Il quadro tracciato dallo storico Andrea Graziosi nella sua intervista a Fahrenheit, sulla base del suo volume "L'Unione Sovietica 1914-1991", mostra aspetti interessanti anche perché fuori da certi stereotipi su questo grande paese.
In effetti anch'io, nella mia corposa ignoranza, ho sempre pensato all'URSS come qualcosa scaturito da una situazione di enormi miserie e ingiustizie, un tentativo con grandi limiti di creare una società egalitaria, fallita sia per la troppa rigidità, soprattutto in campo economico, sia per la sete di potere che inevitabilmente prende chi lo esercita senza i necessari contrappesi. Una società che comunque ho sempre pensato coesa, monolitica come le spalle delle nuotatrici sovietiche alle Olimpiadi.
Il professor Graziosi invece ripercorre una storia fatta di forti scosse ripetute (due guerre mondiali, una guerra civile, due carestie sterminatrici, nonché una spaventosa operazione di terrore preventivo) e di forti contrasti sociali (Lenin per esempio fu costretto nel 1921 a fare una nuova politica economica per fronteggiare le rivolte contadine) e nazionalistici (lo stato federale fu dovuto alle pressioni nazionalistiche che non consentirono di mantenere l'aggettivo russo nel nome).
L'Impero Russo, spiega Graziosi, era plurinazionale, plurilinguistico, plurireligioso, disomogeneo e al suo disgregarsi vi furono non una ma più rivoluzioni (alcuni anche vincenti, come quella finlandese che in effetti ottenne l'autonomia).
Interessante apprendere che fino alla grande carestia del 1932-33 (5-6 milioni di morti) l'Unione Sovietica è vissuta dalla maggior parte dei suoi abitanti (gran parte contadini che chiamavano la collettivizzazione delle terre "la seconda servitù") come uno stato illegittimo. Per questo Stalin alla fine degli anni Trenta mette in atto la più grande repressione. Fu la vittoria della Seconda Guerra Mondiale a "legittimare" l'URSS per molta parte della popolazione (anche se non per i Ceceni e i Baltici, che non l'accettarono mai).
Un altro stereotipo vuole l'URSS come l'altra potenza mondiale uscita vincente dalla Seconda Guerra Mondiale, in grado di competere con gli USA. Tuttavia la sfida era folle perché l'Unione Sovietica era povera e aveva un'economia di circa un sesto di quella americana. Stalin accettò la sfida perché come marxista era convinto che il capitalismo fosse destinato alla crisi e che il socialismo fosse il sistema del futuro. Tant'è vero che il miracolo economico del secondo dopoguerra fu una cosa assolutamente imprevista (e ammessa poco persino in Italia).
Dopo l'umiliazione seguita alla crisi di Cuba del 1962, i successori di Cruschov lanciarono il più grande progetto di riarmo della storia (1964-1972), riuscendoci (per ammissione dello stesso Nixon) ma portando sul lastrico una società già povera e creando un debito di stato mostruoso che le autorità non potevano né ammettere né affrontare per non rendersi impopolari.
Un gigante con i piedi di argilla che, secondo Andrea Graziosi, era retto per lo più dalle donne, dalle migliaia di vedove (vista la mortalità maschile a cause di guerre e carestia) o di donne abbandonate, alle quali spesso non rimaneva che dedicarsi all'alcool.
Una storia davvero da approfondire.
In effetti anch'io, nella mia corposa ignoranza, ho sempre pensato all'URSS come qualcosa scaturito da una situazione di enormi miserie e ingiustizie, un tentativo con grandi limiti di creare una società egalitaria, fallita sia per la troppa rigidità, soprattutto in campo economico, sia per la sete di potere che inevitabilmente prende chi lo esercita senza i necessari contrappesi. Una società che comunque ho sempre pensato coesa, monolitica come le spalle delle nuotatrici sovietiche alle Olimpiadi.
Il professor Graziosi invece ripercorre una storia fatta di forti scosse ripetute (due guerre mondiali, una guerra civile, due carestie sterminatrici, nonché una spaventosa operazione di terrore preventivo) e di forti contrasti sociali (Lenin per esempio fu costretto nel 1921 a fare una nuova politica economica per fronteggiare le rivolte contadine) e nazionalistici (lo stato federale fu dovuto alle pressioni nazionalistiche che non consentirono di mantenere l'aggettivo russo nel nome).
L'Impero Russo, spiega Graziosi, era plurinazionale, plurilinguistico, plurireligioso, disomogeneo e al suo disgregarsi vi furono non una ma più rivoluzioni (alcuni anche vincenti, come quella finlandese che in effetti ottenne l'autonomia).
Interessante apprendere che fino alla grande carestia del 1932-33 (5-6 milioni di morti) l'Unione Sovietica è vissuta dalla maggior parte dei suoi abitanti (gran parte contadini che chiamavano la collettivizzazione delle terre "la seconda servitù") come uno stato illegittimo. Per questo Stalin alla fine degli anni Trenta mette in atto la più grande repressione. Fu la vittoria della Seconda Guerra Mondiale a "legittimare" l'URSS per molta parte della popolazione (anche se non per i Ceceni e i Baltici, che non l'accettarono mai).
Un altro stereotipo vuole l'URSS come l'altra potenza mondiale uscita vincente dalla Seconda Guerra Mondiale, in grado di competere con gli USA. Tuttavia la sfida era folle perché l'Unione Sovietica era povera e aveva un'economia di circa un sesto di quella americana. Stalin accettò la sfida perché come marxista era convinto che il capitalismo fosse destinato alla crisi e che il socialismo fosse il sistema del futuro. Tant'è vero che il miracolo economico del secondo dopoguerra fu una cosa assolutamente imprevista (e ammessa poco persino in Italia).
Dopo l'umiliazione seguita alla crisi di Cuba del 1962, i successori di Cruschov lanciarono il più grande progetto di riarmo della storia (1964-1972), riuscendoci (per ammissione dello stesso Nixon) ma portando sul lastrico una società già povera e creando un debito di stato mostruoso che le autorità non potevano né ammettere né affrontare per non rendersi impopolari.
Un gigante con i piedi di argilla che, secondo Andrea Graziosi, era retto per lo più dalle donne, dalle migliaia di vedove (vista la mortalità maschile a cause di guerre e carestia) o di donne abbandonate, alle quali spesso non rimaneva che dedicarsi all'alcool.
Una storia davvero da approfondire.
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