Luigi Manconi, serio professore di Sociologia, una vita dedicata alla politica (è stato senatore e sottosegretario ed ultimamente è molto attivo nella difesa dei diritti fondamentali con la sua associazione "A buon diritto"), ha sorpreso molti con l'argomento del suo recente libro pubblicato: "La musica è leggera". In effetti, intervistato a Fahrenheit, il professor Manconi ammette di coltivare da sempre questa "passione privata" e infatti si è rivelato essere autore di altri libri sull'argomento ma scritti in gioventù sotto lo pseudonimo di Simone Dessì. Perchè ci piacciono tanto le canzoni?
A mio parere, ha ragione Manconi nell'affermare che "la musica leggera è la forma espressiva più adeguata a raccontare il lato debole di ciascuno di noi, la dimensione fragile, tenera e violenta, una sorta di romanticismo infantile che ricorre a parole ed emozioni enfatiche ed insieme impudiche, che appartiene ad un sentimentalismo immaturo ma che noi amiamo portarci appresso". D'altra parte il sociologo spiega di aver scoperto, leggendo gli epistolari amorosi dei grandi scrittori, che essi usavano nelle lettere a mogli ed amanti una lingua piuttosto diversa da quella impiegata nelle loro grandi opere letterarie, un linguaggio ingenuo, addirittura puerile. Probabilmente quella lingua corrisponde ad un bisogno che noi abbiamo, una sorta di cattivo gusto sentimentale che ci conforta, ci consola e al quale non vogliamo rinunciare.
Talvolta qualcuno ha accostato i testi delle canzoni, soprattutto quelle dei cantautori degli anni Settanta, alle poesie ma secondo Luigi Manconi è sbagliato. Le canzoni hanno due elementi che le rendono profondamente diverse dalle poesie: la musica e l'interpretazione.
"Stoviglie color nostalgia", tanto per fare un esempio tra i tanti possibili, in una composizione poetica diventa un verso mediocre, ma messo in musica e cantato dalla fosca voce di Guccini diventa qualcosa di intenso.
Anche rispetto alla politica, secondo Manconi, i cantanti e i musicisti italiani hanno dato il meglio quando non hanno parlato direttamente di politica. La loro produzione, ricca di contenuti, suggestioni, evocazioni anche di natura politica, ha raccontato emozioni all'interno di uno stato d'animo collettivo che non richiedeva necessariamente l'evocazione militante o lo slogan politico.
Dal mio punto di vista personale, ammetto di non essere mai riuscita ad apprezzare la poesia (salvo il Leopardi che ho studiato a scuola), troppo difficile, spesso troppo oscura, mentre invece di canzoni ho "nutrito" tutta la mia adolescenza. Mi piacevano De Gregori, Guccini, De Andrè, anche il primo Venditti, qualcosa di Bennato, ma soprattutto ho lenito per anni le mie sofferenze adolescenziali con il balsamo delle canzoni di Roberto Vecchioni. Mi sembrava che stesse davvero rivolgendosi a me quando lo sentivo cantare:
A mio parere, ha ragione Manconi nell'affermare che "la musica leggera è la forma espressiva più adeguata a raccontare il lato debole di ciascuno di noi, la dimensione fragile, tenera e violenta, una sorta di romanticismo infantile che ricorre a parole ed emozioni enfatiche ed insieme impudiche, che appartiene ad un sentimentalismo immaturo ma che noi amiamo portarci appresso". D'altra parte il sociologo spiega di aver scoperto, leggendo gli epistolari amorosi dei grandi scrittori, che essi usavano nelle lettere a mogli ed amanti una lingua piuttosto diversa da quella impiegata nelle loro grandi opere letterarie, un linguaggio ingenuo, addirittura puerile. Probabilmente quella lingua corrisponde ad un bisogno che noi abbiamo, una sorta di cattivo gusto sentimentale che ci conforta, ci consola e al quale non vogliamo rinunciare.
Talvolta qualcuno ha accostato i testi delle canzoni, soprattutto quelle dei cantautori degli anni Settanta, alle poesie ma secondo Luigi Manconi è sbagliato. Le canzoni hanno due elementi che le rendono profondamente diverse dalle poesie: la musica e l'interpretazione.
"Stoviglie color nostalgia", tanto per fare un esempio tra i tanti possibili, in una composizione poetica diventa un verso mediocre, ma messo in musica e cantato dalla fosca voce di Guccini diventa qualcosa di intenso.
Anche rispetto alla politica, secondo Manconi, i cantanti e i musicisti italiani hanno dato il meglio quando non hanno parlato direttamente di politica. La loro produzione, ricca di contenuti, suggestioni, evocazioni anche di natura politica, ha raccontato emozioni all'interno di uno stato d'animo collettivo che non richiedeva necessariamente l'evocazione militante o lo slogan politico.
Dal mio punto di vista personale, ammetto di non essere mai riuscita ad apprezzare la poesia (salvo il Leopardi che ho studiato a scuola), troppo difficile, spesso troppo oscura, mentre invece di canzoni ho "nutrito" tutta la mia adolescenza. Mi piacevano De Gregori, Guccini, De Andrè, anche il primo Venditti, qualcosa di Bennato, ma soprattutto ho lenito per anni le mie sofferenze adolescenziali con il balsamo delle canzoni di Roberto Vecchioni. Mi sembrava che stesse davvero rivolgendosi a me quando lo sentivo cantare:
"E i sogni, i sogni,
i sogni vengono dal mare,
per tutti quelli
che han sempre scelto di sbagliare,
perché, perché vincere significa "accettare"
se arrivo vuol dire che
a qualcuno può servire,
e questo, lo dovessi mai fare,
tu, questo, non me lo perdonare.
E figlia, figlia,
non voglio che tu sia felice,
ma sempre "contro",
finché ti lasciano la voce;
vorranno
la foto col sorriso deficiente,
diranno:
"Non ti agitare, che non serve a niente",
e invece tu grida forte,
la vita contro la morte.",
E come non associare a qualche mio sofferto amore parole come:
"Ma tu non mi parlavi
e le mie idee come ramarri
ritiravano la testa
dentro il muro, quando è tardi
perché è freddo, perché è scuro...
E ancora solitudini
e buchi per nascondersi...
E non si è soli quando un altro ti ha lasciato,
si è soli se qualcuno non è mai venuto
però scendendo perdo i pezzi per le scale,
e chi ci passa su, non sa di farmi male. "
Davvero sentimental kitsch, per dirla con Lugi Manconi, cattivo gusto romantico che tuttavia mi ha aiutato tanto ad esternalizzare la tempesta che sentivo dentro in quegl'anni. E ancora oggi, quando devo affrontare una prova che mi dà ansia, risfodero "la mia canzone da esame" (piccolo corno a Vecchioni): Un giorno credi di Edoardo Bennato perchè non c'è nient'altro che mi carichi quanto ripetermi:
"A questo punto non devi lasciare
qui la lotta è più dura, ma tu
se le prendi di santa ragione
insisti di più.
Sei testarda, questo è sicuro,
quindi ti puoi salvare ancora.
Metti tutta la forza che hai
nei tuoi fragili nervi."
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