mercoledì 16 novembre 2011

Che colpa abbiamo noi?



Così cantavano i Rokes nel 1966, canzone che è stata citata, tra altri testi, durante un'interessante lezione tenuta domenica scorsa presso la sede del Consiglio Regionale della Toscana dallo storico Marco De Niccolò e dalla sociologa Chiara Saraceno dal titolo "Giovani e No: Generazioni alla prova".
Il professor De Niccolò ha fatto un bell'escursus sulla partecipazione o meno dei giovani ai processi storici partendo dalla Rivoluzione Francese fino ai giorni nostri. Il Risorgimento come è noto ha visto molti protagonisti giovani ma essi vi parteciparono non in opposizione bensì in armonia con i patrioti più anziani con i quali condividevano gli stessi ideali. Nelle prime due decadi del Novecento invece i giovani si sono visti prima attratti dalla guerra e poi, delusi da essa, trasferirono la violenza della trincea in quella squadrista tanto che con il fascismo abbiamo avuto il governo più giovane che ci sia mai stato in Italia (a dimostrazione, ha detto De Niccolò, che non sempre "giovane" è sinonimo di "migliore"). Mentre nella Resistenza si ebbero di nuovo giovani e meno giovani combattere insieme, la ricostruzione ha visto al potere la generazione più anziana.
Il vero movimento di ribellione generazionale è stato, come è noto, quello del Sessantotto che ha provocato un bello smottamento in tutti i campi e in molti paesi del globo. Negli anni Settanta abbiamo assistito ad una deriva che ha portato i giovani a scomparire dalla scena pubblica a partire dagli anni Ottanta fino ad oggi, periodo nel quale si sente la necessità di un contributo giovanile che però dovrebbe essere "autonomo e originale", secondo il parere di Marco De Niccolò.
La professoressa Chiara Saraceno ha sottolineato alcuni aspetti importanti della condizione giovanile di oggi: il fatto che, con l'allungamento della speranza di vita, essa si protrae (anche psicologicamente) fino alla soglia dei quarant'anni, il fatto che il riaffiorare o meno dei giovani come protagonisti nella storia abbia riguardato quasi esclusivamente i maschi e soprattutto il fatto che oggi la difficoltà per i giovani nel farsi strada è dovuta soprattutto alla loro scarsa consistenza numerica in confronto alla generazione dei loro genitori.
In effetti a rifletterci bene, è vero che la mia generazione (quella dei babyboomer, dei nati dal Dopoguerra agli anni Sessanta) che oggi detiene i posti di comando non facilita l'inserimento dei giovani, non li accoglie, ma è anche vero che siamo tanti e che dobbiamo lavorare più a lungo per mantenere l'esercito sempre più numeroso e longevo di anziani. E' un problema anche demografico.
La sociologa ha inoltre sottolineato come i ragazzi di oggi non stiano poi tanto peggio dei loro padri quando avevano la loro età: sono generalmente più istruiti, più attrezzati, godono di un benessere familiare che i loro genitori non avevano, hanno più libertà e più possibiltà. Manca tuttavia loro la prospettiva futura, la sicurezza di poter trovare un lavoro degnamente restribuito, di farsi una famiglia o comprarsi una casa. Non stanno troppo male perchè il welfare familiare ancora resiste e sostiene ma, proprio perchè il benessere si basa troppo sulla famiglia di origine, le disuguaglianze sociali e tra Nord e Sud del paese si accentuano. Un ragazzo nato in una famiglia di ceto e istruzione medio-alta del Nord ha molti più strumenti di chi nasce da genitori con bassa scolarizzazione nel Sud. Il discorso si fa ancora più pesante per le ragazze perchè oggi, spiega Chiara Saraceno, il carico di lavoro complessivo delle giovani è anche più pesante di quello delle loro madri.
Mentre seguo, insieme a mio marito, la lezione, ricevo una telefonata dal bamboccione di casa mia che ci rimprovera di "essere usciti senza averlo avvertito" e così il "poverino" si trova fuori casa non avendo pensato di portarsi con sé le chiavi. Ma che colpa abbiamo noi?

7 commenti:

  1. Se il termine "bamboccione" è entrato immediatamente nell'uso comune in modo così massiccio, significa che ha colpito nel segno.
    Il fatto è che siamo in un'epoca che esalta molto le comodità e poco le fatiche. Se i figli diventano bamboccioni, qualche domanda sul che fare forse i genitori se la dovrebbero porre. Chiedersi "ma che colpa abbiamo noi" potrebbe diventare un serio e proficuo punto di partenza.

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  2. A prescindere da tutto, bisogna oggettivamente riconoscere che la nostra società è malata: troppo egocentrica, individualista e menefreghista dei più deboli.
    Così non si può pretendere di avere un futuro lungimirante e nemmeno prospettive per i giovani.

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  3. Giorgio, io le domande me le faccio e pure mi rispondo: ho procreato dei principini viziati e mi prendo tutta la responsabilità.

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  4. non riesco a immaginare i tuoi figli viziati. vedrai che fra qualche anno quando ce ne sarà l'occasione ti dimostreranno che non lo sono! ho visto le mie sorelle (di me non so non mi vedevo ;)), dopo i venti trasformarsi! tutto il meglio hanno tirato fuori!

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  5. Ben tornata, Manu! Come stai? Vado subito a leggere il tuo blog per saperlo.
    Sono viziati, credimi! Poi può darsi che cambino...

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  6. Io conosco molti ragazzi che faticano e si sono emancipati dalla famiglia. Altri no...Ho paura che si continui sempre a parlare male delle generazioni giovani, ma che se mai il problema è negli adulti. E poi a pensarci bene quando ci sono state "società" non malate in qualche modo. Nella mia c'era un classismo tremendo, un moralismo che chiudeva ogni possibilità di rinnovamento senza pagarla molto cara... Ma? penso che ogni epoca abbia i pro e i contro e che sia importante che nel frattempo ognuno di noi faccia la sua parte senza gli alibi di molta gente che non si può fare nulla, perchè... Di quale periodo storico abbiamo nostalgia?
    Un caro saluto

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  7. Non ho capito molto bene il tuo commento, Giulia. In ogni caso non invidio i giovani di oggi. Sarà che sono così pessimista e ansiosa per il futuro...

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