In questi giorni freddi ma asciutti di Gennaio il pensiero corre inevitabilmente ad un anno fa, a quel periodo terribile della tua agonia; a quei giorni sempre col telefono acceso accanto perché in ogni momento potevano chiamarci.
E' un anno che te ne sei andato, babbo mio, anche se il padre estroverso, spiritoso, un po' esibizionista, dal carattere ingombrante, se n'era andato da anni lasciando il posto ad un anziano, remissivo e triste, perso in un mondo suo, col tremore nelle mani e lo sguardo di chi non sta capendo quello che gli succede intorno. Un essere fragile, pur nella sua ancora robusta corporatura, ma anche un uomo difficile da gestire, con momenti di aggressività incontrollata e incontrollabile.
Che sofferenza, babbo mio, era vederti così in quei mesi! Non era quello il mio babbo! E tuttavia mi conforta il ricordo di aver passato con te qualche sabato pomeriggio a guardare le solite vecchie foto ed ascoltare le canzoni della tua gioventù nella speranza di accendere qualche barlume nel buio della tua mente. Come quella volta in cui hai preso in mano la foto dove eravamo ritratte io e la Carla bambine e ad un tratto, come quando il sole apre uno squarcio tra i nuvoloni neri, ci hai riconosciute, il tuo sguardo si è illuminato, hai pronunciato i nostri nomi e ti sei commosso. Ecco, quella forse è stata l'ultima volta che ci siamo davvero incontrati.