domenica 1 luglio 2012

Di onestà si può anche morire

A proposito di etica del lavoro, ho sentito parlare la prima volta della vicenda di Ambrogio Mauri a Report, nella rubrica "C'è chi dice no". Recentemente Fahrenheit Radio 3 ha intervistato Monica Zapelli che racconta la vicenda di questo geniale costruttore di autobus, morto suicida nel 1997, in un libro dal titolo "Un uomo onesto. Storia di Ambrogio Mauri, l'uomo che morì per aver detto no alle tangenti".
Ambrogio Mauri si ritrovò diciannovenne costretto ad interrompere gli studi ed a prendere in mano l'officina di riparazione bus del padre, morto improvvisamente. Il ragazzo lavorò giorno e notte e riuscì a non chiudere l'azienda e a non licenziare neanche uno dei quaranta operai che vi lavoravano. Ma il suo sogno, più che di ripararli, era quello di costruire gli autobus e ci riuscì immettendovi sempre nuove nuove idee e miglioramenti tecnologici: l'alluminio al posto dell'acciaio, con tempi di usura più lunghi e minor consumo di carburante, l'introduzione, per primo in Italia, dei pianali ribassati accessibili alle carrozzine, autobus bimodali (gasolio+elettrico), sedili ignifughi, ecc. Adorava progettare e girava di continuo per vedere cosa facevano all'estero.
Tuttavia il suo problema era che i suoi clienti dovevano essere per forza pubbliche amministrazioni, i suoi interlocutori quei funzionari che immancabilmente gli chiedevano tangenti per poter vincere le gare di appalto.
Il figlio Carlo, oggi titolare della Mauri Bus System e allora giovane carabiniere, racconta della sua costernazione quando suo padre gli chiese di accompagnarlo ad un colloquio con un funzionario che gli chiese il 5% di tangente.
Mauri non pagava, inseguendo così il sogno di essere onesto e consapevole che in tal modo doveva essere più bravo degli altri da un lato e dall'altro rinunciare a cospicui guadagni. Egli era convinto che la corruzione si potesse sconfiggere anche dalla parte degli imprenditori rifiutandosi di oliare il meccanismo perverso.
Ma le richieste erano sempre più pressanti e la sua solitudine sempre più grande. Era inviso sia dal funzionario disonesto che doveva fare mille sforzi per fare dei capitolati che lo escludessero che dai suoi concorrenti in quanto rappresentava uno sempre tecnologicamente più avanti.
Dopo Tangentopoli la sua delusione fu ancora più grande perché dovette constatare che nulla era cambiato, ma la mazzata arrivò dopo una gara del 1995, che sarebbe stata salvifica per la sua azienda e ove era in un primo momento il solo concorrente perché unico ad avere il prodotto correlato alle caratteristiche previste dal bando. La gara venne annullata senza neppure restituirgli la busta.
Il 21 aprile del 1997 Ambrogio Mauri si sparò al cuore. Quattro giorni prima Cesare Romiti era stato condannato per corruzione e falso in bilancio ed ricevette sul Sole 24 la solidarietà di fior fiore dell'imprenditoria italiana che chiese a gran voce l'abolizione del reato di falso in bilancio. Tanto era affollata di firme quella pagina di giornale, tanto erano deserti i funerali di Ambrogio Mauri, ai quali non parteciparono nemmeno i dirigenti dell'ATM che erano a presentare i modelli dell'azienda concorrente che aveva vinto la seconda edizione della gara. Erano presenti però gli autisti dell'ATM, quelli che avevano apprezzato i suoi autobus, rappresentanti di un'Italia che riconosceva il valore del lavoro e non di quella che riconosceva solo il potere.

2 commenti:

  1. Grazie per avermi fatto conoscere questa storia!Che triste Italia che abbiamo creata!

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