venerdì 24 luglio 2009

Pausa relax


Il grano e' maturo nella piana fiorentina ed e' giunta ora di concedermi un po' di relax nel mio buen retiro. Aspettative? Dormire meglio la notte, qualche sagra paesana, qualche escursione sulle Apuane o sugli Appennini, qualche giro in bici (se il fisico me lo consentirà), qualche film di cui ho fatto scorta e po' di lettura. Si', forse sarà bene anche riprendere il ritmo visto che ultimamente sono diventata una lettrice ancora più pigra del solito. Che ne dite? Mi sa che il tempo non mi basterà. :-)

Vi lascio quindi con questa immagine dei piccoli virgulti del nostro trifoglino. Poveri piccoli! Dovranno arrangiarsi in queste settimane!



Buone vacanze a tutti e un forte abbraccio da

Artemisia

mercoledì 22 luglio 2009

Il piacere di saperlo

In questo periodo che le mie trasmissioni preferite sono in pausa estiva, mi sto godendo la scorta di puntate di La storia siamo noi che ho fatto durante l'inverno e la cui visione ho sempre rimandato per privilegiare l'attualità.
Se c'è una cosa che mi dà soddisfazione è apprendere cose che non sapevo, al di là della loro utilità pratica. Per me è un vero godimento.
L'altra sera, per esempio, guardando la puntata "La guerra di Etiopia, l'impero di argilla", oltre naturalmente ad approfondire l'argomento di cui avevo solo vaghi ricordi scolastici, ho imparato:

  • che l'Abissinia è l'antico nome dell'Etiopia (nella mia ignoranza pensavo che fosse la Libia);
  • da cosa viene l'espressione ambaradan;
  • da cosa ha origine l'espressione "un posto al sole".

domenica 19 luglio 2009

Esperimento

Qualcuno si ricorda il nostro "giardino responsabile", cioè il fazzoletto di terra lasciato a badare a se stesso per la sordida pigrizia degli abitanti di casa mia travestita da corrente botanico-filosofica?


Ebbene, in una botta di iperattività, incentivati da un amico che ci ha detto che il trifoglino ha la meglio su tutte le altre erbacce e dalla promessa di un'amica blogger di mandarci nientedimenoche semi di fiordalisi, abbiamo zappettatto, vangato, vagliato, eliminato radici e sassolini, concimato, seminato e innaffiato.


Speriamo che nasca qualcosa prima che i gatti della zona scoprino che bella lettiera è stata predisposta per loro e soprattutto prima che ai miei uomini di casa passi l'entusiasmo.
Stay tuned!

venerdì 17 luglio 2009

Mi iscrivo "a progetto" anch'io

Ci pensavo da qualche giorno. Su questo famoso congresso del PD di ottobre non ci scommetto molto. Quando ho visto che i candidati sarebbero stati Bersani e Franceschini, mi sono detta che non c'era nessuna speranza di rinnovare questo partito che, bene o male, con tutti i suoi limiti e tutti i suoi difetti, è l'unica possibilità di contrastare i cialtroni che ci stanno governando. Invece quando, ai primi di luglio, si è candidato Ignazio Marino ho pensato che forse un tentativo si può fare per eliminare l'attuale classe dirigente che ormai ha dato prova di sé e che, per quanto mi riguarda, può andarsene a casa.
Inspiegabilmente mi è arrivata subito una mail di Ignazio Marino che mi invitava a prendere la tessera del PD. Ma perché devo prendere la tessera se poi alle primarie vota chi vuole? Questo dubbio ancora mi rimane.
Però poi ho letto il post di Luciano: "Mi iscrivo a progetto" dove con la sua consueta mirabile sintesi descrive il programma di Marino: "testamento biologico, aumento della terapia del dolore, diritti civili, radicale indipendenza dalle gerarchie vaticane, rilancio della scuola pubblica, rafforzamento del welfare e della sanità pubblica, rigorosa moralità nella vita di partito, stop alle ingerenze politiche nelle nomine sanitarie". E allora mi sono decisa: "mi voglio iscrivere anch'io a progetto, solo per sostenere la candidatura di Marino".
Così ieri pomeriggio ho preso la bici e sono andata all'SMS di Rifredi, che per me è LA Casa del Popolo, situata nel cuore del vecchio quartiere operaio, adiacente a quello dove abito io. Salgo al piano di sopra e percorro un lungo corridoio buio pieno di porte sulle quali sta scritto: "scuola di danza", "gruppo trekking" ecc.
Poi, in fondo, da una porta aperta esce una luce. Mi avvicino e vedo un grande manifesto verde con scritto "Tesseramento PD". Dentro due uomini tra i cinquanta e i sessanta mi accolgono con calore e mi chiedono subito se possono darmi del tu. Classica accoglienza da vecchi compagni? Mi sento un attimo fuori posto.
Subito mi dicono che ho sbagliato sezione. Ci siamo. Sarei dovuta andare a quella del mio quartiere che però, a quanto sanno, è quasi sempre chiusa. Andiamo bene. Telefonano in "federazione" (questa parola mi fa venire in mente il maledetto calcio, mannaggia) e apprendono che possono farmi la tessera anche a nome dell'altra sezione che sarà comunque il mio riferimento per le assemblee e per la complicata procedura di preparazione al congresso, che cercano di spiegarmi ma che io ancora non ho capito bene.
Mi si apre lo spaccato di tutto un mondo un po' di demodè e sconosciuto ai più, anche a quelli, come me, che hanno sempre votato a sinistra e che alla festa de L'Unità ci sono sempre andati.
Bene, faccio la tessera e chiedo: "E per firmare a sostegno della candidatura del Senatore Marino?" "Ah, a quello ci penserà il comitato di Marino. Noi non ne sappiamo nulla." Ho capito: sarà dura. Penso che Marino abbia poche speranze e che troverà anche un bel po' di ostruzionismo all'interno del partito.
Comunque ciò rafforza ancora di più la mia decisione. Facciamo questo piccolo investimento nella speranza di vedere cambiare un po' le facce e nella speranza che i teodem se ne vadano con tutti il loro bagaglio di cilici. Male male, avrò buttato via 15 euro ed una serata all'assemblea del circolo dove sicuramente proverò ancora la sensazione di essere in minoranza però magari, per la vostra gioia, mi ci scapperà un post.

mercoledì 15 luglio 2009

E se spengessimo il motore?

Dall'ascolto della puntata di Fahrenheit La civiltà dei motori ho appreso che, secondo uno studio, nelle città italiane l'uso di auto e moto è cresciuto nell'ultimo anno mentre quello dei mezzi pubblici è diminuito. Si parla di un misero 13% di Italiani che utilizzano i mezzi pubblici per recarsi al lavoro. Pare che circa la metà degli spostamenti sia inferiore ai 5 km, distanza tranquillamente percorribile in bicicletta. Quello della mobilità è un altro dei miei chiodi fissi perchè, prendendo a prestito le parole di Guido Viale, autore del libro Vita e morte dell'automobile, l'auto è un mezzo insostenibile non solo dal punto di vista ambientale ma anche "esistenziale". Viale però secondo me non ha spiegato bene il concetto e proverò a farlo io.
So benissimo che la possibilità di scegliere un mezzo alternativo all'auto privata non è alla portata di tutti, ma sono convinta (e l'ho scritto tante di quelle volte) che per qualcuno, oserei dire per molti, l'alternativa c'è.
Per anni sono andata in ufficio con lo scooter e nel quarto d'ora di strada la mia attenzione si rivolgeva o all'asfalto per scansare le numerose buche o ai mezzi che mi stavano davanti o che attraversavano la strada. Massima concentrazione. Nessuna distrazione permessa. Al massimo una sbirciatina con la coda dell'occhio a qualche manifesto appeso.
Da quando percorro lo stesso tragitto con l'autobus, ho scoperto come cambia il paesaggio con le stagioni, che il cielo è di un colore di verso ogni giorno ed ogni ora del giorno (come provano a raccontare le immagini di questo post). E' vero che alle 7.30 devo essere a tutti i costi alla fermata (pena aspettare venti minuti), è vero che ci metto il doppio all'andata e forse di più al ritorno rispetto al motorino. Ma è tempo guadagnato all'ascolto di audiolibri e anche alla riflessione. Anche lo scrittore Fabio Stassi, altro ospite della puntata di Fahrenheit (collegato al telefono in attesa della corriera), conferma che molti dei suoi libri li ha scritti nel lungo tragitto di pendolare tra Roma e Viterbo.
In questo periodo invece utilizzando la bicicletta, analogamente a quanto ho raccontato in questo post dell'anno passato, ho scoperto altre meraviglie che altrimenti mi sarei persa. Come la fioritura di cardo giallo (Scolymus Hispanicus) che cerca di avere la meglio sull'asfalto della pista ciclabile


o quella di cicoria

che si contende la scena con quella di verbasco (grazie ad Equipaje per la consulenza).


Il motivo fondamentale per cui la gente non usa i mezzi pubblici è che non sono competitivi quanto a tempo impiegato però bisognerebbe, ove possibile, smettere di privilegiare il criterio del "ci devo mettere meno possibile" per rivalutare la liberazione dallo stress e anche il minore rischio.
Infine, una curiosità: ho letto sul giornalino della FIAB che una clinica privata a Ravenna premia con minuti di permesso retribuito ogni km percorso dai dipendenti per andare al lavoro sia a piedi che in bicicletta considerando che in tal modo contribuiscono ad abbattere la CO2 e a fare esercizio fisico.
Piccola ma geniale idea!

martedì 14 luglio 2009

domenica 12 luglio 2009

Non di solo Grande Fratello

Una vecchia puntata de Le Storie-Diario italiano di Corrado Augias apriva con una tabella di dati che riportava la frequenza degli insulti e/o risse in TV. Al primo posto risultavano i reality e talent show con un insulto ogni 8 minuti, seguivano i talk show d'informazione con uno ogni 10 minuti, al terzo e quarto posto le trasmissioni sportive e quelle di intrattenimento domenicale con un insulto o rissa ogni 12/15 minuti (dati Studio "Comunicazione Perbene" Aprile 2009).
Penso che questi dati non abbiano bisogno di commenti. Nella puntata però si è abilmente accostato questa fotografia desolante con un fenomeno che va in direzione opposta: il crescente successo di pubblico che registrano, da alcuni anni, i festival culturali, letterari o scientifici che siano.
In studio Carlo Fortes, amministratore delegato dell'Auditorium Parco della Musica di Roma, ha raccontato come in 4 anni questa fondazione sia diventato il complesso culturale più grande d'Europa (il secondo al mondo) e abbia chiuso lo scorso anno con un milione e cento mila spettatori paganti e più di 1100 eventi, dalla musica alla storia, alla matematica, al giornalismo.
Fortes si è dichiarato convinto che lo spettatore televisivo sia molto più intelligente di quello che crede chi fa i palinsesti e ha notato che, tutte le volte che hanno rischiato con proposte "estreme", come per esempio il festival della matematica (55.000 spettatori in 4 giorni), ha sempre avuto un riscontro al di là delle aspettative.
Ospite con lui il professor Moriggi, organizzatore del festival della filosofia di Crema, secondo il quale "la televisione sta raggiungendo la realtà e quando l'avrà raggiunta del tutto, anche con il ritmo delle parolacce, sarà così noiosa che la gente la spegnerà del tutto."
In effetti il fenomeno del successo dei festival culturali, primo fra tutti quello della letteratura a Mantova (cominciato 12 anni fa con 12.000 persone, più di 70.000 nell'ultima edizione) mostra un pezzo di paese inimmaginabile: gente che paga, anche se poco, per andare a sentire uno che parla. Lo stesso piccolo programma di Augias, meno di mezz'ora in fascia oraria da pensionati, pare che abbia un pubblico superiore ad un milione di telespettatori. L'avreste mai detto?
Io francamente no, ma nel mio piccolo posso testimoniare che al Festival della mente di Sarzana (dove vado in vacanza) sono già due anni che non riesco a trovare i biglietti per le conferenze che mi interessano e alle lezioni di storia organizzate da La Terza a Firenze sono riuscita ad entrare solo perchè mi sono sempre messa in coda un'ora prima dell'inizio (vedi foto sopra).
Sarà forse, come dice Carlo Fortes, merito di "quell'alchimia che solo l'evento dal vivo sa creare tra il grande intellettuale che parla e il pubblico"o forse sarà che la cultura dà quel piacere particolare. E' certo che si parla comunque sempre di una minoranza rispetto ai milioni di telespettatori della TV trash, pare però che sia una minoranza in crescita e comunque è una minoranza che rincuora.

giovedì 9 luglio 2009

La parola ai giurati

Qualche sera fa ho visto un vecchio film, che sicuramente conoscerete ma che io non avevo ancora visto: "La parola ai giurati", di Sidney Lumet, 1957.
Un film "teatrale", cioè si svolge tutto in una stanza, tutto basato sul dialogo, sull'abilità recitativa degli attori, sulla psicologia dei personaggi. Dodici giurati devono giudicare un ragazzo accusato di parricidio. Uno solo di loro (uno splendido Henry Fonda) ha qualche dubbio sulla condanna dell'imputato e, alla fine, riesce a convincere gli altri a votare per la non colpevolezza. Raccontato così sembrerebbe noiosissimo ed invece l'ho trovato bello e avvincente. Pur trattando di una circostanza molto particolare il film tocca dei temi generali e profondi: i principi sui quali si dovrebbe basare la giustizia, i pregiudizi sociali, la superficialità con cui le persone prendono decisioni senza pensare alle conseguenze che esse hanno sulla vita degli altri, il coraggio di chi porta avanti le proprie convinzioni anche in una situazione di minoranza schiacciante, la facilità invece di tanti mediocri di accodarsi alla maggioranza senza riflettere, difficoltà relazionali tra padre e figlio.
Bello davvero.

E visto che siamo a consigli:
sull'odissea dei migranti africani e i trattamenti che subiscono in Libia.

martedì 7 luglio 2009

Quando Oracle ti cambia la vita

Nel lontano 1982 quando cominciai a lavorare come assistente amministrativa si faceva esattamente le stesse cose che si fanno adesso: ordinativi di materiale, pratiche di rimborso di trasferte o di seminari scientifici e i relativi mandati di pagamento da portare in banca.
Allora però i documenti si compilavano tutti con la macchina da scrivere e la carta carbone per farne una copia. C'erano le fotocopiatrici ma erano molto lente ed il loro inchiostro puzzava da morire. Per quanto riguarda il bilancio si teneva traccia delle scritture contabili su degli schedoni di cartone, uno per ciascun capitolo di spesa/esperimento, annotando a penna l'impegno di spesa e il pagamento. Il bilancio si scriveva a lapis su dei grandi moduli, in due si rileggeva spuntando le cifre con gli schedoni, poi, se tornava tutto, si batteva le cifre a macchina in bella copia ed infine si rileggeva di nuovo per un ultimo controllo. Mi ricordo che trovavo noiosissimo questo lavoro.
Nel 1983 un professore realizzò per noi un programma in COBOL che teneva i conti su un grosso calcolatore a cui noi ci collegavamo tramite terminale. Il programma praticamente sostituiva soltanto gli schedoni per la contabilità. Tutto il resto rimase immutato.
Nei primi anni novanta acquisimmo un programma scritto in RPG che girava su AS400 e che era utilizzato da altre strutture del nostro ente. Per noi era quasi magico vedere che, a fronte dell'operazioni che facevamo su quei terminali, dalla stampante spuntavano già fatti gli ordini, le liquidazioni di missione, i mandati di pagamento, le reversali e persino il bilancio, già pronto semplicemente da controllare. Lo sforzo di imparare questo nuovo programma fu ricompensato velocemente da questo progresso.
Dopo anni di sofferta gestazione, da circa un mesetto siamo migrati su un nuovo programma basato su Oracle ma personalizzato per noi. Devo dire che io ed i miei colleghi stiamo facendo una gran fatica. Forse ci aspettavamo un salto di qualità paragonabile a quello di 18 anni fa e che invece non si intravede affatto, forse siamo troppo vecchi per avere la necessaria elasticità, ma l'atmosfera ultimamente si è sfatta piuttosto incandescente.
Le pratiche migrate dal vecchio sistema sono incomplete, l'anagrafica dei fornitori e dei dipendenti è carente, il sistema non è per niente user-friendly e parla un linguaggio incomprensibile (payable, percipiente, sottometti, valorizza, ciclo passivo, distribuisci,
confronta). Quando un'operazione non va a buon fine non sappiamo mai se è colpa della nostra inesperienza, se abbiamo sbagliato qualcosa o se c'è effettivamente qualche problema. Sarà che forse non ci hanno fatto un'adeguata formazione, sarà che l'assistenza è insufficiente perchè vi hanno dedicato poco personale, sarà che tutti i colleghi mi riversano addosso le loro difficoltà, ma io sono veramente fusa.

lunedì 6 luglio 2009

Una mattina mi son svegliata...

... e alla fermata del bus, alzando gli occhi, ho visto questo:


Che il mio paese stia cominciando a scuotersi?

venerdì 3 luglio 2009

Consumare territorio

L'espressione "consumo di territorio" mi è sempre suonata singolare. Come si fa a consumare il territorio? Che vuol dire?
Attraversando tutti i giorni la zona che sta tra Firenze, dove vivo, e Sesto Fiorentino, dove lavoro, ho capito il significato di questa espressione e ne ho già parlato in questo post di qualche tempo fa che infatti si concludeva con la domanda: è proprio necessario tutto questo cemento?
A dir la verità mi è venuto anche il dubbio che le mie fossero fisime radical chic di una che la casa sopra la testa ce l'ha e non pensa a chi invece potrebbe usufruire di queste nuove costruzioni.
Ecco però che la puntata di Report "Il male comune" (altra puntata che vi consiglio caldamente) mi ha chiarito le idee e mi ha confermato che questo cemento non risolve il problema della domanda di case ma contribuisce solo all'arricchimento di pochi. Gli ottimi Michele Buono e Piero Riccardi ci mostrano come, a fronte di una popolazione che non cresce, le città si espandono e lo fanno anche in modo incontrollato, disorganico e dannoso con buona pace di piani regolatori e simili e con grandi profitti di qualcuno.
Forse non tutti sanno che un terreno agricolo vale poco ma, se si fa un cosiddetto "accordo di programma", cioè si paga qualcosa al comune per avere una deroga al piano regolatore, possiamo ottenere il cambio di destinazione del terreno da agricolo a edificabile e il suo valore quintuplica. Così sono nati tanti quartieri all'estrema periferia delle città che poi, una volta costruiti, hanno bisogno di servizi, di strade i cui costi sono a carico della comunità. Inoltre queste espansioni aumentano il traffico verso la città.
Nella puntata di Report si parte da Roma ma si parla anche della zona tra Milano e Lecco, che pare sia quasi una zona urbana ininterrotta, della variante di Mestre, che dovrebbe alleggerire il traffico intorno a questa città ma che, attirando gli appetiti urbanistici, presto sarà congestionata anch'essa. Pare che verso Roma ogni giorno convergano più di 500 mila auto mentre 10 anni fa, quando era già congestionata erano poco più di 100 mila.
Ma almeno si risolve la necessità di case? Neanche per idea. L'Istituto Nazionale di Urbanistica ha calcolato che esistono circa 8 milioni di abitazioni in più rispetto alle necessità (escluse quelle abusive). Senza contare i centri commerciali che, per esempio, nel piano regolatore di Roma non c'erano ma che sono sorti come funghi tutti intorno ad essa con accordi fatti di volta in volta.
Ma all'estero come fanno? In Germania di due terzi degli investimenti edilizi vanno al patrimonio di edifici già esistenti. A Berlino, per esempio, non costruiscono nuove case se non vicino a linee di trasporto pubblico già esistenti ed infatti il traffico automobilistico diminuisce di anno in anno. Mio figlio è stato ospite di una famiglia alla periferia di Stoccarda e mi raccontava che andava in centro con 10 minuti di tramvia mentre qui a Firenze più di un candidato sindaco ha impostato la propria candidatura sull'opposizione alla costruenda rete tramviaria. A Parigi, l'ultimo piano regolatore punta alla densificazione della città e non alla sua espansione ed è inimmaginabile che un privato costruttore richieda una deroga in cambio di soldi.
Non poteva mancare l'intervista a Domenico Finiguerra, il sindaco di Cassinetta di Lugagnano, di cui ho già parlato nel post sui comuni virtuosi e che è riuscito a realizzare il progetto "Crescita Zero" cioè nessun nuovo edificio, solo ristrutturazioni del già esistente.
Di fronte a ciò mi sono chiesta: dove sono però tutti questi spazi da recuperare? Non è che ne veda molti nella mia città.
Ed invece ci sono eccome anche se spesso non ci facciamo caso. Per esempio, ho scoperto dopo anni che ci passavo vicino, nascosta tra palazzi e una scuola prefabbricata, l'esistenza dei resti della Villa di San Donato o Villa Demidoff. Quello che è rimasto di questo nobile complesso è ben illustrato nel post dell'amico Gianni.