domenica 18 gennaio 2015

Divagando

Eccomi qua. Domenica mattina. Momento di calma. I figli dormono, il marito è a camminare. Avrei da fare delle cose in casa ma non ho voglia di farle già di mattina presto. Quale migliore occasione per scrivere un post? Il fatto è che ho solo un bozza "in canna" ma me la tengo per un altro momento. Nei giorni scorsi ci sono state occasioni in cui è scattata quella scintilla che ben conosco, quella che mi fa pensare: "Questo mi piacerebbe scriverlo" però magari è successo in un momento in cui non avevo modo di fermarmi e di appuntarlo e ora non mi ricordo più nemmeno l'argomento. 
Ahi cervello umano, così potente e così fragile! Quest'ultimo concetto mi ricorda una conferenza del festival della mente che ho sentito di recente, dove .... aspetta, chi era che lo diceva?  Per fortuna che c'è internet! Per fortuna che c'è google e basta digitare "festival della mente 2014", andare al programma e... "Marcello Massimini, Paolo Cornaglia Ferraris - Il segreto della coscienza e la sua misura". Insomma, uno dei due medici raccontava che ogni studente che studia anatomia trovandosi un cervello umano in mano, un piccolo ammasso di materia che racchiude tutto un mondo, prova un senso di vertigine. Ecco, era forse questa una delle cose che volevo raccontare? Chissà!
Oppure volevo raccontare lo stress di questo periodo al lavoro nel quale c'è il passaggio della contabilità da un anno all'altro. Non perché la contabilità degli enti pubblici sia affascinante né tanto meno per lamentarmi perché sia chiaro che lamentarmi MI E' PROIBITO. No, in realtà volevo provare al solito a guardare in modo un po' distaccato e oggettivo questa mia ripetuta sensazione di essere sotto pressione, di impotenza e di fatica dovuta al fatto che ogni operazione banale trova una qualche difficoltà tecnico-informatica. Siamo costretti ad imparare continuamente l'uso di nuovi portali tutti diversi, nuove credenziali di accesso, nuovi meccanismi che rincorrono leggi di cui ci sfugge francamente l'utilità. E quello che un tempo era un rapporto umano, per esempio con l'impiegato della banca che ci fa da tesoriere, ora è tutto un litigare con un sistema informatico, anzi, tra il nostro e il loro sistema informatico con in mezzo un'altra diavoleria di sistema che fa da tramite, sistemi che spesso parlano "lingue" diverse e che noi, poveri immigrati digitali, dobbiamo far colloquiare. Insomma più si invecchia, meno si è pronti ed efficienti e più ci viene chiesto flessibilità, capacità di adattamento, ecc. Roba per giovani che invece ce le avrebbero queste doti ma che, anche nel mio ente come in tutta la pubblica amministrazione, non si possono assumere più. Siamo in troppi noi "vecchi" e questi poveri giovani di oggi sono pochi, condannati in eterno a fare i figli stracoccolati straviziati e mantenuti.
Insomma sto proprio divagando in questo flusso di pensieri. Tuttavia è singolare che, mentre sto facendo questo, riemergono a galla proprio le sensazioni che volevo mettere per iscritto. Una sorta di autopsicoanalisi nel suo piccolo. Da rifare (trovando il momento adatto come stamani).


1 commento:

  1. Mh.... non credo sia la nostra elasticita' mentale il vincolo che ci reprime nell'uso degli strumenti informatici. Piuttosto e' l'incapacita' dei programmatori a implementare strumenti adeguati alla mente umana.
    E' proprio questa capacita' che non mi viene riconosciuta, in quanto programmatore.

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