E' dura accettare che di noi non rimarrà nulla dopo che saranno morti anche quelli che ci hanno conosciuto e voluto bene. E' grande la tentazione per la persona comune, di cui la storia non parlerà né in bene né in male, di lasciare una qualche traccia del proprio passaggio: un diario, delle immagini, dei filmati, brani della propria voce.
Ecco che internet e la tecnologia in genere vengono incontro al desiderio, non nuovo ma sempre più crescente, di archiviare la nostra vita.
Questo l'argomento di un'interessante puntata di Fahrenheit Radio3 che ha visto ospiti Maurizio Ferraris, professore di filosofia a Torino e autore di "Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce", e Giacomo Papi, che fa parte dello splendido progetto della "Banca della memoria" (i ragazzi che vanno in giro per l'Italia a raccogliere i ricordi di persone anziane perché non si perdano).
In effetti la tecnologia oggi permette di registrare e archiviare una marea di dati, dalle email, agli SMS, alle foto, ai video, ecc. senza più problemi di spazio o di peso ed in modo sempre più alla portata di tutti.
Ho scoperto che esiste persino un progetto un po' folle, che si chiama MyLifeBits con il quale Gordon Bell, ricercatore della Microsoft, si propone di registrare ogni istante (ogni bit) della propria vita.
Questa facilità tecnologica di archiviazione però presenta degli inconvenienti.
Innanzitutto può "prendere la mano" e renderci incapaci di vivere la vita che ci passa sotto il naso. Vengono in mente quelli che fotografano o riprendono qualsiasi cosa, dallo spettacolino dei figli ai viaggi, come presi da una frenesia di accumulo, come se il presente fosse già subito passato, un qualcosa da archiviare o al massimo da rivedere in salotto. Devo dire che questo pericolo lo avverto anch'io durante i miei viaggi. Pur non essendo una fotografa particolarmente raffinata, talvolta sento che la mia preoccupazione di fronte a un bel paesaggio o a qualunque cosa mi provochi un'emozione sia come "catturarla" con la macchina fotografica dimenticandomi di viverla a pieno. Allora mi fermo e mi impongo di non pensare alla foto da fare.
Ma il pericolo principale della memoria archiviata digitalmente è la sua fragilità: poichè la tecnologia evolve velocissima, i supporti su cui è registrata la memoria sono presto obsoleti e vanno continuamente convertiti. Cosa sarebbe stato dei manoscritti di Aristotele, che sono stati chiusi per secoli in un forziere, se fossero stati su floppy? Non si può certo pretendere che i nostri nipoti facciano la manutenzione dei nostri "archivi" trasferendoli dalle audiocassette o dai VHS ai DVD e così via.
Ed anche queste nostre righe che affidiamo alla rete quanto sopravviveranno? E chi ci garantisce che i nostri provider conserveranno queste (per noi) preziosissime tracce (vero Unodicinque?)? E il racconto che avevo scritto con il computer ventanni or sono che conservo salvato su un floppy da 5 pollici e un quarto? L'umanità potrà sicuramente sopravvivere senza quest'opera della mia fantasia, però mi piacerebbe davvero rileggerlo, visto che ogni traccia di esso, ahimè, è stata cancellata nell'hard disk del mio cervello.
Aggiornamento del 26 gennaio: ho scoperto che un mio collega conservava ancora un PC con un lettore di floppy grandi e cosi' mi ha recuperato il racconto. Che delusione! Il tema erano le sofferenze che stavo attraversando in ufficio in quel periodo.
Ecco che internet e la tecnologia in genere vengono incontro al desiderio, non nuovo ma sempre più crescente, di archiviare la nostra vita.
Questo l'argomento di un'interessante puntata di Fahrenheit Radio3 che ha visto ospiti Maurizio Ferraris, professore di filosofia a Torino e autore di "Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce", e Giacomo Papi, che fa parte dello splendido progetto della "Banca della memoria" (i ragazzi che vanno in giro per l'Italia a raccogliere i ricordi di persone anziane perché non si perdano).
In effetti la tecnologia oggi permette di registrare e archiviare una marea di dati, dalle email, agli SMS, alle foto, ai video, ecc. senza più problemi di spazio o di peso ed in modo sempre più alla portata di tutti.
Ho scoperto che esiste persino un progetto un po' folle, che si chiama MyLifeBits con il quale Gordon Bell, ricercatore della Microsoft, si propone di registrare ogni istante (ogni bit) della propria vita.
Questa facilità tecnologica di archiviazione però presenta degli inconvenienti.
Innanzitutto può "prendere la mano" e renderci incapaci di vivere la vita che ci passa sotto il naso. Vengono in mente quelli che fotografano o riprendono qualsiasi cosa, dallo spettacolino dei figli ai viaggi, come presi da una frenesia di accumulo, come se il presente fosse già subito passato, un qualcosa da archiviare o al massimo da rivedere in salotto. Devo dire che questo pericolo lo avverto anch'io durante i miei viaggi. Pur non essendo una fotografa particolarmente raffinata, talvolta sento che la mia preoccupazione di fronte a un bel paesaggio o a qualunque cosa mi provochi un'emozione sia come "catturarla" con la macchina fotografica dimenticandomi di viverla a pieno. Allora mi fermo e mi impongo di non pensare alla foto da fare.
Ma il pericolo principale della memoria archiviata digitalmente è la sua fragilità: poichè la tecnologia evolve velocissima, i supporti su cui è registrata la memoria sono presto obsoleti e vanno continuamente convertiti. Cosa sarebbe stato dei manoscritti di Aristotele, che sono stati chiusi per secoli in un forziere, se fossero stati su floppy? Non si può certo pretendere che i nostri nipoti facciano la manutenzione dei nostri "archivi" trasferendoli dalle audiocassette o dai VHS ai DVD e così via.
Ed anche queste nostre righe che affidiamo alla rete quanto sopravviveranno? E chi ci garantisce che i nostri provider conserveranno queste (per noi) preziosissime tracce (vero Unodicinque?)? E il racconto che avevo scritto con il computer ventanni or sono che conservo salvato su un floppy da 5 pollici e un quarto? L'umanità potrà sicuramente sopravvivere senza quest'opera della mia fantasia, però mi piacerebbe davvero rileggerlo, visto che ogni traccia di esso, ahimè, è stata cancellata nell'hard disk del mio cervello.
Aggiornamento del 26 gennaio: ho scoperto che un mio collega conservava ancora un PC con un lettore di floppy grandi e cosi' mi ha recuperato il racconto. Che delusione! Il tema erano le sofferenze che stavo attraversando in ufficio in quel periodo.
"E il racconto che avevo scritto con il computer ventanni or sono"
RispondiEliminaMa perché continuo a imbattermi in persone che scrivono o hanno scritto?
Comunque tornando in topic, quando vedo che un mezzo sta per andare in disuso riverso tutti i file nei nuovi mezzi. Da floppy 5¼ a quello da 3. Dai floppy ai cd. Dai cd ai DVD. Dai DVD agli SSD.
Morale: per cercare di 'salvare' i file vecchi si finirà per non aver più tempo per crearne di nuovi?
Pace e benedizione
Julo d.
Un po' di tempo fa, mentre inscatolavo le videocassette dei cartoni animati dei miei figli per archiviarle nella soffitta (come i dischi a 33 giri in formato 45 di "Storia della Musica" dei miei o quelli a 78 giri dei nonni...), mi sono ritrovato a fare la riflessione che, da quel momento, sicuramente non avrei mai più visto quegli oggetti!
RispondiEliminaNon so se questo mio fatto c'entra col tuo pensiero, ma me ne vorrei servire per dare una dimensione a quelli che, mi pare, tu consideri "oggetti del ricordo".
In questo caso infatti sono io che archivio i miei ricordi. E lo faccio in modo attivo: cioè archivio quasi indelebilmente a me stesso, non certo senza la ormai sempre presente sensazione di invecchiare, parte del mio passato.
Che poi è ciò che facciamo quotidianamente con il trascorrere della vita. Ed è ciò che ci riesce meglio con i ricordi più dolorosi. Quelli che accantoniamo, fortunatamente, abbastanza spesso (guai fosse il contrario)...
Cio che voglio dire è che non c'è oggetto tramandato che possa mantenere ricordo di una persona.
Può riuscirci un monumento. Ma si tratta di un ricordo didattico. Più o meno uguale ad una foto sbiadita del bisnonno in bianco e nero.
Ma il sopravvivere nella memoria è diverso: credo che ciò possa avvenire solo nella mente e, senza sembrare troppo sdolcinato, nel cuore delle persone che, in qualche modo, ti sono stati in contatto, apprezzando la tua esistenza.
E, abbondantemente, purtroppo ciò non dura per più di un paio di generazioni...
____
E' un bell'argomento: penso che ne farò un post anch'io...
=)
Rileggilo!
RispondiEliminaVedrai che ne vale la pena!
Julo: non e' un caso. Chi scrive nei blog ama per forza scrivere indipendentemente dai risultati. Per i miei "orsi" di casa per esempio e' inimmaginabile scrivere se non si e' costretti. :-(
RispondiEliminaSi', Giangiacomo, c'entra molto. Mi hai fatto venire in mente anche i vecchi vinile. Poi ci sono quelli che "oppongono resistenza" come mio padre che fa collezione di dischi a 78 giri.
E' certo che un oggetto non puo' tramandarci nella nostra interezza. Pero' vedere una foto o un filmato o sentire una voce di qualcuno che non c'e' piu' e' un piccolo surrogato che puo' servire sia a recuperare il ricordo per chi c'era, sia a farsi un'idea piu' completa per chi non c'era.
Alchemilla: rileggerlo e' proprio quello che non ho possibilita' di fare perche' stupidamente non l'ho stampato ma solo salvato su un disco ormai illeggibile. Invece il mio diario di quando avevo nove anni lo leggo e lo rileggo quando voglio.
Ma non puoi trovare un vecchio computer che lo legga?
RispondiEliminaPer fortuna io ho scritto tutto su carta in passato...
Mi viene il panico.
Però, che tempismo!
RispondiEliminaChissa che non ti abbiano letto...
Noooo!!! Che roba!
RispondiEliminalasciar tracce... A volte sai basterebbe lasciar tracce tra le persone che si conoscono in vita e mentre ancora si sta vivendo. Ci sono donne e uomini la cui storia non importa a nessuno. E' bello che alcuni ragazzi vadano in giro a "far raccontare" persone anziane. E' bello che esista un posto dove vengano collocate. Ma mi chiedo quante persone anziane sono sole e non possono raccontare più niente a nessuno perchè ci si stufa a sentirli raccontare, magari in modo ripetititvo o si ha troppa fretta. Come non si ascoltano i balbettii dei bambini che provano a dire quello che sentono o gli "sproloqui" degli adolescenti. Dovremmo ricominciare di lì: dar spazio al racconto nella vita quotidiana, per conoscersi meglio, per comunicare meglio.
RispondiEliminaOgni persona è una storia e ognuno vorrebbe poterla raccontare a qualcuno almeno quando la sta vivendo.
Solo dopo si pone il problema del "post-mortem" secondo me.
Parlo per me, non per te: prima o dopo anche la memoria storica si perde. Per fortuna.
RispondiEliminaIo dovrei avere un lettore floppy da 5,25", ma chissà se funziona ancora... E la cosa mi interessa perché su floppy ci sono tutte le cose che avevo scritto da adolescente, quando usavo il primo PC di mio papà che non aveva HD.
RispondiEliminaComunque se fai un giro per fiere dell'elettronica penso che qualcosa trovi!
(PS: ora rispondo anche al post sul latino :))
In linea generale il progetto di conservare traccia della vita delle persone anche semplici mi sembra interessante. Ma, a parte che, su distanze molto lunghe tutto andrà comunque perduto, e su questo i "conservatori" è inutile che si facciano illusioni,c'è secondo me una grande differenza tra il conservare le tracce dell'Olocausto o i manoscritti di Aristotele e il mio blog con i miei pensieri! Ma soprattutto io nefaccio una questione di volontà del soggetto. Io penso che chi, ad un certo punto della sua vita, decide di non voler lasciare tracce abbia il diritto di provare a cancellarle e che questo diritto individuale non possa essere sacrificato ad un presunto interesse superiore di documentazione. Il mio diritto all'oblio va rispettato come quello di coloro che invece vogliono lasciare tracce. Io sono contenta che l'Eneide di VIrgilio non sia stata data alle fiamme come fin sul letto di morte Virgilio chiese, ma resta che io non sono Virgilio e che di Virgilio in rete non ne vedo molti. Insomma penso che in questo campo la volontà del soggetto circa la sua immagine debba prevalere. Mi rendo conto che è una battaglia difficile da condurre ma secondo me ne vale la pena.
RispondiEliminaGli uomini comunque da sempre si sono impegnati sui due fronti: a conservare memoria di sé e a cancellarla. A me piacerebbe che potessero continuare a fare le due cose.
abbracci, marina
Rieccomi: la scorsa settimana mi si è rotto il telefonino e ho scoperto che la mia rubrica telefonica non era memorizzata sulla sim card(e quindi trasferibile nel nuovo telefonino) e che avevo perso tutti i numeri registrati negli ultimi due anni! Tra cui anche il tuo :-)
RispondiEliminaPanico e disperazione. Ne ho tratto la lezione che la cara vecchia buona carta è ancora una custode più affidabile e deve sempre affiancarsi ai nuovi mezzi.
Comunque un abile tecnico poi è riuscito a sistemare il telefonino vecchio quel tanto che mi ha permesso di copiare a mano, uno per uno, i numeri scioccamente registrati solo sulla rubrica telefonica.
oddio quanto ho parlato!
ciao, marina
Cominciando dal fondo: niente preoccupazioni di "parlare" troppo. Ovvia! (Rafforzativo fiorentino)
RispondiEliminaE' certo che entrambi i diritti (di chi desidera che rimanga il ricordo e di chi vuole scomparire) vanno tutelati. L'unica cosa è che la "fragilità tecnica" e l'ineluttabilità delle cose gioca a favore dei secondi e quindi i primi, secondo me, hanno da penare un po' di più. Tutto qui.
Marina, mi permetti una puntina piccola piccola di polemica? Al di là che questo post (come altri miei) è non è assolutamente imperdibile, ma perchè ne leggi uno ogni tanto (dei miei come, immagino, anche di altri blog)? Una volta mi hai scritto che non leggi i vecchi post perchè "vivi del presente" (qualcosa del genere). Va benissimo ma facendo così può succedere di leggersi quelli meno interessanti saltandone altri che ti avrebbero stimolato di più. D'accordo sulla scarsità di tempo (sfondi una porta aperta) ma basta scorrere i titoli e l'incipit e poi scegliere a ragion veduta, no?
Scusami, ma era tanto che te lo volevo chiedere.
Aggiornamento del 26 gennaio: ho scoperto che un mio collega conservava ancora un PC con un lettore di floppy grandi e cosi' ho recuperato il racconto. Che delusione! Il tema erano le sofferenze che stavo attraversando in ufficio in quel periodo.
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