Tre giorni al Festival della Filosofia di Modena-Carpi-Sassuolo che quest'anno ha avuto come tema le COSE. Un'overdose di parole e di concetti, alcuni più afferrabili, altri davvero complicati, di quelli che alla fine ti fuma il capo, però che bello quando ti ritornano in mente associati alla vita di tutti i giorni!
Si comincia venerdì pomeriggio nella tranquilla cittadina di Carpi con Michela Marzano, chiara, puntuale e stimolante come sempre. Ascoltandola ti sembra di toccare con mano il tuo io più profondo. "L’amore come il bisogno di colmare il vuoto della mancanza di senso." "Ognuno ha il suo vuoto che nessuno può colmare, però ci possiamo dare la mano e attraversarlo insieme." "Bisogna appoggiarsi a quel nocciolo duro che rappresenta la nostra autonomia ma dal quale l’altro non è escluso."
Sabato siamo invece a Modena e partiamo la mattina con Emanuele Coccia, un giovane professore con la tenera aria da secchione, che ci propone una tesi provocatoria: le merci come oggetti morali, la produzione e lo scambio di merci rispondono a bisogni morali. Cosa?!? Salto sulla sedia. Un inno al capitalismo e alla sua mercificazione di tutto? Ma quella di Coccia è un'analisi, una costatazione, non un giudizio, mi spiega il mio consulente filosofico personale (mio figlio). In effetti il giovane professore (che confessa di amare i suq) lo dice: "Adoriamo le cose e le consideriamo la forma della nostra felicità." In una società irrimediabilmente secolarizzata, che ha accettato la
morte di Dio e che non crede più che il bene venga dalla storia, la morale della pubblicità ha il vantaggio di non essere ultramondana, non promette un aldilà. E il bene di tutti sta in un quello spazio di proiezione immaginaria condiviso che sono i muri delle città. Non so se mi ha convinto del tutto però l'ho trovato molto stimolante e davvero innovativo.
Più pesante e forse esposta non troppo chiaramente è la lezione di Fabrizio Desideri sul famoso (ah sì?) libro di Walter Benjamin "L’opera d’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica”.
Ma il record dei neuroni che fumano si batte con la lezione magistrale di Emanuele Severino: "Il senso originario della cosa è la resistenza che oppone alla volontà." "La cosa è la resistenza che progressivamente cede." "Il diventare altro non appare, non è oggetto di esperienza, non è empiricamente verificabile. La saggezza del nostro tempo sta tutta in quel tutto diviene."
Caspita! Non c'ho capito nulla, ma intuisco che dentro il ragionamento di questo signore ultraottantenne che si rivolge al pubblico con il "loro" c'è qualcosa di grande, qualcosa che va oltre la banalità dell'immediato. Infatti il professore collega il suo discorso alla crisi attuale e conclude: "Per
rimediare alla crisi occorre ben altro che la politica o l’economia. Ci
vuole il piacere filosofico. Altrimenti siamo carpentieri che riparano
la nave senza sapere dove essa sta andando." Meraviglioso!
La nostra lunga giornata a Modena si arricchisce anche della bella atmosfera che c'è nelle vie e nelle piazze cittadine, del pranzo con il cestino filosofico chiamato "razion sufficiente", del pubblico così incredibilmente numeroso ad ascoltare discorsi tanto lontani dalla banalità dei programmi televisivi ed anche (per me) dell'emozione di vedere e ascoltare dal vivo i miei amati conduttori di Fahrenheit. Che strano dare forma a queste voci così familiari ed accorgersi della loro "umanità" quando Felice Cimatti per provare il microfono esclama "forza Inter!" e quando Marino Sinibaldi si materializza con il suo sorriso radioso ma anche con la sua postura non proprio corretta.
Domenica mattina a Sassuolo, Silvano Petrosino ci coinvolge con la sua simpatia mentre ci fa riflettere sul denaro, che non è una semplice "cosa" e nemmeno un semplice "mezzo" per raggiungere gli oggetti che desideriamo. ll desiderio umano, infatti, è assenza che permane anche nella sua soddisfazione, è inquietudine, sconcerto. Per superare l'inquietudine l'essere umano coagula intorno agli oggetti (la casa più grande, l'auto di lusso, la moto potente, il jeans ultima moda, il viaggio che abbiamo sempre sognato, la bella ragazza che vorremmo conquistare, ecc.) un fantasma che per un po' abita intorno ad essi ma appena li afferriamo esso vola via e noi ci troviamo a desiderare qualcosa oltre.
Partiamo in fretta lasciando a malincuore a metà la lezione di Sergio Givone su dono e perdono.
Cose, è stato il tema del Festival. Filosofia come cosa astrusa e inutile? Discorsi che oscillano tra il banale e l'incomprensibile come dice il cinico materialista di casa? Può darsi. Io invece li ho trovati molto affascinanti e, catturando al volo una definizione sentita da Michela Marzano, mi piace più vedere la filosofia come "esercizio di virtù e conoscenza".
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