martedì 25 dicembre 2012

Uno splendido regalo di compleanno

Sono così belli i Capoverdiani: giovani, vecchi, donne, uomini, bambini. Sono pacifici (mai vista una guerra su questi undici scogli vulcanici nel mezzo dell'Atlantico), sorridenti, allegri (anche nel più sperduto villaggio di pescatori la notte di Natale si balla fino all'alba), tranquilli (in dieci giorni non ho mai assistito ad una lite o ad una discussione). Una popolazione giovane: tanti bambini, tanti ragazzi che si salutano con il pollice in su o battendo reciprocamente le nocche, tante ragazze disinvolte con i loro vestiti succinti che scoprono la bella pelle brunita. 
Nella perenne gradevole estate di queste isole, i Capoverdiani trascorrono la loro vita semplice, spesso povera (non è raro vedere le donne approvvigionarsi di acqua al pozzo) ma di certo non stressata. Sbirciando in tante misere case, dove troneggiano ritratti di giovani emigrati, si capisce perché molti sono costretti a cercare fortuna per il mondo (pare che ci siano più Capoverdiani sparsi per il pianeta che in patria). Cerco di immaginarli nelle fredde e umide terre del Nord, a Milano, a Londra, a New York, e capisco quella che essi chiamano sodade, quella malinconica nostalgia per la loro bella terra così ricca di luce e di sole. 
Davvero un bel regalo di compleanno questo viaggio condiviso con un ottimo compagno (mio marito): la vivace Mindelo dallo stile coloniale, la bella e solitaria spiaggia di Sao Pedro, l'impressionante percorso sulla costa rocciosa tra Ponta do Sol e Cruzinha de Garca nell'isola di Sant'Antao, dove maestose onde oceaniche ci regalano con il loro infrangersi un ottimo aereosol di iodio, la rigogliosa Ribeira do Paul con canne da zucchero, banani, alberi di mango, papaja e caffé, il sorprendente cratere del vulcano Cova sprofondato un paio di migliaia di anni or sono a formare un fertile pianoro circondato da una corona di rocce, l'assenza di traffico interrotta sola dal via vai degli Aluguer, pulmini e pickup che trasportano persone e cose in modo del tutto spontaneo, quasi casuale ma alla fine molto efficiente.
Ma soprattutto che bellezza questo clima! Me lo porterò nel cuore durante i freddi mesi che mi attendono ricordando la maglietta di un ragazzo capoverdiano sul traghetto di ritorno: "At last the sun is shining". Alla fine il sole splenderà.
Obrigada, Capo Verde! 

Qui alcune foto del viaggio

mercoledì 19 dicembre 2012

Pausa "estiva"



Considerata la mia inguaribile intolleranza per il freddo e per l'inverno, per il mio mezzo secolo mi regalo una fettina di estate.

Un abbraccio a tutti quelli che passeranno di qui. 

Ci risentiamo ad anno nuovo.

Artemisia


domenica 16 dicembre 2012

Corruzione e appalti

Alberto Vannucci insegna Scienze Politiche all'Università di Pisa ed ha publicato un libro dal titolo "Atlante della corruzione". Ne ha parlato sia a Le Storie - Diario Italiano che a Fahrenheit Radio 3.
Inevitabile lo scoramento che viene a sentire che l'Italia ha un livello di corruzione superiore al Rwanda e pari al Ghana e alla Macedonia, e che, rapportato al livello di sviluppo economico è il paese più corrotto al mondo (dopo la Grecia).
Una cosa in particolare mi ha colpito di quello che ha detto Alberto Vannucci a Fahrenheit perchè mi sono sentita chiamata in causa: 
"In Italia vi sono troppe leggi e spesso molto oscure. Un'inflazione normativa che riguarda a cascata anche gli aspetti più pratici e che fa sì che tutti sono esposti a poter essere accusati di essere nella illegalità. Nessun cittadino e nessun operatore economico ha più la certezza che la sua attività sia immune da una possibile contestazione o una possibile sanzione. Con tutta la buona volontà neanche gli esperti riescono più ad avere una visione a 360 gradi di quelle che sono le disposizioni da rispettare. Figurarsi il comune operatore economico."
Questa affermazione fotografa esattamente la sensazione che il mio direttore, come rappresentante legale dell'ente, ed io, come funzionaria pubblico, proviamo ad ogni circolare che arriva in materia di appalti, ad ogni decreto legislativo che si stratifica. Una sensazione di smarrimento, di impotenza, di inadeguatezza e di rischio. Per nostra fortuna, non gestiamo grosse gare e grandi appalti. Tuttavia ci viene detto che la legge non fa differenza tra spendere 10 Euro di soldi pubblici o un miliardo. Il codice degli appalti del 2006 doveva mettere in chiaro una volta per tutte cosa fare per affidare un contratto pubblico "nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza". Belle parole! Peccato che non si faccia in tempo ad emanare, studiare, imparare, applicare il codice che esce quell'altro bel tomo del regolamento del 2010! Peccato che negli ultimi due anni ci abbiano bombardato di norme (tracciabilità dei flussi, decertificazione, small business act, spending review 1, spending review 2, ecc.) talvolta in contraddizione tra loro. Per questo, giustamente, Vannucci dice che nemmeno gli esperti hanno una visione chiara e completa di cosa fare formalmente.
E' chiaro che si tratta di adempimenti formali perchè mai mi sognerei di favorire un'impresa per mio tornaconto personale. Però non posso escludere, io piccola ragioniera di periferia, di non aver sbagliato qualche cosa, di aver applicato male le norme, di aver ignorato qualche disposizione. L'ufficio legale del mio ente è buono solo a mandarmi i link delle leggi che escono e il mio capo allarga le braccia e confida nell'assicurazione a copertura dell'eventuale danno erariale. Ma io ci credo poco nelle assicurazioni e preferirei stare tranquilla.
Nessuno mi leva dalla testa che fare una bella tabula rasa della bizantina stratificazione di norme ed emanare, per tutti gli ambiti della vita sociale, poche ma chiare leggi farebbe fare un bel salto di qualità al nostro paese, rilancerebbe l'economia (mi metto nei panni degli imprenditori e delle scartoffie che devono fare per aggiudicarsi una misera fornitura), e permetterebbe una lotta più immediata ed efficace alla corruzione, in barba alle frotte di avvocati, fiscalisti ed esperti che ingrassano con consulenze, corsi e contenziosi in materia di appalti. Ma siamo sempre stati un paese di Azzeccagarbugli.

Vedi anche:
DURC!
RUP, CIG, CUP, DURC...bum!


mercoledì 12 dicembre 2012

12/12/12


Gli anniversari non mi appassionano. Le ricorrenze non mi entusiasmano. Quando mio marito suggerisce di festeggiare il contachilometri dell'auto che sta per segnare una serie di cifre tutte uguali, lo guardo con affettuoso biasimo.
Il calendario è una convenzione. E difatti non mi è mai importato nulla della fine dell'anno. Non festeggiai nemmeno quella del 1999. Così come sono passati nella mia completa indifferenza l'1/1/01, il 2/2/02, il 3/3/03, ecc.
Ma allora che me ne cale che oggi sia il 12/12/12?

domenica 9 dicembre 2012

Cellulare da [aspirante] pensionata

Ho dovuto arrendermi e dismettere un altro dei miei tre gioielli di cui a questo post (solo il lettore mp3 bianco resiste strenuamente). Il T39 Ericsson, un modello mitico come dice anche questa recensione, che condivido con Marina (anche tu hai dovuto cedere, Marina?) funziona ancora egregiamente ma la batteria non dura più di un giorno o di una telefonata e il caricabatteria si sta sfacendo in mille fili. 
Dopo aver sperimentato un Motorola di seconda mano e già deceduto, ho fatto una cosa inimmaginabile per me: comprare un nuovo cellulare. Non è stato facile rifiutare gli smart phone, i touchscreen e quelli completi di fotocamera. Ho privilegiato la durata della batteria e la facilità d'uso ed ho comprato un X1 della Nokia:


Commento di mio figlio minore (il più fanatico delle tecnologie): "Nooo! Che tristezza 'sto telefono! Quello prima almeno aveva una dignità storico-affettiva. Questo è proprio un telefono da pensionati!"
Commento di mio figlio maggiore (poco amante delle tecnologie): "Anch'io ho un Nokia che apprezzo per la sua semplicità e facilità d'uso. Ma questo "fa vecchio", il mio no. [N.d.A. un 3020]"
Hanno proprio ragione in tutto: finalmente uno schermo in cui ci vedo, un'interfaccia davvero intuitiva, un ottimo T9 che azzecca le parole che mi servono. Un telefono che fa per me. Peccato però che in pensione non mi ci facciano ancora andare!

mercoledì 5 dicembre 2012

Il paradiso ai piedi delle donne musulmane

Francesca Caferri, giornalista che ha girato il mondo musulmano per dieci anni, ha raccontato nel libro "Il paradiso ai piedi delle donne" incontri con donne musulmane in Arabia Saudita, Egitto, Pakistan, Yemen, Afganistan e Marocco. Intervistata in questa puntata de Le Storie Diario Italiano,
la giornalista  definisce la cosiddetta "Primavera Araba" come il tentativo di dire basta a trent'anni di immobilismo appoggiato dall'Occidente, un processo ancora in divenire, di esito difficile da capire adesso. Nel breve periodo, infatti, sembra esserci un trionfo dell'estremismo islamico perché i suoi appartenenti erano gli unici "pronti" per prendere il potere. La società civile, i giovani (sempre più istruiti ma con una disoccupazione del 70%), le donne che hanno occupato per diciotto giorni piazza Tahrir al Cairo non erano pronti per le elezioni e si sono frantumati al momento di presentare le candidature, dando quindi gioco facile ai Fratelli Musulmani. Ci sono poi i Salafiti, che hanno alle spalle paesi come il Qatar o l'Arabia Saudita e quindi particolarmente ricchi, i quali, pur non essendo andati in piazza, hanno idee precise sulla direzione in cui queste rivoluzioni debbano andare: società islamizzate teocratiche ove non c'è spazio per la società civile.
Francesca Caferri è fiduciosa che invece nel medio e lungo termine la società civile sarà pronta. Le ragazze che sono state in piazza per diciotto giorni sfidando la polizia, costrette a subire il test della verginità e gli spari, non hanno nessuna intenzione di tornare a casa. La rivoluzione silenziosa delle donne, dice la giornalista, è dovuta all'accesso prima alle TV satellitari e poi alla rete che permette loro di scoprire mille altri modi di essere donne musulmane rispetto a quello imposto dalla TV di stato.
Il timore che si prova dall'Occidente pensando alle donne musulmane è che esse, nella loro legittima aspirazione alla libertà, finiscano per volersi uniformare in tutto e per tutto a noi, donne occidentali, compreso le derive consumistiche e pubblicitarie. Francesca Caferri invece ci rassicura e ritiene che l'imitazione del mondo occidentale da parte delle donne sia molto meno diffusa di quanto si pensi. Le ragazze musulmane non vogliono essere come noi. Voglio essere indipendenti, lavorare, avere una famiglia ma come dicono loro. Portare il velo o no è irrilevante per loro mentre quello che conta davvero è l'accesso alla scuola o ad Internet come possibilità di comunicare.
Basti pensare che la rivoluzione di Piazza Tahrir del 25 gennaio 2011 è partita da un video messo su YouTube registrato col telefonino da Asma Mahfouz, una ragazzina egiziana velata, sola nella sua camera:



Pare che nel Corano ci siano diverse figure femminili forti. Non a caso per il titolo del libro, la Caferri si è ispirata ad un episodio coranico: un ragazzo va dal Profeta e si offre per combattere ed andare in paradiso. Quando Maometto apprende che il ragazzo è figlio unico gli dice: "Non partire. Resta a casa perché il paradiso è ai piedi delle madri." Chi l'avrebbe detto?