martedì 30 luglio 2013

Parola d'ordine: non farsi contagiare dalla negatività

Prima di partire per il campo antimafia in Campania ho fatto una promessa con me stessa: di prendere tutto con tolleranza, di cercare il più possibile il lato positivo di ciò che mi sarebbe capitato e delle persone che avrei incontrato, di non farmi contagiare dal malumore e dalle lamentele altrui.
Non è che mi fossi trovata male nei precedenti due campi, anzi, tutt'altro. Tuttavia, per un motivo o per un altro, non ero riuscita a rendermi impermeabile alla "negatività". Ho capito solo dopo quanto ciò dipenda quasi esclusivamente da me. E' ovvio che tutto non potrà mai essere perfetto. L'importante è accettare quello che viene, non concentrarsi su quello che non va o che potrebbe andare meglio, ma solo sulle cose importanti, quelle che mi potranno arricchire che saranno sicuramente di più delle altre futili questioni.
Partita con questo proposito, ho "abbassato le antenne" e sono stata benissimo. Per esempio, ho fatto quello che mi sentivo di fare, senza esagerare, evitando così di covare risentimento verso quelli che, a mio parere, non stavano dando abbastanza.
Ho notato subito una cosa: i giovani dai 17 ai 25 anni, che sono la stragrande maggioranza di quelli che fanno questo tipo di esperienza, non si fanno quasi mai problemi. Che siano esuberanti o timidi, più o meno adattabili, o qualcuno anche un po' esibizionista e un tantino viziato, prendono le cose con semplicità. Il cibo era scarso? Li sentivi dire "Tutto qui? Ma io ho ancora fame!" e li vedevi andare a chiedere se c'era altro. Ma mai li sentivi bofonchiare alle spalle dei responsabili.
Invece nei volontari dalla quarantina in su si notava subito lo stacco. Qualcuno (e mi dispiace dire più che altro "qualcuna") era tutto un lamentarsi perchè le cose non erano fatte come ci si sarebbe aspettato. Mi sono chiesta se chi si lamenta di più non sia proprio la persona che non sta bene con se stessa, che ha conti in sospeso con la vita, o comunque che porta con sé insoddisfazioni di varia origine.
Come si fa a lamentarsi di stupidaggini come il fatto che il gruppo scout si fiondava a prendere i pasti sempre per primi, quando lì con noi c'erano persone come E., sordomuto e spastico che ha vissuto recluso in istituto per anni e che ha riacquistato il sorriso e la gioia di vivere solo ora che ha contatti con le persone "normali"? Con che coraggio ci si può lamentare se non ci portano al caseificio come promesso quando vedi i soci della cooperativa arrabattarsi tutti i giorni con rischi e difficoltà di tutti i tipi che neanche ti immagini?
Il valore aggiunto che mi ha lasciato l'esperienza del campo (oltre al divertimento e all'imparare cose nuove sull'antimafia) è proprio questo: prendere la vita per quel che è, festeggiare ciò che viene di buono, prendere con filosofia le piccole cose che vanno storte, consapevole che ci sono cose assai più grandi e purtroppo più gravi e ringraziando la sorte di esserne esentata. Per questo, finchè dura (e so che non durerà), cerco di rimanere impermeabile alla "negatività", alle "pippe" (come diceva una ragazza di Ferrara), non badando alla cialtronaggine e all'egoismo dei miei colleghi e dei miei figli, alla maleducazione di chi mi passa avanti nella fila o di chi mi si rivolge sgarbatamente. 
Finchè dura. Speriamo il più possibile. Magari fino al prossimo campo antimafia.

sabato 27 luglio 2013

Le pietre sono sacre e sono nostre

"Quand'ero fanciulla mio padre, contadino anarchico e analfabeta del Mugello, mi portava la domenica mattina agli Uffizi e, davanti alle opere esposte, mi diceva: Questi sono sacri e sono tuoi."
E' da tempo ormai che Tommaso Montanari, storico dell'arte, si batte per affermare il principio che il patrimonio storico e artistico serve a produrre cultura e cittadinanza non a produrre denaro, che le due funzioni sono alternative e non complementari, che esso dovrebbe accessibile a tutti e gratuitamente, che è sbagliato e anticostituzionale metterlo a servizio delle logiche del mercato o chiamarlo "giacimento culturale" come se fosse petrolio.
La sua tesi, esposta nel libro "Le pietre e il popolo" presentato a Fahrenheit Radio 3, ha il fascino delle cose talmente sacrosante da sembrare irrealizzabili, praticamente una voce nel deserto.
Montanari contesta tutte le obiezioni consuete. "Non ci sono soldi": basterebbero 5 dei 130/150 miliardi l'anno in cui è stimata l'evasione fiscale in Italia per mantenere il patrimonio storico-artistico, che è di tutti, senza svenderlo e ricorda che nessuno dei gradi musei americani si sostiene da solo con i biglietti venduti. "Quello che non si paga non si rispetta": il rispetto scaturisce dall'educazione proprio come nell'episodio della signora del Mugello che egli riporta nella puntata e che, secondo me, da solo rende l'idea meglio di tante parole (da notare che all'epoca di cui parla la signora l'entrata agli Uffizi era appunto gratuita la domenica mattina). 
Ed invece si continua a parlare dei monumenti e delle opere d'arte come potenziale tustistico ("la cultura fattura" lo slogan coniato dal Sole 24 ore), si continua con il fiorire di mostre che sono quasi sempre operazioni di cassetta, senza una ricerca monte e senza preoccuparsi delle conoscenze a valle. Eventi dove quello che conta è la bigliettazione, che rendono a chi le organizza tramite un patrimonio di tutti, dalle quali se ne esce con le idee più confuse di prima pensando che il patrimonio sia un lunapark dove non c'è niente da capire. Senza contare il legame tra politica, istituzioni e interessi privati. Tommaso Montanari parla di un'involuzione neofeudale delle nostre città dove gli spazi comuni ridiventano privati.
Il punto vero è che non si studia abbastanza la storia dell'arte. Roberto Longhi diceva che bisogna studiare la lingua figurativa sin da bambini per avere coscienza non della propria arte ma della propria nazione. Dante diceva che quella di Giotto e di Cimabue è un'altra lingua, una lingua che o si impara e si parla, oppure finiamo, come è successo, con l'avere classi dirigenti analfabete. 
Montanari non risparmia neppure i suoi colleghi storici dell'arte che, secondo lui, sono autoreferenziali e venduti al mercato e al business delle grandi mostre, al servizio del lusso mentre dovrebbero essere al servizio dei cittadini. Starebbe invece proprio a loro far capire che i nostri monumenti non sono pietre, ma sono il nostro modo di costruire la nostra comunità nazionale e la nostra dignità di cittadini.

lunedì 22 luglio 2013

Al di là dei sogni

Partita con il sogno di fare rifornimento quanto a fiducia nel futuro, voglia di impegnarmi, di superare la sindrome del "tanto non cambierà mai nulla", il campo di volontariato di Libera a Maiano di Sessa Aurunca non solo è stato all'altezza delle mie aspettative, ma mi ha anche riservato delle sorprese.
Una settimana in cui mi sono sentita catapultata anni luce dalla mia vita consueta: convivendo dal mattino alle sei a mezzanotte ed oltre, in un piacevole ambiente di campagna, con compagni eccezionali (quasi tutti giovani ma che non mi hanno fatto assolutamente pesare il gap generazionale); sporcandomi le mani con la bella terra della Campania felix; assaporando la soddisfazione di mangiare i fagliolini colti da noi; provando la rabbia e la commozione dei momenti di formazione con parenti di vittime di camorra e attivisti impegnati nel sociale come il grintoso don Maurizio Patriciello.
Inaspettato e piacevole inoltre il contagio riguardo ai ritmi lenti e pacifici delle persone che ci hanno ospitati, i tempi dilatati che mi hanno fatto mollare subito quella tensione frenetica del fare, da sempre compagna inseparabile della mia vita quotidiana. Possibile tornare da un campo di lavoro così rilassata?
L'altra sorpresa, ancora più importante, è stata il contatto, volutamente non preannunciato, con persone svantaggiate, soci della cooperativa che gestisce il bene confiscato, persone con disagio fisico e psichico, con un passato burrascoso e doloroso alle spalle. Ho imparato, io che ho sempre paura di cadere nel pietismo in questi casi, a rapportarmi con loro in modo naturale, a trattarli come persone e non come malati. Ciò mi ha arricchito molto e sono contenta di apprendere che la nostra presenza giornaliera di volontari è di per sé terapeutica e aiuta queste persone ad abbattere la cura farmacologica.
Il presidente della cooperativa di Maiano di Sessa Aurunca, con la sua carica e la sua umanità ha ammaliato tutti. Il primo giorno ci ha accolti raccontandoci le numerose difficoltà incontrate da quando, con gli altri soci, gli è stato affidato questo bene confiscato al boss Antonio Moccia, consegnato loro assolutamente fuori norma e inservibile, le devastazioni dubite a spregio, gli intralci burocratici e, ciò nonostante, i loro progetti sempre più ambiziosi (l'agriturismo con fattoria didattica, l'orto sinergico, il giardino dei sensi, ecc.). Mi è parsa assai interessante la sua lotta all'interno di Libera per superare i limiti del consorzio Libera Terra, che è stato sì un ottimo punto di partenza, ma che, secondo lui, deve vincere la sfida di vendere i prodotti di Libera al Sud ove essi acquisterebbero un significato assai più importante. In caso contrario, ritiene il presidente, i prodotti come la mozzarella della legalità, attualmente venduta solo ai consumatori consapevoli del Nord come i gruppi di acquisto solidale, rimangono un fiore nel deserto.
Si torna a casa con una marcia in più. Se ce la fanno loro, se ce la fa Ciro Corona di Resistenza Anticamorra di Scampia, se ce la fa Anna Cecere della sartoria sociale Made in Castel Volturno, se ce la fanno i ragazzi di NCO Nuova Cucina Organizzata, tra mille problemi grossi come case, è ridicolo preoccuparsi dei miei banali problemi di burocrate supertutelata.
"I sogni non si devono fermare mai" ci ha detto Anna Cecere. E non per nulla siamo stati sospitati dalla cooperativa "Al di là dei sogni".

Qui alcune foto del campo

lunedì 15 luglio 2013

In partenza per le Terre di Don Peppe Diana

Leggo che Maria Carmela Lanzetta, coraggiosa sindaco di Monasterace, paese della Locride, si è dimessa (recentemente ho letto la sua storia in questo libro). Probabilmente non ce la faceva più. 
Maria Stefanelli, una testimone di giustizia che da quindici anni ha visto stravolta la sua vita per collaborare con i giudici denunciando i suoi parenti ndranghetisti, assiste impotente alla scarcerazione del narcotrafficante che ha accusato e teme per la sua incolumità. 
Antonio De Masi, imprenditore della Piana di Gioia Tauro che si è opposto al racket e vive sotto scorta, è costretto a chiudere la sua azienda perché non arriva il mutuo agevolato per le vittime di usura.

Oggi parto per un nuovo campo antimafia con tanta voglia di fare e di imparare ma anche con tanto scoramento per lo stato di illegalità in cui versa questo nostro povero paese. Ho urgente bisogno di un'iniezione di impegno civile. La responsabile del campo mi ha rassicurato che provvederanno loro. "Stai tranquilla...ti shokkeremo noi!" mi ha scritto. Speriamo davvero.


 

sabato 13 luglio 2013

Amare la sapienza

Si inizia a filosofare quando si comincia a chiedersi "perchè?". Oggi che le scienze sono discipline separate dalla filosofia e molto specializzate nei rispettivi ambiti, il filosofo porta avanti soprattutto questa abitudine di chiedersi sempre le ragioni delle cose, di non accontentarsi del "si dice", di non fermarsi alle credenze diffuse, di chiedersi sempre il perché
Oggi in cui regna da un lato il vuoto materialista e consumista e dall'altro il fanatismo e i dogmi dell'unica verità, bisognerebbe recuperare la molteplicità di voci dissonanti di cui era ricca la filosofia degli antichi Greci, quando lo scontro tra idee diverse era considerato una ricchezza, un utile esercizio atto ad irrobustire la capacità di ragionare.
Oggi che la filosofia è diventata una cosa da addetti ai lavori, fatta di tecnicalità, si dovrebbe invece recuperare la pratica collettiva del filosofare.
Ecco in sintesi l'intervento di Giuseppe Cambiano autore di "I filosofi in Grecia e a Roma. Quando pensare era un modo di vivere" e ospite a Le Storie Diario Italiano (che torna in autunno con un cambio di conduttore, a mio parere, opportuno).
Intanto il mio giovane filosofo di famiglia ha brillantemente e puntualmente terminato il suo primo anno accademico collezionando due 30 e lode, due 30 e un 27. Almeno per ora, non si può dire che non abbia azzeccato la scelta della facoltà. Permettetemi di esserne orgogliosa.

Il portale di RAI di Filosofia

sabato 6 luglio 2013

La fatica di Sisifo

"Mamma, sai, ho fatto caso che le case degli altri sono sempre più curate della nostra."
"Beh, ci credo che siano più ordinate ma tu contribuisci non poco al nostro disordine!"
"Sì lo so, ma non è solo una questione di ordine. Sono più... come dire... c'è il tappetino... l'accessorio carino... non so come dire."
E' vero. La nostra casa è spartana. Sono banditi quasi del tutto soprammobili, gingilli, tendine sfiziose, tappeti e quanto altro di semplice decorazione. In effetti rispecchia la mia personalità (niente trucco, collane, orecchini, anelli). Non mi dispiace per questo, anzi, meno roba da spolverare, da spostare, da lavare. Vorrei solo che fosse più ordinata, ecco. Non impeccabile. Le case impeccabili mi mettono soggezione e non mi sembrano "vive". Però mi irrito quando non trovo le cose oppure quando "inciampo" su quelle abbandonate in giro dai miei tre uomini di casa.
In questa breve "finestra" dell'anno in cui non ho la palestra e non sono in ferie mi ritrovo pezzi di pomeriggio improvvisamente vuoti e liberi. Finisce che irrimediabilmente mi ritrovo a fare quelle operazioni di pulizia straordinaria che non ho tempo di fare nel resto dell'anno (invece di godermi l'insperato tempo libero, per esempio, guardando le decine di documentari che ho registrato): pulire vetri, finestre e persiane, lavare tende, copridivano e cuscini, pulire i mobili della dispensa in cucina, sbrinare e pulire il frigo, pulire i pannelli solari. Lo faccio con un sentimento di inutilità che è appena mitigato dall'ascolto in cuffia delle puntate arretrate di Fahrenheit. So che molto presto il mio lavoro verrà annullato dalla polvere e dallo sporco che si riaccumuleranno (anche se ci penserà il dolore alla spalla destra a ricordarmelo). Insomma una vera fatica di Sisifo, ma d'altra parte temo che se non facessi questo tipo di operazioni neanche una volta all'anno, la nostra casa sarebbe davvero invivibile. Sbaglio?

giovedì 4 luglio 2013

Uffa!

"Mi meraviglio sempre quando vedo alcuni chiedere ad altri il loro tempo e quelli glielo danno. Lo si chiede come se fosse nulla, come nulla lo si concede. Si scherza con la cosa più preziosa di tutte. Senza accorgesene perché il tempo è immateriale. Non cade sotto gli occhi. Non gli si dà alcun valore."

Seneca
 De brevitate vitae

Io invece non mi meraviglio. Sono semplicemente stufa di quelli che continuano a risucchiare il mio tempo, il bene più prezioso che ho, per cose inutili o di cui non me ne importa nulla o comunque per risparmiarsi il loro tempo.