domenica 19 novembre 2017

Le piante ci salveranno. Diario del nostro podere. Prima puntata




18-19 Novembre 2017

E' la livrea autunnale, fatta di tonalità di marrone, di giallo e di rosso, che contraddistingue il nostro podere in questo periodo. Il sole indora le poche foglie rimaste attaccate ai nostri alberi e dà loro una luce tutta particolare.
Inizio oggi questo diario ispirato all' Orto di un perdigiorno di Pia Pera, che ho appena finito di leggere e che è proprio un diario, divertente e appassionato, del suo podere e dei suoi esperimenti da dilettante con le piante. Voglio annotare anch'io quello che vedo e che faccio in questo pezzetto di terra, dono dei genitori di Roberto.
Ho sempre pensato che l'Autunno fosse un periodo triste, ed invece vedo che le piante e la natura hanno sempre qualcosa da dire. Per esempio, il nostro nespolo sembra rinato dopo che gli sono stati abbattuti a fianco l'enorme pino marittimo e il grande abete (mi pare un Douglas, ma non sono sicura). E' talmente fiorito e pieno di vespe ed api che ronzano banchettando sui suoi fiori e senza nemmeno litigarsi, vista l'estrema abbondanza. Mi chiedo di questi fiori cosa ne sarà, visto che le nespole le abbiamo sempre avute d'estate.
Ci è dispiaciuto molto abbattere le due conifere, tuttavia ora c'è una gran luce in quello che noi chiamiamo “giardino pensile”, cioè il rettangolo recintato che si affaccia sulla strada provinciale.
Sabato mattina facciamo il giro perlustrativo che non abbiamo potuto fare al nostro arrivo la sera prima: le piante sul “giardino verticale” (il piccolissimo pezzetto molto scosceso sotto la siepe) stanno bene (forse tranne le piccole eriche). Sono quasi tutte piante grasse donate da amiche o riprodotte rubando piccoli tralci in qua e là.
Le fusaggini al confine con il vicino e con il bosco sono stracolme dei singolari frutti che ricordano il cappello dei cardinali (si chiamano infatti anche “berretta del prete”) e che, ormai aperti, fanno scorgere il loro seme arancione. Ho sempre pensato che l'accostamento fucsia con arancione non fosse felice, ma la natura giustamente se ne frega e trasgredisce le regole della moda.
Non è più tempo di raccogliere frutta (come abbiamo invece fatto abbondantemente l'estate scorsa) tranne che per sei kaki in realtà piuttosto duri ancora. Però notiamo tante gemme e brindilli sui ciliegi, sul mandorlo e sui susini.
Il tronco del grande fico crollato anni fa è quasi tutto sfatto. Infatti si è addirittura spezzato e, se lo si tocca, cede. Questo fa capire come niente sia indistruttibile per la natura, che si riprende tutto e gli dà una nuova funzione.
Il corbezzolo è al suo momento magico e ci mostra le sue belle foglie verdi insieme ai fiori e alle bacche rosse che sono anche gustose. Roberto è davvero contento perché lo vedeva sofferente l'estate scorsa durante il lungo periodo siccitoso.
In realtà il motivo principale della perlustrazione è decidere dove piantare gli alberi e gli arbusti che il nostro vivaista ci consegna in mattinata. Un personaggio tutto particolare quest'uomo: anziano, con i suoi begli acciacchi, incomprensibile quando parla farfugliando, sembra del tutto inaffidabile. Però ci fa tenerezza e ci fa dei prezzi davvero bassi.
Sono mesi che studiamo quali piante acquistare e mettere a dimora. Non c'è stata passeggiata in cui non abbiamo sbirciato nei giardini degli altri. Roberto ha passato serate a studiare in rete piante a crescita veloce e resistenti perché non abbiamo la possibilità di accudirle costantemente e nemmeno modo di irrigarle regolarmente. Ed ecco che oggi riceviamo la prima mandata.
Mentre Roberto scava buche su buche destinate ad accogliere i nuovi alberelli, io raccolgo le foglie secche del glicine nella carriola e in alcuni secchi. Ci dà sempre un gran lavoro il glicine, per raccogliere il mare di fiori viola a maggio e la gran massa di foglie in questo periodo. Però è pianta generosa: ci fa ombra sull'infuocata terrazza d'estate e ora ci fornisce, con le sue foglie secche, un ottimo materiale per pacciamatura. Anche questo l'ho imparato da poco: la pacciamatura permette di trattenere l'acqua e fa concime.
Accidenti come sono pesanti i vasi con i nuovi alberelli! E che fatica portali su per il podere che non è bello piano come quello della Pia Pera! Si tratta infatti del fianco di una collina, scavata ricavandone pianelli che un tempo ospitavano il vigneto degli avi di Roberto.
Alla fine della giornata, grande soddisfatta stanchezza. Roberto ha piantato: due albicocchi, una catalpa, un'albizia o acacia di Costantinopoli, un acero riccio, una paulownia e una aucuba japonica.
I due albicocchi (per lo meno a quanto sta scritto sul loro cartellino) sono di due tipi diversi: uno di Tyrinthos e uno Reale d’Imola, uno dovrebbe fruttificare a maggio e l'altro a luglio. Così, se tutto va bene, dovremmo avere due mandate. La catalpa fa dei bei fiori bianchi che durano a lungo ed infatti l'abbiamo messa in un punto che consente di vederla dalla terrazza. L'albizia dovrebbe essere una pianta ben robusta perché ne sono pieni i parcheggi e quindi l'abbiamo messa in un punto ambizioso: in cima alla collina esposta al sole tutto il giorno e ai venti freddi (infatti in quel punto ci è già morta una giovane roverella). Una bella sfida per il nuovo alberello. Sono riuscita a convincere Roberto a mettere almeno la paulownia tomentosa nel bosco (cioè lontana dalla casa) ma per l'acero non ha voluto sentir ragioni e lo ha piantato nella parte a vista sotto i due ciliegi grandi.
Mentre lui finiva queste messe a dimora, io mi sono divertita a piantare diversi bulbi (anche questa è un'idea che mi ha dato il libro di Pia Pera): anemoni, crocus e due tipi di narcisi. Li ho messi nel bosco e anche nel piccolo terreno accanto al posto auto.
Domenica finiamo di piantare i nostri acquisti: due gelsomini (uno bianco ed uno giallo), tre cespugli di lavanda, l'agrifoglio e il cipresso strisciante, oltre a rinforzare i giovani alberelli con le canne di bambù donate dalla nostra vicina Silvana.

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