domenica 31 luglio 2011

Catturare amicizie

Sono avida di conoscere situazioni, luoghi ma soprattutto persone. Non sono una chiacchierona, anzi, nel gruppo sto piuttosto zitta e mi piace osservare ed ascoltare gli altri. Ho comunque sempre voglia e curiosità di conoscere persone nuove soprattutto se provengono da contesti ben diversi dal mio, non tanto per fare nuove amicizie, quanto per un egoistico anelito di arricchimento personale. L'amicizia, come scrivevo in un vecchio post, per me è una cosa molto rara e delicata. Quando ci si trova in un gruppo di nuove conoscenze, come ho sperimentato tante volte nei miei viaggi a piedi o anche durante quest'ultima esperienza del campo di volontariato, spesso si crea una bella atmosfera di condivisione e di simpatia (non con tutti, certamente) che ci porta a dirsi: "Teniamoci in contatto", "Rivediamoci", "Scriviamoci", ecc. Il proposito è fatto in buona fede ma se ci interroghiamo sinceramente sappiamo benissimo che non abbiamo nessuna intenzione di impiegare tempo, energie, denaro per rivedere quelle persone. Tranne poche eccezioni. Ci sono persone (principalmente donne per quanto mi riguarda) che mi colpiscono particolarmente, con cui sento un feeling particolare, istintivo, che mi spinge a non voler concludere il rapporto all'interno di quella effimera esperienza. Insomma ci sono donne di cui voglio fortemente diventare "amica" e quando ci riesco per me è una grande gioia. E' una cosa che sento subito, nel giro di pochi giorni o di poche conversazioni e mi scoccia assai quando mi rendo conto che, vivendo lontane, ciò non sarà possibile se non con molta difficoltà.
Un esempio per tutte. Al corso di preparazione al parto per il mio secondo figlio partecipavano una ventina di donne, alcune simpatiche, altre meno. Una di queste mi ispirava una simpatia particolare. Sentivo con lei un'affinità forte e nello stesso tempo la curiosità che si prova per le persone "ricche" dentro. Non mi ricordo se dopo il parto fu lei a cercare me o viceversa, ma quel gesto è stato davvero una benedizione perché ho guadagnato così una delle mie pochissime preziosissime amiche. A. è una persona speciale che da un lato sento molto simile a me, come stile di vita, come interessi, come età e come situazione familiare, dall'altro ammiro molto perché sa donarsi agli altri come io non so fare, è un'instancabile lavoratrice come ce ne sono pochi, è sensibile, affettuosa e "materna" tanto che mi sento sempre un po' in debito con lei.
Ecco, l'istinto mi dice quando una nuova conoscenza merita di essere approfondita. Forse l'istinto non è infallibile ma quanto sarei più ricca se la distanza o le circostanze non mi impedissero di catturare queste nuove amicizie!

martedì 26 luglio 2011

Sui campi di Libera

Era da un po' che coltivavo l'idea di partecipare ad un campo di lavoro sui terreni confiscati alla mafia. Ecco che, messi da parte dubbi e paure, sono partita per il campo Valle del Marro - Polistena.
Le mie ansie di non essere all'altezza fisicamente sono state presto fugate. Certamente le quattro ore di diserbo manuale tra i filari di melanzane mi hanno dato la misura di quanto sia duro lavorare la terra ma sono state anche di soddisfazione. Ridonare luce e aria ai preziosissimi frutti eliminando le tenaci erbe infestanti sotto il cocente sole del Sud, con la pelle cosparsa di terra, dà proprio la sensazione di fare qualcosa di concreto e di antico. Per il resto il lavoro è stato di lavaggio e pelatura delle melanzane: compito ripetitivo ma eseguito all'ombra, da seduti e chiacchierando amabilmente con i compagni di campo.
Un'altra molla che mi ha spinto a fare questo tipo di esperienza è stato il voler capire meglio la realtà del Sud e le difficoltà di un'attività economica ove la criminalità organizzata pesa come un macigno. Su questo punto devo dire che noi abitanti del Nord sensibili ai temi della legalità abbiamo aspettative eccessive quanto a voler capire il fenomeno nella sua interezza. E' chiaro che in una settimana si può afferrare poco di una situazione complessa, fatta di molte sfaccettature e non si può pretendere che i referenti locali di Libera ci additino i mafiosi che incontrano per strada. Detto questo, alcune attività proposte durante questo "campo di volontariato e di studio sui beni confiscati alle mafie" sono state molto interessanti e coinvolgenti. In particolare mi ha colpito il palazzo confiscato a Polistena dove, al posto di un bar luogo di spaccio e violenze di ogni genere, si sta realizzando un centro per attività sociali, ostello e poliambulatorio di Emergency, proprio davanti ad un paio di negozi degli ex proprietari implicati nelle attività illecite. E poi l'evento inevitabilmente più toccante: la marcia tra i boschi dell'Aspromonte al fianco dei famigliari delle vittime innocenti, che ci hanno raccontato ciascuno la propria storia di dolore, fino al luogo dove sono stati ritrovati i resti di Lollò Cartisano, fotografo e commerciante di Bovalino che aveva denunciato i suoi estorsori.
Infine una delle cose più positive del campo è stato il piacere di stare in mezzo ai giovani, ragazzi e ragazze da tutta Italia, dai 16 ai 30 anni, che, con la loro freschezza, i loro sorrisi, i loro sguardi puliti, la loro capacità di ridere di niente, la loro tenera simpatia, non solo non mi hanno fatto sentire fuori posto, ma mi fanno dire che durante questa settimana mi sono proprio divertita.

lunedì 18 luglio 2011

In partenza

Parto per fare un'esperienza che mi frullava nella testa da un po' di tempo. Parto con il mio bagaglio di ansia di non essere all'altezza, di curiosità per la novità, di timore di delusioni, di voglia di mettermi in gioco, di eccitazione per la sfida.
Non scrivo di più. Per scaramanzia.
Artemisia

P.S. intanto la pianta misteriosa si sta impossessando del nostro fazzoletto di terra...


... ed ha persino "figliato"!

sabato 16 luglio 2011

Viva l'Italia!

Probabilmente sono obsoleta e anche un po' ingenua. Eppure come mi piacerebbe che gli individui dimenticassero ogni tanto "il proprio particulare" e si comportassero mossi disinteressatamente da premura verso il prossimo o verso il bene comune, o anche solo da senso del dovere o scrupolo morale! Si', sono proprio obsoleta, forse anche un po' patetica.
Riflettevo su questo, ascoltando una puntata di "Tre Colori" di Radio3, una trasmissione molto carina che racconta "150 storie della storia d'Italia". In questa puntata su Giuseppe Verdi, il musicologo Marco Spada racconta come, alla morte di Gioacchino Rossini avvenuta nel 1868, Verdi si fece promotore, con l'editore Ricordi, di un progetto per una grande messa per celebrare il musicista scomparso. Essa doveva raccogliere pezzi di vari compositori italiani e Verdi si mise un po' da parte non volendo apparire come l'autore principale. Naturalmente scoppiarono delle polemiche e il progetto fallì (come troppo spesso accade quando si deve fare qualcosa di "collettivo"). Verdi scrisse amaraggiato: "Abbiamo provato una volta di più che noi compositori ci adoperiamo soltanto quando l'interesse e la vanità nostra son paghi, quando veniamo incensati, adulati spudoratamente in articoli e biografie, quando i nostri nomi sono schiamazzati nei teatri, trascinati nelle vie come ciarlatani in piazza. Ma quando la nostra deve sparire sotto un'idea e un'opera nobile e generosa, allora ci dileguiamo sotto il manto del nostro egoistico indifferentismo che è il flagello e la rovina della nostra Patria." Anche Giuseppe Mazzini denunciava in quegli anni l'intorbidarsi della politica italiana post-unitaria: "Il vero e il giusto non sono ignoti. E' ignoto il dovere che ci dice di tradurlo in fatti. L'Italia non è monarchica né repubblicana né altro. E' opportunista."
Parole di straodinaria attualità che corrispondono proprio al mio sentire di questi anni. Possibile che (fatte salve alcune pagine gloriose, probabilmente scritte da una minoranza illuminata) noi Italiani siamo sempre i soliti opportunisti ed egoisti del "Franza o Spagna purché se magna"?
Il tema dell'orgoglio di appartenere al nostro Paese è stato anche al centro della puntata di Le Storie - Diario Italiano nella quale erano ospiti gli storici Giovanni De Luna ed Emilio Gentile. Ho sentito diverse volte interventi di Emilio Gentile (del quale è uscito ultimamente "La grande Italia") e mi è sempre piaciuto il suo approccio schietto e "disincantato" (come egli stesso si definisce) nei confronti della storia del nostro paese.
Afferma lo storico nella trasmissione di Augias: "Non ho la presunzione di giudicare gli Italiani e di definire il carattere degli Italiani. Come si fa a giudicare un popolo che è passato da 22 milioni del 1861 ai 60 milioni di oggi attraverso due rivoluzioni industriali, una rivoluzione antropologica, due guerre mondiali, una dittatura, una guerra civile? Non possiamo essere rimasti gli stessi. Quella di definire il carattere degli Italiani è una favola che va smontata e che di solito viene usata per disprezzare gli altri ed esaltare se stessi."
Il professore punta il dito però sulla schizzofrenia delle celebrazioni di questo centocinquantenario in quanto alla commozione della riscoperta del tricolore e dell'inno nazionale, non corrisponde altrettanto orgoglio di "essere cittadini dello Stato Italiano coerenti con i principi costituzionali sui quali si fonda questo Stato". Dovremmo dimostrare la nostra appartenenza a questa comunità chiamata Italia esercitando quotidianamente il nostro senso civico a cominciare dalle piccole cose, come, per esempio, raccogliere le deiezioni del nostro cane dal marciapiede.
Temo che anche Emilio Gentile sia un obsoleto moralista come me e che non abbia capito che un conto è cantare "Fratelli d'Italia" con la manina sul cuore prima della partita della nazionale, altro è investire un po' di tempo, di energia o di soldi per qualcosa che è per il bene dell'Italia.

mercoledì 13 luglio 2011

We want sex



Inserisci linkNell'ambito di un'inziativa a favore della legge contro la lettera di dimissioni in bianco, ieri sera ho assistito alla proiezione del film "We want sex", che ha girato nelle sale cinematografiche lo scorso inverno.
Fa bene ogni tanto vedere dei film come questo. Dà la carica ripercorrere la lotta delle operaie inglesi della Ford che, negli anni Sessanta, rivendicarono con coraggio la parità salariale, sfidando non solo i padroni, ma anche i sindacati acquiescenti e persino i mariti. Conforta notare la solidarietà tra donne, non solo la compattezza tra compagne di lotta, ma addirittura con la moglie del manager e con la ministra (vogliamo anche noi una ministra come la "rossa fiammeggiante" Barbara Castle!). Soprattutto è bello vedere una vittoria che ha fatto da apripista e tornare a casa pensando che non è solo un bel film ma un fatto realmente accaduto.

sabato 9 luglio 2011

Mi hanno detto di rivolgermi a te

Il clima un po' tropicale della mia città fa venir meno la mia consueta energia e io soffro nel dover rinunciare all'essere frenetica. Non so stare ferma. Non sono capace di rilassarmi. Non mi è mai riuscito.
In ufficio sento da tempo una certa aria di decadenza. Forse sarà perché invecchio, ma avrei più che mai bisogno di stimoli, avrei bisogno di traguardi che mi diano la voglia di alzarmi al mattino. Invece mi sembra che tutti si trascinino stancamente con l'unico obiettivo di fare il meno possibile arrivando all'ora di uscita.
Invece a me, purtroppo, piace troppo lavorare. Lavorare, nel senso di fare sempre comunque qualcosa di utile, mi placa l'ansia per il tempo che passa, è un po' come una sostanza stupefacente che mi serve per non pensare alle cose che non vanno come mi piacerebbe che andassero.
Capita perciò che la gente se ne approfitti un po' e, complice il fatto che mi piace tenere la porta del mio ufficio aperta, mi capita di ricevere le richieste più strampalate. Da un po' di tempo mi sono divertita ad annotarle.
Di solito esordiscono con un "non so a chi rivolgermi..." oppure "forse non sei tu la persona giusta, però...":
- come mai non c'è nessuno nell'ufficio qui accanto?
- viene oggi il direttore?
- come si fa a chiedere una pulizia straordinaria di un locale?
- devo spedire un pacco e mi hanno detto di venire da te.
- l'addetta alla reception mi ha offeso, dove mi rivolgo per protestare?
- quali sono i referenti presso i nostri fornitori?
- a te si apre questo file allegato?
- sono di un'emittente locale e vorrei invitare un fisico nucleare ad una nostra trasmissione sul disastro in Giappone.
- devo pubblicare l'avviso di un seminario ma la segretaria non c'è.
- mi hanno rubato il PC portatile di proprietà dell'Ente. Cosa devo fare?
- sono delle assicurazioni XX, avrei da fare una proposta per i vostri dipendenti.
- come si fa a disattivare la sveglia che sta suonando a vuoto nella stanza del direttore?
- come si fa a pubblicare una pagina web personale sul server dell'Ente?
E' inutile che sottolinei che io NON sono la segretaria del direttore, ne' mi occupo di spedizioni, ne' del personale, ne' del server web.
Sono semplicemente la responsabile dell'ufficio contabilità.

mercoledì 6 luglio 2011

Cibo: prezzo equo per tutti, umani e non



Al banco del check in all'aeroporto di Pisa ho incrociato un impiegato simpatico, un livornese che mi ha scambiata per una giornalista di Controradio. "Che combinazione! Non sono una giornalista, bensì una affezionata ascoltatrice di Controradio." "Anch'io,!" fa lui, "Chiamo spesso in trasmissione. E sono anche vegetariano!" Lì per lì non ho capito l'attinenza ma poi ho visto che guardava la mia maglietta "solidal". Così ci siamo scambiati un paio di battute sulla nostra comune preoccupazione per le sorti del pianeta riguardo al cibo.
L'impatto ambientale e sociale del cibo che mangiamo in effetti è un argomento che mi sta molto a cuore e per questo ne ho scritto in diversi post.
A questo proposito, giusto durante il viaggio, ho seguito con interesse una puntata di Cosmo, ottima trasmissione di Rai3 (purtroppo già terminata, ma si può rivedere sul sito della Rai), che aveva come oggetto proprio il cibo, l'obesità e gli stili di vita degli Europei a confronto con quelli degli Americani e dei Giapponesi.
Mi ha colpito quello che ho sentito da Licia Granello, giornalista e docente di Antropologia dell'Alimentazione, a proposito della grande quantità di carne e latte che consumano i Francesi, e cioè che l'importante è il latte sia "di qualità", cioè proveniente da mucche felici che non sono state costrette a passare la loro vita chiuse in una stalla seriale, che hanno potuto cibarsi di erba fresca. In Austria, per esempio, hanno imposto per legge agli allevatori almeno novanta giorni di pascolo per ogni capo. "Le carni di animali che hanno vissuto male e sono morti male", continua la giornalista, "sono carni intossicate dalla paura e dal dolore. L'adrenalina, che è l'ormone della paura e della tensione, avvelena le carni e le rende dure e stoppose. Le mucche felici, come i polli felici, danno carni molto migliori. Costano sicuramente di più ma basta mangiarne di meno, poco ma buono. Smettiamo di subire il cibo e cominciamo a sceglierlo." Per quanto mi riguarda, mi sento di sottoscrivere pienamente.
Anche Report è tornata recentemente sul prezzo del cibo (come già aveva fatto in una bellissima puntata un paio di anni fa) per sottolineare come i prezzi troppo bassi significano irrimediabilmente che qualcun altro da qualche parte starà pagando per la produzione di quel cibo molto di più.
Per fortuna, dal servizio di Michele Buono e Piero Riccardi si apprende che stanno sperimentando operazioni coraggiose di remunerazione di un equo prezzo ai coltivatori con un prodotto finale non più caro della media, come, per esempio, "La pasta dei coltivatori toscani" o il pane prodotto per il Distretto di Economia Solidale della Brianza ad un prezzo in base ai costi e al valore seguendo tutta la filiera dal grano al forno.
Purtroppo, come dice Milena Gabanelli in conclusione, si tratta solo di qualche centinaia di volenterosi mentre per la maggior parte della produzione non c'è nessuno a controllare chi specula sul cibo e nessuno che intervenga su come si forma il prezzo del cibo.


sabato 2 luglio 2011

Il prezzo di anticipare i tempi

Anche l'edizione di quest'anno di "Le storie - Diario Italiano", in onda su Rai3 tutti i giorni all'ora di pranzo, è finita. Corrado Augias, il conduttore, aveva preannunciato la propria collocazione a riposo con questa edizione ed invece ho letto sul blog della Rai che ne è prevista una nuova anche per il prossimo autunno. Sono contenta di questo perchè, pur essendo una breve trasmissione (circa 25 minuti), mi offre spesso spunti di riflessione interessanti e stimolanti.
Dalla puntata del 18 aprile scorso, per esempio, ho appreso l'esistenza di un patriota risorgimentale, e per di più meridionale, che per tutta la sua vita si è battuto, in clamoroso anticipo sui tempi, per i diritti delle donne.
La giornalista e scrittrice Emilia Sarogni ha infatti pubblicato "L'Italia e la donna", biografia di Salvatore Morelli, pugliese, che nel 1861, otto anni prima di Stuart Mill, con "La donna nella scienza", chiedeva l'emancipazione per le donne.
Deputato al parlamento italiano per quattro legislature (quando ancora non c'era l'indennità parlamentare), presentò numerose proposte in tema, ma riuscì a farne approvare solo una: la legge del 1877 che riconosceva alle donne il diritto di essere testimoni negli atti civili. Prima di allora, per esempio, una donna rimasta vedova non poteva prendere visione del testamento del marito. Una legge che altri paesi non avevano ancora. Si pensi che nel 1865 era stato promulgato il primo codice civile italiano che sottoponeva le donne al potere maritale, facendone delle minorenni a vita.
Salvatore Morelli, figlio della Rivoluzione Francese, ebbe l'ardire di criticarla perchè essa aveva professato uguali diritti ma solo per i maschi. Mentre all'estero era molto conosciuto e il suo libro tradotto in diverse lingue, Morelli fu sempre osteggiato in Italia, come capita alle persone in anticipo sui tempi. Prima dell'unificazione subì dieci anni di carceri borboniche, la distruzione dei suoi libri e una finta fucilazione come Dostoevskij. Ma anche dopo l'Unità d'Italia fu sempre preso in giro per queste sue idee ed anche la sinistra storica fu sempre contraria a dare troppi diritti alle donne perchè, per esempio, si temeva che votassero in modo clericale. Egli invece dedicò la vita alle due cose che considerava fondamento della società: l'istruzione e le donne, e morì in estrema miseria a Pozzuoli nel 1880.