Pur essendo una lettrice tartaruga ogni tanto riesco anche a finire un libro. L'ultimo che ho letto è "Non è colpa delle mamme (Adolescenti difficili e responsabilità materna)" di Gustavo Pietropolli Charmet. Pietropolli è uno psicoterapeuta specializzato in adolescenti, che mi ha incuriosito sentendo un suo intervento ad un convegno pubblicato su ArcoirisTV.
Mi è piaciuto per il suo approccio ironico e sdrammatizzante sui conflitti tra adolescenti ed adulti e anche perchè non si pone verso i ragazzi con l'atteggiamento di superiorità dell' "esperto che giudica".
Il libro, pur essendo un po' difficile in certi punti, ha mantenuto, per quanto mi riguarda, la promessa rassicurante del titolo. Mentre le teorie psicanalitiche tradizionali affermano che per la formazione di un individuo "i giochi sono fatti durante la prima infanzia", con la conseguente grande responsabilità delle mamme, secondo Pietropolli ogni fase della vita rimette in discussione tutto in una persona. L'adolescenza in particolare è come un "secondo parto": "uno strappo, una lacerazione, che corre più o meno lungo le linee di frattura già disegnate nel corso degli anni precedenti ma che s'avvera il più delle volte come d'incanto e il preadolescente rimane improvvisamente solo nel cosmo, orfano per sempre, con il padre e con la madre che girano per casa, ma interiormente e per sempre solo".
Dall'altro lato, la madre, che fino ad allora condivideva con il figlio tutti i segreti, dopo questo processo di "individuazione" sente che la rete si è interrotta, si sente improvvisamente del tutto esclusa dalla mente del figlio come se questi ne avesse cambiato la password. Secondo la grande esperienza dell'autore che, come dice lui, fa di mestiere "ascoltare i figli e poi ascoltare le relative mamme", la madre può sicuramente aiutare il figlio in questo processo di crescita ma le non si può imputare tutta la responsabilità sulla riuscita.
Il libro mi ha aiutato a capire quanto sia normale per i figli avere segreti con la mamma o raccontarle bugie perchè significa per loro ritargliarsi uno spazio. Non mi sono sempre ritrovata nelle madri che l'autore descrive (spesso donne separate o reduci da situazioni difficili) però ho ricavato qualche dritta per imparare ad essere alleata dei miei figli ma rispettosa del loro bisogno di autonomia. Spero proprio di riuscirci.
Anche Pietropolli Charmet, come Barbero, sarà al Festival della mente di Sarzana domani 31 agosto.
Mi è piaciuto per il suo approccio ironico e sdrammatizzante sui conflitti tra adolescenti ed adulti e anche perchè non si pone verso i ragazzi con l'atteggiamento di superiorità dell' "esperto che giudica".
Il libro, pur essendo un po' difficile in certi punti, ha mantenuto, per quanto mi riguarda, la promessa rassicurante del titolo. Mentre le teorie psicanalitiche tradizionali affermano che per la formazione di un individuo "i giochi sono fatti durante la prima infanzia", con la conseguente grande responsabilità delle mamme, secondo Pietropolli ogni fase della vita rimette in discussione tutto in una persona. L'adolescenza in particolare è come un "secondo parto": "uno strappo, una lacerazione, che corre più o meno lungo le linee di frattura già disegnate nel corso degli anni precedenti ma che s'avvera il più delle volte come d'incanto e il preadolescente rimane improvvisamente solo nel cosmo, orfano per sempre, con il padre e con la madre che girano per casa, ma interiormente e per sempre solo".
Dall'altro lato, la madre, che fino ad allora condivideva con il figlio tutti i segreti, dopo questo processo di "individuazione" sente che la rete si è interrotta, si sente improvvisamente del tutto esclusa dalla mente del figlio come se questi ne avesse cambiato la password. Secondo la grande esperienza dell'autore che, come dice lui, fa di mestiere "ascoltare i figli e poi ascoltare le relative mamme", la madre può sicuramente aiutare il figlio in questo processo di crescita ma le non si può imputare tutta la responsabilità sulla riuscita.
Il libro mi ha aiutato a capire quanto sia normale per i figli avere segreti con la mamma o raccontarle bugie perchè significa per loro ritargliarsi uno spazio. Non mi sono sempre ritrovata nelle madri che l'autore descrive (spesso donne separate o reduci da situazioni difficili) però ho ricavato qualche dritta per imparare ad essere alleata dei miei figli ma rispettosa del loro bisogno di autonomia. Spero proprio di riuscirci.
Anche Pietropolli Charmet, come Barbero, sarà al Festival della mente di Sarzana domani 31 agosto.
Sarzana, quanti ricordi!
RispondiEliminaNon sono mamma, ma ti capisco, anzi capisco tutte le mamme, compresa la mia quasi novantenne e quella dei miei figli. Avete un compito più difficile molto più difficile di quello di noi padri. Non tanto per il rapporto più complesso che hanno i figli con le loro mamme, ma per il contrario: il rapporto che avete voi mamme con i figli, spesso condizionato da responsabilità diverse e difficili e da possibili sensi di colpa. Sì perché anche se non avete nessuna colpa e nessuno ve ne addossasse una, voi ve la sentite lo stesso, voi amate di più e amare molto significa liberare gli altri dalla sofferenza e prenderla su di voi.
RispondiEliminaCon tutto il rispetto ma siete come quei cani che continuano ad amare il padrone che li maltratta. Anzi fateci caso lo schivano lo evitano per paura, ma lo gurdano con amore e se non si avvicinano più al loro padrone è perche crede di essere lui, il cane, ad aver fatto del male e a non essere più degno di avvicinarsi alla persona che lui continua ad amare come il suo padrone.
Scusami l'esempio un po' forte e sicuramente fuori luogo, ma era per spiegare cosa vuol dire un grande amore, secondo me.
E comunque auguri per quello che desideri di meglio per voi: per te e per i tuoi figli.
Irnerio, non mi offende affatto il paragone con il cane. Quando, come ieri, entro in casa e grido un "Ciao!" di saluto e mio figlio di risposta mi grida: "Mamma, ma che palle!" come saluto, il mio istinto sarebbe di appiccicarlo al muro come una zanzara ma:
RispondiElimina1) si sporcherebbe il muro,
2) odio la violenza come ho scritto anche nel mio profilo e non mi posso sbugiardare,
3) comincia ad essere "grossino" e se la mettiamo sul fisico ho paura di buscarne;
4) sarebbe educativamente controproducente, lui si sentirebbe vittima, il dialogo si interromperebbe ancora prima di essere pronunciato, bisogna capirlo, ecc. ecc. ecc.
Allora gli faccio una ramanzina seria che non so pero' quanto venga presa in considerazione.
Mi sento sempre piu' cane di un padrone che non ho scelto...
Beh, quello di cui sono contento è che, a quanto pare, i babbi, una volta fatto il loro dovere di fuchi, non servano più a nulla. Un bello scarico di responsabilità...
RispondiEliminaA maggior ragione, auguri
Sono d'accordo, anzi penso che il senso di colpa di molte mamme sia davvero responsabile di rapporti viziati dalla continua paura di sbagliare. I ragazzi si devono abituare anche a scontri franchi e i genitori fdevono essere se stessi, non dei manuali ambulanti. Un abbraccio Giulia
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