lunedì 11 marzo 2013

Mondo avvelenato


"Per  fare  un pomodoro  ci  vogliono  214  litri  d'acqua.  Un  chilo  di   cioccolato  ne  vale  17196.  Per  un  chilo  di  carne  bovina,  invece,  si  consumano  15415  litri  che  su  per giù sono quelli che consuma un europeo per lavarsi in un anno. Un chilo di pasta 1849 litri.  Un  bicchiere  di  vino  109  litri.  Una  tazza  di  caffè  sono  132  litri  d’acqua.  E  per produrre un litro di latte, ce ne vogliono 1020."

Comincia così il bel servizio di Piero Riccardi per Report RAI3, rivedibile qui. Come è possibile tirare fuori queste cifre? Lo spiega il ricercatore olandese Arjen  Hoekstra:

"Se  tu  allevi  animali  questi  avranno  bisogno  di  cibo,  e  il  cibo  ha  bisogno  di  essere coltivato  e  coltivarlo  richiede  acqua.  Quindi,  gran  parte  dell’acqua  che  serve  per allevare un animale non è quella usata per farlo bere, ma quella per nutrirlo.
Se  vuoi  conoscere  l’impronta  idrica  di  un  prodotto  finale,  ciò  che  acquistiamo  in  un negozio,  dovrai  prendere  in  considerazione  tutta  la  sua  catena  produttiva:  ad  ogni fase  della  catena  c’è  un  certo  uso  di  acqua.  Attualmente  il  livello  delle  acque  di  falda declina,  il  livello  dei  laghi  decresce  e  i  fiumi  sono  svuotati  prima  che  raggiungano  il mare, e i livelli di qualità dell’acqua sono violati. Ci sono molti posti nel mondo in cui i livelli  di  sfruttamento  idrico  non  sono  sostenibili.  In  tutti  questi  posti  l’impronta  idrica dell’umanità ha superato i limiti."

Allora uno pensa come salvaguardare questo bene prezioso che sempra inesauribile ed invece non lo è. Così passa a stare attento a chiudere il rubinetto mentre si lava i denti, a mettere dei riduttori di flusso ai rubinetti, a raccogliere l'acqua del lavaggio delle verdure per innaffiare le piante oppure per il water. Tutte cose sacrosante. Tuttavia il ricercatore olandese precisa:

"La  maggior  parte  dell’acqua  è  usata  per  produrre  cibo:  l’acqua  che  usiamo  a  casa rappresenta  una  parte  molto  piccola  della  nostra  impronta  idrica  complessiva: parliamo  soltanto  dell’uno,  due,  tre  per  cento.  Il  dieci  per  cento  dell’impronta  idrica  è legata  all’acqua  usata  per  i  prodotti  industriali  e  circa  il  novanta  per  cento  dell’impronta idrica totale di un individuo è usata per produrre il cibo che questo  consuma."

Trovo che le puntate di Report sui problemi ambientali siano le migliori anche sa fanno male. Venire a conoscenza di casi di inquinamento pesante, diffuso e di durata decennale come quello della valle del Sacco (Frosinone) o del fiume Pescara (il più lungo dell'Abruzzo) fanno male, almeno a me fanno molto male. Mi si dirà: che te ne importa se non ci andrai mai nella valle del Sacco o a Chieti? Eppure mi addolora pensare che la natura, che pure sarebbe così capace di autopurificarsi, è irrimediabilmente contaminata.
L'idrobiologa Diana Galassi dell'Università del L'Aquila spiega infatti:

"La  funzionalità  di  servizi  ecosistemici  resi  da  un  fiume  o un lago sono  una  condizione  essenziale  per  l’autodepurazione  di  questo  ecosistema  e  la  tutela  della  biodiversità,  di cui noi  siamo  parte. Con al perdita di questa funzionalità  abbiamo iniziato ad autoestinguerci."

E le bonifiche? Mi sono sempre chiesta come funzionano. Purtroppo, essendo costosissime, alla fine non vengono fatte né da chi ha inquinato (i proprietari della fabbrica di Lindano a Colleferro e la Montedison-Solvay per il fiume Pescara) né dal pubblico che non ha soldi. Tuttavia piange il cuore nell'apprendere che in alcuni casi forse è quasi impossibile bonificare come spiega Giovanni Damiani dell'Università della Tuscia:

" Io  posso  agire  molto  meglio  su  una  discarica,  su  un  punto  dove  l’inquinamento  è concentrato,  posso  fare  molto  di  meno  quando  l’inquinamento  si  è  diffuso  su  scala  di migliaia  di  chilometri  quadrati  oppure  nei  mari."

"Come  si  fa  a  riportare  indietro  nel tempo  un  fiume,  a  prima  che  i  suoi  settanta  chilometri  di  sedimenti  fossero contaminati da beta esaclorocicloesano?" dice Piero Riccardi a proposito della valle del Sacco. "Forse bisognerebbe asportare tutto il suo letto e i suoi argini, poi aspettare qualche milione di anni che l’evoluzione faccia il suo corso per rigenerare quell’equilibrio tra insetti, piante, pesci, che una volta appartenevano a quel fiume e a nessun altro."

E tanto per tirarsi su, Pietro Paris dell'I.S.P.R.A. ci dice che in ogni  paese agricolo che ha degli strumenti di controllo di monitoraggio sulle acque risulta una contaminazione abbastanza diffusa (da erbicidi come Quinclorac, Terbutilazina, Glifosate, funghicidi come Procimidone e persino da Atrazina, sostanza fuori commercio da due decenni).
Nel Po sono stati anche rilevati sbiancanti  dei  detersivi,  profumi,  filtri  ultravioletti  delle  creme  solari,  conservanti  dei cibi,  disinfettanti,  l’antibiotico  e  l’antidolorifico  che  prendiamo  quando  stiamo  male. "Tutto  ciò  che  produciamo  e  consumiamo  prima  o  poi  avrà  un  lago,  un  fiume  o  una falda profonda come destino finale" dice Piero Riccardi.

Ogni  anno  si  consumano  su  per  giù  140  mila  tonnellate  di  pesticidi  e  4,4  milioni  di tonnellate  di  fertilizzanti,  che,  prima  o  poi,  finiscono  in  qualche  fiume,  in  un lago, nelle falde.
Dal  rapporto  dell’ISPRA  sui  pesticidi  nelle  acque risulta che metà  di  quelle  superficiali , fiumi  e  laghi (47,9%),  e una su tre di quelle sotterranee (28,9% del totale) sono  contaminate  da  pesticidi.
Fa bene Milena Gabanelli a raccomandare di non lavare e disinfettare le nostre case come fossero degli ospedali, perché facendo così contribuiamo a sporcare "il fuori". Di fronte a certe devastazioni, però, mi sento anche un po' ridicola con la mia "teoria dell'olio di gomito".


Altre puntate di Report su temi ambientali che mi sono piaciute:
Il giusto prezzo del cibo
Consumare territorio
Land grabbing

2 commenti:

  1. Mi chiedo quali siano le alternative proposte. OK: per produrre il cibo utilizziamo troppa acqua e sporchiamo l'ambiente. Come si può evitare tutto ciò?

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    1. Per prima cosa le imprese che hanno inquinato per anni senza scrupoli devono pagare le bonifiche e ciò purtroppo non succede mai.
      Riguardo al cibo, a mio parere, un uso moderato di carne fa bene a noi e all'ambiente (senza necessariamente diventare vegetariani). Poi bisognerebbe limitare l'uso di pesticidi e incentivare l'agricoltura biologica.
      Il problema comunque non è di facile soluzione.

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