Ascoltando l'intervista che Claudio Fantoni, Assessore alla Casa del Comune di Firenze, ha rilasciato a Controradio, sono giunta alla conclusione che il diritto alla casa sia, insieme al diritto al lavoro, un tema sul quale veramente dovremmo fare la rivoluzione. Devo dire che riguardo al lavoro ci sono aspetti che non mi fanno essere "egalitaria" fino in fondo. Per esempio temo l'appiattimento e credo nel merito, cioè, fermo restando la necessità di trovare un meccanismo equo per determinarlo, credo che la società dovrebbe premiare i più bravi soprattutto se sono anche quelli che si impegnano di più. Riguardo alla casa invece mi sento proprio comunista e penso che non andrebbe lasciata, se non in piccola parte, al libero mercato.
Ha ragione Domenico Guarino, il giornalista che ha condotto l'intervista, quando afferma che "oggi la casa è diventata un moloch intorno al quale si costruisce la fortuna o la disgrazia di un'esistenza (mutuo trentennale o casa di proprietà, possibilità di pagare un affitto o sfratto sulla testa)".
L'intervista offre spunti interessanti. Perché le cosiddette "case popolari" devono essere per forza brutte? Chi l'ha detto che lo spazio da offrire a chi ha bisogno debba essere un casermone buttato in una periferia cittadina? Perché non fare un intervento come quello che il Comune di Firenze ha fatto nel complesso dell'ex carcere delle Murate?
Fantoni però è molto chiaro: le case popolari non si fanno con i soldi del Comune, né a Firenze, né altrove. Se il governo non destina i fondi all'edilizia sociale il problema non si risolve. Basta pensare che l'Italia ha una media di affitti sociali del 4% contro paesi come l'Olanda che destinano a questo scopo il 34% del patrimonio complessivo.
Nell'intervista si affrontano anche temi delicati come il doppio fenomeno della morosità: accanto ai "professionisti della morosità" ("veri farabutti", li chiama Fantoni), cioè chi si installa in una casa di piccoli proprietari e dopo un paio di mesi non paga più, dall'altra parte ci sono persone che fanno il massimo sforzo possibile per pagare l'affitto ma finiscono in morosità perché non ce la fanno, perché i canoni sono troppo alti e il loro reddito troppo basso.
Ribadisco che questo tema smuove la comunista sopita che c'è in me. Hai soldi? Benissimo, ti compri una bella villa, un castello, dei magnifici appartamenti per i tuoi figli e stop. Non dovrebbe essere permesso di speculare sopra le case o di affittarle a nero stipandoci studenti o di tenerle sfitte.
A ciascuno dovrebbe essere garantito un tetto sulla testa.
Ha ragione Domenico Guarino, il giornalista che ha condotto l'intervista, quando afferma che "oggi la casa è diventata un moloch intorno al quale si costruisce la fortuna o la disgrazia di un'esistenza (mutuo trentennale o casa di proprietà, possibilità di pagare un affitto o sfratto sulla testa)".
L'intervista offre spunti interessanti. Perché le cosiddette "case popolari" devono essere per forza brutte? Chi l'ha detto che lo spazio da offrire a chi ha bisogno debba essere un casermone buttato in una periferia cittadina? Perché non fare un intervento come quello che il Comune di Firenze ha fatto nel complesso dell'ex carcere delle Murate?
Fantoni però è molto chiaro: le case popolari non si fanno con i soldi del Comune, né a Firenze, né altrove. Se il governo non destina i fondi all'edilizia sociale il problema non si risolve. Basta pensare che l'Italia ha una media di affitti sociali del 4% contro paesi come l'Olanda che destinano a questo scopo il 34% del patrimonio complessivo.
Nell'intervista si affrontano anche temi delicati come il doppio fenomeno della morosità: accanto ai "professionisti della morosità" ("veri farabutti", li chiama Fantoni), cioè chi si installa in una casa di piccoli proprietari e dopo un paio di mesi non paga più, dall'altra parte ci sono persone che fanno il massimo sforzo possibile per pagare l'affitto ma finiscono in morosità perché non ce la fanno, perché i canoni sono troppo alti e il loro reddito troppo basso.
Ribadisco che questo tema smuove la comunista sopita che c'è in me. Hai soldi? Benissimo, ti compri una bella villa, un castello, dei magnifici appartamenti per i tuoi figli e stop. Non dovrebbe essere permesso di speculare sopra le case o di affittarle a nero stipandoci studenti o di tenerle sfitte.
A ciascuno dovrebbe essere garantito un tetto sulla testa.
Su questo sfondi una porta aperta. Sul merito nel lavoro, sarei d'accordo, ma temo che non verrà mai premiato, perchè chi lo giudica o in base a quali parametri. E' un discorso più complesso.
RispondiEliminaCiao
Giulia
Mmh... riguardo alla casa sono d'accordo con te, anche quando tu stessa ammetti tra le righe di non essere del tutto "comunista". Cioe' che un tetto decoroso deve essere assicurato a tutti, ma chi puo' farsi un castello, che se lo faccia pure.
RispondiEliminaRiguardo al lavoro invece sono confuso. Cioe', credo anche io che il merito debba essere pagato, cosi', a botta fredda. Ma credo che non abbia molto senso la frase stessa se non si definisce che cosa sia il merito.
Io ad esempio lavoro in una azienda metalmeccanica che produce stampi per lamiere. Il merito, in questa azienda, dovrebbe essere (credo giustamente) attribuito a chi, mediante il proprio lavoro, consente di incrementare la produzione di stampi per lamiere. In generale, in una societa' basata sulla produzione e sul consumo, il merito dovrebbe andare a chi produce di piu' (o che consente agli altri di produrre di piu' - cosi' salvo anche il mio lavoro ;-) ). Ma e' proprio questo il modello di societa' che vogliamo? Personalmente no. Quindi mi trovo in difficolta' nel definire il merito secondo il quale un lavoro debba essere meglio retribuito. Nel modello di "decrescita felice", di cui parlavamo tempo fa, chi rincorre un continuo miglioramento della produzione (e quindi persegue ed auspica un aumento del consumo) in realta' rema contro. Ad un certo punto bisogna smettere (anche se controvoglia) di produrre. E questo e' esattamente l'opposto della meritocrazia, mi pare. Be', forse no. Forse dipende dalla definizione di merito. Bravo e' colui che produce di meno? Non so. Mi sfugge. E poi, comunque, sono andato di nuovo fuori tema, mi sa'....
Dario, non vorrei parlare di lavoro perche' come giustamente scrive Giulia e'un tema molto complesso.
RispondiEliminaPoi ognuno lo vede dal suo punto di vista. Io, per esempio, vedo gli effetti nefasti del trattamente uguale per tutti nel pubblico. Quindi e' meglio lasciar perdere.
;-) infatti, ero fuori tema.
RispondiEliminammh... pero' a pensarci bene, potrebbe essere il tema di un post sul mio, di blog...
RispondiEliminaE che solo i "comunisti" pensano che ognuno debba avere una propria casa? ;-) io mi azzardo di dire ognuno di buona volontà che viva e creda in un mondo civile!!
RispondiEliminaLa casa se si guarda è fondamentale per l'uomo: la culla dove ognuno nasce, cresce e muore.. dove si sente protetto e si riposa.
E' quindi scandaloso (e non da paese civile) non darne l'opportunità a chi non se lo può permettere come i poveri ed i zingari (gesto che potrebbe da una parte eliminare i nefasti campi nomadi e dall'altra integrarli veramente nella società).
anch'io credo fermamente nella meritocrazia, è scoraggiante per chi rema forte se vede che non conquista nulla di più di chi s'impegna al risparmio.
RispondiEliminama poi c'è comunque un minimo che deve essere per tutti, lavoro e casa, anche se pesa un po' su tutti. insomma, è chi è bravo che deve potersi elevare oltre, non chi magari non per colpa sua è stato meno dotato o semplicemente ha avuto meno opportunità che deve trovarsi ad annaspare!
e la casa è il primo fondamentale aiuto economico (e psicologico)!
P.S. per Dario: non sono d'accordo che decrescita felice e miglioramento della produzione siano incompatibili, secondo me è una questione di qualità e non di quantità. qualità in senso largo, ovvero un prodotto che nel suo valore aggiungto abbia anche il rispetto per l'ambiente, la salute dei lavoratori, l'utilità del prodotto.
l'ambizione non è sempre solo fame di quantità, ma tante volte voglia di meglio, di progresso.
Liber:
RispondiEliminaArte mi ha gia' tirato le orecchie per essere andato fuori tema parlando del lavoro. Ed ha ragione. Forse non e' qui che dobbiamo discutere di questo tema. Quindi mi limito ad accennare senza approfondire un paio di spunti su cui ho riflesso a lungo:
1) se e' il merito che deve essere pagato, chi e' che decide le regole per assegnarne il valore?
2) In una societa' consumocratica come la nostra e' naturalmente pagato chi si rimbocca le maniche per produrre di piu' e meglio cio' che puo' essere consumato piu' in fretta. Dopo la maturita' io ero indeciso tra filosofia e informatica. La seconda scelta mi ha portato ad uno stipendio dignitoso anche se mi sarei rimboccato le maniche anche con la prima e (credo) sarei stato altrettanto bravo (ma poi, chi' e' che giudica chi e' bravo e con quali parametri?). Il tutto perche' un filosofo produce di gran lunga meno di un informatico.
La meritocrazia e' una gran cosa se il merito viene assegnato secondo parametri etici (quindi a rigore e' un metodo individuale e non sociale!). In questo senso sono d'accordo con voi. Peccato che la meritocrazia nella nostra societa' non esiste e non e' nemmeno immaginabile che esista.
Ecco. La mia logorrea mi ha portato a discutere fuori tema di nuovo, nonostante i miei propositi.
RispondiEliminaArte, non imparero' mai. Rassegnamoci.
Dai, Dario, io non tiro le orecchie a nessuno. Per me potete continuare a discutere qui finche' c'e' spazio-disco di Blogger. Semplicemente non vi garantisco di leggere tutti i vostri commenti, anche perche' devo produrre ;-)
RispondiEliminano, e' che volevo rubarti una lettrice portandola sul mio blog. Ma prima devo scrivere un post a riguardo ;-)
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