Lunedì sera ho partecipato ad un incontro, organizzato dall'ARCI e dal COSPE, sulla situazione delle donne in Tunisia, Libia ed Egitto. E' stato interessante e mi ha aiutato a capire qualche cosa di più dei movimenti che hanno interessato questi paesi e a tentare di rispondere alle domande che tutti noi ci poniamo: queste rivolte tendono veramente alla democrazia e che speranza hanno di vederla realizzata?
Non sono la sola a credere che la situazione delle donne, la loro libertà e la loro possibilità di partecipazione alla vita pubblica siano la cartina di tornasole per capire se davvero ci sarà un cambiamento.
Deborah Picchi, referente COSPE per i progetti con le donne in Afghanistan, ha introdotto la serata. Cristiana Cella, giornalista de L’Unità, ci ha riportato le testimonianze di protagoniste femminili di spicco come Halima Jouini, dell'Association Tunisienne des Femmes Democratiques e altre donne dei movimenti sia egiziani che tunisini. Mi pare di aver capito che la situazione sia molto diversa nei due paesi. In Egitto stanno prendendo in mano la situazione i militari e i Fratelli Musulmani che hanno intenzione di modificare di pochissimo la costituzione attuale e soprattutto (analogamente a quello che è successo in Afganistan) di lasciarci un articolo che condiziona tutto alla sharia. Infatti le donne che hanno partecipato alle manifestazioni sono già oggetto di persecuzioni e torture. D'altra parte il movimento che è nato spontaneo su internet è molto elitario e non ha la capacita di raggiungere capillarmente gli elettori in tutte le zone del paese come invece hanno i Fratelli Musulmani.
In Tunisia invece sembrano esserci più speranze. La condizione delle donne in quel paese parte già da una base legislativa migliore in termini di diritti e di presenza pubblica. Si è riusciti infatti ad ottenere di indire elezioni per un'assemblea costituente, fatta di metà donne e metà uomini, che dovrebbe riformulare interamente la costituzione.
Francesca De Pasquale, che ha lavorato negli ultimi tre anni presso l'Archivio Nazionale Libico di Tripoli, ci ha illustrato, dal suo punto di vista, la condizione delle donne libiche e la loro "resistenza" nella società a sostegno della lotta in corso. Dalla sua relazione ho capito che le donne in Libia non godono affatto di libertà, devono rimanere sempre defilate, sono costrette a fare lavori che le facciano notare meno possibile e non ci sono associazioni femminili (tranne quelle molto vicine al regime). La De Pasquale si è detta positivamente colpita da come le donne libiche trovino il modo di fare comunque resistenza formando forti reti di solidarietà tra loro. Temo però che la mentalità tradizionalista della società libica non sia affatto pronta ad una vera svolta. Anche dal video che Francesca De Pasquale ci ha mostrato e che potete vedere qui, sul supporto delle donne alla lotta libica, a parer mio, mostra come esse abbiano ancora una volta un ruolo del tutto marginale (la preparazione di migliaia di pasti per i combattenti).
Spero che il vento del cambiamento soffi davvero in questi paesi ma non riesco ad essere molto ottimista.
Non sono la sola a credere che la situazione delle donne, la loro libertà e la loro possibilità di partecipazione alla vita pubblica siano la cartina di tornasole per capire se davvero ci sarà un cambiamento.
Deborah Picchi, referente COSPE per i progetti con le donne in Afghanistan, ha introdotto la serata. Cristiana Cella, giornalista de L’Unità, ci ha riportato le testimonianze di protagoniste femminili di spicco come Halima Jouini, dell'Association Tunisienne des Femmes Democratiques e altre donne dei movimenti sia egiziani che tunisini. Mi pare di aver capito che la situazione sia molto diversa nei due paesi. In Egitto stanno prendendo in mano la situazione i militari e i Fratelli Musulmani che hanno intenzione di modificare di pochissimo la costituzione attuale e soprattutto (analogamente a quello che è successo in Afganistan) di lasciarci un articolo che condiziona tutto alla sharia. Infatti le donne che hanno partecipato alle manifestazioni sono già oggetto di persecuzioni e torture. D'altra parte il movimento che è nato spontaneo su internet è molto elitario e non ha la capacita di raggiungere capillarmente gli elettori in tutte le zone del paese come invece hanno i Fratelli Musulmani.
In Tunisia invece sembrano esserci più speranze. La condizione delle donne in quel paese parte già da una base legislativa migliore in termini di diritti e di presenza pubblica. Si è riusciti infatti ad ottenere di indire elezioni per un'assemblea costituente, fatta di metà donne e metà uomini, che dovrebbe riformulare interamente la costituzione.
Francesca De Pasquale, che ha lavorato negli ultimi tre anni presso l'Archivio Nazionale Libico di Tripoli, ci ha illustrato, dal suo punto di vista, la condizione delle donne libiche e la loro "resistenza" nella società a sostegno della lotta in corso. Dalla sua relazione ho capito che le donne in Libia non godono affatto di libertà, devono rimanere sempre defilate, sono costrette a fare lavori che le facciano notare meno possibile e non ci sono associazioni femminili (tranne quelle molto vicine al regime). La De Pasquale si è detta positivamente colpita da come le donne libiche trovino il modo di fare comunque resistenza formando forti reti di solidarietà tra loro. Temo però che la mentalità tradizionalista della società libica non sia affatto pronta ad una vera svolta. Anche dal video che Francesca De Pasquale ci ha mostrato e che potete vedere qui, sul supporto delle donne alla lotta libica, a parer mio, mostra come esse abbiano ancora una volta un ruolo del tutto marginale (la preparazione di migliaia di pasti per i combattenti).
Spero che il vento del cambiamento soffi davvero in questi paesi ma non riesco ad essere molto ottimista.
Dove il Corano occupa una posizione dominante, la posizione delle donne è statica da secoli.
RispondiEliminaCristiana
Tifo affinchè questi popoli possano veramente trovare quella libertà e dignità che mai hanno avuto opportunità di avere.
RispondiEliminaE' una gran lezione quella che ci viene.. un risveglio da cogliere per superare i nostri miseri egoismi.
Quel che più mi deprime è l'atteggiamento del mondo occidentale verso tali eventi, infatti, se guardi attentamente, noterai che la maggioranza della gente, invece di esser contenta che finalmente anche questi popoli lottino per un'emancipazione (poi raggiungere tali obiettivi è un'altra cosa), li osservi con paura e diffidenza specialmente quando c'è la "minaccia" che arrivino clandestini... senza capire che tutta questa situazione è figlia del secolare menefreghismo (anzi sfruttamento neo-coloniale) dell'occidente.
io ci credo e sono convinta che il vento stia soffiando già da un po'.
RispondiEliminaPenso ai libri, a quella voce che ha spaccato il silenzio, alle voci che sono penetrate, scappando alla censura, a coloro che sono scappate, a quelle che si sono messe in fila per votare. La strada è lunga. Ma io ci credo. Noi non siamo da meno, tra l'altro.