sempre considerazioni più o meno calzanti? Ma perchè? Non ho capito se la gente se ne rende conto e non se ne cura (della serie: "ora tocca a me e dico quello che mi pare") oppure no? Perchè il dono dell'autocritica è così raro?
Forse sono io che sono troppo fissata con la sintesi ma penso che più si riesce ad essere sintetici, maggiore è il numero delle persone che riusciranno ad intervenire, perchè il tempo a disposizione non si può dilatare più di tanto.
A dir la verità, spesso trovo che anche i post dei blog siano troppo lunghi. E' una questione diversa però perchè il blog è uno spazio personale, nessuno è obbligato a leggerlo e quindi l'autore si può prendere tutto lo spazio che vuole.
Io comunque ammiro molto quelli che sanno essere brevi ma incisivi. La capacità di sintesi è una grande dote, anche se sempre più rara.

martedì 24 aprile 2007

Vanda


Oggi voglio parlare della mia nonna Vanda perchè la ritengo una persona speciale. Classe 1917, ha sempre avuto un carattere irrequieto, ribelle, anticonformista ma, purtroppo, con derive paranoiche. Da ragazza non accettava le imposizioni moralistiche della famiglia, soprattutto la repressione della sua esuberanza da parte di suo padre e di suo fratello. Sfortunatamente rimase incinta a vent'anni e si bruciò così la giovinezza. Separata presto dal marito, ha fatto innumerevoli lavori ed ha avuto tante avventure sentimentali, anche in tarda età, ma non ha più voluto legarsi a nessuno, perchè è sempre stata gelosa della propria indipendenza.
Prese la patente quando ancora donne che guidavano ce n'erano pochissime. Era una tifosa sfegatata per la Fiorentina e frequentava lo stadio nella stagione del primo scudetto.
Io, nata quando lei aveva solo quarantacinque anni, ero la sua nipote prediletta. Mi riempiva di regali e mi diceva: "Divertiti quanto vuoi, ma tieniti stretta la gilda perchè a rimanere incinta l'è un volo!". Questa la sua filosofia di vita.
Una persona speciale che però non ha avuto molto dalla vita sia perchè non aveva istruzione (credo che non abbia finito nemmeno le elementari) sia perchè il suo carattere l'ha portata a grandi passioni ma anche a vedere il male dappertutto. Ha finito col litigare con tutti i familiari e non ha capito che ad una certa età gli affetti sono più preziosi della propria indipendenza. Con la sua bellezza e la sua esuberanza avrebbe potuto trovarsi un compagno con cui invecchiare insieme invece di finire tristemente i suoi giorni in una casa di riposo di una città lontana, ipovedente, ipoudente e imbottita di tranquillanti. Che tristezza, nonna!

lunedì 23 aprile 2007

Come salvarsi dal mobbing

Dedicato a tutti quei ragazzi e quelle ragazze che entrano nel mondo del lavoro e si scontrano con persone destabilizzanti.
Ho cominciato a lavorare a diciannove anni come impiegata amministrativa presso un ente pubblico. Nell'ufficio eravamo tutte ragazze giovani tranne la capufficio, una donna sulla quarantina. Questa donna aveva creato un clima di terrore psicologico. Alternava dei giorni in cui aveva nei nostri confronti un atteggiamento materno (ci chiamava "topine") e ci stimolava a parlare del nostro privato dandoci "saggi" consigli, con dei giorni in cui ci strigliava perchè non facevamo il lavoro esattamente come voleva lei. Una mattina si alzava con la convinzione che gli utenti non meritavano la nostra dedizione e ci costringeva ad andare a fare delle passeggiate nei dintorni dell'ufficio, salvo poi il giorno dopo rimproverarci perchè avevamo lasciato qualche pratica indietro. Un altro giorno si svegliava e, non ritenendosi soddisfatta dell'impresa delle pulizie, ci costringeva a dotarci di gabbanelle e piumini per pulire l'ufficio insieme a lei. Il fatto che criticasse qualcuna di noi in sua assenza faceva pensare, a ragione, che riservasse questo trattamento a tutte indipendentemente dagli apparenti buoni rapporti. La cosa che mi costava di più non era però accondiscendere alle sue bizzarie, bensì la sua pretesa che ciascuna adottasse lo stesso comportamento vessatorio con la vittima di turno, pena il cadere dalle sue grazie.
Nonostante noi fossimo in una botte di ferro (contratto a tempo indeterminato senza nessuna possibilità di licenziamento nè di trasferimento) eravamo terrorizzate e non avevamo il coraggio di parlarne neanche tra noi. Il fatto è che anche gli utenti e il direttore stesso la temevano perchè la responsabile dell'amministrazione ha, di norma, un potere di ricatto notevole.
Dopo dieci anni di questa situazione (che solo dopo ho capito essere un tipico caso di mobbing) finalmente siamo riuscite a parlarne prima tra noi e poi con il sindacato. Io ed altre due colleghe siamo riuscite a ribellarci ed abbiamo ottenuto addirittura la creazione di un nuovo ufficio indipendente da lei con nuovi compiti.
Oggi sono io la responsabile dell'amministrazione. Probabilmente come capufficio ho tanti difetti ma una cosa rappresenta il mio primo punto di impegno: la serenità dell'ambiente dove ognuno si possa dedicare al suo lavoro senza angosce.
Purtroppo i ragazzi di oggi spesso non possono ribellarsi in casi del genere a causa della precarietà della loro posizione. Il mio consiglio comunque è di non scoraggiarsi e di non pensare mai che non ci sia nulla da fare. Non c'è niente di peggio che subire una situazione di frustrazione sul lavoro in quanto questa si ripercuoterà in tutto il resto della propria vita con effetti devastanti.

venerdì 20 aprile 2007

Lasciami in pace: so far tutto da solo!

Il grande dilemma dei genitori è lasciare che i propri figli si facciano le esperienze da soli o intervenire per guidarli, spronarli o metterli in guardia? Se questi figli poi sono adolescenti, il loro aspetto adulto destabilizza ancora di più il genitore che si sente dire da un ragazzo che ormai l'ha superato in altezza o da una ragazza con il fisico già pronto per la procreazione: "Lasciami in pace: so far tutto da solo(a)!" Che fare? Sulla carta è facile teorizzare che la miglior cosa sia lasciare che imparino sbagliando (salvo ovviamente quando è in pericolo la salute o la vita) ma capita di accorgersi di quanto invece sono insicuri e smarriti, anche se non l'ammetterebbero mai. In particolare mi riferisco allo studio. Se ci accorgiamo che nostro figlio dimentica di segnare i compiti, perde libri e quaderni, non sta attento alle spiegazioni, ecc., la tentazione è di sostituirsi a lui ed agli insegnanti e mettersi accanto ogni santo pomeriggio a rispiegargli le cose e a risentirgli la lezione. In tal modo però si rischia che si adagi e non diventi mai autonomo. Non ci potranno essere sempre la mamma e il babbo a togliergli le castagne dal fuoco nella vita! E allora? Dobbiamo aspettare la prima bocciatura? E se poi gli insuccessi invece di spronarlo lo demotivano definitivamente. Come si fa a trovare il giusto punto di equilibrio?

martedì 17 aprile 2007

Perchè i soldi non ci devono bastare mai?

Mi colpisce quante volte nella vita di tutti i giorni la gente parla di soldi. Sul lavoro, per esempio, si misura di solito il successo di una persona in base allo stipendio. Il denaro è un tema che spesso si impone anche nei rapporti familiari ed affettivi: quante volte si litiga tra coniugi o tra genitori e figli a causa dei soldi! Quante volte si rompono i rapporti tra fratelli per colpa dei soldi!
Che tristezza! Perchè tutto si deve misurare con il metro del dio denaro? Perchè poi questa convinzione diffusa che i soldi non ci bastino mai? Ma è proprio vero?
Non voglio passare per quella che pontifica sulla fame nel mondo con la pancia piena, però ho notato che spesso chi si lamenta di non avere "abbastanza" soldi in realtà non ha problemi a soddisfare i bisogni che in economia si chiamano "primari" (Accakappa correggimi, se sbaglio) bensì semplicemente non riesce a soddisfare tutte le voglie consumistiche proprie e della propria famiglia indotte dalla pubblicità. Prendiamo per esempio la piramide dei bisogni di Maslow. La pubblicità ha proprio lo scopo di suscitare nuovi desideri e, esauditone uno, ce ne suggerisce un altro sempre più impegnativo, cosicchè non siamo mai veramente contenti perchè in definitiva non abbiamo soddisfatto i bisogni più alti della piramide.
Certo i bisogni che vanno oltre la sopravvivenza dell'individuo e che mirano all'autorealizzazione (cosiddetti "secondari") sono assai importanti, ma siamo sicuri che il denaro sia lo strumento giusto per raggiungere gli strati più alti della piramide?
Io penso che bisogna fermarsi un attimo e provare a capire se cominciando a valorizzare quello che si ha non si riesca in realtà a vivere meglio.
A questo proposito mi è piaciuta molto la citazione del Dalai Lama che Mirco ha riportato nel suo blog: Se non simpara a dire "questo per me è sufficiente" non ci sarà mai contentezza vera; è come una partita in cui la linea di meta venga continuamente spostata, cosicchè vincere è impossibile.

domenica 15 aprile 2007

Amico è...

Trovo che quello dell'amicizia sia un tema molto delicato. Purtroppo, secondo me, si tende ad attribuire l'appellativo di "amico" o "amica" in modo troppo superficiale. Che significa essere amici? Basta semplicemente provare reciproca simpatica per dichiararsi tali? Basta trascorrere insieme del tempo facendosi quattro risate o parlando del più o del meno?
Secondo me essere amici significa inanzitutto "fare un pezzo di strada insieme", cioè condividere una parte della propria vita. Le strade si possono successivamente dividere senza per questo che l'esperienza condivisa perda il suo valore.
Ma un elemento fondamentale secondo me nell'amicizia è dedicare attenzione all'amico, saperlo ascoltare, possibilmente capire e consigliare, ma già saper ascoltare è una grande prova di amicizia. Capita molte volte di parlare dei propri problemi sperando di trovare comprensione e poi accorgersi che l'altro non sta pensando a quello che diciamo ma segue uno spunto tutto suo.
L'aspetto più importante però è la generosità disinteressata. Sembra un'ovvietà ma nella mia esperienza personale purtroppo ho avuto diverse delusioni in proposito. Quando andavo a scuola una cosa che mi faceva molto soffrire era che durante l'anno scolastico ero ricercatissima in quanto aiutavo i miei compagni a prepararsi per i compiti in classe o le interrogazioni, ma durante le vacanze tutti sparivano. Non un cane che durante l'estate si facesse vivo per sapere come stavo o se ero sempre viva. Se qualcuno ad un certo momento l'ha fatto, aveva altri "scopi", rispettabili ma non classificabili come amicizia.
Quando ho cominciato a lavorare ero entrata in confidenza con una collega che era molto fragile emotivamente (almeno a me sembrava) e mi piaceva aiutarla a sfogare le sue angosce e rassicurarla nei suoi attacchi d'ansia. Mi chiedeva continuamente se io ero veramente sua amica. Un giorno la nostra capufficio mi ha dichiarato guerra e la "grande amica" non mi ha rivolto più la parola.
Sono solo due esempi per spiegare il motivo per cui non riesco a credere molto nell'amicizia, cioè alla generosità disinteressata e fedele. So che esiste e credo sia molto bella, ma io francamente non sono stata fortunata in questo campo come invece lo sono stata nell'amore.
Conoscete il proverbio: "Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici ci penso io"?

venerdì 13 aprile 2007

Sono un'idealista

Vorrei un mondo migliore, più giusto, più onesto, più pulito. Vorrei che le persone smetterssero di uccidere, torturare, rubare, pensare solo al proprio tornaconto. Vorrei che si cominciasse a pensare anche agli altri, a chi viene dopo, a quelli meno fortunati.
Voglio credere che un mondo migliore sia possibile. Ho bisogno di crederlo. Che ci posso fare? Non mi posso ripiegare nella rassegnazione e pensare che chi fa politica alla fine persegue solo il suo interesse, che "tanto sono tutti uguali".
Ho sempre votato a sinistra perchè mi è sempre stata a cuore la giustizia sociale. Purtroppo negli ultimi tempi anche nella sinistra gli intenti di giustizia sociale si sono annacquati nella ricerca di un consenso più vasto.
Credo molto nei valori dell'antifascismo e della resistenza che sono alla base della nostra Repubblica e non accetto l'indifferenza generale con cui vengono tollerate le manifestazioni in cui gli estremisti di destra portano in piazza svastiche e ritratti del duce. La memoria degli uomini è troppo corta ed invece non bisogna dimenticare chi ha dato la vita per la libertà di cui oggi tutti godiamo.
Un'altra cosa che mi sta a cuore è la legalità. Il rispetto delle regole è alla base di ogni convivenza civile sia che si tratti di rispettare le regole del traffico o di salire sull'autobus con il biglietto, sia che si tratti di pagare le tasse o di non utilizzare la propria carica pubblica per favorire qualcuno. L'etica secondo me è essenziale a tutti i livelli.
Non mi aspetto miracoli da questo governo, che ho votato, ma vorrei soprattutto la cancellazione delle leggi vergogna, una Rai che sia un vero servizio pubblico fatto da professionisti e libero dalle influenze dei partiti, una serie di provvedimenti volti a premiare chi paga le tasse e i contributi per i propri dipendenti, chi non inquina, chi rispetta le norme di sicurezza sul lavoro, chi produce meno rifiuti e consuma meno energia. E' chiedere troppo? E' sperare nella luna? Sono comunista se vorrei che il mondo fosse degli onesti e non dei furbi? Forse. Ma sono così.
(Era tanto che questo post ce l'avevo in pancia e alla fine ce l'ho fatta a sputarlo fuori!)

mercoledì 11 aprile 2007

Grazie ...

... a tutti quelli che hanno raccolto la bottiglia, hanno letto il messaggio e mi hanno persino risposto!
In ordine di apparizione:
Con Davide sono entrata in contatto prima che nascesse questo blog perchè ero (e sono) una lettrice del suo. Il suo blog mi ha colpito innanzi tutto dal titolo "La mia opinione per quello che vale". Mi sono detta: "Finalmente una persona che non cerca di imporre le proprie opinioni urlandole sopra quelle degli altri con arroganza ed aggressività come oggi purtroppo fanno in tanti". Evviva la rara virtù del dubitare! E così ho scoperto una persona dolce e sensibile ma con le idee ben chiare. Sono contenta di far parte di quelli che lui chiama "i miei 4 lettori".
Ad Accakappa devo l'emozione del primo commento ricevuto. Confesso di aver pensato: "Non è possibile che qualcuno abbia letto quello che ho scritto e mi abbia persino fatto i complimenti, deve essere uno scherzo di qualcuno in famiglia" Ed invece era un vero lettore ed anche simpatico! Del suo blog mi piace l'umorismo sottile e dissacrante. Deve essere una persona che sa osservare la realtà che lo circonda e coglierne gli aspetti grotteschi.
Alessio è un ragazzo che mi piacerebbe avere come figlio: iperattivo, si interessa di tutto, sensibile ai problemi ambientali, dimostra di ragionare con la sua testa e di non essere un giovane facilmente manipolabile dalle mode imposte. Bravo, Alessio!
Mirco mi ci è voluto un po' per inquadrarlo. Lì per lì ho pensato che fosse un ragazzo molto giovane per la freschezza con cui parla delle cose. Poi invece ho scoperto che è un mio coetaneo e ho capito inoltre che è un persona che sa ascoltare e sa mettersi nei panni degli altri, altra grande rara dote. Dimostra di leggere puntualmente i miei post e questo mi lusinga molto. Grazie davvero, Mirco!
Quando ho ricevuto la visita e i commenti di Stella, mi sono detta: "Finalmente una lettrice donna! Finalmente una madre di famiglia come me!" Mi sentivo infatti un po' out tra i giovani blogger. Stella, oltre ad essere una brava pittrice, deve essere anche una donna molto sensibile e molto quadrata. L'ho capito da come è passata tra i miei post ed ha saputo cogliere gli aspetti più veri di me.
Di Giulia, "Me" ed Erica so ancora troppo poco ma spero di conoscerli meglio perchè trovo i loro blog interessanti e spero di rimanere in contatto con loro.

martedì 3 aprile 2007

Cinque minuti tutti per me

Mi sto divertendo molto a tenere questo blog. Non tanto per il pubblico, sempre esiguo ma affezionato (presto pubblicherò un ringraziamento ufficiale), quanto perchè mi aiuta a tirar fuori una parte di me che da tempo restava sopita. Perchè? Chi o cosa le impedisce di uscire?
Mi sto rendendo conto che quello che mi manca è un po' di tempo da sola con me stessa per pensare.
Quando ero ragazzina e avevo molto più tempo libero, riflettevo tanto e su tutto. Poichè non erano anni sereni (quando mai l'adolescenza lo è?), consideravo deleteria questa attività e la chiamavo "farmi le seghe mentali". Spesso prendevo carta e penna e buttavo sul foglio il risultato del mio rimuginare.
Ora con il lavoro, la casa e la famiglia, tempo per riflettere non ne ho. Non ci sono i tempi morti in cui posso guardarmi dentro e "fare il punto" (vedi "...e non mi basta mai").
Mi accorgo però che questa attività mi è essenziale. A parte il futile motivo che in questo modo i post mi vengono meglio (ed è un giudizio del tutto soggettivo), un po' di pace serve più che altro a focalizzare meglio quello che voglio o comunque a non lasciare che la quotidianità occupi interamente la mia vita, mio malgrado.

A questo proposito riporto una pagina del mio diario di quando avevo vent'anni:
8 Agosto 1985
"Questo è il mio primo scritto da quando sono arrivata in questa nuova casa [la sospirata casa dove vivere da sola, nda]. D'improvviso ho sentito il bisogno di prendere in mano la classica carta e penna. Perchè? Perchè per un attimo ho avuto paura. Paura che tutti questi miei cambiamenti fossero un'involuzione anziché una crescita. Paura che perdere l'abitudine a guardarmi vivere mi facesse inaridire fino a diventare una di quelle persone che di solito definivo “vuote e superficiali”. Paura che questo mio “star bene” di questo ultimo periodo, fosse perdere una parte di me, negativa forse, ma non inutile. Paura che il cosiddetto “appiattimento del sistema” non sia altro che questo, un ridimensionare le rabbie, gli odi e gli ideali dell'adolescenza per poi trovarsi uno dei tanti elementi inseriti nel processo produzione-consumo. Non c'è risposta a queste paure.
Quello che sento però è che sto bene, sono serena, mi sento in pace con tutti e soprattutto con me stessa. Ho valorizzato il rapporto con i miei genitori staccandomene, al lavoro mi sento a mio agio, e poi sto vivendo un rapporto molto soddisfacente e coinvolgente. Dopo tanti esperimenti sono approdata alla considerazione che solo un rapporto d'amore mi fa stare veramente bene, fermo restando che è così difficile raggiungerlo e anche mantenerlo che ci si deve ritenere fortunati quanto lo si vive. Questi sono i dati di fatto che mi fanno pensare di essere sulla strada giusta. Ci sono però altri dati che mi preoccupano anche se forse non sono gravissimi. Per esempio il fatto che non riesco più a leggere, non riesco più a trovare entusiasmo per qualche poesia o romanzo, non parliamo poi dell'entusiasmo per studiare. Non ho più voglia di andare ai concerti o agli spettacoli. Ma forse sarà solo perchè è estate.
Tutto sommato quindi spero che si tratti semplicemente di darmi dei momenti miei per un po' di riflessione, come queste sere solitarie d'agosto."