lunedì 23 settembre 2013

Orgoglio ferroviario

Daniele ha la faccia da bambino ma credo che si avvicini alla quarantina. Ci dice infatti di essere "il più vecchio tra i giovani" e di lavorare per le ferrovie da vent'anni. Ha una voce bella e tonante Daniele, ma soprattutto una passione immensa per il suo lavoro e per il mondo dei treni, una passione che gli fa brillare gli occhi mentre ci spiega pezzo per pezzo, passaggio per passaggio le lavorazioni che vengono fatte alle Officine Manutenzione Carrozze di Trenitalia all'Osmannoro (Firenze).
Il mondo delle ferrovie è così vasto e affascinante che il viaggiatore neanche si immagina. "Se si fosse a Santa Maria Novella vi potrei raccontare un monte di altre cose" dice Daniele. Ci mostra i macchinari che controllano lo stato dei carrelli, delle ruote, delle molle, l'impianto elettrico delle carrozze, quello di apertura e chiusura delle porte, il reparto verniciatura, quello di falegnameria, la cabina del macchinista, e ci illustra i controlli per verificare la sicurezza assicurandoci che sono rigorosissimi. "Perché sopra ci viaggiano le persone" ripete più volte. "Per la manutenzione della metropolitana di New York vengono da noi ad imparare."
L'Officina Manutenzione Carrozze all'Osmannoro nasce nel 2009 dal trasferimento della storica (cioè  risalente all'epoca granducale) Officina Grandi Riparazioni che sorgeva a Porta al Prato, accanto alla Stazione Leopolda. L'Officina G.R. fu bombardata il 2 maggio 1944, quando vi perirono 14 operai che stavano lavorando, e fu ricostruita con tenacia dai ferrovieri, molti dei quali avevano fatto la Resistenza (come il mio carissimo presidente della sezione ANPI). "Eravamo una comunità" dice Renzo Manni del Comitato "Storia e Memoria" delle Officine che ha curato l'evento di sabato. "Eravamo invidiati da tanti. Era l'officina più vecchia d'Italia e per alcuni andava chiusa." Infatti i ferrovieri in tuta blu (questo il titolo del libro di Marco Da Vela presentato sabato che riporta le loro testimonianze) hanno lottato strenuamente perché l'Officina non chiudesse ma fosse trasferita all'Osmannoro (estrema periferia di Firenze). Una scommessa orgogliosamente vinta anche se, come ci dice un dirigente di Trenitalia, oggi l'officina potrebbe sfruttare molto di più il suo potenziale e i suoi macchinari all'avanguardia. Marco Da Vela si commuove quando ricorda che nell'Officina di Porta al Prato "il problema di uno era il problema di tutti". 
Lo storico Alfonso Maurizio Iacono ricorda l'errore fatto negli anni Sessanta di pensare che l'auto avrebbe sostituito il treno e mette in guardia sul pericolo di perdita della memoria indotto dai mezzi di comunicazione grazie ai quali "tutto ciò che accade oggi schiaccia e fa dimenticare il passato". La memoria non è il semplice ricordo, dice Iacono, ma coscienza del mutamento, guardare il futuro con la consapevolezza del passato ed è questa la battaglia mitilitante di oggi. Tant'è che Marco Da Vela ha dedicato il suo libro:
... a mia figlia Beatrice
e a tutti i giovani come lei,
perché ricordare è resistere.

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