Era da un po' che coltivavo l'idea di partecipare ad un campo di lavoro sui terreni confiscati alla mafia. Ecco che, messi da parte dubbi e paure, sono partita per il campo Valle del Marro - Polistena.
Le mie ansie di non essere all'altezza fisicamente sono state presto fugate. Certamente le quattro ore di diserbo manuale tra i filari di melanzane mi hanno dato la misura di quanto sia duro lavorare la terra ma sono state anche di soddisfazione. Ridonare luce e aria ai preziosissimi frutti eliminando le tenaci erbe infestanti sotto il cocente sole del Sud, con la pelle cosparsa di terra, dà proprio la sensazione di fare qualcosa di concreto e di antico. Per il resto il lavoro è stato di lavaggio e pelatura delle melanzane: compito ripetitivo ma eseguito all'ombra, da seduti e chiacchierando amabilmente con i compagni di campo.
Un'altra molla che mi ha spinto a fare questo tipo di esperienza è stato il voler capire meglio la realtà del Sud e le difficoltà di un'attività economica ove la criminalità organizzata pesa come un macigno. Su questo punto devo dire che noi abitanti del Nord sensibili ai temi della legalità abbiamo aspettative eccessive quanto a voler capire il fenomeno nella sua interezza. E' chiaro che in una settimana si può afferrare poco di una situazione complessa, fatta di molte sfaccettature e non si può pretendere che i referenti locali di Libera ci additino i mafiosi che incontrano per strada. Detto questo, alcune attività proposte durante questo "campo di volontariato e di studio sui beni confiscati alle mafie" sono state molto interessanti e coinvolgenti. In particolare mi ha colpito il palazzo confiscato a Polistena dove, al posto di un bar luogo di spaccio e violenze di ogni genere, si sta realizzando un centro per attività sociali, ostello e poliambulatorio di Emergency, proprio davanti ad un paio di negozi degli ex proprietari implicati nelle attività illecite. E poi l'evento inevitabilmente più toccante: la marcia tra i boschi dell'Aspromonte al fianco dei famigliari delle vittime innocenti, che ci hanno raccontato ciascuno la propria storia di dolore, fino al luogo dove sono stati ritrovati i resti di Lollò Cartisano, fotografo e commerciante di Bovalino che aveva denunciato i suoi estorsori.
Infine una delle cose più positive del campo è stato il piacere di stare in mezzo ai giovani, ragazzi e ragazze da tutta Italia, dai 16 ai 30 anni, che, con la loro freschezza, i loro sorrisi, i loro sguardi puliti, la loro capacità di ridere di niente, la loro tenera simpatia, non solo non mi hanno fatto sentire fuori posto, ma mi fanno dire che durante questa settimana mi sono proprio divertita.
Mia cara, ti conosco da tempo, ma la mia stima per te continua a crescere. Mi piace come sai vivere la vita.
RispondiEliminaCristiana
PS. Avevo lasciato un commento per 'Partenza', ma è spaarito,pazienza.
Ops, Cristiana! Non lo vedo nemmeno nella posta. Mi spiace!
RispondiEliminaHo appena visto le foto del campo "Libera" giuro che mi sono commossa, deve essere stata una bella e "forte" esperienza, so cosa vuol dire stare nel campo tutto il giorno, non so se ti ho mai raccontato che quando i miei zii avevano la terra io prima di partire per le vacanze passavo qualche giorno da loro per la raccolta dei cocomeri o dei pomodori, ma per noi "cittadini da scrivania" è quasi un gioco, la tua esperienza è diversa, poi mi racconterai.
RispondiEliminaS.
Appena tornata, sono di corsa ma devo proprio dirti questa cosa...SEI UN MITO!!!
RispondiEliminaGrazie, Alchemilla. Sei in pausa dalla astinenza da rete? Bacioni.
RispondiEliminaE' strano come alla fine, anche nei nostri tempi moderni e tecnologici, si ritorni poi a dare risalto a valori un pò persi ma sempre presenti come la coltivazione.
RispondiEliminaMi hai ricordato, pur se esco un pò fuori dal tema, di alcuni miei colleghi informatici che, grazie ad un'iniziativa della provincia, hanno superato in parte la propria difficoltà economica lavorativa re-inventandosi contadini...