mercoledì 6 maggio 2009

Ci sono ragazzi che... /3

Se le ragazze devono fuggire dalle aspettative di bellezza imposte dalla società, dai media e anche, purtroppo, da alcuni genitori, i maschi non stanno molto meglio quanto a pressioni.
Avete mai sentito parlare degli Hikikomori?
Quando ne avevo sentito parlare in un documentario tempo fa ,mi era sembrata una cosa un po' esotica, mentre ascoltando la puntata di Fahrenheit sull'argomento ho capito che anche i nostri ragazzi, soprattutto i maschi, potrebbero non essere esenti da questo tipo di reazione davanti alle difficoltà di socializzazione.
Si tratta, come spiega Carla Ricci, antropologa autrice di Hikikomori: adolescenti in volontaria reclusione, di giovani (pare più di un milione in Giappone) che, in modo apparentemente improvviso e per motivi oscuri, si ritirano nella propria stanza per un periodo che va da un minimo di sei mesi fino ad alcuni anni. La loro reclusione molto spesso è totale, cioè senza mezzi di comunicazione, ma talvolta questi giovani usano internet per comunicare con altri ragazzi nella loro situazione.
Secondo la Ricci la causa principale è che in Giappone la pressione scolastica è molto forte, chi non è dentro gli schemi non si sente accettato e attua questa resa sociale di fronte alla competizione sfrenata per chiudersi nella famiglia come in una sorta di nascondiglio. Essi invertono il ritmo giorno-notte e si dedicano a ripetitivi videogiochi allo scopo di "azzerarsi". Si tratta principalmente di figli maschi perché sono quelli che più subiscono la pressione sociale.
E' vero che in Italia per fortuna le aspettative di successo scolastico sono meno pressanti ma lo psicologo Antonio Piotti, che lavora presso la cooperativa Minotauro di Milano ed è quindi a contatto con adolescenti italiani con problemi, afferma che anche tra i suoi pazienti ci sono ragazzi in Hikikomori.
Qualche campanello di allarme si accende nella mia mente pensando ai miei figli, alla loro timidezza, alle tante ore che passano davanti al computer, alla loro tendenza a sfuggire i problemi. La nostra scuola non è impegnativa come quella giapponese ma il rapporto con essa come luogo relazionale può essere molto sofferto per i ragazzi.
Per fortuna però l'atteggiamento delle famiglie italiane e di quelle giapponesi è abbastanza diverso. In Giappone, secondo quanto dice la professoressa Ricci, i genitori dei ragazzi in Hikikomori non ne parlano con nessuno perché si vergognano di avere un figlio che in Giappone viene considerato come un parassita. Invece, intervenendo per tempo, prima cioè che il ragazzo perda di lucidità e che la paura del "fuori" sia troppo forte, si può superare il blocco.

14 commenti:

  1. Interessante Arte, non ne sapevo nulla. Quasi quasi chiedo ad Uraky di farci una puntata della sua rubrica (non appena il figlio avrà smesso di tenerlo sveglio tutta la notte).

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  2. Infatti pensavo proprio a lui mentre sentivo la trasmissione. Facci sapere. Ma come! Il figlio appena nato ha gia' scambiato il ritmo giorno/notte come un hikikomori?
    E si va di nulla! :-))

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  3. Credo che un rifiuto della società di questo tipo sia difficile in italia: in giappone forse c è una cultura individualista (so che sembra assurdo dire che i giapponesi sono individualisti, ma secondo me è così) che predispone alla chiusura come rifiuto, ho l impressione che da noi tale rigetto potyrebbe assumere forme maggiormente "consociative" (vedi anche le "bande giovanili").
    Ciao Arte!!

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  4. Si', Belphagor, ci sono delle grosse differenze culturali tra la nostra societa' e quella giapponese. Per esempio nella trasmissione parlavano della tradizionale propensione alla meditazione che puo' avere influito nelle scelte di questi ragazzi.
    Cio' nonostante non credere che tutti i giovani reagirebbero al disagio con atti "esterni" tipo bande. Ci sono anche quelli che si chiudono a riccio (ne conosco un paio).

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  5. Un piacere rileggerti dopo un po' di tempo Arte e mi piace constatare che la tua attenzione verso il mondo che ci circonda sia da vicino che da lontano e' sempre alta.
    Un caro saluto
    Dona

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  6. Be', io ne ho conosciuto uno che un po' dopo l'adolescenza però (appena iniziata l'università) si è chiuso in casa. Una forma di depressione, si è detto. Di "pigrizia", di incapacità di affrontare la vita "fuori", la società, le sue dinamiche, le sue aspettative.
    Ancora oggi (siamo coetanei) che io sappia non ha ritrovato un equilibrio vero e proprio.
    Sapere che è un "fenomeno" e che c'è chi, anche in italia, comincia ad occuparsene è interessante.

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  7. Ciao, Dona: ben tornata!

    Benvenuta, Nandina! Sì, ora che ci penso qualcosa del genere è successa anche ad un compagno di mio figlio alla scuola media. Non è un fenomeno così "esotico" come sembra a prima vista.

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  8. Mah... Hikikomori? non ne avevo mai sentito parlare.
    Mi chiedo se la sindrome puo' derivare solo dalla pressione delle aspettative sociali sulla scuola o in genere su qualunque risultato nella vita.
    Mi pare che se in Italia la pressione scolastica non e' cosi' opprimente, ci sono altri aspetti sociali cui ci si aspetta che i ragazzi si adeguino, a prescindere dalla loro capacita' di farlo.

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  9. Cominciava così con mio figlio maggiore, preferiva isolarsi e passare il suo tempo con i video giochi. Io notavo e di tanto in tanto gli ricordavo che sarebbe stato bello uscire con gli amici che conoscevo e frequentavano casa per studiare, mentre quando giungeva il fine settimana lui restava chiuso in casa, in praticava usciva solo per andare a scuola. Aveva diciannove anni e ancora non passava il sabato sera con gli amici, allora un giorno ho parlato segretamente con il suo amico del cuore e gli ho chiesto di portare con sé mio figlio. Da quel giorno le cose sono cambiate, il ragazzo si è inserito bene, ha un lavoro da tempo ed è sposato felicemente, in più gli piace tantissimo la compagnia. Credo che i ragazzi vadano stimolati con tatto, senza essere oppressivi.
    Interessante post, ti lascio un abbraccio.
    Annamaria

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  10. Grazie, Annamaria, della testimonianza. Infatti, il pericolo di isolarsi lo vedo anche nei miei figli. Spero però che si tratti più che altro di periodi che uno attraversa. Il grande (16 anni) per esempio vedo che lo ha superato. Non è il primo a cercare gli amici ma se gli telefonano esce sempre.
    Il piccolo (13 anni) invece, che era molto più compagnone, ora si sta un po' chiudendo. Per fortuna però c'è il calcio, di cui è ancora molto appassionato, che lo stimola ad uscire e a frequentare i ragazzi.
    Bisogno sempre essere vigili e discreti come suggerisci tu.

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  11. Grazie, Annamaria, della testimonianza. Infatti, il pericolo di isolarsi lo vedo anche nei miei figli. Spero però che si tratti più che altro di periodi che uno attraversa. Il grande (16 anni) per esempio vedo che lo ha superato. Non è il primo a cercare gli amici ma se gli telefonano esce sempre.
    Il piccolo (13 anni) invece, che era molto più compagnone, ora si sta un po' chiudendo. Per fortuna però c'è il calcio, di cui è ancora molto appassionato, che lo stimola ad uscire e a frequentare i ragazzi.
    Bisogno sempre essere vigili e discreti come suggerisci tu.

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  12. Grazie, Annamaria, della testimonianza. Infatti, il pericolo di isolarsi lo vedo anche nei miei figli. Spero però che si tratti più che altro di periodi che uno attraversa. Il grande (16 anni) per esempio vedo che lo ha superato. Non è il primo a cercare gli amici ma se gli telefonano esce sempre.
    Il piccolo (13 anni) invece, che era molto più compagnone, ora si sta un po' chiudendo. Per fortuna però c'è il calcio, di cui è ancora molto appassionato, che lo stimola ad uscire e a frequentare i ragazzi.
    Bisogno sempre essere vigili e discreti come suggerisci tu.

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  13. interessante questo post, Artemisia; ne ho sentito più volte parlare di questi giovani giapponesi, ma anche da noi alcuni ragazzi hanno dei problemi di un certo tipo
    Ci sono o ci sono stati dei miei alunni che fuori da scuola si rintanano in casa e non frequentano più nessuno: chattano, giocano con le playstation, guardano la tv ma si isolano ...
    un problema serio di cui a volte i genitori non prendono in consideraione o non capiscono in tempo, purtroppo...

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