Mette i brividi ascoltare l'intervista a Pane Quotidiano di Domenico Quirico, giornalista de "La Stampa" prigioniero in Siria per cinque mesi insieme al belga Pierre Piccinin, esperienza raccontata nel libro "Il paese del male".
Mette i brividi perché ci si rende conto quanto la sua estrema lucidità sia dovuta alla terribile vicenda provata sulla sua pelle (tenuti in prigioni sottoterra al buio piene di insetti o in case bombardate in continuazione, privati dell'acqua, senza contare le due finte esecuzioni).
Mette i brividi per il rigore morale che dimostra questo professionista dell'informazione quando afferma che: "Poiché in Siria l'uomo è portato alla radice del suo essere, continuamente in bilico tra il morire e il vivere, per
avere il diritto di fare il mio mestiere e di parlare per i Siriani, bisogna aver condiviso con loro quella sofferenza."
Mette i brividi quando parla del problema principale che ha dovuto affrontare durante la prigionia: la lotta contro il tempo. "Quando uno è prigioniero bisogna conquistare ogni secondo, bisogna arrampicarsi per arrivare al secondo successivo. Il tempo è il tuo nemico più invincibile perché esso è sempre davanti a te."
Mette i brividi quando parla delle finte esecuzioni nelle quali "il problema non è
tanto affrontare la propria morte, ma la rabbia che ti dà la tua paura
ed il fatto che c'è un altro essere umano che è contento di essere
proprietario della tua paura. Il puro piacere di vedermi avere paura. Siamo nel fondo del pozzo del Male, il Male gratuito."
Mette i brividi quando racconta la contentezza nel vedersi restituiti i suoi quattro libri che aveva portato, quattro alleati formidabili per affrontare la sfida del tempo, ed il fatto che non sia impazzito grazie alla presenza del suo compagno belga, con il quale ha passato ore a raccontarsi e discutere di tutto.
Mette i brividi quando risponde ai ragazzi in studio che la speranza a cui si è aggrappato durante i cinque mesi è stata quella di ritornare dai suoi familiari per
chiedere loro perdono per averli immersi, senza la loro volontà, in questi
cinque mesi di dolore e quando dice che, in un paese dove ci si appella continuamente a Dio da una parte e dall'altra, hanno trovato aiuto "nell'immanenza di Dio nel vuoto assoluto del tempo".
Domenico Quirico ha nutrito forti simpatie per i rivoluzionari che ha conosciuto le prime volte che si è recato in Siria, energie popolari, giovani che volevano reimpadronirsi del proprio destino in un paese soffocato da un regime sanguinario e mafioso. Ma adesso, dice, come accade quasi sempre nelle guerre civili, questi rivoluzionari sono stati spazzati via e sono sostituiti da altri attori e da finti rivoluzionari; agli ideali iniziali sono subentrati altri progetti molto più sordidi e nefasti.
L'essenza del dramma siriano, racconta il giornalista, è che tutti i Siriani, anche i più innocenti, sono obbligati a praticare il male.
Quirico ha parlato della sua prigionia lunga crudele ed angosciante anche sulle pagine del quotidiano La Stampa pochi giorni dopo essere tornato a casa
RispondiEliminauna lettura tremenda ma sicuramente importante ed utile per conoscere ciò che succede in Siria