Quattro giorni impegnata ad aiutare mia sorella nel trasloco. A dispetto della pura convenienza economica e contro tutti i pareri in famiglia, ha preferito vendere la villetta in comproprietà con l'ex marito (due piani più taverna, soffitta, garage, giardino e tutti i comfort) e, con la sua metà, comprare un piccolo appartamentino in città di 63 mq dove andrà a vivere con i due figli adolescenti e i due cani. Una scelta coraggiosa la cui fatica si è accollata tutta da sola nei ritagli di tempo libero da un lavoro non leggero.
I traslochi sono sempre un incubo ma concentrare la quantità di roba accumulata in una casa grande in un'altra di metà superficie è davvero un'impresa.
Eppure l'ho vista contenta alla fine di questi giorni, distrutta, ma felice. La casa dove ha vissuto negli ultimi vent'anni non l'ha mai sentita sua, ogni oggetto le ricordava le infinite discussioni col marito alla fine delle quali la spuntava quasi sempre lui; i vicini (colleghi di lui) con i quali non è mai andata d'accordo; gli spazi da pulire e ripulire incessantemente senza poter contare nell'aiuto dei suoi familiari.
Una bella sfida attende lei e i suoi due "principini dalle mille scarpe": un sano esercizio di sobrietà. Possedere un oggetto non è una cosa neutra, bisogna valutare se è degno di occupare lo spazio che abbiamo a disposizione.
Una direttrice che ho avuto, e che aveva comprato un piccolo appartamento nel centro di Firenze anche lei dopo una separazione, soleva dire: "Questa casa mi è costata 4 milioni di lire al metro quadro, quindi ogni cosa che compro deve essere degna di occupare il relativo spazio che è così prezioso."
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