lunedì 1 gennaio 2018

Le piante ci salveranno. Diario del nostro podere. Terza puntata.



28 Dicembre

Dopo una giornata di pioggia intesa (e quindi persa per quanto riguarda i lavori nel podere), oggi finalmente il tempo è discreto. Le piante però sono intrise di pioggia e quindi non possiamo fare diverse cose che ci eravamo proposti.
Per prima cosa finiamo di togliere il filo spinato dal confine col vicino e al suo posto Roberto ci trapianta sei marruche (o spina di Cristo). Sono alberelli rustici che ho riprodotto da seme prelevandolo all'Oasi di Focognano. Dopo ben quattro anni non hanno superato però il mezzo metro e quindi decidiamo che al massimo possono fare da cespugli di confine.
L'adorabile Silvana ci regala la sua aucuba japonica che piantiamo vicino a quella che abbiamo comprato, sul limitare del boschetto di abeti. La nostra ha persino fatto qualche bella bacca rossa. Anche l'agrifoglio ha fatto diverse bacche rosse che ci rallegrano e ci danno speranza sui recenti trapianti.
Il vento deve essere stato veramente forte durante la nostra assenza perché, oltre al ramo di acacia, notiamo a terra anche un frondoso ramo di abete che in realtà è corrisponde alla cima dell'albero che quindi risulta addirittura scapitozzato. Un pensiero va al maestoso pino abbattuto ad Ottobre: avrebbe retto?
Mi dedico alla pulizia del ripostiglio sotto il forno che ho riempito di legna un paio di anni fa. La legna ha retto bene ma è ora di sgombrarlo e ripulirlo per non avere brutte sorprese.
Mentre Roberto prova la nuova sega circolare con i rami tagliati le volte scorse, provo a potare il glicine. Nonostante mi sia documentata prima di accingermi, ho un sacco di dubbi e alla fine spero di non aver fatto danni. Quello che mi preoccupa non è tanto la decisa sfrondatura (forse poteva essere addirittura più drastica) quanto le zone del pergolato che adesso sono risultate vuote. Temo che la prossima estate ci dovremmo accontentare di minore ombra sul terrazzo.


29 Dicembre

Oggi giornata splendida: il sole si staglia nel cielo azzurro e fa brillare la neve caduta abbondante su tutto l'Appennino e sulle Apuane Settentrionali. Prevedendo che sarà probabilmente l'unica giornata veramente bella delle nostre vacanze, rinunciamo al lavoro agricolo e andiamo a fare una camminata. Ci siamo svegliati troppo tardi per andare fino alle Cinque Terre, come ci sarebbe piaciuto, e quindi “ci accontentiamo” di un giro di tre ore verso Fosdinovo, giù per via della Maestà quasi ad arrivare a Giucano e ritorno. Il giro è su strada asfaltata ma non troppo trafficata ed il panorama è superbo. All'inizio appunto le montagne innevate e poi, dopo il passo del Cucco, la vista spazia sul golfo de La Spezia con Porto Venere, la Palmaria e la foce del Magra.
Dopo pranzo però un paio di ore di lavoro ci toccano e ci dedichiamo alla potatura del susino grande, quello sul lato Est del podere che si affaccia sul parcheggio. Si tratta di una grande pianta che ha sempre fatto tanti fiori e tantissimi frutti. Purtroppo susine piccole come ciliegie e non particolarmente pregiate tranne che per fare una marmellata piuttosto apprezzabile (al netto della pazienza della snocciolatura!). Quest'anno decidiamo di potarlo decisamente, soprattutto eliminando un paio di grossi rami che salgono verticali. Tanto i frutti che eventualmente verrebbero a quell'altezza sarebbero irraggiungibili. Già che siamo su questo lato del terreno seghiamo anche un ramo del grande fico che va a toccare i fili del telefono.
Oggi la nostra Silvana ci ha regalato un rosmarino, in realtà piuttosto malandato, ma proprio per questo confida nella nostra capacità “rianimatoria”. Lo piantiamo nell'angolo delle erbe aromatiche e gli auguriamo buona fortuna.


30 Dicembre

Oggi giornata di lavoro piena. Il tempo non è bello come ieri ma neanche perfido. Si prosegue con la potatura. Per prima cosa un'operazione un po' pericolosa: il taglio di un paio di rami del noce più grande che si sono letteralmente infilati in mezzo ai fili del telefono con rischio di tirarli giù. Devo operare ad altezza da vertigini e quindi decido di assicurarmi con una corda ad un grosso ramo. Il legno del noce è notoriamente coriaceo e, nonostante la sega che si applica in cima al potatore sia piuttosto efficace, faccio una gran fatica ed una bella sudata, alla faccia del clima. Ma la mia ostinazione alla fine ha la meglio e tiro giù i due rami. E' incredibile come il noce cominci a grondare subito linfa appena lo si taglia. Sembra quasi che sanguini!
Le altre potature in confronto sono una passeggiata: il susino giallo, l'unico albero che conserva ancora la forma a vaso e l'altezza propria degli alberi da frutto “addomesticati”, è quasi rilassante, mentre il prugno del “giardino pensile” è un po' più impegnativo ma raggiungibile con la scala. Speriamo di non averlo danneggiato perché ci tengo davvero a questa pianta che ha sempre fatto delle ottime e abbondanti prugne. Anche lui comunque lo abbiamo riportato ad altezza umana anche se ora ha una forma non proprio felice.
Roberto abbatte un paio di acacie che danno sulla provinciale e sega diversi rami con il nuovo attrezzo elettrico. Io invece irroro di verderame tutti i tronchi di tutti gli alberi sperando che quest'anno i licheni, già numerosi, almeno non progrediscano. Il clima più rigido, rispetto al mite inverno scorso, fa ben sperare riguardo agli attacchi di muffe e funghi.
Infine distribuisco democraticamente a tutte le piante, alberi e cespugli, neonate ed adulte, basse e alte, comprate, regalate e riprodotte da seme, il concime che abbiamo comprato di recente e che promette nutrimento (Azoto), fioritura e frutti saporiti (Potassio) e tante belle cose. L'odore è comunque quello tipico del pollaio.
Alla sera davanti al camino scoppiettante le spalle dolgono ma la soddisfazione per il lavoro fatto è grande.

 31 Dicembre


La nebbia accompagnata da pioggia leggera e da temperatura mite non ci impedisce di lavorare all'aperto anche oggi. Roberto si dedica a frazionare e radunare i numerosi rami sparsi per il podere, da quelli frutto della potatura a quelli spezzati dal vento sulla grande acacia.
Io invece mi metto a ripulire e riordinare lo spazio che un tempo era occupato dalla legnaia (abbattuta per mettersi in regola con il catasto). Di essa infatti rimane solo il pavimento di cemento sul quale però era accumulato un po' di tutto ma soprattutto rami di piccola taglia abbandonati alle intemperie e quindi ormai marciti. Sgombrati quelli e ramazzate le foglie secche e gli aghi del pino che fu, lo spazio ha un aspetto ben più civile ed ordinato. Dopo pranzo, mentre Roberto conclude i lavori con la lubrificazione degli attrezzi prima di riporli, io faccio il mio consueto giro a piedi di due ore raccogliendo strada facendo un bel po' di bottiglie di vetro e lattine abbandonati dai soliti incivili sul ciglio della bella strada provinciale.
 

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