"Meritocrazia" è una parola che ha un brutto suono però il tema del riconoscere il talento dei più bravi ha il suo fascino, un fascino quasi utopico nel nostro paese dove dominano le raccomandazioni e il familismo.
Ho trovato interessante la puntata del 20.6.08 di Fahrenheit, nella quale Roger Abravanel presenta il suo libro che si intitola appunto: "Meritocrazia. Quattro proposte concrete per valorizzare il talento e rendere il nostro paese più ricco e più giusto".
Abravanel definisce la meritocrazia "un sistema di valori che promuove l'eccellenza indipendentemente dalla provenienza di un individuo". Per provenienza si può intendere un'etnia, un partito politico, in Italia molto spesso purtroppo è il nome che si porta cioè la famiglia di origine. La meritocrazia dovrebbe quindi azzerare i privilegi della nascita e far valere solo la concorrenza.
Abravanel racconta che la meritocrazia è nata nel 1933 a Harvard, quando il presidente di questa università ha rivoluzionato il sistema di ammissione. Prima di allora vi accedevano solo i figli degli WASP ma egli introdusse il famoso Scholastical Attitude Test, che è stato definito il segreto della meritocrazia. In base a questo test, chiunque, indiano pellerossa, nero, ebreo, povero, se aveva un SAT alto poteva con una borsa di studio accedere ad Harvard.
Secondo Abravanel però la società più meritocratica non è quella americana ma quella scandinava che ha investito pesantemente in tutto ciò che è sistema educativo creando una straordinaria mobilità sociale. Mentre gli USA hanno puntato solo sulle università (ed infatti il sistema scolastico inferiore lascia a desiderare), le migliori scuole del mondo sono in Finlandia. Solo investendo nel sistema educativo si può superare i privilegi della nascita e permettere ai più bravi di emergere qualunque sia la loro provenienza.
L'Italia (non importa che ce lo dicesse Abravanel) da questo punto di vista è un disastro. Se il livello delle scuole del Centro-Nord è nella media del resto d'Europa, al Sud c'è da mettersi le mani nei capelli, per cui un ragazzo che nasce al Sud parte già svantaggiato anche per questo.
Da noi, dice Abravanel, non essendoci fiducia in niente al di fuori della famiglia (intesa anche come cerchia di amicizie) si va avanti solo a raccomandazioni, a lobby che bloccano l'economia (e non solo l'economia, aggiungerei io) perché quello che conta è l'appartenenza. Il capitalismo familiare c'è anche all'estero ma ad un certo punto la famiglia fa un passo indietro nella gestione dell'impresa, diventa azionista, e lascia la gestione dell'azienda ai manager più bravi. In Italia invece ci si passa l'impresa di padre in figlio maschio (anche se ci sono tantissime figlie più brave dei fratelli ma vengono lasciate in secondo piano), esattamente come nella società agricola di due secoli fa si passava la proprietà della terra.
Se l'analisi di Abravanel mi è parsa puntuale ed interessante, mi hanno convinto meno le quattro proposte con cui lui pensa di risolvere il problema che mi sembrano un po' troppo tecniche e semplicistiche (se vi interessano le trovate riassunte sul sito di Fahrenheit).
Resta purtroppo vero che in Italia si rimarrà sempre indietro se si verrà assunti o promossi solo per conoscenze e raccomandazioni, se chi è semplicemente bravo troverà sempre le porte sbarrate, se il dipendente pubblico che lavora e si impegna verrà pagato esattamente come quello che non fa un tubo, se l'imprenditore che paga le tasse e fa le cose in regola sarà svantaggiato rispetto a chi non le paga e assume in nero, se chi nasce in un posto sfigato, da una famiglia povera e magari è pure femmina continuerà a trovare tutto in salita e la scuola non sarà capace di farle superare il suo handicap di nascita, quella stessa povera scuola pubblica a cui si continua a tagliare risorse.
Non è così semplice, caro ingegner Abravanel!
Ho trovato interessante la puntata del 20.6.08 di Fahrenheit, nella quale Roger Abravanel presenta il suo libro che si intitola appunto: "Meritocrazia. Quattro proposte concrete per valorizzare il talento e rendere il nostro paese più ricco e più giusto".
Abravanel definisce la meritocrazia "un sistema di valori che promuove l'eccellenza indipendentemente dalla provenienza di un individuo". Per provenienza si può intendere un'etnia, un partito politico, in Italia molto spesso purtroppo è il nome che si porta cioè la famiglia di origine. La meritocrazia dovrebbe quindi azzerare i privilegi della nascita e far valere solo la concorrenza.
Abravanel racconta che la meritocrazia è nata nel 1933 a Harvard, quando il presidente di questa università ha rivoluzionato il sistema di ammissione. Prima di allora vi accedevano solo i figli degli WASP ma egli introdusse il famoso Scholastical Attitude Test, che è stato definito il segreto della meritocrazia. In base a questo test, chiunque, indiano pellerossa, nero, ebreo, povero, se aveva un SAT alto poteva con una borsa di studio accedere ad Harvard.
Secondo Abravanel però la società più meritocratica non è quella americana ma quella scandinava che ha investito pesantemente in tutto ciò che è sistema educativo creando una straordinaria mobilità sociale. Mentre gli USA hanno puntato solo sulle università (ed infatti il sistema scolastico inferiore lascia a desiderare), le migliori scuole del mondo sono in Finlandia. Solo investendo nel sistema educativo si può superare i privilegi della nascita e permettere ai più bravi di emergere qualunque sia la loro provenienza.
L'Italia (non importa che ce lo dicesse Abravanel) da questo punto di vista è un disastro. Se il livello delle scuole del Centro-Nord è nella media del resto d'Europa, al Sud c'è da mettersi le mani nei capelli, per cui un ragazzo che nasce al Sud parte già svantaggiato anche per questo.
Da noi, dice Abravanel, non essendoci fiducia in niente al di fuori della famiglia (intesa anche come cerchia di amicizie) si va avanti solo a raccomandazioni, a lobby che bloccano l'economia (e non solo l'economia, aggiungerei io) perché quello che conta è l'appartenenza. Il capitalismo familiare c'è anche all'estero ma ad un certo punto la famiglia fa un passo indietro nella gestione dell'impresa, diventa azionista, e lascia la gestione dell'azienda ai manager più bravi. In Italia invece ci si passa l'impresa di padre in figlio maschio (anche se ci sono tantissime figlie più brave dei fratelli ma vengono lasciate in secondo piano), esattamente come nella società agricola di due secoli fa si passava la proprietà della terra.
Se l'analisi di Abravanel mi è parsa puntuale ed interessante, mi hanno convinto meno le quattro proposte con cui lui pensa di risolvere il problema che mi sembrano un po' troppo tecniche e semplicistiche (se vi interessano le trovate riassunte sul sito di Fahrenheit).
Resta purtroppo vero che in Italia si rimarrà sempre indietro se si verrà assunti o promossi solo per conoscenze e raccomandazioni, se chi è semplicemente bravo troverà sempre le porte sbarrate, se il dipendente pubblico che lavora e si impegna verrà pagato esattamente come quello che non fa un tubo, se l'imprenditore che paga le tasse e fa le cose in regola sarà svantaggiato rispetto a chi non le paga e assume in nero, se chi nasce in un posto sfigato, da una famiglia povera e magari è pure femmina continuerà a trovare tutto in salita e la scuola non sarà capace di farle superare il suo handicap di nascita, quella stessa povera scuola pubblica a cui si continua a tagliare risorse.
Non è così semplice, caro ingegner Abravanel!
Carissima Artemisia, ho ascoltato anch'io quella trasmissione di Fahrenheit, e ne ho ricavato le tue stesse impressioni.
RispondiEliminaIl guaio qui Italia è che, soprattutto in ambito di pubblico impiego, la meritocrazia è diventata il premiare chi è più bravo "a leccare il cxxo". Puoi essere bravissimo nel tuo lavoro, ma se non sei bravo a leccare, la carriera te la puoi scordare. Questo si aggiunge al fatto che la "famiglia" (intesa anche come giro di conoscenze e amicizie) ha sempre il ruolo che tu dici.
È una situazione che purtroppo si è talmente incancrenita che è di difficile soluzione, perché come si dice "il pesce inizia a puzzare dalla testa". La quasi totalità dei nostri dirigenti sono arrivati ad occupare quei posti con quei metodi, e non possono cambiare mentalità, perché ne andrebbero di mezzo loro per primi.
Pace e benedizione
Julo d.
Lo so, Julo. Anch'io sono pessimista in questo senso. Anch'io lavoro nel pubblico e devo dire che qui la situazione e' leggermente migliore, nel senso che piu' che premiare i ruffiano, non si premia nessuno con conseguente appiattimento generale.
RispondiEliminaDal che io ne deduco che bloggisticamente (e non solo) la nostra Artemisia merita il massimo. Pertanto io la promuovo a "campionessa dei blog" (non allarmanti, non è un premio) con tutti gli annessi e i connessi di stipendio, di carriera e di tfr (a suo tempo)...
RispondiEliminaE meriteresti pure gli arretrati. Toh!
Grazie, Irnerio. Troppo buono! :-)
RispondiEliminache tasto dolente... queste sono le ragioni per cui non ho ancora provato un concorso pubblico nonostante più di qualcuno dopo la laurea mi dicesse "per una donna è ottimo" (ma vaffan... ops, scusa) e evito come la peste le grandi realtà (che poi figuriamoci se assumono una trentenne sposata). Resta il mondo piccolo dove un po' contano almeno impegno e serietà, perchè chi ti paga vuole potersi fidare di te e domire sereno. e magari ha scelto a suo tempo la stessa (rischiosa?) strada per le stesse ragioni. Poi anche nel piccolo cisono i paraculati... ma credo siano più rari.
RispondiEliminaInteressante: quindi il binomio piu' che pubblico/privato, mi pare di capire che sia grande/piccolo (con le dovute eccezioni).
RispondiEliminaOgni realtà è diversa dall'altra, ogni nazione ha la sua storia, la sua mentalità, le sue caratteristiche, ciò che è valido per una non lo è per un'altra.
RispondiEliminaItalia? Tanto da fare, c'è ancora tanto da fare. E meno male!
Rino, nel particolare dell'universale.
Troppo filosofico, Rino.
RispondiEliminaNon ho seguito la trasmissione perchè guardo la televisione assolutamente poco e principalmente per lo sport. Leggo invece molto il televideo perchè l'informazione è più scarna ed essenziale.
RispondiEliminaIo vivo da sempre in ambienti in cui si va avanti per meriti e non per raccomandazioni. Come forse ho già detto lavoro in un isola felice, forse troppo. L'assurdo è che ho già dovuto rifiutare due richieste per 'crescere' in azienda. Questo fa piacere perchè il mio impegno non è oscuro agli altri, il brutto è che io lo faccio perchè mi piace il mio lavoro e perchè mi piace proprio che le persone che io seguo siano molto soddisfatte. Non voglio diventare un responsabile. Questo limiterebbe il tempo da dedicare alla mia vita, quella fuori dal lavoro che è quella che preferisco. Non è bello dire questo alle persone che pensano di farti un piacere, per fortuna ci sono persone che capiscono anche queste mie esigenze e quindi vengo ricompensato comunque in altri modi. Nel privato non so, anzi un pò si, come funziona e la merito e la voglia sono sempre scambiate per ruffianaggine per volere scalare delle posizioni fottendo gli altri. Penso sia difficile muoversi bene in contesti simili perchè il sistema è incancrenito ed è molto difficile riuscire a fare in modo che le cose vadano diversamente. Ci sono le invidie, le gelosie, i boicottaggi, le male parole... NOn è assolutamente semplice e sarebbe sbagliato semplificare il sistema, occorre fortuna, buona volonta e pazienza da parte di tutti, dandosi da fare e dando quello che si può non per ll lavoro, non per gli altri ma prima di tutto per autogratificare noi stessi (visto che a volte è difficile se no nimpossibile essere gratificati dagli altri)
In effetti, Max, sembri proprio una mosca bianca in un isola felice. Ottimo!
RispondiEliminaFahrenheit e' una trasmissione radiofonica su Radio3 che puoi anche sentire scaricandola dal sito.
Sono una mosca bianca davvero. Non so in quale mondo mediatico si viva. Non so nemmeno quale sia una trasmissione televisiva oppure una radiofonica !!!!
RispondiEliminabeh, non lo so, magari è solo una mia idea. diciamo che dai racconti vari, mi pare che in grosse aziende capiti spesso 1) che le donne siano meno valorizzate (se non ignorate nei ruoli tecnici), 2) che spesso ci siano altri criteri di "meritocrazia".
RispondiEliminaNel mio piccolo, il mio capo vuole lavorare bene con me e potersi fidare. Perchè si lavora a stretto contatto, e perchè se le cose vanno male ci rimette di tasca sua. Andare al lavoro vestita da super gnocca non mi farebbe guadagnare punti, (fra tecnici forse anche perderli) come sento avviene in certe grosse aziende. e neppure fare lecchinaggio, perchè conta il risultato e basta. Nel grande ho l'idea che non sia sempre così, perchè conta più l'apparenza, dato che spesso chi ha il potere di giudicarti e magari di "promuoverti", non lavora a stretto contatto con te, e quindi per giudicarti ha poco tempo, allora conta molto di più l'impressione. E magari ci sono tanti capi e qualcuno di questi per fare bella figura con quello più in alto ti frega i meriti o scarica su di te eventuali errori. Nel piccolo ciò è difficile nella pratica.
Tra l'altro, nel piccolo, la squadra conta molto. Le invidie e le rivalità rischiano di guastare il lavoro e un buon capo lo sa. Dove comincerò a collaborare con ottobre al posto del centro di ricerca) saremo in tre, un progettista molto esperto (the boss), un ragazzo molto giovane e io. In azienda, nello studio di progettazione, siamo in cinque.E' importante che lavoriamo bene perchè ogni errore pesa, è importante che stiamo bene insieme perchè altrimenti si va a lavorare malcolentieri. Quindi per chi ci mette i soldi di tasca sua, contano molto le nostre capacità sia tecniche che umane. C'è poi da aggiugnere che entrambi i miei capi sono persone abbastanza giovani, che hanno cominciato da zero, grazie alle loro capacità e alla loro voglia di lavorare senza nessuno sopra, quindi sono molto attenti a certi aspetti. Prendersi come collaboratore una persona della quale bisogna controllare ogni cosa che fa, o che è una piantagrane, è pericoloso.
In casentino nel piccolo ho avuto un'esperienza negativa, il capo era un furbo sfrutatore, ma guarda caso era uno pieno di soldi che nn era certo partito da zero... insomma, non semre va bene, un po' di selezione ci vuole.
Naturalmente il piccolo ha altri lati negativi, come il maggior rischio, ma sno scelte, tutto non si può :-).
Grazie per la preziosa testimonianza, Liber. Forse il succo sta nel fatto che dove i capi sono intelligenti capiscono che è interesse di tutti premiare i più capaci. Ma purtroppo, come diceva anche Julo qui sopra, spesso sono proprio i capi che sono diventati tali non per merito.
RispondiEliminaL'Italia è un paese di furbetti il cui unico merito è riuscire ad intrufolarsi nei posti giusti al momento giusto, raramente viene riconosciuto il giusto merito a chi lo merita!...Il mondo della scuola poi, è una vera indecenza, sia gli insegnanti che gli allievi vanno avanti solo con la faccia tosta...i meriti li hanno e li avranno sempre i figli di papà, non credo più alle favole da tanto tempo e questo paese non si chiamerà mai Utopia!...naturalmente anche in questo disincanto sto organizzando un anno scolastico migliore possibile per i miei detenuti, loro sono sempre esclusi in partenza ma io insisto!!!...sei una cara amica, grazie per le tue parole...ti abbraccio...Carmela
RispondiEliminaAverne di insegnanti (e di donne) come te, Carmela!
RispondiEliminaIo a scuola non ho mai visto premiare i migliori che spesso sono molto poco apprezzati...Giulia
RispondiEliminaMe l'immagino,Giulia!
RispondiEliminaSpero di uscirne vivo e con buoni propositi per il futuro da questa 'scuola' ancora incerta.
RispondiEliminaOhibò...
M il latino! W la musica!
(Mi sono auto-permesso di dirlo)
Purtroppo la coscienza italiana è indietro di svariati anni, dal punto di vista civile, ecologico, del bene comune, rispetto ad altri paesi europei e non.. Secondo me occorre iniziare dagli asili nido a dare gli imput necessari a sviluppare, perchè attualmente il livello medio è bassino, con le conseguenze che ne comporta per il vivere quotidiano..
RispondiEliminaL'Italia..., l'Italia..., l'Italia..., L'Italia per migliorare la sua "disastrosa" situazione generale si è affidata al genio (l'Alitalia ne è l'ultima dimostrazione) di Silvio Berlusconi!!
RispondiEliminaChe dice, o direbbe Abravanel in merito a questo "insignificante" dettaglio? Abbiamo speranze??
(Dopo dice uno diventa monomaniaco)
Pandoro: certo che puoi dirlo! Ci mancherebbe!
RispondiEliminaMirco: hai ragione bisognerebbe cominciare proprio dall'inizio (della vita). Difficile processo.
Irnerio: quello che non ho scritto sul post è che ho sentito la presentazione del libro anche alla festa del PD dove c'era appunto Abramavel. Il discorso è cascato proprio sull'Alitalia e l'ingegnere ha detto che in tutta la vicenda quello che l'ha colpito è che nessuno pensasse ai passeggeri, al fatto che a seguito dell'operazione pagheranno la stessa tratta (Milano-Roma) più cara con un servizio peggiore.
Anche nel mio settore (sanita') viene poco valorizzata la meritocrazia, al contrario quello "che si esenta" e' quello che ha la vita piu' facile... ma questo e' ancora un altro discorso, purtroppo!
RispondiEliminaUn caro saluto
Dona
Ps: anche io ho scovato il tuo primo commento, l'ho lasciato da me. :-)
Arte,cara Arte,noi stiamo facendo pessi indietro e questo è veramente tragico.Da noi non c'è nessuno che guardi al futuro,come in Finlandia,che già da tempo raccoglie i frutti della sua lungimiranza.
RispondiEliminaCristiana