sabato 18 giugno 2011

La difficile uscita dal dispotismo democratico

Ultimamente ho seguito con un po' di distacco le vicende politiche italiane, complice la vacanza. Sono stata certamente contenta dei risultati delle amministrative di maggio e dei referendum. Mi sembra un piccolo miracolo che a Napoli sia stato nominato come vicesindaco uno come Tommaso Sodano, che ha sempre lottato contro la malagestione dei rifiuti, e come presidente dell'ASIA, Raphael Rossi, manager boicottato per le sue scelte coraggiose proprio sui rifiuti in Piemonte. Oppure che siano state prese decisioni forti come il togliere quasi del tutto le auto blu dal comune fornendo gli assessori di scooter elettrici o il vietare l'utilizzo dell'usa-e-getta nelle scuole. Oppure leggere che Pisapia a Milano ha scelto come assessore Lucia Castellano, illuminata direttrice del carcere di Bollate.
Non sarà facile cambiare certi meccanismi e sradicare certe rendite di posizione. Ci riusciranno? Lo spero proprio anche se, per carattere, rimango pessimista. Sono certa che Berlusconi, come leader, sia al tramonto, però temo che il suo ventennio abbia segnato profondamente il nostro paese dal punto di vista culturale e che sia necessaria la ricostituzione di un ethos, dei legami, dei rapporti con gli altri, anche quelli che vengono da lontano.
Sapere aude ("abbi il coraggio di sapere") si intitolava un'interessante puntanta di Le Storie Rai3 incentrata su quella che il professor Michele Ciliberto, docente di Storia della Filosofia e ospite da Augias, ha chiamato nel suo libro "La democrazia dispotica".
Mi è piaciuto il porsi di Ciliberto nell'atteggiamento proprio di chi vuol capire, senza odio e senza mai nominare Berlusconi, che tipo di dispotismo stiamo vivendo da un paio di decenni e come mai esso gode (preferisco usare il presente) di ampio consenso.
Il dominio di un uomo su un popolo asservito aveva agli inizi del Novecento il volto e i modi di Mussolini, che oggi forse ci sembrerebbe ridicolo, ma siamo di fronte comunque ad un soggetto molto volitivo, con un grande ego e davanti al quale vi è una grande massa incantata o passiva, nonostante ciò nasca all'interno di una democrazia.
Citando Tocqueville, Savonarola, Bobbio e Macchiavelli, Ciliberto spiega che il dispotismo si sviluppa e si potenzia quando i legami di comune sentire e di solidarietà vengono meno e quando vi è la distruzione del concetto di legge come uguaglianza fra i cittadini e l'affermazione dell'arbitrio. E' soprattutto però la stagnazione e l'indifferenza che permette la nascita del dispotismo, ed è per questo che il professore auspica il "conflitto" (intendendo, credo, contestazione pacifica, non certo guerra civile). Conflitto che dovrebbe essere "organizzato da istituti" come i partiti, senza i quali non c'è democrazia, anche se ben diversi dai tradizionali partiti di massa i quali hanno fatto il loro tempo.

2 commenti:

  1. Ho visto questo libro oggi in libreria e sono stata tentata di comprarlo, poi mi sono data un freno perchè nei libri rischio di spendere il mio stipendio e non va bene.
    Ben tornata, ti scriverò con più calma... Baci

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  2. Allora tutto bene! Io invece sono di nuovo in partenza :-)

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