mercoledì 2 settembre 2009

Parlare di sé

Oggi sono andata da una psicologa. (Guai al primo che dice: "Era ora!") Avevo bisogno di essere rassicurata ma soprattutto avevo bisogno di essere ascoltata. Il fatto che una persona per un'ora sia a tua disposizione, ti ascolti (cioè per davvero, quanto detesto le persone che mentre parli distolgono lo sguardo e si capisce che pensano ad altro!), ti faccia qualche domanda e sia interessata a te (d'accordo lo è per soldi, ma che significa? L'importante è che non sia un mistero per nessuno), a quello che ti capita, persino a quello che senti e che pensi, io lo trovo fantastico. I miei tre uomini di famiglia lo trovano invece terrificante. Tant'è che due hanno disertato ed uno è venuto solo per amore. Sono davvero così strana?
Eppure il bisogno di parlare di sè e di essere ascoltati (ma ascoltati davvero) io credo che sia comune. Così mi sono ricordata che da tempo volevo segnalare una puntata di Le Storie di Corradio Augias (se sopprimono questo programma, giuro, che mi incateno davanti alla RAI) nella quale era ospite Massimo Cirri,
uno dei due simpatici conduttori della trasmissione Caterpillar ma questa volta in veste di psicologo che lavora da anni al Dipartimento di Salute Mentale di Milano e di autore del libro "A colloquio" dove racconta in modo semplice le storie di alcuni suoi pazienti.
"Cosa dà ai suoi pazienti?", chiede Augias, "Consigli? Pillole?"
"Nel servizio pubblico, dove esso funziona", risponde Cirri, "alle persone che hanno la vita movimentata da un disturbo anche grave si danno molte cose. Prima fra tutte la possibilità di colloquiare, di dire di sè, di riflettere, di pensare. Si danno dei farmaci, anche se non troppi nonostante le pressioni delle case farmaceutiche. E poi si danno delle possibilità per esempio di lavorare e di stare comunque "dentro la vita" e non fuori come era prima per i manicomi. E' un'esperienza molto umana, prima ancora che psicoanalitica. Parlare di sè è una possibilità che abbiamo sempre meno per le vite che facciamo ma che è un'esigenza umanamente importante. La psicoterapia, quando funziona, nonostante i suoi ottocento tipi diversi, funziona perchè corrisponde a quel bisogno umano di comunicare."
Ecco io la penso proprio come Cirri. D'altra parte ciò è confermato anche da un piccolo e divertente esperimento che personalmente ho trovato strepitoso: un ragazzo un giorno a Roma a messo un banchino in Piazza del Popolo a Roma con un cartello: "Parlo con chiunque di qualunque cosa". Ha avuto più successo di tanti gazebo dei partiti politici. (Grazie a Nestorburma per la segnalazione).
Semplice ma geniale.

27 commenti:

  1. No, dai, a parte gli scherzi.

    Probabilmente gli psicologi hanno ragione, perche' avere ragione e' il loro mestiere.
    Ma io sto dalla parte dei tuoi uomini. Specialmente quei due che non ti hanno seguito per amore.
    Che' e' vero che il bisogno di essere ascoltato (ascoltato davvero, intendo) e' importante soddisfarlo, almeno qualche volta.
    Ma il motivo per cui credo che sia importante (magari non e' un motivo biologico, ma e' la giustificazione nel mio mondo, cioe' nel riflesso che la mia coscienza ha di me) e' dato dal bisogno di condividere i propri problemi. O meglio, le proprie esperienze, che siano problemi o cose belle... qualunque roba.
    E il bisogno di condividere queste cose e' soddisfatto solo se chi le condivide ne e' interessato. Chi puo' assolvere a questo compito?
    Come fa uno psicologo che nemmeno ti conosce ad essere interessato ad un tuo problema o a una tua esperienza, visto che, non conoscendoti, questo problema o questa esperienza non lo tocca? L'unico che puo' aiutarmi a soddisfare questo bisogno e' un amico.
    Forse uno dei problemi della nostra societa', con lo stile di vita che facciamo, e' quello di non avere amici. Amici di quelli che sono in grado di provare empatia, intendo, cioe' di condividere le nostre esperienze.
    Ma quel che e' sicuro e' che raccontare una esperienza per l'esigenza di condividerla e', nella mia visione della vita, completamente diverso... quasi l'opposto, direi... di condividerla per l'esigenza di raccontarla.

    Forse uno psicologo puo' anche aiutarmi, ma io non gli racconterei mai le mie esperienze personali comunque, ecco.

    ;-) poi ci sono anche gli psicologi che sono anche amici (ad esempio mio fratello ne ha sposata una).
    E questo, pero' ha anche l'altra faccia della medaglia. Che non sai mai se ti ascolta per amicizia o per... mmmh... deformazione professionale. E quindi non sai mai se ti ascolta perche' e' interessata a condividere o ad ascoltare.

    Come vedi sono tornato con la mia proverbiale logorrea. Che sia anche questo un modo per esplicitare la mia esigenza di essere ascoltato?

    ciao
    dario

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  2. Dario, sei perfettamente in linea con quello che pensano i miei.
    Sara' che io non ho amici come quelli che descrivi tu...
    In certe situazioni credo che un professionista, se bravo, proprio perche' estraneo, sa cogliere cose che un familiare o un amico non sono in grado di notare proprio perche' coivolti in qualche modo. Non so se mi sono spiegata.

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  3. Mi sento in sintonia con quanto detto da Dario sui psicologi.
    E' difficile trovare uno che vada bene per le più svariate ragioni e qualche volta (come nel caso di un mio amico) sortisce l'effetto contrario facendo sorgere problematiche inesistenti o creando una certa dipendenza dalla psicologo/a stessa.
    Meglio, molto meglio secondo me, farsi ascoltare ed aprirsi con i propri familiari od amici che possono comprendere appieno e disinteressatametne i problemi e quando la cosa comprenda anche loro, adoperarsi coscientemente per aiutarti a risolvere le faccende.
    Ritengo infine, per non cadere in equivoci, che ogni cosa da me detta qua va soppesata e rapporta con il tuo reale stato d'animo in quanto anch'io non posso giudicare quale sia la cosa più giusta da fare...
    Buona fortuna per ogni cosa..

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  4. Il punto e', credo, che l'uomo e' un animale sociale. Un animale sociale e' uno che vive in simbiosi con gli individui della stessa societa', e questo e' ottenuto quando tutti quegli individui hanno la stessa esigenza di soddisfare quella natura.
    Un cane in un branco puo' ritenersi appagato in questa esigenza rimanendo vicino ad un altro cane. Ma nel momento in cui prendesse coscienza che non si tratta di un altro cane, ma di se stesso riflesso nello specchio ne uscirebbe altrettanto appagato?

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  5. Ma... scusate... si dice "il psicologo" o "lo psicologo"?

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  6. il motivo per cui uno psicologo ti può aiutare mentre un amico no è proprio quello che dice Dario: l'amico è coinvolto emotivamente e, soprattutto , anche tu lo sei. Seconda cosa : uno psicologo ha studiato parecchi anni, conosce tecniche e modalità, dopo la seduta ripensa a quello che hai detto durante la seduta e prepara la seduta successiva; uno psicologo viene pagato per il suo lavoro e questo rende il suo rapporto con il paziente professionale e continuativo. Allora , se vogliamo, perché andare da un medico che non ti conosce e che non è interessato veramente alla tua salute? Non sarebbe sufficiente chiedere, chessò, alla nonna? al vicino di casa? a chiunque abbia avuto problemi di salute simili ai nostri. Invece no, andiamo prima dal medico di famiglia e poi, se quello ce lo consiglia, da un bello specialista : Il fatto è che quando si parla di "mente" tutti abbiamo una paura fottuta che qualcuno possa guardarci dentro.
    Parlo per esperienza, ovviamente; un'esperienza avuta sia singolarmente che con la famiglia e dico con assoluta tranquillità che tutti dovrebbero fare un po' di psicoterapia, a prescindere.

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  7. PS: spero in un illuminato e motivato parere di un altro componente della famiglia Unodicinque.

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  8. ;-) Seneca!

    Io credo che se c'e' una patologia fisica bisogna andare dal medico, se ce n'e' una mentale bisogna andare dallo strizzacervelli, proprio per le ragioni che dici tu.
    Se uno e' malato non deve andare dalla nonna, ma dal dottore. Se uno ha disturbi mentali non deve andare dall'amico ma dallo psicologo/psicanalista/psichiatra... a seconda del disturbo, ma sicuramente uno che comincia con psic-.

    Se pero' uno ha voglia/esigenza di parlare di se' e' tutt'un'altra faccenda.
    Se hai i crampi dolorosi allo stomaco perche' non mangi da due giorni vai dal dottore? Io vado dalla nonna, che fa delle lasagne davvero impareggiabili.

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  9. Giusto, Dario. Ma come fai ad essere sapere che sei "malato". La psiche e' una cosa strana e delicata (e anche affascinante). Non e' banale avere coscenza dei problemi della mente. Puoi avere un disagio e non capire da cosa deriva. Oppure puoi essere "pazzo furioso" e ritenere di essere normalissimo.

    Insomma concordo con Seneca anche se, ha ragione Spunto, chi non e' professionalmente preparato puo' fare dei grossi danni.

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  10. Be'. e qui si innesca il gusto del contraddittorio...

    - come fai a sapere se il dolore dei crampi allo stomaco sia dovuto a fame o ad un'ulcera perforante?

    - come fai a stabilire se lo psic da cui ti rivolgi e' preparato o no? E soprattutto, come fa a stabilirlo lui stesso, visto che la psicologia non e' una scienza esatta proprio perche' la mente e' insondabile? Insomma, voglio dire. Non e' mica vero che un pazzo scatenato sia il malato da curare e il resto del mondo e' in salute. Uno che e' malato soffre quando sa di esserlo.

    ;-) comunque sono d'accordo con te, in effetti le tue obiezioni sono il punto debole del mio ragionamento. Direi comunque che uno ha una patologia quando e' cosciente di avercela, altrimenti magari ce l'ha, magari no, ma perche' mai dovrebbe cercare di curarsela?

    Tutto questo pero' mi fa pensare alle pillole placebo, che funzionano meravigliosamente solo fin quando i pazienti sanno che non si tratta appunto di placebo. Cerco qualcuno con cui confidarmi? Vado dallo psic e sono contento. Ma non e' anche questa una finzione?

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  11. ma perché, invece, se ti rivolgi ad un medico qualunque sei sicuro che sia bravo?!? La cronaca, anche recente, dice il contrario; ed ha ragione Arte, come fai a capire se un disagio , un senso di smarrimento o semplicemenete di insodisfazione , sono semplici sensazioni passeggere o un sintomo di qualcosa di più profondo?!? E dal medico per il mal di stomaco, dopo quanto tempo ci vai?!?
    Ecco il punto, il disagio che si ha dentro difficilmente si cataloga come malattia; mia madre soffriva di frequenti fasi di depressione, sai quante volte le suggerivo semplicemenete di uscire, di scuotersi, di tirarsi su!! E' come se ad un malato di tumore tu dicessi semplicemente"dai esci... vedi della gente..fai delle cose..."
    La malattia che non puoi catalogare tra quelle conosciute (gastrite, polmonite, influenza , artrite) non è una malattia ma solo una indolenza che si potrebbe curare con due chiacchiere tra amici. Ma lo sai quante persone si suicidano lasciando le famiglie nel dubbio, atroce , di non aver capito prima? Insomma voglio dire, senza drammatizzare, che il male che un male che non si vede al microscopio o con gli esami del sangue, può essere altrettanto devastante di uno che viene rilevato clinicamente.
    E per metterti a dieta basta che il colesterolo superi la soglia di tolleranza, non c'è bisogno di aspettare l'irreparabile.

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  12. abbiamo tutti bisogno di parlare ma soprattutto di essere ascoltati, il blog nel suo piccolo è anche questo..
    io dico che è terapeutico

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  13. Scusate,sono uno psicoterapeuta, della razza "peggiore" perchè sono psicanalista junghiano. Ho letto il dialogo tra Seneca e Dario con molto interesse. Posso solo raccontarvi la mia esperienza e ciò in cui credo. Intanto credo che ogni psicologo sia diverso, così come ogni paziente è diverso, quindi ogni generalizzazione in materia è per me fuori luogo: io sono diverso da tutti i miei colleghi e non esiste che io penso che sono meglio o peggio di altri, semplicemente diverso. Un paziente può avere buoni risultati con me, un altro con altri miei colleghi ma non con me. Ognuno di noi ha esigenze diverse: non ho mai trattato un paziente nello stesso identico modo nel quale ho trattato un altro e nessun paziente si è relazionato con me come qualcun altro, ma nemmeno lo stesso paziente e io stesso ci relazioniamo insieme nello stesso modo neanche dopo una settimana: normalmente ogni seduta è sempre diversa perchè noi siamo diversi anche se a volte parliamo più o meno delle stesse cose per settimane o mesi. Però se le cose vanno meglio, se il lavoro che si fa INSIEME ha senso, lo si capisce normalmente nel giro di qualche seduta, al massimo dieci, diciamo.
    A Dario vorrei dire che forse è possibile trovare psicologi che non ci mettono il cuore nel lavoro, ma tanti, fra i quali io, sì. E aggiungo che i risultati migliori li ho ottenuti laddove ho provato sentimenti caldi e forti, fino a diventare un "tifoso", quasi un "ultrà" di quel paziente, tanto la realtà umana e il disagio di quel paziente mi feriva e mi colpiva il cuore. Poi ci sarebbero tante altre cose da dire...
    Aggiungo solo questa: molte volte ciò che sblocca delle situazioni è il fatto di essere accolto da qualcuno con cui tu ti senta veramente libero emotivamente di tirare fuori tutto, anche le cose di cui hai più paura o che ti sembrano terribili e che il terapeuta le accolga e che tu paziente sperimenti un rapporto che ti possa portare a pensare, sentire ciò che ti è successo in un modo diverso da come l'hai sempre pensato fino ad allora, schiavo di paure o inibizioni. La ricerca della verità insieme è il tema, per me. A tanti miei colleghi non interessa questo e cercano di risolvere tutto senza coinvolgersi in una relazione "affettiva" col paziente, ma va bene così, anche perchè tanti pazienti cercano questo e per loro è giusto che sia così. Allora, che ciascuno cerchi il terapeuta che lo può aiutare veramente, a ogni terapeuta i "suoi" pazienti e a ogni paziente il "suo" terapeuta. Poi i manipolatori, gli sciacalli, quelli in mala fede, quelli che lo fanno solo per soldi ci sono in ogni categoria professionale e noi psicologi, in quanto esseri umani, non ne siamo certo esenti.
    Ad Artemisia non mi sento di dire niente, solo un abbraccio che nasce dal più profondo del cuore.
    Giorgio.

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  14. Grazie Giorgio del tuo parere. Non ti devi assolutamente scusare (anche perche', tra l'altro, ti e' stato richiesto).
    Non ho esperienza ne' diretta ne' indiretta di psicoterapia e tanto meno di analisi e quindi non mi sento di dare un parere. Mi sento solo di dire che i brevi contatti che ho avuto con questo tipo di professionisti (era la seconda volta, l'altra e' stata una serie di sedute in gioventu') mi sono stati di grande aiuto sia perche' anche solo "parlarne" aiuta a mettere a fuoco e a ridimensionare, sia perche' proprio una persona non coinvolta ed esperta puo' darmi degli spunti preziosi.

    Quanto al blog, concordo con aquilotta71: e' una grande valvola di sfogo tanto che e' stata la prima cosa che ho detto alla psicologa quando mi ha chiesto: "Lei cosa fa per se stessa e per la solitudine che prova?"

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  15. Allora...
    Dunque...
    Ecco...
    Cioe' che i miei messaggi sono sempre lunghi e logorroici. Non e' colpa mia, e' che parlo tanto. E' piu' forte di me.
    Cioe', non e' nemmeno vero. Se mi conosceste di persona e andaste a bere una birra con me, vi trovereste davanti uno che ascolta a lungo e poi vi fa il sunto perfetto del proprio parere in una dozzina di parole. Tante quante bastano. Ne' una di piu', ne' una di meno.
    Invece, porca vacca, quando scrivo, specie se si tratta di un commento ad un blog post, specie se sono a casa di Artemisia, viene fuori questo demoniaco impulso a battere tasti su tasti intrecciando le dita in posizioni che neanche un fachiro contorsionista.
    E me ne rendo conto, e a volte, qua o la', me ne scuso.
    Il problema e' che questo stile di scrittura viene spesso letto come polemica la' dove io questa intenzione non l'avevo. E questa discussione credo ne sia un esempio.
    Cioe', che io scrivo il mio parere e salta fuori subito quello che si sente toccato particolarmente dalla mia critica acerrima che ho fatto alle cose raccontate da Artemisia. No. Nessuna critica, era solo il mio piccolo modesto e insignificante parere, e nessuno dovrebbe sentirsi graffiato. Tantomeno questo psic qui, che definisco semplicemente "questo psic qui" non per sminuire la sua figura professionale, ma perche' io di queste robe qui non ci capisco assolutamente una beata fava, il che rendera' il mio parere ancor meno autorevole, se di autorevolezza si possa mai parlare.

    E anche questo commento si preannuncia lungo e logorroico.
    Manterra' la promessa.

    Dunque.
    Io non volevo dire che Artemisia ha fatto male a rivolgersi dallo psicologo. Ne' volevo dire che chi ha un disturbo psichico non possa essere aiutato dallo psicologo. Per altro io ritengo che puo' essere aiutato dallo psicologo anche uno che non ha una "malattia" data da un disturbo psichico, ma magari e' soltanto un po' giu' e non sa come uscire da una temporanea tristezza. Vuole andare dallo psicologo? Ci vada, se ha bisogno della mia approvazione. Credo che risolvera' il suo problema, piccolo o grande che sia. Dicono che funziona? Ci credo, visto che non ho elementi (ne' ragioni) per dire che non e' vero.

    continua...

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  16. ...continua

    Ma il problema e' un altro. Vediamo se riesco a rendere l'idea.
    Supponiamo che mia moglie vada dallo psicologo e gli racconti tutti i particolari della nostra vita erotica. Supponiamo che proprio questi particolari raccontati l'aiutino a liberarsi di determinati... lasciatemeli impropriamente chiamare "disturbi". - Oh, intendiamoci, sto parlando per assurdo ne'!!! -.
    Allora. Io riterrei che mia moglie abbia fatto bene ad andare dallo psicologo, perche' cosi' e' riuscita a superare il problema. Ma mi incazzerei al punto che farei... boh... non lo so cosa farei. Non approverei proprio il fatto che mia moglie abbia raccontato la nostra vita erotica ad un estraneo. Voi l'approvereste? Be', se si' okay. Io no.
    E questo non e' un problema di pudore. E' un problema direi sociale.
    Il motivo per cui (credo) un paziente si rivolge allo psicologo e' che ha bisogno di parlare. Di un interlocutore in cui riporre la propria esigenza di realizzare la sua natura di animale sociale. E questo e' esattamente (se sono ancora capace di leggere) il motivo per cui Artemisia e' andata dallo psicologo, ed il significato del post. Mica perche' e' malata e ha bisogno di cure. No. Perche' voleva parlare di se'. Che magari anche questa e' una malattia, e che ne so io... ma lei l'aveva dichiarata semplicemente come l'esigenza di parlare di se', magari ignara essa stessa che si trattasse di una malattia (a me non pare malata, ma io sono solo un lettore dei suoi post, che ne so?).

    Ora, tipicamente, gli animali sociali hanno l'esigenza di condividere le loro esperienze. Il ghepardo non e' un animale sociale, e quindi, a meno che non sia una femmina con prole, quando uccide la gazzella se la mangia da sola, magari nascondendosi su un albero. Il lupo invece e' un animale sociale, quindi organizza battute di caccia in branco e poi pacificamente si spartisce i pezzi della preda. Secondo un ordine preciso, ma in comunione.
    In altre parole, un animale sociale cerca un suo simile per condividere la propria esistenza. E un suo simile e' tale solo se accetta questa condivisione, rendendola parte della propria esistenza.
    Lo psicologo, in quanto essere umano, e' parte della societa' dell'uomo, ma non e' di per se un elemento del branco. Non nell'ordine naturale delle cose. Almeno, del mio branco.
    Cioe', nel mio branco esiste uno psicologo che e' mia cognata. E questa costituisce un'eccezione. Ma e' parte del branco non perche' e' psicologa, ma perche' e' mia cognata.
    Scusate, ma io non voglio dividere la preda che ho cacciato insieme ai miei amici con uno che appartiene ad un altro branco. O peggio un lupo solitario. No, io la preda la divido con quelli con cui si suppone, nell'ordine naturale delle cose, che io la divida. Cioe' i membri del branco.
    Primo perche' io di uno che non appartiene al branco non mi fido, visto che sono un animale sociale. Secondo perche' magari i miei compagni di branco si incazzano.

    Ovviamente, nessun problema a far entrare nel branco anche uno psicologo. Secondo le regole del branco, pero', mica secondo la sua autorita' determinata da una laurea e da una parcella.

    Detto questo, intendiamoci. Mia moglie e' liberissima di andare dallo psicologo a spifferare tutto. Ma io sono liberissimo di non accettarlo. Le regole sociali sono fatte cosi'. Purtroppo. O per fortuna.

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  17. Arte, sono curioso:
    Cos'e' che ha detto la psicologa quando le hai detto che usi il blogging come valvola di sfogo?

    Dai, se me lo dici ti pago un po' della parcella... ;-)

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  18. Ma Dario tu non ti devi assolutamente scusare di essere logorroico e neanche di essere considerato polemico. Non mi pare che nessuno si sia sentito criticato. A me (e penso anche agli altri) era chiarissimo che il tuo era solo il tuo parere.

    Solo una precisazione: io non sono andata dalla psicologa "per parlare di me" (sarebbe veramente ridicolo). Sono andata perche' provavo (provo) un disagio di cui non mi sembra il caso di parlare in rete (va bene messaggi nella bottiglia, ma non esageriamo).
    Il fatto che mi sia piaciuto da matti parlare di me e soprattutto essere ascoltata e' un effetto secondario che mi ha ricordata l'intervista a Massimo Cirri e anche il simpatico esperimento di Piazza del Popolo. Tutto qua.
    Il tema del post quindi e' "parlare di se' e' utile? Fa bene? Abbiamo reali occasioni di farlo? ecc."

    PS se mio marito avesse problemi sessuali che provocano disagio o sofferenza in lui o in me o in entrambi io sarei ben lieta di parlarne con qualcuno che ci puo' aiutare.

    PS PS sul blog la psicologa non ha detto niente. Magari non sa neanche cosa sia un blog. :-)

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  19. Ok, allora qualche precisazione anche da parte mia.
    Io davo il mio parere non al tuo caso specifico, che non conosco visto che del tuo disagio non pare il caso di parlarne sulla rete, ma proprio sul fatto di parlare di se', e mi focalizzavo sul caso particolare di quando si utilizza uno psicologo come interlocutore.
    Poi volevo precisare che non ho problemi sessuali ne' mia moglie ne ha, nessun disagio ne' sofferenza. L'esempio era per riportare un caso palese in cui uno va a raccontare ad un qualcosa che in genere si suppone non venga raccontata ad estranei. Il caso in cui mi scoccerebbe e' ovviamente quando si potesse farne a meno.

    Ma ora un dubbio, giusto un po' provocatorio. Perche' raccontare del tuo disturbo alla sconosciuta psicologa e non alla rete? Solo perche' la psicologa e' competente, oppure anche un po' perche' non lo trovi giusto?

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  20. Adoro talmente parlare di me che lo racconterei volentieri anche alla rete ma:
    1) non mi sembra giusto perche' non coinvolge solo me e so che i miei familiari non lo gradirebbero (eufemismo: si incazzerebbero come bestie)
    2) per iscritto e' difficile esporre il problema nei termini giusti e si presta, succede talmente spesso, ai malintesi piu' vari
    3) la psicologa ci ha fatto parlare per un'oretta ma ci ha fatto anche domande mirate a tirar fuori quello che poteva essere utile al problema. Sta li' la capacita' professionale che, se permetti, non si improvvisa.

    Non e' affatto la stessa cosa.
    Sarebbe un po' come partecipare a quelle terribili trasmissioni tipo "I fatti vostri".

    Ora una curiosita' mia: parlane, se ti capita, con tua cognata e fammi sapere il suo parere.

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  21. Il punto 3 lo condivido.
    Il 2 non lo condivido - scrivere per me e' piu' facile - ma lo posso capire.

    E' il punto 1 a cui non riesco ad arrivare. Dici che i tuoi si incazzerebbero se racconti ai lettori del tuo blog i fatti loro, ma invece non si incazzano se li racconti alla psic. Perche'? Non si tratta in ogni caso di estranei?

    L'unica differenza che ci vedo e' che lo psic ha il vincolo del segreto professionale, e quindi il campo di diffusione della confidenza rimane confinato a quella persona. Ma e' pur sempre un estraneo, no?

    Inoltre trovo che io, al tuo posto, non riuscirei molto a confidarmi. Tu dici che ti piace parlare di te. Un po' anche a me. Ma non mi piace confidarmi. Trovo che parte del valore delle cose private stia proprio nel fatto che sono private. Sembra quasi corromperle l'atto di raccontarle. Specie se le si raccontano ad estranei.

    Uhm... mia cognata...
    Paradossalmente e' una persona con cui e' difficilissimo parlare. Lei non si apre con me, e io non mi trovo a mio agio. Insomma, tra le persone che conosco e' quella che mi pare esattamente all'opposto di come dovrebbe essere uno psicologo. Ti faro' sapere, comunque.

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  22. cara Arte io ho studiato psicologia alle superiori con una brav prof di filosofia e psicologia, poi mi sono letta tanti bei libri di psicologia nel corso di una lunga carriera scolastica ed ora a scuola, con il progetto Sam, spesso comunico con la psicologa che viene per i nostri alunni
    non ci trovo nulla di strano comunicare con uno/lo psicologo , quindi ...
    un saluto erica
    ( io spesso quando voglio chiacchierare, comunico con mia mamma, lei ascolta e consiglia e dà ottimi suggerimenti !)

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  23. Molto interessanti sia il post, che i commenti a seguire. Io credo fermamente nella psicologia e nell'utilità di rivogersi ad un esperto, come si dice. Una mia amica sostiene che sia triste "dover pagare per essere ascoltati": ma non si tratta di questo, questa è una semplificazione che va bene come "battutaccia"; ma se parliamo sul serio, la competenza dell'analista non si può improvvisare, proprio perché come dice Seneca52, lui non è coinvolto ed aiutarti è il suo lavoro. Secondo me è segno di intelligenza cercare aiuto se se ne sente il bisogno; sarà l'esperto semmai, a dirti "Signora vada a casa, lei non ha bisogno di me, sono i suoi familiari che non sanno comportarsi!". Ad una mia amica, anni fa, è successo. Io mi recai speranzosa dalla stessa analista, per raccontarle le mie vicissitudini amorose, nell'attesa che dicesse anche a me "Vada pure a casa cara, lei sta benissimo, è lui che deve curarsi..."; non accadde mai. Mi propose, anzi, una terapia! Storia vecchia, ma vera lol. Comunque quella psicologa mi aiutò a trasformare, in meglio, la mia vita. Ciao.

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  24. Anche io parlo con chiunque di qualunque cosa e ascolto tanto, ma non mi paga nessuno anzi lo faccio gratis!...vieni a sfogarti da me cara, ti prometto che non ti censuro!!!...a parte gli scherzi se ti andava di farlo non vedo perchè non avresti dovuto: brava!...un bacione...Carmela (sono a casa!)...

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  25. Stavo pensando che io sul mio blog parlo e anche molto e se chi mi legge decide che vuole essere pagato?...non mi basterebbe lo stipendio!!!....ciaooooo....Carmela

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  26. penso che l'umanità non si divida tra sani e malati (di mente), ma tra chi non ha paura di guardarsi dentro e chi ne ha.
    Arte hai fatto benissimo, io ci ho investito tre anni e un po' di soldi ed è stata un'esperienza fondamentale per la mia vita (anche se spesso durante ti inc**** con il terapeuta e lo contraddici perché ti dice cose che non vorresti sentire, ma questo fa parte del gioco!)

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