Giulia Alberico, "Cuanta pasion!"
A Fahrenheit Radio3 spesso si parla di scuola, spesso purtroppo, lanciando allarmi come nella puntata sul Rapporto 2009 della Fondazione Agnelli nella quale è stato evidenziato come si stia allargando il divario quanto a qualità tra nord e sud, come la scuola abbia perso, rispetto a qualche anno fa, la funzione di motore della mobilità sociale in un equilibrio perverso dove i figli dei genitori più acculturati e più benestanti tendono ad andare nei licei (soprattutto di certi quartieri) che contemporaneamente attirano anche gli insegnanti migliori.
Eppure, in un'altra puntata, ascoltando l'intervista a Giulia Alberico sulla sua trentennale esperienza di insegnante per un attimo mi è sembrato di toccare con mano la scuola che piace a me ed il fascino di un mestiere che sin da piccola sognavo di fare.
Con la sua voce calda, la professoressa ha parlato della sua idea di scuola inclusiva, che integra, non sanziona e non perde i ragazzi per strada, dove ogni volta bisogna relazionarsi e negoziare rispetto ai propri principi astratti, dove "ogni volta bisogna rimettere insieme le coordinate e rilanciare la sfida".
L'Alberico definisce il suo lavoro "una splendida occasione per esprimere il mio modo di stare al mondo". "Adoro le materie che ho studiato e mi è piaciuto trasmetterle all'interno di una relazione che spesso è stata frustrante, faticosa e anche un'enorme sfida, ma quando mi ha dato, perché mi ha dato, tanto è bastato perché io rilanciassi".
E poi ha raccontato della letteratura come strumento per capire il sé e il mondo, come "un tappeto srotolato sotto i nostri piedi". "Le cose passano se c'è entusiasmo.", dice Giulia Alberico, "L'entusiasmo per sua natura è gratuito e spesso è anche contagioso".
Emergono dalla sua analisi due modelli radicalmente diversi di fare l'insegnante: chi segue il programma e si limita a quello e chi entra con i ragazzi in una relazione legata alle esperienze di essi. Sembra come una scelta di partenza. Un bivio iniziale. La passione per la propria materia diventa una passione per la vita anche attraverso quella materia.
Un'altra cosa che mi è piaciuta tra quelle che ha sottolineato la professoressa è che il sapere è una cosa complessa e l'insegnante dovrebbe abituare alla complessità, combattendo il pensiero elementare di cui spesso sono portatori i ragazzi (per es. tutti per la pena di morte). Assecondarli nel pensiero elementare facilita la vita degli insegnanti così come un politico fa presto ad assecondare i pensieri elementari della gente. Analizzare, discutere, andare a fondo delle questioni è più faticoso, ma è ciò che permette la crescita.
Un mestiere temerario insomma, una sfida dove sai come entri ma non come ne esci.
Eppure, in un'altra puntata, ascoltando l'intervista a Giulia Alberico sulla sua trentennale esperienza di insegnante per un attimo mi è sembrato di toccare con mano la scuola che piace a me ed il fascino di un mestiere che sin da piccola sognavo di fare.
Con la sua voce calda, la professoressa ha parlato della sua idea di scuola inclusiva, che integra, non sanziona e non perde i ragazzi per strada, dove ogni volta bisogna relazionarsi e negoziare rispetto ai propri principi astratti, dove "ogni volta bisogna rimettere insieme le coordinate e rilanciare la sfida".
L'Alberico definisce il suo lavoro "una splendida occasione per esprimere il mio modo di stare al mondo". "Adoro le materie che ho studiato e mi è piaciuto trasmetterle all'interno di una relazione che spesso è stata frustrante, faticosa e anche un'enorme sfida, ma quando mi ha dato, perché mi ha dato, tanto è bastato perché io rilanciassi".
E poi ha raccontato della letteratura come strumento per capire il sé e il mondo, come "un tappeto srotolato sotto i nostri piedi". "Le cose passano se c'è entusiasmo.", dice Giulia Alberico, "L'entusiasmo per sua natura è gratuito e spesso è anche contagioso".
Emergono dalla sua analisi due modelli radicalmente diversi di fare l'insegnante: chi segue il programma e si limita a quello e chi entra con i ragazzi in una relazione legata alle esperienze di essi. Sembra come una scelta di partenza. Un bivio iniziale. La passione per la propria materia diventa una passione per la vita anche attraverso quella materia.
Un'altra cosa che mi è piaciuta tra quelle che ha sottolineato la professoressa è che il sapere è una cosa complessa e l'insegnante dovrebbe abituare alla complessità, combattendo il pensiero elementare di cui spesso sono portatori i ragazzi (per es. tutti per la pena di morte). Assecondarli nel pensiero elementare facilita la vita degli insegnanti così come un politico fa presto ad assecondare i pensieri elementari della gente. Analizzare, discutere, andare a fondo delle questioni è più faticoso, ma è ciò che permette la crescita.
Un mestiere temerario insomma, una sfida dove sai come entri ma non come ne esci.
Bello questo tuo post; è vero che nel nostro lavoro si dà mille, ma spesso si riceve in cambio centomila. Io mi riconosco nella categoria "insegnante - appassionato/a - che- aveva- la- vocazione- fin- da- piccolo/a; a volte, però, invidio i colleghi più "professionali" (ad esempio nel mondo anglosassone e in Francia) che hanno un maggior distacco, ma sono forse più equilibrati di me nel loro approccio. Nel senso che mettendo nel lavoro così tanto di me stessa, succede che se sono, ad esempio, molto arrabbiata, ciò influisca negativamente sulla mia "performance" di insegnante-animatrice: cosa che non dovrebbe mai accadere, si sa. Ciao e scusa se il commento è un po' lungo.
RispondiEliminaFigurati, Licia! Averne di bei commenti così!
RispondiEliminaNon sapevo di queste differenze tra gli insegnanti italiani e quelli di altri paesi. Interessante. L'Alberico dice che si può essere anche un "buon insegnante di programma". Forse è questo il modello all'estero. Diciamo un po' diverso dal professore de "L'attimo fuggente":-)
A presto!
bellissima figura di insegnante; una insegnante globale
RispondiEliminamarina
Un gran bel post, cara amica. Non conoscevo la prof ed è confortante sapere che esistono insegnanti come lei.
RispondiEliminaLe considerazioni che hai aggiunto, poi, sono di notevole interesse e ti accreditano di grandi capacità di interpretazione, di ascolto, di riflessione, di refrattarietà, in altre parole, alla banalità. Con l'intelligenza ben adoperata. Ottima cosa.
Una sola considerazione, tra le tante che stimoli. La banalizzazione, che ha invaso la psuedo cultura degli adolescenti e la semplificazione di ogni situazione, mutuata dalle televisioni e riflessa nel vuoto cerebrale dei legaioli (per esempio) sono virus che stanno devastando l'ossatura sociale del vivere civili. Da qui il razzismo e l'intolleranza.
Permettimi, infine, di aggiungere che considero il ruolo dell'insegnante e della scuola come fondamentali e imprescindibili. Non a caso nell'Italia devastata dalle "veline" e dai "tronisti" (peggio delle cavallette) l'istruzione è relegata in uno scantinato e la scuola pubblica smantellata dalla coppia criminale del mini-stro Renatino Brunetta e dalla somara unica Gelmini.
Ma poi se esistono insegnanti come la prof e madri come te, ci si deve aggrappare all'ottimismo.
Grazie.
Grazie, Frank. Troppo onore. Quando a madre, dovresti chiedere ai miei figli: credo che non sarebbero d'accordo con il tuo lusinghiero giudizio. ;-)
RispondiEliminaMi riservo il diritto di correggere dopo che avrò sentito l'intervista (non posso ascoltarla ora), ma vorrei sapere cosa si intende con "scuola inclusiva" che "integra, non sanziona e non perde i ragazzi per strada." Perché a me suona tanto come la grande utopia che in questi decenni si è tentato in tutti i modi di realizzare, con il risultato di portare a livelli infimi la qualità dell'insegnamento. Una scuola che dia veramente a tutti la possibilità di una cultura deve essere selettiva.
RispondiEliminahttp://migalhasliterarias.blogspot.com/
RispondiEliminasu cuanta pasion!