mercoledì 12 febbraio 2014

Alle radici del femminismo su RAI Storia

Chissà se ci sarà qualcun altro o qualcun altra che nutre la mia stessa passione per quei programmi di archivio, quei documentari televisivi un po' polverosi, in bianco e nero, un po' seriosi, ma così affascinanti che Rai Storia trasmette a tutte le ore, come, per esempio la serie sulla questione femminile datata 1976 a cura di Mara Bruno. Bellissima la puntata sulle radici dei movimenti femministi nei vari paesi occidentali. 
E se "la prima americana a chiedere il diritto di voto fu Margaret Brent nel 1647" e il primo convegno per i diritti della donna si tenne nel 1848 a Seneca Falls, fu il 26 agosto 1920 che il suffragio universale entrò a far parte della Costituzione Americana.
E se le donne che parteciparono alla rivoluzione francese erano convinte che sarebbero diventate delle cittadine attive, mentre invece la maggior parte dei rivoluzionari (a partire da Robespierre) non erano per niente favorevoli ad un ruolo attivo per le donne, tanto da ghigliottinare le rivoluzionarie che si presentarono all'assemblea legislativa per chiedere i diritti, finì che le donne francesi ottenennero il suffragio solo alla fine della Seconda Guerra Mondiale nel 1944.
E se il congresso dell'Associazione dei Lavoratori nel 1866 votò che "dal punto di vista morale, fisico e sociale il lavoro femminile deve essere energicamente condannato come principio di degenerazione di razza e come uno degli agenti di avvilimento morale della classe capitalistica," non è un caso che le donne abbiano fatto qualche passo avanti subito dopo le due guerre mondiali (il 28 marzo 1917 il parlamento inglese concesse il voto alle donne che avessero superato i trent'anni). Con gli uomini impegnati nei conflitti la manodopera femminile diventava preziosa e le donne, una volta uscite di casa e capita l'importanza dell'indipendenza economica, facevano fatica a rientrare nei ranghi a loro riservati. 
Ecco quindi che suona di intramontabile attualità le parole che la socialista Anna Kuliscioff scriveva alla fine dell'Ottocento: "La questione della donna non è semplicemente una questione di etica né di questa o di quella forma matrimoniale, ma puramente economica. E' questa che la spinge nel campo produzione, della professione e della politica ed è questa che l'emanciperà anche nei rapporti intimi con l'altro sesso."

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