Non è necessario essere marxisti per sentire l'esigenza di giustiza sociale. Giorgio La Pira era democristiano ma aveva a cuore la sorte dei suoi cittadini più poveri. Era siciliano ma fu sindaco di Firenze tra il 1951 e il 1957. Durante i suoi mandati appoggiò fortemente gli operai che occupavano la fabbrica Pignone a rischio chiusura e soprattutto fece scelte coraggiose per fronteggiare l'emergenza casa, preoccupato per il continuo aumento degli sfratti.
Oltre a deliberare la costruzione di edilizia pubblica (le cosiddette ‘case minime’), La Pira chiese ad alcuni proprietari immobiliari di affittare temporaneamente al
Comune una serie di appartamenti vuoti. Dopo aver ricevuto da parte loro solo rifiuti, ordinò la requisizione degli immobili appellandosi ad una legge del 1865, che dava facoltà ai sindaci di requisire
qualsiasi proprietà privata "in situazioni di emergenza o per motivi di
ordine pubblico".
Da allora sono passati sessant'anni e letta oggi, tempo in cui la proprietà privata sembra una dogma intoccabile (tranne quando sulle case dei poveracci ci deve passare una grande opera) l'ordinanza del Sindaco La Pira commuove:
“Considerato che gravissima è la carenza degli alloggi nel
Comune di Firenze essendo pendenti richieste per alloggio in numero di
1147 da parte di sfrattati e sfrattandi, che attraverso informazioni
prese attraverso normali organi di informazione risultano essere
assolutamente nell’impossibilità di procurarsi un quartiere od altra
sistemazione per non avere i mezzi per pagare un fitto corrente al
mercato libero anche di una sola camera; considerato che sono state
svolte ricerche onde accertare se esistono luoghi di abitazione
disponibili da affittare senza alcun esito positivo e che ogni
possibilità di sistemazione di sfrattati in luoghi di proprietà pubblica
è stata esaurita; considerato che la gravità della situazione è tale
che si sono verificati episodi di sfrattati che hanno portato i loro
mobili nella sede comunale tanto che il fatto ha avuto eco anche in un
giornale cittadino, con conseguenza evidente di far sorgere una sempre
maggiore tensione nello stato d’animo non solo degli sfrattandi, ma
anche dei privati cittadini verso questa pubblica amministrazione
ritenuta incapace di soddisfare anche precariamente ad un diritto
fondamentale del cittadino quale quello ad una abitazione; considerato
quindi che possono temersi fatti di intolleranza e di ribellione,
ritenuti giustificati dal fatto che innegabilmente la Costituzione dello
Stato garantisce il diritto fondamentale del cittadino all’assistenza
ed alla sicurezza individuale e familiare; ritenuto che il problema di
un alloggio ai senza tetto riveste gli aspetti di una grave necessità
pubblica, il Sindaco ordina la requisizione immediata dello stabile sito
in...”
In verità anche allora l'iniziativa del Sindaco scatenò
polemiche violentissime alle quali egli rispose con un
appassionato intervento in consiglio comunale il 24 settembre 1954:
“Ma,
signori, io dico a voi, chiunque voi siate: se voi foste sfrattati? Se
l’ufficiale giudiziario buttasse sulla strada voi, la vostra sposa, i
vostri figli, i vostri mobili, voi che fareste? Se il vostro reddito,
fosse, per esempio, di 30mila, 40mila, 50mila lire al mese, come fareste
a procurarvi una casa dove si paga 20mila o 30mila lire al mese di
pigione?
Ditemi voi, come fareste? Sapete quale è il numero degli sfratti coi
quali abbiamo avuto da fare in questi tre anni? Se vi dico tremila non
vi dico un numero eccessivo! Ebbene, io vi prego, signori consiglieri,
potreste restare indifferenti davanti a questa marea che diventa
disperante per chi ne è investito?
In una comunità cittadina non bestiale ma umana è possibile lasciare
senza soluzione un problema così drammatico per la sua improrogabilità
ed urgenza?
È possibile che un Sindaco, di qualunque parte sia, se ne resti indifferente davanti a tanta cruda sofferenza?
Ripeto, se capitasse a voi di essere sfrattati e nelle condizioni di non
potere pagare 20mila lire di pigione avendo un reddito di 40 o 50mila
lire mensili, che fareste?
Eppure è stata proprio questa una delle cause che più vi hanno irritato,
signori consiglieri: ho requisito le case! Che grave colpa!
Ma che dovevo fare? Ho dato una mano di speranza -del resto sulla base
di una legge!- a tante famiglie povere e disperate! […] ebbene, signori
consiglieri, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi
avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia!
Ma non avete il diritto di dirmi: signor sindaco non si interessi delle
creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa
(sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.).
Case vecchie, ville vecchie: provvedimenti di emergenza, come si fa
quando il fiume straripa e l’alluvione costringe le autorità a prendere i
provvedimenti del caso!”.
La Pira rispose agli attacchi anche in una lettera aperta ad Ettore
Bernabei, direttore del Giornale del Mattino: ‘Devo lasciarmi
impaurire da queste denunce penali che non hanno nessun fondamento
giuridico -e tanto meno morale- o devo continuare, e anzi con energia
maggiore, a difender come posso la povera gente senza casa e senza
lavoro? […] un sindaco che per paura dei ricchi e dei potenti abbandona i
poveri -sfrattati, licenziati, disoccupati e così via- è come un
pastore che, per paura del lupo, abbandona il suo gregge'.
Altro che Renzi!
Ringrazio Altreconomia per lo spunto e la Fondazione La Pira per i testi citati.
Vorrei conoscere sindaci come La Pira. Buona l'idea di portare i mobili davanti la sede comunale. Se penso a quanti immobili sono sfitti e lasciati ad ammuffire piuttosto di abbassare gli affitti, perché non intervengono questi amministratori? semplice perché sono collusi con i costruttori. E non ho fatto nomi.
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