In una puntata di Fahrenheit Radio3 di qualche tempo fa si è parlato di un fenomeno che ha colpito molto anche me: il fatto che i bambini e i ragazzi di oggi sembrano talvolta comportarsi da adulti in miniatura, sembrano aver perso quell'ingenuità, quella naturalezza, quella freschezza che è la cosa più bella dell'infanzia. L'ospite della trasmissione era la psicologa Anna Oliviero Ferraris che sull'argomento ha scritto La sindrome di Lolita, e della quale ho letto anche un altro libro sul rapporto bambini TV che mi è piaciuto.
I bambini, dice Anna Oliviero Ferraris, imparano moltissimo attraverso l'imitazione. Assorbono come spugne tutto ciò che li circonda e che sembra bello, promettente, di successo, ecc. Mentre nel passato rischiavano di essere sottostimolati mentre oggi sono iperstimolati. C'è un gran rumore intorno a loro che non consente loro di avere momenti di silenzio e di meditazione. Spesso i bambini stanno parecchie ore davanti agli schermi a sorbirsi una gran quantità di spot. Fenomeno molto italiano perché in altri paesi europei, durante i programmi destinati ai ragazzi, gli spot o sono vietati o possono passare solo prima e dopo l'inizio del programma ma non durante. Secondo i neurofisiologi, infatti, l'emozioni create da ciò a cui si assiste sono molto importanti per la memorizzazione. Chi si occupa di pubblicità sa benissimo che perchè un messaggio sia percepito bisogna che il cervello dello spettatore sia disponibile. Le trasmissioni hanno l'obiettivo di renderlo disponibile divertendo e rilassando.
Inoltre non sempre i bambini sanno cogliere l'ironia come quella dei cartoni di Southpark o dei Simpson. L'ironia aiuta a decodificare e a far prendere le distanze ma è una cosa che si sviluppa col tempo. I programmi di solito sono molto veloci e i bambini hanno una grande capacità di immedesimarsi e poco senso critico. Questo li rende particolarmente vulnerabili. E' il senso critico, sviluppato con l'esperienza, che consente di stabilire una distanza tra sé e il messaggio.
Un'altra cosa interessante e inquietante, a mio parere, è l'iscrizione precoce dell'identità di genere. Il bambino essendo un target viene quasi sempre semplificato. Anche le differenze di genere quindi vengono semplificate. Alle bambine si propongono prodotti che si ritiene debbano essere "da bambine" e viceversa. Gli studi invece dimostrano che, se il bambino è libero, si interessa a qualsiasi tipo di giocattolo. Anche ad un maschietto può piacere truccarsi, per esempio. Grazie alla ripetizione continua di un certo messaggio si arriva così ad una omologazione deprimente. I bambini sono molto diversi tra di loro e non è giusto omologarli secondo schemi così rigidi.
Infine oggi si assiste sempre più all'anticipazione di esperienze che dovrebbero avvenire ad un'età posteriore, alla cosiddetta adultizzazzione dei bambini. Siccome devono diventare anche loro degli acquirenti, si spingono il più presto possibile verso l'adolescenza convincendoli che sono molto più maturi di quanto non siano e che possono scegliere autonomamente. Inoltre molti bambini guardano programmi per adolescenti come i reality. Anche questo induce un'accelerazione della crescita e trasforma le bambine in piccole Lolite.
L'adultizzazione in realtà è un processo indipendente dal mercato, perché sono gli adulti che a volte spingono i bambini ad assumere atteggiamenti da adulti. Li considerano degli adulti in miniatura perché si riflettono loro sul bambino. La Oliviero Ferraris ci spiega che ciò accadeva anche nel Medioevo, poi a partire dal Seicento-Settecento, da Rosseau alla Montessori e tutti i pedagogisti dell'Ottocento ci è stato spiegato che il bambino è qualitativamente diverso da un adulto, ha una sensibilità diversa, ha una sua visione del mondo, e che si cresce per stadi successivi.
Già Aristotele aveva "scoperto l'infanzia" individuando vari stati di sviluppo ma quelle conoscenze sono andate perdute. Per secoli quindi c'era l'idea che il bambino crescesse solo "quantitativamente" ma non qualitativamente. Adesso con i media che semplificano tutto sembra che si stia tornando indietro. Ci offrono l'immagine di un bambino saputello, bambini che si atteggiano da adulti e ciò si intreccia con l'esigenza del mercato. A Londra recentemente hanno aperto un centro di bellezza per bambine dai 6 anni in su. Non si tratta del gioco del truccarsi che parte spontaneamente dal bambino, ma di un condizionamento indotto dall'esterno che fa loro recitare la parte dell'adulto.
I bambini, dice Anna Oliviero Ferraris, imparano moltissimo attraverso l'imitazione. Assorbono come spugne tutto ciò che li circonda e che sembra bello, promettente, di successo, ecc. Mentre nel passato rischiavano di essere sottostimolati mentre oggi sono iperstimolati. C'è un gran rumore intorno a loro che non consente loro di avere momenti di silenzio e di meditazione. Spesso i bambini stanno parecchie ore davanti agli schermi a sorbirsi una gran quantità di spot. Fenomeno molto italiano perché in altri paesi europei, durante i programmi destinati ai ragazzi, gli spot o sono vietati o possono passare solo prima e dopo l'inizio del programma ma non durante. Secondo i neurofisiologi, infatti, l'emozioni create da ciò a cui si assiste sono molto importanti per la memorizzazione. Chi si occupa di pubblicità sa benissimo che perchè un messaggio sia percepito bisogna che il cervello dello spettatore sia disponibile. Le trasmissioni hanno l'obiettivo di renderlo disponibile divertendo e rilassando.
Inoltre non sempre i bambini sanno cogliere l'ironia come quella dei cartoni di Southpark o dei Simpson. L'ironia aiuta a decodificare e a far prendere le distanze ma è una cosa che si sviluppa col tempo. I programmi di solito sono molto veloci e i bambini hanno una grande capacità di immedesimarsi e poco senso critico. Questo li rende particolarmente vulnerabili. E' il senso critico, sviluppato con l'esperienza, che consente di stabilire una distanza tra sé e il messaggio.
Un'altra cosa interessante e inquietante, a mio parere, è l'iscrizione precoce dell'identità di genere. Il bambino essendo un target viene quasi sempre semplificato. Anche le differenze di genere quindi vengono semplificate. Alle bambine si propongono prodotti che si ritiene debbano essere "da bambine" e viceversa. Gli studi invece dimostrano che, se il bambino è libero, si interessa a qualsiasi tipo di giocattolo. Anche ad un maschietto può piacere truccarsi, per esempio. Grazie alla ripetizione continua di un certo messaggio si arriva così ad una omologazione deprimente. I bambini sono molto diversi tra di loro e non è giusto omologarli secondo schemi così rigidi.
Infine oggi si assiste sempre più all'anticipazione di esperienze che dovrebbero avvenire ad un'età posteriore, alla cosiddetta adultizzazzione dei bambini. Siccome devono diventare anche loro degli acquirenti, si spingono il più presto possibile verso l'adolescenza convincendoli che sono molto più maturi di quanto non siano e che possono scegliere autonomamente. Inoltre molti bambini guardano programmi per adolescenti come i reality. Anche questo induce un'accelerazione della crescita e trasforma le bambine in piccole Lolite.
L'adultizzazione in realtà è un processo indipendente dal mercato, perché sono gli adulti che a volte spingono i bambini ad assumere atteggiamenti da adulti. Li considerano degli adulti in miniatura perché si riflettono loro sul bambino. La Oliviero Ferraris ci spiega che ciò accadeva anche nel Medioevo, poi a partire dal Seicento-Settecento, da Rosseau alla Montessori e tutti i pedagogisti dell'Ottocento ci è stato spiegato che il bambino è qualitativamente diverso da un adulto, ha una sensibilità diversa, ha una sua visione del mondo, e che si cresce per stadi successivi.
Già Aristotele aveva "scoperto l'infanzia" individuando vari stati di sviluppo ma quelle conoscenze sono andate perdute. Per secoli quindi c'era l'idea che il bambino crescesse solo "quantitativamente" ma non qualitativamente. Adesso con i media che semplificano tutto sembra che si stia tornando indietro. Ci offrono l'immagine di un bambino saputello, bambini che si atteggiano da adulti e ciò si intreccia con l'esigenza del mercato. A Londra recentemente hanno aperto un centro di bellezza per bambine dai 6 anni in su. Non si tratta del gioco del truccarsi che parte spontaneamente dal bambino, ma di un condizionamento indotto dall'esterno che fa loro recitare la parte dell'adulto.
Ciao.
RispondiEliminaCon M, la mia solita amica insegnante, abbiamo fatto una volta questo interessantissimo discorso. Chiaramente io non sono un esperto (il che non e' un problema, visto che non ho figli), e malauguratamente non lo e' nemmeno lei (il che invece e' un problema, visto che ha a che fare con ragazzi delle scuole medie). Ma tant'e', per come si mettono le cose nella scuola italiana, la sua buona volonta' e' gia' molto!
Oltre alla televisione, la mia amica individuava anche altre cause.
Innanzitutto, secondo lei, la confusione di ruoli tra adulti e ragazzi e' data anche dalla crisi delle famiglie. Nel migliore dei casi i bambini sono affidati a terzi perche' i genitori lavorano. Se ci sono i nonni e' gia' tanto, ma le madri non sono quasi mai a casa (ora, io non voglio dire che le donne devono fare tutte le casalinghe, ma in effetti questo e' un problema per i figli). In casi peggiori invece le famiglie sono separate. I padri vedono i figli solo in giorni e ore definiti, durante i quali non fanno i genitori ma si godono i ragazzi il piu' possibile. Le madri invece si occupano di tutto il resto. E poi magari ci sono anche i fidanzati delle madri e le fidanzate dei padri che confondono i ruoli ancora di piu'. Poiche' la vita e' piu' frenetica per i genitori, inoltre, la tv, il videogioco o altra attivita che intrattenga i figli e' una benedizione, anche se non si tratta di nulla di educativo per loro.
Poi c'e' il problema della varieta' di condizioni sociali e culturali tra i ragazzi. In una stessa classe infatti possono esserci ragazzi handicappati, immigrati, ricchi e poveri. Secondo me (e anche secondo M) questo non e' di per se un problema per i ragazzi che, se non condizionati, sarebbero in grado di integrarsi tra loro. Ma il condizionamento e' dato dall'ambiente in cui vivono (i genitori, gli insegnanti, la societa'), che fanno differenze tra gli uni e gli altri, il che produce barriere che inducono a creare artificiosi simboli di appartenenza. E allora l'abitino succinto della Lolita e' dato dal desiderio del gruppo cui vuole appartenere di identificarsi in cio' che e' ritenuto glamour secondo stereotipi creati dai media.
Dal canto mio rimpiango la cultura delle albicocche di nonno Gino, ora assolutamente improponibile. Forse ci vorrebbe un ritorno a quei tempi (eh, lo so, sa un po' di "vecchio" dire "ai miei tempi...", ma e' cosi', ai miei tempi la societa' era sostenibile, quindi o si torna a quei tempi, o si cerca un altro modello sostenibile!).
Oppure e' cosi' che deve andare? Cioe'... a volte mi chiedo se quei tempi sono davvero migliori secondo un metro assoluto oppure sono migliori per me semplicemente per il fatto che sono quelli in cui io sono cresciuto?
Beh, io da 'padre fiero' (come hai ben sintetizzato tu a un mio commento precedente, azzeccandoci in pieno) posso dire la mia.
RispondiEliminaE' vero, rispetto a quando ero piccolo io, la tv (purtroppo) funge sempre più da baby-sitter.
Drammaticamente, mi viene da dire, e non solo in quelle famiglie dove entrambi i genitori lavorano... nonnò, anche laddove la mamma è a casa e piazza il pargolo di fronte allo schermo per ore! I bambini, come dici anche tu, assorbono tutto ed è difficile, se non guidati da un adulto (che si deve impegnare e non 'subire' lo schermo) insegnar loro NON a 'vedere la tv' ma a 'guardare la tv'.
E anche vero che le alternative ESISTONO, basta entrare in una libreria per ragazzi per accorgersi quali e quanti passi da gigante ha fatto l'editoria per ragazzi, ma anche quella per bambini... finiti (per fortuna) i libri di Dick Bruna, tutti coniglietti e pupazzetti! Ora si introducono tutte le tecniche della grafica e dell'illustrazione per catturare (con successo) la loro attenzione.
Ma certo, comunque questo necessita pazienza e voglia...
Da noi a casa la tv viene accesa per Anna solo dopocena, per un'ora (anche meno) di dvd (Pingu) che lei guarda con noi. Ma da bambina (e alcuni 'vecchia guardia' inorridirebbero) gioca anche con le automobiline, e si ferma incantata di fronte alle ruspe quando ci sono i lavori per strada... insomma, non le precludiamo niente, è lei che decide (entro certi limiti!) con cosa giocare.
Per concludere, da capelli dritti... ma lo sai che in Inghilterra (ma anche in Francia) esiste una tv per... NEONATI? Studiata apposta per stimolarli con programmini semplici-semplici, di poche decine di secondi. Uno piazza il bebé (di pochi mesi) davanti lo schermo... e il gioco è fatto!
p.s. pare che tra pochi mesi verrà inserita anche da noi in qualche bouquet Sky o digitale terrestre...
Nestorbuma: pensavo che i genitori come te non esistessero... ma sei sicuro di essere terrestre?
RispondiEliminaNestorburma.ha proprio ragione: le alternative ci sono, sono faticose, ma ci sono. E non e' questione di mamme che lavorano quanto di quanti i genitori hanno voglia di dedicarsi ai figli oppure no.
RispondiEliminaDario, lo sai. Condivido il fatto che tutto e' legato alla fine al nostro modello di societa' consumista e convengo con il fatto che o si mette in discussione alla radice quello oppure il resto e' secondario. ("radice"? Ah, ecco perche' "radici italiane"!).
Pero' come ti ho scritto altre volte ho paura che io e te (forse te si' visto che hai ventotto anni ;-) ) la rivoluzione non la vedremo.
Allora mi sento piu' di appoggiare la posizione di Nestorburma e cercare un comportamento alternativo.
Lungi da me propormi come genitore esemplare, pero' ai miei figli fin da piccoli ho sempre fatto vedere i cartoni in cassette e dvd, mai in diretta. Quindi di pubblicita' se ne sono sorbita assai poca. Noi, d'altra parte la TV non la guardiamo mai (al massimo il TG3 quando cuciniamo). Ora sono fissi davanti al computer e questo sicuramente non e' bene pero' devo dire che sono piuttosto impermeabili alle mode e al consumismo.
Costa fatica guardare la TV insieme ai figli. E' molto piu' comodo "posteggiarli" davanti e farsi i fatti propri. Pero' io credo che sia importante.
Be'... nel lodare Nestorbruma ti ho completamente tralasciata perche' ti davo per scontata ;-)
RispondiEliminaE poi, comunque, i tuoi pargoli mi sa che sono piu' grandicelli della sua. E quindi, l'ottimo lavoro di N per te e' gia' acqua passata, o sbaglio? Insomma, hai abbassato un po' la guardia perche' non era piu' necessario tenerla alta.
Hai ragione, come al solito finisco a parlare dei massimi sistemi, e a te non piace tanto... pero' sopportami, che' son fatto cosi'.
Un'altra cosa, pensavo (un altro massimo sistema).
Se vedo una ragazzina di dodici anni che fa una danza sexy in piedi su un banco truccatissima, ombelico fuori e gonnellina succinta (come e' capitato a M di vedere durante l'intervallo) mi si rivolta lo stomaco pensando che "ai miei tempi" ste cose non succedevano (lungi da me l'essere scandalizzato, e' che mi pare che queste cose fisiologicamente non appartengano a quell'eta', e quindi mi rattrista vederne la costrizione artificiosa).
Pero', come dicevo, e' anche vero che questa considerazione parte da una mia visione della realta' che dipende sostanzialmente dall'ambiente in cui io sono cresciuto, il quale e' diverso da quello di oggi.
Evidentemente quei dodicenni non ci vedono niente di moralmente negativo, e loro costruiranno una societa' con dei valori diversi, nella quale l'atteggiamento erotico delle dodicenni e' accettato come per noi era accettato il bigliettino fatto avere di nascosto alla compagna di classe di cui si era innamorati.
Non solo ti sopporto, Dario, ma ti apprezzo proprio perche' sei cosi'!
RispondiEliminaL'episodio che citi calza a pennello con la tesi della Oliviero Ferraris, che io condivido. Quanto quell'atteggiamento della ragazzina e' proprio della sua eta' e quanto e' indotto dagli adulti?
Io non credo che sia solo una questione dei tempi che cambiano.
Dimenticavo: certi problemi che attraversa Nestorburma con la sua piccola ovviamente per me sono passati ma il discorso non cambia. Ieri sera per esempio mio figlio grande mi ha chiesto di vedere AnnoZero che avevo registrato giovedi' scorso. Ti diro' che avevo un gran sonno e avrei preferito andare a dormire presto. Cio' nonostante ho ritenuto importante guardarlo insieme per poterne parlare e per spiegargli le cose che poteva non aver capito (l'argomento tra l'altro era delicato, razzismo ecc.). Sarebbe stato molto piu' comodo schiaffargli la cassetta e andare a letto.
RispondiEliminaCerto, immaginavo. Per questo dicevo che hai abbassato UN PO' la guardia... dài... quand'erano piccoli era piu' difficile, no? Ora saranno in grado di prendere qualche decisione autonomamente!
RispondiEliminaSi', certo, la colpa e' degli adulti, nel senso che i tempi cambiano mica per sconvolgimenti naturali, invasioni extraterrestri o epidemie. I tempi cambiano perche' gli adulti li fanno cambiare...
Scusa la battuta provocatoria, ma quel che voglio dire e' che non credo che la ragazzina lolita sia cosi' perche' i suoi genitori vogliono che lo sia (forse anche questo fenomeno e' in taluni casi vero, ma non era questo quel che volevo dire). Piuttosto la ragazzina, e' condizionata dalla TV e dal suo branco, che e' condizionato dalla TV anche quello, e il ruolo (negativo) dei genitori e' quello passivo di non agire in contrasto a questo fenomeno nell'educazione della loro figlia.
Cio' non toglie che la TV e' fatta cosi' perche' gli adulti l'hanno fatta cosi', mica si e' evoluta da sola!
Per coloro che decidono come deve essere fatta la tv (adulti) e' piu' importante vendere che non educare i ragazzi.
Poi pero' devo anche ammettere che anche quando ero ragazzino io non e' che gli adulti fossero veramente piu' etici di quelli di adessi. Solo erano un po' meno esperti. C'e' la tecnologia di mezzo, e la tecnologia non e' che si sia inventata da se', ma sono quegli stessi adulti ad averlo fatto.
Insomma, credo che non sia una questione di tempi che passano, perche' il centro degli interessi degli adulti (presi come categoria) non e' mai stato il benessere dei ragazzi (come categoria), ma il proprio portafoglio. E con i tempi, quindi, il portafoglio s'e' sempre piu' ingrossato e il benessere dei ragazzi sempre piu' assottigliato. Salvo il fatto che i ragazzi di allora sono gli adulti di oggi.
Condivido la teoria di Dario,è tutto legato all'economia,e l'economia la fa girare prevalentemente il mondo degli adulti.Io sono già attempata ,figlia del boom economico degli anni '60, ricordo perfettamente le pubblicità dei giocattoli dell'epoca .Ricordo anche il sottile senso di invidia quando da bimba vedevo certe scarpine indossate dalle mie compagne di scuola e mai da me,troppo care mia madre non le comprava.Fino a quattro anni fa mia figlia, nel periodo delle elementari era una continua lamentela perchè certe sue compagne avevano certe cose e lei no,eppure quei genitori erano miei coetanei ma non si ponevano nessun problema ad aprire il portafogli per delle sciocchezze.La società di oggi è stata formata dal sistema educativo degli attuali nonni,e prossimamente vi sarà quella degli attuali genitori, futuri nonni.Sinceramente non mi sembra che sia stato fatto un buon lavoro.Arte non mi venire a dire che sono andata fuori tema, quando fai la maestrina mi fai venire gli sghiribizzi.
RispondiEliminaAnche a me piace la Oliviero Ferraris e anch'io diversi anni fa, quando avevo i figli ancora adolescenti avevo letto "Tv per un figlio".
RispondiEliminaOra sono adulti e vaccinati (spero) e, dal punto di vista dei problemi da lei (e da te) affrontati, non rimpiango gli anni della loro adolescenza.
Carla: mi garba quando ti faccio venire gli sghiribizzi :-)))
RispondiEliminaScherzi a parte, tu non trovi che i bambini e ragazzi di oggi crescono troppo in fretta? Cioè abbandonino troppo presto gli atteggiamenti sanamente infantili per acquisirne altri da piccoli adulti?
Irnerio: ecco era proprio quello il libro "TV per un figlio".
@dario: grazie per avermi considerato un extraterrestre... ma ne riparleremo quando Anna sarà alle prese con i compiti, le prime uscite con le amichette, il confrontarsi con loro (per esempio: le Winx!), il volere le loro cose, magari comportarsi come le altre. Per ora posso solo dire che mi sembra ovvio (non da extraterrestre) comportarmi così con mia figlia (ha venti mesi).
RispondiEliminaSennò si finisce per diventare quei 'casi clinici' (studiati o no) che vedo talvolta (molto distrattamente) a 's.o.s. tata' chiedendomi: 'ma questi come credono di dare una parvenza di educazione e cultura ai propri figli? potevano fare a meno di farne, se pensavano fosse facile!'
(occhio: ora mi aspetto una valanga di critiche del genere: ma mica è detto che uno li voglia per forza... in alcune situazioni ambientali-culturali 'arrivano')
@artemisia: urca! Annozero! pensa che spesso non lo reggo neppure io che ho quarant'anni!!!
Considerazioni sparse e disorganiche e disordinate:
RispondiElimina- non per gusto della provocazione, ma mi verrebbe quasi la tentazione di rovesciare i termini: non sono i bambini che crescono troppo in fretta, ma sono gli adulti che non crescono. Non notate che l'adulto vuole e deve essere "ggggiovane" ad ogni costo? sopratuttto perchè funziona l'equivalenza "giovane = vincente". Gli adulti "non vogliono pensieri per la testa". Quale è la lamentela tipica del ggggiovane genitore? "Ehhh... adesso, da quando c'è lui/lei (figlio/a) non si possono fare più le vacanze/uscire la sera/andare in giro"... Vogliono essere "spensierati" fare la vita dei filmati pubblicitari. E vogliono i figli gggiovani e vincenti (ove per vincenti intendesi vincenti stile "nuovi mostri" della commedia all'italiana).
- le ragazzine vestite a strafica dai dodici anni in su, mi mettono 'na tristezza...: quando è che le donne capiranno che la bellezza non è essere uguali a tutte le altre? Qualche sera fa capitai in "centro" di sabato: i ragazzi e le ragazze erano tutti/e identici...
- forse starei attento a non sacralizzare l'infanzia o i "miei tempi" (che anche io inizio a rimpiangere...): per es. non è che imbecillità giovanili scarseggiassero ai "miei tempi".
- il peggior guaio della tv è a mio modesto giudizio, l'induzione della passività.
Ciao a tutti... e scusate il mio caos espositivo
Nestorburma: ebbene sì, ci stupisce tutti il fatto che mio figlio quindicenne abbia una passione per Anno Zero (probabilmente gli piacerebbe anche Porta a porta ma io mi rifiuto di registrarlo). Riguardo alle Winx, Witch o Bratz mi sa che ti devi rassegnare. In ogni caso credo che conti molto quello che hai seminato soprattutto quanto all'esempio che tu e tua moglie avete mostrato con il vostro comportamento.
RispondiEliminaGiam: sì, può essere che ci sia un rifiuto di crescere per gli adulti, salvo poi non mollare mai nessun tipo di poltrona, poltroncina o sgabello ai giovani (quelli anagraficamente autentici).
Inoltre l'omologazione tra gli adolescenti è normale, era così anche ai tempi nostri. La cosa che trovo preoccupante è la precocità. Non parlo solo di dodicenni. Prova a guardare le bambine delle elementari per esempio.
Lungi da me considerare "dorati" i nostri tempi, per carità.
Giam, seguendo punto a punto il tuo caos espositivo ;-)
RispondiEliminaE' proprio vero, sono gli adulti che non crescono.
Mi pare davvero patetico l'adulto che si atteggia a gggiovane. Ma se lo fa, 'azzi suoi. Il problema pero' si pone se c'e' il figlio che, per colpa dell'atteggiamento gggiovane del genitore (o dell'adulto in genere) non ha piu' un punto di riferimento di cui invece avrebbe bisogno. E si confondono i ruoli. Insomma, quel che voglio dire e' che uno dei motivi per cui il ragazzo si atteggia ad adulto e' proprio che l'adulto si atteggia a gggiovane. Rifuggi dai genitori che con orgoglio affermano di avere un rapporto di "amicizia" con i figli. E no! se i figli hanno bisogno di amici vadano dai coetanei! Quando hanno bisogno di un genitore e trovano un amico poi son fottuti. La precocita' dell'atteggiamento adulto dei ragazzi e' dovuto in parte all'incapacita' (o rifiuto) di avere un atteggiamento adulto da parte degli adulti.
Ai miei tempi non si era tutti uguali perche' c'era il genitore che te l'impediva. Pero' noi si avrebbe voluto esserlo! Quindi non e' il desiderio di imitazione per essere accettati dal gruppo la cosa negativa, ma la soddisfazione incondizionata di quel desiderio ad esserlo, perche' genera omologazione. Non e' l'abito che fa il monaco, ma a lungo andare, se continuo a vestirmi da monaco, va a finire che comincio a pensarla come un monaco. Il gruppo di ragazzi vestiti tutti uguali non mi spaventa perche' sono vestiti tutti uguali, ma perche' la pensano (o la penseranno) tutti uguali, ecco.
I miei tempi erano ben lungi da essere bei tempi. C'erano delle cose davvero terribili. Per esempio la violenza sui minori era molto piu' diffusa ma nessuno ne parlava (o almeno credo che fosse cosi'... non so... nessuno ne parlava....). E poi c'era decisamente piu' poverta', e maggiore incertezza. Oggi sono piu' fortunati perche' possono fare quel che vogliono e andare dove vogliono, prima invece non lo potevano fare perche' non c'erano i soldi e le occasioni per farlo. E poi, come dici tu, le imbecillita' giovanili, allora non scarseggiavano affatto. La differenza e' che i miei tempi erano sostenibili, questi tempi non lo sono. Quei tempi hanno generato coscienze di gruppo, questi non lo faranno, perche' l'imbecillita' allora era una seppur diffusa eccezione, adesso invece, anche ammesso che sia meno diffusa, e' piu' pericolosa, perche' costituisce il modello della societa'. Insomma, la bambina lolita forse c'era anche allora, solo che non veniva seguita come modello, ecco.
@dario: concordo appieno con il tuo ultimo commento.
RispondiEliminaAnche 'ai miei tempi' c'era - forse o perlomeno alla luce della società di oggi , tutti firmatissimi - meno uniformità. Ci si sbatteva allegramente dei vestiti omologanti e dei comportamenti da branco-pecoroni. I vestiti 'alla moda' semplicemente NON esistevano! C'era il superlusso (Gusella ecc.) o il grande magazzino... così ognuno andava in giro vestito come gli pareva.
Si giocava 'a fare gli adulti'; era -appunto- un gioco... ora invece è realtà!
Anch'io sono d'accordo con Dario. Riguardo all'omologazione e a quei ragazzi che ne rifuggono (e che per fortuna ci sono in tutti i tempi, anche adesso) mi e' venuto in mente un bel post di un blogger scoperto recentemente Rigeneration X. Io penso che quando un ragazzo o una ragazza hanno cervello, pur sentendo comprensibilmente l'attrazione per il branco, riescono a mantenere la propria personalita' anche al prezzo di sentirsi pesci fuor d'acqua (o mosche bianche, pecore nere o "normalisti", come racconta appunto Belphagor nel post di cui sopra).
RispondiElimina....
RispondiEliminauhm....
...Possibile? Di' giuro ;-)
Abbi fede! Ti posso fare anche un altro esempio cosi' al volo:
RispondiEliminahttp://lavocedilorenzo2.blog.kataweb.it/
Nei pargoli che conosco personalemnte non mi pare che siano cresciuti tanto in fretta.Quei pochi esempi di fanciulli/e che tentano di imitare il mondo degli adulti è dovuta all'assenza fisica del genitore,vuoi perchè lavorano fino a tardi, vuoi perchè se ne fregano, ecc.La realtà che vedo in questo spaccato di provincia dove vivo è questa.
RispondiEliminaUna sola nota: quei bimbi spesso sono figli di genitori che guardano la televisione senza nessun senso critico e con la stessa capacità di immedesimarsi dei bambini.
RispondiEliminaCiao, un bacio....
AIUTOOOO!!!!!!!
RispondiEliminaIL BLOG DI FINAZIO E' STATO RIMOSSO.
SPERO SOLO CHE SIA STATA UNA SUA DECISIONE... CHI NE SA DI PIU' PARLI!
Ciao passo per un saluto e per invitarti a passare dal mio blog dove pubblicizzo un'iniziativa che ritengo importante. Ora più che mai bisogna "far rete"...
RispondiEliminaSe ti ho già contattato, ritieni il mio passaggio un saluto.
Buona giornata :)
Minchia, ma sti scambi di link mi stanno facendo scappare la voglia di essere popolare come voi altri bloggatori incalliti!
RispondiElimina