Per noi che soggiorniamo in una delle sue tante piccole frazioni, Fivizzano è sempre stata meta dei momenti di nostalgia per la civiltà. Più fresca e più montana, più elegante e più rurale rispetto alla caotica e commerciale Aulla, questa cittadina della Lunigiana, situata lungo la statale del Cerreto, uno di quei capoluoghi di comune a rischio di soppressione o di accorpamento, in tempi di tagli alla spesa pubblica, è uno di quei luoghi che hanno il sapore di antichi fasti pur non avendo oggi niente di particolare da offrire. In effetti quanto ad attrattive, Fivizzano non offre molto. Eppure in questo paesotto di qualche migliaia di abitanti si respira aria di storia. “Gode di un clima temperato e salubre e talché dicesi non esservi memoria che si siano stati mali epidemici” scrivevano del luogo. Forse grazie a questo vi sorgono belle case dal gusto un po' Liberty, risalenti alla fine dell'Ottocento o inizi del Novecento e ora dall'aspetto un po' abbandonato. Probabilmente il terremoto del 1920 scoraggiò i villeggianti. Terra sismica la Lunigiana, come ci hanno ricordato le scosse della scorsa estate.
Il periodo di massimo splendore per Fivizzano ebbe inizio dal 1477, quando passò dal dominio dei Malaspina (quelli che ospitarono Dante in esilio) a quello di Firenze, come Capitanato e poi come sede del Governatore della Lunigiana. Fu allora che si conquistò l'appellativo di "bel cantuccio di Firenze”. Pare che la bella Piazza Medicea con l'elegante fontana fosse lastricata nel Seicento con il denaro trattenuto dalla paga dei soldati che avevano ricevuto note di biasimo. Tagli alla spesa militare ante litteram?
Il Granduca Leopoldo II proclamò Fivizzano “città nobile”, ma Firenze non si può considerare vicina neppure oggi. Bisogna percorrere tratti di ben tre autostrade e farsi sulla statale una ventina di chilometri da Aulla per giungere a Fivizzano. Mi chiedo quindi come mai questa cittadina avesse questa dedizione verso la capitale del Granducato, testimoniata dai ricorrenti stemmi medicei e dal Marzocco (altro tradizionale simbolo fiorentino) che vigila dall'alto di una colonna di marmo in una appartata piazzetta.
Anche i simboli degli antichi pellegrinaggi, il Tau e il bordone, il bastone con la punta di metallo ed il gancio per la zucca dell'acqua, che adornano l'acquasantiera dell'antica chiesa di Sant'Antonio, riportano ad un lontano passato difeso in qualche modo dal parroco che invita a non usare dentro il luogo di culto certi invadenti strumenti di modernità.
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