lunedì 8 settembre 2008

Icchè la c'ha di bono oggi?

Che nervi la spesa settimanale! Allo stress della folla del sabato mattina, del dribbling tra i carrelli, della coda alla cassa, si aggiunge quello delle ambizioni da consumatrice critica (vedi questo vecchio post): scarta i prodotti di cui fanno pubblicità, scansa quelli che contengono troppe schifezze, evita quelli con troppi imballaggi, cerca con il lanternino quelli equo-solidali ("Ma come non tenete più lo zucchero di canna solidale!"). E per ultimo, quando ormai la pazienza è in riserva, viene il settore frutta e verdura. Qui il compito è ancora più difficile perché, mentre si scarta facilmente i prodotti stranieri, quelli italiani hanno tutti il cartello "provenienza Italia" sia che vengano da vicino sia che abbiano percorso tutta la penisola. E come si fa allora a scegliere quelli che hanno fatto meno chilometri e quindi hanno inquinato meno? Ecco che sbircio sulla cassetta oppure frugo tra i pomodori e le zucchine in cerca di quel piccolo foglietto che mi dica almeno chi ha confezionato il prodotto.
Insomma non ne posso più.
Ma questo sabato ecco una boccata di ossigeno. In piazza Signoria c'era il mercatale, un mercato dove si vendono prodotti di aziende agricole della provincia o al massimo della regione venduti direttamente dai produttori al consumatore.
Esperienza positiva. E' vero, come obietta mio marito, che questa spesa non può sostituire completamente quella al supermercato e va a rosicchiare ancora quel poco tempo libero che ho. Però mi è piaciuto innanzitutto il contatto umano, chiacchierare con i contadini e anche con gli altri clienti, chiedere consiglio sulle ricette, ecc.; e poi vi dirò che il sapore di queste verdure mi ha veramente stupito.
Ho comprato delle cipolle di Certaldo (buone come quelle di Tropea ma più nostrali), delle cime di rapa veramente saporite, del radicchio e della rucola, melanzane tonde, zucchine e dei peperoni rossi piccoli buonissimi.
Prossimo appuntamento: 4 ottobre in piazza Del Carmine. Me lo segno in attesa di trovare il GAS che fa per me.

Cercate il vostro mercatale più vicino su: www.mercatidelcontadino.it

32 commenti:

  1. Essere coerenti, richiede spesso tempo e voglia oltre che soldi, ma almeno ci rende felici di quello che abbiamo fatto.
    Io in genere, per fortuna ho meno problemi, i miei (72 e 80 hanno un orto anche abbastanza grande ed addirittura vendono a verdura che producono) a me ovviamente la regalano, anzi me la vado a prendere nell'orto come farò anche stasera. Sono avvantaggiato dal fatto che da sempre tendo a mangiare verura e frutta di stagione. Questo mi semplifica la vita anche al mercato rionale dove solitamente vado a comprare la frutta e dove trovo sempre dei contadini locali che vendono la loro produzione. Ricordo che a volte anche io al mio paese quando avevo 14 anni prendevo un carretto con la produzione superflua dell'orto ed andavo al mercato in piazza a venderla alla gente. Ed ero molto orgoglioso quando tornavo con il carrettino vuoto ed il portafoglio pieno...ovviamente i soldi li davo poi a mia madre ma almeno un gelato come ricompensa usciva anche se per me la ricompensa più grande era il vendere ed il contatto umano con le persone più grandi di me.
    Poi ho il mio macellaio di fiducia che prende la carne in provincia di Asti e la macella lui, il mio formaggiaio, il mio salumaio per tutto il resto c'è il discount, pochissimo rischio di trovare le marche e prodotti buoni ad un prezzo equo...anche se forse non solidale.
    Niente GAS anche se devo dirti che ne hanno appena formato uno vicino a casa e volevo andare ad interessarmi di come funzionasse.
    Quando ne avrò il tempo, vedrò di andarci.

    RispondiElimina
  2. Eppure qualcosa si muove, anche dalle mie parti finalmente hanno aperto un negozio "naturasi", dove trovi prodotti bio super controllati e marche come la Weleda a un prezzo non troppo oneroso, ma anch'io aspetto di trovare un GAS che fa per me.
    Che dici lo facciamo noi?

    A presto.

    S.

    RispondiElimina
  3. Dario: confidavo nel tuo apprezzamento.

    Max: anche i miei suoceri avevano l'orto ma mio suocero non ce la fa piu' a lavorarci e sono troppo lontani per poterlo fare noi. Pero' ancora producono degli ottimi pomodori.
    Ho molte perplessita' sui discout che derivano da cio' che ho letto nella Guida al consumo critico.
    Molto carini i tuoi ricordi di piccolo venditore ambulante.

    S.: ho sentito che nel tuo mitico comune (che si avvia gia' al traguardo dei rifiuti zero) c'e' anche la distribuzione del latte alla spina. L'hai provato?
    Fare un GAS da noi? E chi ce la fa (tempo ed energie, intendo)!

    RispondiElimina
  4. :-) noi ce l'abbiamo il latte alla spina. Fino al mese scorso bisognava andare alla fattoria (che stava, paradossalmente, in centro citta' eheheh), ora invece hanno messo un distributore proprio sulla strada che faccio per andare al lavoro. Ficchi dentro una monetina e ti pigli il latte fresco appena munto intero e non pastorizzato.
    Io non faccio largo uso di latte (mia moglie ne beve e lo usa anche per cucinare), ma da quando ci riforniamo li' me lo bevo anch'io... e' davvero molto buono!

    ...e rifiuti zero!

    RispondiElimina
  5. Si, abbiamo diversi distributori di latte alla spina...provati e sperimentati. Funzionano alla grande. Per la verità ne ho visti anche in provincia di Piacenza quindi è un fenomeno che si va allargando. Per i rifiuti, siamo lontani dai rifiuti zero. Nel mio quartiere abbiamo da 1 anno il porta a porta e ci siamo vicini ma non lo sono tutti gli altri quartieri. I miei coinquilini però hanno dei problemi. Non riescono a capire la differenza tra carta e plastica...(capisco non sia facilissimo se si è idioti come penso di qualcuno). Quando vado a gettare la differenziata quindi faccio il barbone e frugo nei bidoni sistemando le cose sbagliate. Per i discount capisco possano essere criticati, ma da buon abbonato ALTROCONSUMO ho solo letto buone recensioni per le tipologie di prodotti che compro io.

    RispondiElimina
  6. Grande Dario! Nemmeno io bevo latte (la mattina prendo lo yogurt insieme ai cereali) pero' mi incuriosisce molto perche' credo che sia piu' buono di quello pastorizzato.

    Max, anch'io sono abbonata ad Altroconsumo. Le perplessita' sono legate ai metodi per raggiungere i costi bassissimi che i discount praticano: mentre il risparmio sulla pubblicita' mi sta benissimo, se il risparmio e' ottenuto sul trattamento economico dei lavoratori o sulla non ottemperanza delle norme antinquinamento mi sta meno bene. E' un discorso generale sia chiaro.
    Se vuoi ricerco il punto sulla guida e specifico meglio.
    Ah, la raccolta dei rifiuti e' un mio pallino. Ne ho parlato tante volte ma siccome Dario dice che mi autocito vi risparmio il link ai vecchi post. :-)

    RispondiElimina
  7. 'Nnchia che permalusa!
    non ti dico piu' niente! :-/

    RispondiElimina
  8. ahahaha...sei autoreferenziale ???
    Se lo dice Dario che ti conosce meglio...c'è da crederci allora !
    Per i prezzi, sono più bassi ma non troppo più bassi, e quando leggi che sono migliori di quelli coop (di cui ho la tessera e che per altro ho ad una distanza ragionevole) vado sul sicuro...allora al discount ci vado volentieri. Pasta, passato di pomodoro, acqua gasata in bottiglia, carta igineica e poco altro sono tutti di produzione italiana e per l'acqua è quella prodotta solitamente nel giro di pochi chilometri da noi.
    PS non penso che sfruttino le persone, da qullo che so dai commessi non sono stapagati ma sono equivalenti agli stipendi del carrefour o Auchan. Solo hanno compiti più vari, a qualcuno può non piacere.

    RispondiElimina
  9. Ciao Arte, io abito in una zona dove e' facile trovare prodotti che arrivano direttamente dal campo, dai frutteti e dalle stalle, un po' meno quelli di provenienza equosolidale ma anche qui in montagna sta cominciando ad arrivare qualcosa. Devo dire che quest'anno sento anche per questo la mancanza di mio padre... dal suo campo e frutteto arrivava tutta la frutta e verdura che ci bastava per tutto l'anno... quest'anno mi son dovuta tirar su le maniche e qualcosa son riuscita a far venire anch'io. Ho fatto un ucchio di marmellata con i frutti che la signora terra ci ha voluto anche quest'anno donare, spalmata su una bella fetta di pane, e' la colazione preferita dei miei figli.
    un caro saluto
    Dona

    RispondiElimina
  10. Nei supermercati io compro solo prodotti inscatolati od incartati, mentre per la frutta e verdura e la carne ho i miei negozianti di fiducia. Loro mi vendono ciò che è buono, altrimenti torno il giorno dopo a fare le mie lamentele: essi mi conoscono da tempo ed il trattamento è sempre ottimale. A tutto questo si aggiunge la conoscenza, il rapporto umano e via discorrendo. Per quanto riguarda le etichette, ce ne hanno parlato così a lungo che automaticamente, non solo io, ma vedo un po' tutti le controllano.
    Buon pomeriggio, Annamaria.

    RispondiElimina
  11. Per Max (ma soprattutto per me perchè è bene rinfrescarmi la memoria) ho fatto questo esercizio di copia:

    "L'hard discount, che consiste nella vendita di prodotti a prezzo inferiore anche del 60% rispetto a quelli abituali, è nato in Germania agli inizi degli anni '80 su iniziativa dei fratelli Teo e Carl Aurbrecht, proprietari della catena commerciale Aldi. Per ottenere il "miracolo" puntarono ad una riduzione massiccia dei costi, tagliando non solo quelli pubblicitari e di allestimento dei locali, ma anche quelli del lavoro, attraverso l'eliminazione del personale e l'aumento dei carichi di lavoro.
    Dunque l'altra faccia dell'hard discount sono i licenziamenti e la perdita di diritti sociali perché, per diminuire ulteriormente il costo del lavoro, i padroni sono tentati di introdurre delle forme di assunzione che li esonerano da qualsiasi forma di contribuzione sociale.
    Purtroppo questi effetti rischiano di espandersi a macchia d'olio anche alle imprese fornitrici perché le società dell'hard discount tentano di risparmiare a 360 gradi, compreso negli acquisti. Per questo approfittano della loro posizione di dominio per imporre alle società produttrici prezzi al ribasso, che queste ultime tentano di compensare peggiorando la qualità dei propri prodotti e sfruttando di più i lavoratori.
    Ecco una sintesi della situazione descritta da un esperto del settore [Stefano Mantegazza, notiziario UILA giugno 1994 pp14-15]: 'Marche commerciali, sottomarche e primi prezzi rischiano di minare alle radici l'industria alimentare migliore a discapito della qualità del prodotto e della tutela dei consumatori (...) L'onda d'urto della guerra dei prezzi - dopo aver mietuto abbondanti vittime tra i piccoli commercianti costretti a chiudere bottega e mentre continua ad assicurare alcuni benefici al portafoglio degli acquirenti finali - sta ormai investendo la produzione. Perché, per vendere a poco, bisogna comperare ad ancor meno. la grande distribuzione, perciò, rivolge ormai la sua potenza di fuoco anche, se non soprattutto, verso i suoi fornitori. Confortata da rapporti di forza negoziale che le pressioni del mercato rendono sempre più irresistibili, pretende dalle aziende fornitrici costi di approvvigionamento risicati all'osso e condizioni contrattuali per lei vantaggiosissime. La cronaca italiana già registra il molto che i produttori, segnatamente di alimenti, debbono concedere ai distributori, se vogliono che i loro prodotti raggiungano gli scaffali dei grandi magazzini. Devono praticare sconti formalmente concordati ma di fatto imposti; devono accettare tempi di pagamento che da lunghi diventano lunghissimi; devono anticipare pronta cassa ingenti spese per la pubblicità dei prodotti e per la loro promozione commerciale, devono accollarsi parte cospicua degli stessi oneri logistici della distribuzione'.
    Dunque dobbiamo pensarci bene prima di entrare in un hard discount perché rischiamo di barattare un piccolo vantaggio immediato con un clamoroso autogol sociale. Il risultato finale, infatti, non sarà più ricchezza per tutti, ma un aumento dell'ingiustizia sociale con i disoccupati come i veri perdenti, i padroni sempre più potenti e gli occupati ancora più affogati nel consumismo obbligato."
    da Guida al consumo critico, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, ed.2003 pag.48

    RispondiElimina
  12. Qualche volta ho acquistato all'hard discount ed ho trovato i prodotti scadenti come tu dici, Artemisia. Non sapevo di tutto il giro ignobile che c'è dietro, come sempre ai danni dei lavoratori. I potenti vogliono avere la meglio arricchendosi, mentre tanti si dannano alla ricerca di un lavoro.
    Quando si dice nessuno ti regala niente... ecco il sistema, te lo faccio pagare meno, ma sacrificando il personale e le aziende produttrici. Ciao, Annamaria.

    RispondiElimina
  13. ...mentre nei supermercati normali....le imprese produttrici sono strozzinate in egual modo...per arricchire però i vari intermediari e non fanno neanche un piccolo sconto al consumatore finale.
    Meglio vero ?
    Potrà essere anche stato scritto dalla guida al consumo critico, ma bisogna vedere il tutto in maniera critica appunto e non solo una parte.
    PS io lavoro in un impresa produttrice e forniamo sia gli hard che i supermermercati normali.
    Ti assicuro che i prezzi praticati sono gli stessi quando non sono più bassi per le centrali d'acquisto più note, guardando poi il prezzo a scaffale si capisce tutto.
    Stesso discorso vale per un marchio di acqua minerale della zona e vale anche per un caseificio famoso dove lavorano dei miei cugini. Il caseificio ha rischiato di fallire per causa di un cartello di supermercati dei più grandi che gli ha imposto un prezzo sottocosto per continuare ad essere loro fornitori, per fortuna hanno trovato un'alternativa all'estero ma hanno smesso di vendere il loro prodotto in quei posti ed hanno dovuto ridurre drasticamente il personale per poter continuare a produrre.
    Se vogliono entrare(es. concreto a Carrefuor per fare nomi e cognomi sono costretti a vendere a dei prezzi quasi inferiori al costo mentre ad un grosso discount della Lombardini vendono al giusto prezzo dei grossi lotti che poi sono venduti al consumatore finale con un basso ricarico. Forse però sono i soli tre casi che ci sono...può anche essere...(in effetti non posso fare di ogni erba un fascio...(soprattutto non un fascio...)

    RispondiElimina
  14. Cavoli, non vorrei essere noioso e ripetermi in continuazione con la mia economia pane e salame, ma...
    credo che sia proprio per questo che il problema non e' risolto facendo consumo critico, o andando al GAS, o comprando acqua in bottiglia di vetro (come faccio io), o prendendo l'autobus per andare al lavoro. Certo, tutte cose nobili e sicuramente da perseguire, ma non risolvono il problema se sono anche esse inglobate nel sistema. Il punto e' che lo sfruttamento del lavoro e' endemico al capitalismo, che tende a redistribuire ricchezza solo se cio' porta allo sviluppo economico, cioe' riporta quella ricchezza nelle tasche di chi l'ha investita, con il carrico di undici.
    Parlando di acqua con un amico, ad esempio, ho portato come argomentazione il fatto che l'acqua del sindaco riduce gli sprechi e i costi. A tutta risposta l'amico mi ha presentato il conto in ricchezza prodotta dalle case che producono acque minerali.
    Ma io davvero non riesco a capire. Se io do' soldi per acquistare un bene, visto che non sono un ladro, e' perche' quei soldi li ho guadagnati per produrre un altro bene, e quel bene e' stato acquistato da qualcun altro con i soldi che ha guadagnato per produrre un altro bene... eccetera eccetera. Se io non ho soldi per comprare l'acqua pejo, e' vero che non do' soldi a quell'operaio, ma e' anche vero che non produco quel bene che mi avrebbe fornito quei soldi, e quindi mediamente l'operaio della pejo non avrebbe avuto bisogno di quei soldi per comprare quel bene che ho prodotto io. Certo bisogna fare in modo che non sia solo l'operaio della pejo a rimetterci, ma la poverta' sia distribuita almeno quanto la ricchezza, ma spendere soldi per acquistare non significa necessariamente arricchire qualcuno, finche' tutti seguono le regole.
    In altre parole.
    Se io vado all'hard discount risparmio, e quindi ho piu' soldi per comprare altra roba. E' vero che l'hard discount riduce l'impiego di forza lavoro, ma e' vero che, visto che compero altra roba, coloro che vendono quella roba sono costretti ad allargare l'impiego di forza lavoro.
    Se invece io accetto di pagare di piu' per acquistare in un posto che devolve i soldi per beneficenza succede che il mio portafogli si svuota piu' velocemente, e quindi dovro' ridurre il numero dei miei acquisti altrove, e quindi daro' meno soldi a chi in quell'altrove lavora. E allora come la mettiamo?
    Sono confuso sull'argomento, ma temo che il punto sia che non e' pagare di piu' che da' piu' ricchezza, ma, al massimo, redistribuire ricchezza provoca come conseguenza (indesiderata) il fatto che dobbiamo pagare di piu'. Pero' viviamo in un sistema che non si sogna minimamente di redistribuire ricchezza.

    Detto questo mi piace da un lato la filosofia secondo cui l'hard discount non spreca risorse in pubblicita', perche' la pubblicita' non testimonia affatto la qualita' di un prodotto, ma al massimo la nasconde. E mi piace credere che la qualita' (e non l'appeal) sia determinante nel momento in cui si stabilisce il prezzo di un prodotto. Cioe' forse sono disposto a pagare di piu' un prodotto che vale di piu'. Certo non mi piace pagare di piu' un prodotto semplicemente perche' e' piu' trandy.

    D'altra parte mi piace anche la filosofia del commercio equosolidale, perche' assicura che il prodotto acquistato e' stato prodotto nel rispetto del lavoratore che l'ha prodotto (scusate la cacofonia della frase). Certo non assicura per niente che il resto del mondo si sia rivolto verso una conversione a quella filosofia. Cioe', piu' gente acquista banane equosolidali, piu' la Chiquita adottera' politiche commerciali aggressive, e le spese le faranno i lavoratori della Chiquita, gia' sfruttati.

    La soluzione temo che sia una mano divina sopra la Chiquita che la piglia e la guarda negli occhi e le dice "hey, Chiquita, basta fare gli stronzi!"... Insomma bisogna fare in modo che la politica governi l'economia, e non il viceversa.

    Ma sto divagando....????

    RispondiElimina
  15. ...problemi molto complessi.
    Personalmente sono molto diffidente rispetto alle soluzioni "semplici" dei problemi (basterebbe che...). Inoltre sono non molto fiducioso riguardo al bio/equo/eco/etc.
    Vi ri porto però la minuscola esperienza del GAS Vaiano, che sta muovendo i primi passi. Per essere sintetico parlo di prezzi, specificando che variano a secondo che la raccolta degli ortaggi sia fatta dall'azienda da cui si compra o direttamente dall'acquirente: pomodori insalatari raccolti da azienda euro 0,93; raccolti da compratore euro 0,55. Questo è solo un esempio.
    C'è da aggiungere che, data la piccolezza del paesello, arrivare all'azienda agricola ci "costa" si e no dieci minuti di auto.
    In tutti 'sti discorsi sui "mercati contadini" e territori limitrofi, aggiungerei che c'è un altro fattore da ricordare: per quanto a me per primo sembri 'na cosa strana, lo spopolamento delle campagne continua. Questo porta a vari squilibri, non ultimo il simmetrico sovraffolamento delle città. Sentii una trasmissione Radio3 dove si parlava di una previsione di estinzione di 1500 comuni nei prossimi dieci anni.
    Diffido molto di discorsi tipo "oh come erano felici i contadini". Credo che bisognerebbe cercare nuove forme di esistenza.
    Non ultimo: non sarebbe meglio bloggare meno e vederci di più? Possibile che non ci sono posti dove si va lì e c'è modo di chiacchierare? Lo so: il problema di fondo è che non siamo più abituati o disposti a "andare lì". Forse bisognerebbe fare dei tentativi in questa direzione.
    Con il nostro picciolo gruppo di lettura il tentativo fondamentale è proprio questo. In genere veniamo presi per intellettualoidi per giunta un po' (parecchio) snob, che ci adagiamo su una poltrona e facciamo a gara a chi fa più citazioni. Con molte difficoltà cerchiamo di spiegare che semplicemente chiacchieriamo, ridiamo, ci passiamo informazioni... insomma banalissimi rapporti umani.
    Scusate la lungaggine...
    Ciao a tutti.

    RispondiElimina
  16. A me andare in un supermercato -con una bella estetica però- e con tanta gente mi piace, e mi fa sentire bene vedere tanta gente invece che starmene li chiuso con qualche persona che passa di tanto in tanto.

    Certo, se poi si viene a sapere che...

    RispondiElimina
  17. Ragazzi, manco un giorno e voi vi scatenate. Sto scherzando.
    Commenti molto stimolanti che richiederebbero fiumi di parole e tempo a disposizione.
    Cerco di essere sintentica.

    Max: quello che racconti e' perfetto. Infatti il pezzo che ho riportato sembra che parli solo dell'hard discount ma in realta' se leggi bene parla di tutta la grande distribuzione.

    Dario: tu vai sempre ai massimi sistemi e fai bene. Ma io nel mio piccolo non sono in grado di cambiare i massimi sistemi e quindi mi accontento di fare la mia parte (mo' ve la beccate l'autocitazione).
    Comunque non e' vero che le banane eque non abbiano inciso sul circuito tradizionale. Ho sentito che anche la Chiquita ha lanciato una linea di banane con il marchio equo e solidale e lo stesso ha fatto la terribile Nestle' per il caffe'. Certo, questo significa solamente rispondere ad una moda, non cambiare l'economia e quindi, per me, e' inaccettabile lo stesso.
    Bio/equo/filiera corta ecc. non dovrebbero essere solo una moda. Pero' se hanno successo secondo me rimane un buon segnale.

    Giam hai ragione: e' senz'altro meglio parlare che scriversi ed e' molto bello quello che state facendo a Vaiano. Il fatto pero' e' che la rete mi permette di comunicare con Dario che sta a Lecco, con Max che sta a Torino, con Carmela che sta a Noto, con Anna che sta all'Aquila, con Pandoro che sta a Roma, ecc.
    Io la trovo una cosa bellissima anche se sono d'accordo con te che non deve sostituire i rapporti de visu.

    Pandoro: anche al mercatino si incontra tanta gente e si chiacchiera.

    RispondiElimina
  18. ...La solita multinazionalista... NESTELE'...mannaggia...ehehehe

    Non solo la Nestlè ha un marchio equosolidale anche la LAVAZZA ce l'ha da almeno due anni, si chiama Tierra!. Anche se non si trova molto in giro è un piccolo grande passo (onestamente penso più pubblicitario che utile) per avviarsi all'equosolidale più spinto. Io se fossi una società del genere e producessi caffè con certi quantitativi andrei tutto sull'equo solidale, in questo modo eviterei le oscillazioni dei cambi sulle borse delle materie prime perchè farei tutti contratti locali e poi lo sbandierei ai 4 venti per ampliare ed aumentare le vendite. Secondo me puntare sul biologico e sul solidale è al giorno d'oggi di forte impatto e sarebbe utile per le aziende e utile per il consumatore finale.

    RispondiElimina
  19. Pandoro: proprio ieri sera sono andato al supermercato a fare la spesa, con moglie e carrello. Sono uscito col mal di testa. Ed era solo mercoledi' sera!
    Ora, e' vero che io sono un po' "bear" (come dice mia moglie, madrelingua inglese), e preferisco la meditazione da solo o con una stretta cerchia di intimi, ma santo cielo! cercare il contatto umano in un posto incivile come il supermercato mi pare davvero una depravazione... meglio starsene li' chiuso con qualche persona che passa di tanto in tanto!

    Arte: avevo gia' letto il bel post che linki (a proposito... ritiro tutto quello che ho detto sull'autocitarsi... la mia voleva essere una battuta di spirito, non una critica!).
    Ed in generale sono d'accordo con te. Meglio fare la propria parte nel proprio orticello che non fare nulla. Ne sono tanto convinto che, alla fine, faccio anch'io cosi', come il mio lettore attento dedurrebbe leggendo qui, qui, qui, qui, qui e qui (a proposito di autocitazioni ahahahahahah!!!!).
    Pero' hai ragione, e' un mio difetto ridurre i problemi ai massimi sistemi.
    Da come la vedo io, e' giusto fare il possibile nel proprio piccolo, ma non e' affatto detto che cio' serva davvero a qualcosa.
    Ho un ricordo di un concerto allo stadio, dove un presunto manifesto ambientalista chiedeva di raccogliere la propria immondizia, invece di lasciarla sul campo e sulle gradinate. Ora, io capisco che buttare della plastica in un bosco si inquina il mondo, ma buttare della plastica in un campo da calcio massimo massimo si fa uno sgarbo agli addetti alle pulizie di quello stadio.
    Detto questo ritengo che buttare immondizia nello stadio dimostri cattive maniere, e' diseducativo per se e per gli altri. Se si impara a portarsi via l'immondizia allo stadio, quando ci si trovera' nel bosco sara' una cosa che viene naturale... eccetera eccetera. Pero' rimane il fatto che l'immondizia nello stadio non e' un problema ecologico peggiore dell'immondizia che ci si porta via.

    Allo stesso modo succede che se io faccio la spesa al GAS, con lo scopo, oltre che di produrre meno immondizia, di redistribuire meglio le ricchezze che devo sborsare per pagare il prodotto che acquisto, ottengo invece l'effetto contrario di ridurre la redistribuzione della ricchezza che altrimenti andrebbe nelle mani di chi nella filiera di quel prodotto non lavora.
    Il punto, secondo me e' che io vivo e sguazzo nella ricchezza del consumismo capitalista, ma nel contempo sono tanto ipocrita da criticare quel sistema perche' immorale, arrivando al punto da remare contro appoggiando gli apprezzabili tentativi di chi punta su bio/equo/filiera corta.
    Finche' questa filosofia rimane ai margini, ammetterai, non risolve il problema. Bisognerebbe applicare quel sistema su vasta scala. Ma farlo significa ribaltare il sistema economico, e cioe' accettare di diventare piu' poveri. Cosa che non so quanta gente sia disposta a rischiare. Io lo sono? mmmmh..... Per adesso continuo, come dici tu, a fare la mia parte. E a continuare a considerarmi ipocrita.

    Francamente non sapevo della linea equa delal Chiquita. Ma il mio esempio era puramente speculativo. Il senso del mio discorso e' che l'ingiustizia sociale generata dal capitalismo globale non si risolve con l'applicazione dell'equo nel sistema, se questa applicazione non modifica le regole. Senza nulla togliere al valore morale dell'acquisto equosolidale.

    RispondiElimina
  20. ...ne' alla sua funzione di "segnale"!

    RispondiElimina
  21. Credo che dario, seppur nei limiti di un breve commento, abbia messo il dito sulla piaga.

    RispondiElimina
  22. Caro Dario, non mi sono affatto offesa quando mi hai scritto che mi autocito, perche' e' vero.
    Un tantino pero' mi offendo se invece mi ritieni ipocrita (lo so, hai parlato in prima persona ma ovviamente il concetto si estende anche a me). Io non credo di essere ipocrita ( e nemmeno tu).
    So benissimo che utilizzo i vantaggi di vivere in un'economia capitalistica ma ne sono consapevole e cerco di remare contro anche a rischio di diventare piu' povera.
    D'altra parte cosa potrei fare altrimenti? Adeguarmi e consumare/inquinare allegramente come tutti? Non ho capito qual e' la tua controproposta.
    Il consumo critico (bio/ equo/ filiera corta o come ti pare) non puo' certo cambiare a breve l'economia. Pero' io cittadina ho solo due strumenti per dire la mia: come elettrice (strumento ahime' sempre piu' spuntanto) e come consumatrice. Io credo molto in questo strumento. Sono una goccia nel mare? Probabilmente si' anche se questa fetta di mercato "alternativo" sta lentamente e costantemente crescendo e le multinazionali sono molto sensibili ad ogni minimia flessione del mercato (altrimenti non avrebbero lanciato la propria linea etica).
    Guarda anche in positivo: come consumatrice voglio premiare quelle aziende che secondo me si comportano bene (o almeno meglio) delle altre. Quindi tra i biscotti della Nestle' e i biscotti della Scapigliati (azienda di Figline Valdarno che ha ottenuto il certificato SA8000) compro i biscotti Scapigliati anche se costano di piu' e anche se questo vuol dire comprarne di meno (perche' non ho abbastanza soldi).
    "Ma cosi' finiranno per licenziare gli operai della Nestle'. L'esperienza insegna che le multinazionali purtroppo licenziano lo stesso per mille altri motivi che per il boicottaggio di qualche consumatore. E comunque ribadisco: i massimi sistemi mi interessano fino ad un certo punto perche' non sono piu' giovane e la rivoluzione se anche ci sara' io non la vedro'. Mi basta decidere la direzione.

    Piu' che di ipocrisia io parlerei di incoerenza. Su questo sono d'accordo. Non si puo' essere coerenti al 100% ma solo "tendere verso". Ognuno deve ricercare il suo personale grado di coerenza e di compromesso. Anch'io ho le mie incoerenze e a questo proposito ho giusto in mente un post (quindi non te le anticipo).

    RispondiElimina
  23. Sarà... Però a me piace, cosa ci posso fare?

    RispondiElimina
  24. :-) va bene autocitarti, ma farlo in anticipo mi pare eccessivo ahahah!

    Io credo che quando si tratti di morale e di comportamenti di vita ognuno dovrebbe decidere per se stesso. Quando ho detto che mi sento ipocrita mi riferivo a me stesso e solo a me stesso. Mai mi permetterei di alludere qualcun altro, ad esempio a te.

    Io dico che secondo me il consumo critico non sposta il problema, e ti spiego il perche'.
    Se la Nestle' si convertisse completamente all'equosolidale che succederebbe? Che fallirebbe perche' non regge la concorrenza. Oppure che, poiche' tutti i consumatori si rivolgerebbero all'equosolidale, tutte le aziende concorrenti si convertirebbero anche loro.
    Bene. Se cosi' accedesse io sarei contento, ma credi che il problema si risolverebbe? Io dico di no, perche' se tutte le aziende che producono caffe' si convertissero all'equosolidale cio' che succederebbe sarebbe che il prezzo del caffe' aumenterebbe e che alla fine ci sarebbe molta gente che non potrebbe permetterselo, e quindi non lo acquisterebbe, e quindi ne produrrebbero di meno, e quindi licenzierebbero i lavoratori che lavorano per il caffe', i quali quindi non riuscirebbero ad acquistare l'automobile, di conseguenza le case automobilistiche ridurrebbero la produzione, ed avrebbero bisogno di meno stampi per le carrozzerie, e cio' comporterebbe il calo della produzione dell'azienda per la quale lavoro io, e forse io sarei licenziato... eccetera eccetera. Se riusciranno a salvare la situazione lasciando le regole del sistema cosi' come sono quelle di oggi, allora sara' perche' riusciranno comunque a creare e coltivare diseguaglianze sociali. I poveri continueranno a diventare piu' poveri e i ricchi continueranno a diventare piu' ricchi. Come gia' sta avvenendo del resto. E cioe', nonostante il consumo critico applicato al caffe' non si tendera' affatto alla soluzione del problema secondo cui le disuguaglianze sociali fanno morire di fame intere popolazioni. Mi chiedo quindi a che cosa sia servito riconvertire la Nestle' all'equosolidale.
    Se invece da un sistema consumistico si passasse ad un sistema piu' equo secondo cui acquistare un bene lo si fa perche' quel bene serve davvero, e si rinunciasse a tutta la ricchezza residua, succederebbe che ognuno di noi lavorerebbe molto di meno, e guadagnerebbe quindi molto di meno. Poco male perche' tutti spenderebbero molto di meno per acquistare solo lo stretto necessario. Ecco la mia ricetta.

    Ma come si fa a realizzare questo? Impossibile, perche' una economia cosi' fatta e' sicuramente una economia debole, che sarebbe sicuramente sopraffatta da ogni rimasuglio di economia capitalista ancora esistente al mondo. Quindi non e' nemmeno sufficiente fare la rivoluzione, ma bisogna farla a livello planetario. E se io non riesco nemmeno a imporre la mia volonta' sui miei cani, figuriamoci se riesco a farlo su tutta l'umanita'.

    Invece penso che hai pienamente ragione quando dici che ci si puo' anche accontentare di "decidere la direzione", perche' la rivoluzione non sappiamo come farla. Ecco, e' per questo che faccio consumo critico pure io.

    L'ipocrisia e' invece nella domanda che pongo a me stesso: ma se invece cominciasse questa rivoluzione, sarei davvero disposto a diventare povero per salvare il mondo? Credo che prenderei tempo con molti ehm... ecco... pero'.... e' che.....

    RispondiElimina
  25. Cominciamo da Pandoro: non ci sono problemi se ti diverti (anche mia madre si diverte alla Coop), basta che tu sia consapevole di quello che ci sta dietro un prodotto.

    Dario: se..se... se...
    come ti ho gia' scritto i "se" in campo economico non sono alla mia portata e li lascio agli economisti.
    Sposo completamente invece la tua tesi sul comprare di meno e farsi bastare di meno (sobrieta'). La sobrieta' (non la poverta') e' quello che viene ancora prima del consumo critico.
    La tua azienda chiuderebbe? Non e' detto (e si ritorna al campo dei "se" economici). Potrebbe convertirsi e produrre pezzi di ricambio di pannelli solari (tanto per dirne una).
    Se si cede al "ricatto" delle aziende, Dario, dobbiamo difendere anche la produzione delle aziende che producono armi per evitare che i lavoratori vadano a spasso.

    Piu' "povero" non vuol dire stare al freddo o vestire di stracci, puo' semplicemente vuol dire rinunciare al superfluo (che sarebbe gia' una grande rivoluzione).
    Non puntiamo sempre al tutto-o-nulla: gia' solo formare dei consumatori consapevoli, che prima di comprare una cosa si chiedono se veramente serve oppure se e' un bisogno indotto dalla pubblicita', che sanno leggere un'etichetta e capire (salvo frodi) cosa contiene quel prodotto, da dove viene, che comportamento ha l'azienda che lo produce, che impatto ha sull'ambiente quando sara' rifiuto, sarebbe una rivoluzione enorme anche lasciando pari pari lo stile di vita di questi consumatori.
    Se tutti i consumatori fossero attenti e informati come te (ma anche come Max e Giam), ma saremmo un bel pezzo avanti! Magari!

    RispondiElimina
  26. Cavoli, nel mio vocabolario la parola "se" e' quella piu' simpatica di tutte... e' un peccato non utilizzarla!!! :-)

    RispondiElimina
  27. Ed infatti ho lincato quell'articolo di Repubblica...

    RispondiElimina
  28. Ma inizi a riciclare anche i post adesso? Questo di come tu fai la spesa la sapevamo gia` da quel post vecchio che hai linkato... sei proprio un'ecologista pura che ricicla anche i post!!!

    :-P

    RispondiElimina
  29. Ma che simpatico, Marchino! A parte il fatto che ci avevo pensato a riciclare i post, perche' tanto i vecchi post non li legge nessuno, e comunque il tema di questo era la spesa al mercatale, non al supermercato. :-P

    RispondiElimina
  30. ALLORA ASCOLTATEMI BENE.
    Sono un responsabile di un LD,lombardini discount.
    Vorrei ovviare alla confusione sui discount che regna in questo 3d perchè mi sento un pò offeso.
    1)I PRODOTTI LD SONO DI QUALITA' perchè,forse voi non lo sapete,sono tutti di marca.Basta guardare gli stabilimenti di produzione,troverete delle sorprese Succhi di frutta sterilgarda,tagliatelle fresche rana,tonno palmera,fette biscottate colussi,i salumi sono quasi tutti beretta,etc etc.
    Perchè costa poco?Perchè il personale,e il cliente non può vederlo,si ammazza di lavoro.in più,i margini di guadagno sono minimi ma si punta alla quantità.Cioè,ci un prodotto costa 100.Al discount lo vendiamo a 150,guadagnamo 50 e copriamo quella fetta di mercato.Lo stesso prodotto in un iper lo vendiamo a 250 (cambiando confezione e packaging) e guadagnamo 150.Abbiamo venduto comunque coprendo diversi target di clienti,sia quelli disposti a spendere tot per un determinato prodotto sia quelli disposti a spendere di più per lo stesso prodotto presentato meglio.
    2-NON CI SONO PORCHERIE All'LD
    la cvatena del freddo è rispettata,le scadenze anche e siamo molto più puliti di certi ipermercati blasonati.Le nostre aziende produttrici sono tutte certificate ISO.

    RispondiElimina