Come capa sono una schiappa. La mia timidezza, la mia insicurezza, il fatto che, per usare le parole di Belphagor, "non ho imparato ad avere ragione e mi sembra di aver torto anche quando non è così", tutto ciò fa sì che i miei collaboratori non mi filano più di tanto. "Per forza, mamma," dice mio figlio tredicenne, "tu sei la boss buona!"
Meglio lasciar perdere questo argomento.
Invece come collaboratrice francamente non mi sento niente male. Mi sembra di avere la giusta dose di iniziativa, cioè credo di saper giudicare quando posso prendermi la responsabilità di decidere autonomamente e quando invece è giusto che il mio capo debba essere consultato e/o informato.
In ventisei anni di lavoro ho cambiato diversi capi. Dopo i primi dieci anni di mobbing ad opera di una capoufficio di cui ho già parlato, sono riuscita, per fortuna, a non avere nessuno sopra di me eccetto il direttore. Il direttore da noi cambia ogni 3/6 anni perchè si tratta di un incarico protempore a cui i professori universitari si dedicano solo per il bene dell'ente in quanto l'indennità che percepiscono non li remunera certo delle rogne che si devono prendere.
Nella mia vita lavorativa ho cambiato sei direttori e più o meno mi sono sempre trovata bene con tutti. Più o meno. Ho sempre avvertito la loro stima anche se si trattava di persone assai diverse tra loro.
Il direttore che mi nominò capufficio, otto anni or sono, era una persona con un grosso senso del dovere e dell'etica. Era mal tollerato in istituto perchè entrava nel merito della più piccola spesa. Qualcuno lo considerava semplicemente tirchio. Però io mi ci rivedevo nel suo carattere. La sua presenza costante dava a noi dell'ufficio un certo senso di soffocamento, ma a me questo stimolava a fare le cose con più cura perchè mi seccava che mi facesse notare, pur con tutta l'educazione del caso, i miei errori.
Il direttore successivo delegava molto di pìù anche se non si sottraeva mai alle decisioni. Molto più assente del precedente, mi dava però sicurezza perchè, quando mi è capitato di chiedergli aiuto nell'affrontare una situazione interrelazionale, l'ho trovato sempre pronto a togliermi le castagne dal fuoco utilizzando la sua posizione. Era anche un tipo simpatico e molto ironico anche se ci siamo sempre mantenuti su un piano formale e non mi ha mai parlato della sua vita privata.
L'attuale direttore ha tutto un altro carattere. E' il classico compagnone, simpatico, affettuoso, un po' casinista e poco avvezzo alle formalità. Umanamente è sicuramente superiore a tutti i direttori che ho avuto. Per esempio è molto bravo a smussare le questioni tra le persone, anche tra i suoi pari. Però ha un carattere totalmente diverso dal mio: espansivo e permissivo. Questo mi destabilizza un po' e soprattutto, lo confesso, non mi fa venire voglia di lavorare. Già gli anni che passano demotivano, l'assenza di validi meccanismi di incentivazione nel pubblico è nota, se poi lui, quando mi sento un briciolino in colpa per non aver fatto tutto il mio dovere, mi dice che ho fatto anche troppo, allora sì che mi passa la poca voglia che ho. E tra i miei collaboratori questa atmosfera lassista non e' proprio quello che ci vuole.
In ogni caso accontentiamoci, aspettando il prossimo.
Meglio lasciar perdere questo argomento.
Invece come collaboratrice francamente non mi sento niente male. Mi sembra di avere la giusta dose di iniziativa, cioè credo di saper giudicare quando posso prendermi la responsabilità di decidere autonomamente e quando invece è giusto che il mio capo debba essere consultato e/o informato.
In ventisei anni di lavoro ho cambiato diversi capi. Dopo i primi dieci anni di mobbing ad opera di una capoufficio di cui ho già parlato, sono riuscita, per fortuna, a non avere nessuno sopra di me eccetto il direttore. Il direttore da noi cambia ogni 3/6 anni perchè si tratta di un incarico protempore a cui i professori universitari si dedicano solo per il bene dell'ente in quanto l'indennità che percepiscono non li remunera certo delle rogne che si devono prendere.
Nella mia vita lavorativa ho cambiato sei direttori e più o meno mi sono sempre trovata bene con tutti. Più o meno. Ho sempre avvertito la loro stima anche se si trattava di persone assai diverse tra loro.
Il direttore che mi nominò capufficio, otto anni or sono, era una persona con un grosso senso del dovere e dell'etica. Era mal tollerato in istituto perchè entrava nel merito della più piccola spesa. Qualcuno lo considerava semplicemente tirchio. Però io mi ci rivedevo nel suo carattere. La sua presenza costante dava a noi dell'ufficio un certo senso di soffocamento, ma a me questo stimolava a fare le cose con più cura perchè mi seccava che mi facesse notare, pur con tutta l'educazione del caso, i miei errori.
Il direttore successivo delegava molto di pìù anche se non si sottraeva mai alle decisioni. Molto più assente del precedente, mi dava però sicurezza perchè, quando mi è capitato di chiedergli aiuto nell'affrontare una situazione interrelazionale, l'ho trovato sempre pronto a togliermi le castagne dal fuoco utilizzando la sua posizione. Era anche un tipo simpatico e molto ironico anche se ci siamo sempre mantenuti su un piano formale e non mi ha mai parlato della sua vita privata.
L'attuale direttore ha tutto un altro carattere. E' il classico compagnone, simpatico, affettuoso, un po' casinista e poco avvezzo alle formalità. Umanamente è sicuramente superiore a tutti i direttori che ho avuto. Per esempio è molto bravo a smussare le questioni tra le persone, anche tra i suoi pari. Però ha un carattere totalmente diverso dal mio: espansivo e permissivo. Questo mi destabilizza un po' e soprattutto, lo confesso, non mi fa venire voglia di lavorare. Già gli anni che passano demotivano, l'assenza di validi meccanismi di incentivazione nel pubblico è nota, se poi lui, quando mi sento un briciolino in colpa per non aver fatto tutto il mio dovere, mi dice che ho fatto anche troppo, allora sì che mi passa la poca voglia che ho. E tra i miei collaboratori questa atmosfera lassista non e' proprio quello che ci vuole.
In ogni caso accontentiamoci, aspettando il prossimo.
secondo me tu sei troppo esigente. Prima di tutto con te stessa! :o)
RispondiEliminaHai ragione, Seneca. Lo sono sempre stata.
RispondiEliminaOltre che troppo esigente, anche un po' perfezionista, e troppo sensibile, ma sicuramente la collaboratrice seria e preparata che tutti vorrebbero avere al fianco, perché non si risparmia mai.
RispondiEliminaUn abbraccio
Sileno
Insomma una rompi....
RispondiEliminava beh, ho capito...
Avanti un altro! ;-)
... tutt'altro che "una rompi", altrimenti saresti un buon capo, ma tu sei una persona molto umana e coscienziosa.
RispondiEliminaBasta altrimenti ti monti la testa...
Ciao
Sileno
Come ti capisco Artemisia! Io non ho mai voluto fare la vicepreside (e men che meno la Preside!) non solo per questioni ideologiche ma perché non so essere assertiva. Tu però mi piaci così, spero solo che non ti faccia soffrire troppo essere il boss buono...
RispondiEliminamarina
Grazie, Marina! Con gli anni ho imparato ad accettarmi così come sono. Anche perchè guardandomi intorno ne vedo assai pochi/poche che sanno fare i capi, cioè che sanno assertivi ma motivanti.
RispondiEliminaCausa impegni, non riesco più a stare al passo con i tuoi post (uno più originale dell'altro) quindi mi limito a leggerli al volo quando posso... secondo me ha ragione seneca52: sei troppo esigente verso te stessa... così non riesci a goderti bene ciò che hai e che sei!!
RispondiEliminaGrazie, Spunto. Non ti preoccupare. Io non riesco a stare al passo con molte cose :-(
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