venerdì 6 giugno 2014

Vent'anni a "casa nostra"

Vent'anni fa siamo venuti a vivere in questa casa. Era una soleggiata giornata di prima estate. Mi ricordo che uno dei traslocatori andò a comprarsi le ciliegie al mercato che era proprio sotto il nostro appartamento di allora. Ricordo anche quell'energumeno che si prese sulle spalle da solo la lavatrice per portarla giù per le scale di cantina.
Mio figlio piccolo non era ancora nato ed il grande aveva poco più di un anno. Quando lo portai con me a vedere la nuova casa, cadde inciampando subito sul primo gradino che si trova davanti alla porta di ingresso e l'ansiosa nonna materna decretò subito che non era una casa adatta a lui perché vi erano troppe scale e troppi pericoli. Ed invece ci sono cresciuti tutti e due. Tutto sommato la sua collocazione nella semiperiferia piccolo borghese, ben collegata con il centro e il resto della città, ne fa, a parer mio, una casa adatta per crescerci i figli in modo che possano essere presto autonomi nel muoversi.
Mio marito, in questi venti anni, ha spesso buttato là la provocatoria domanda: "Perché non cambiamo casa?" Non avrei niente in contrario, anzi, cambierei volentieri se potessi saltare tutte quelle fasi odiose che l'operazione comporta: la ricerca della casa adatta, le pratiche burocratiche per l'aquisto, il mutuo, le volture, la fatica immane del trasloco. Infatti io gli rispondo sempre che "chiavi in mano" io ci starei.
Non è una casa curata, anzi, vi regna il caos. Non ha il posto auto. Ha un microgiardino che è più fonte di zanzare che di ossigeno. Però è casa nostra e, anche se di solito non mi affeziono ai luoghi, le voglio bene.

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