mercoledì 26 febbraio 2014

Segnali di dittatura


Vera Vigevani Jarach ha 85 anni ed è diventata un simbolo della memoria. La tragedia della storia è passata nella sua vita ben due volte. 
Nel 1939, quando aveva undici anni, la sua famiglia fu costretta ad emigrare in Argentina a causa delle leggi razziali emanate dal regime fascista. Suo nonno materno, che era rimasto in Italia, morì deportato ad Auschwitz. Sua figlia Franca invece fu vittima del regime argentino, fu rapita a diciotto anni e gettata dall'aereo dopo atroci torture. Vera, co-fondatrice del movimento argentino Madres de Plaza de Mayo Linea Findadora, gira il mondo perché queste atrocità non si ripetano (qui la sua storia in bel video racconto realizzato dal Corriere della Sera).

Ad un recente convegno a Firenze, Vera, che ha assistito a ben cinque colpi di stato in Argentina, invita a stare attenti alle prime avvisaglie sia di forme di discriminazione razziale sia di genocidio ideologico e politico. "Si comincia col creare degli stereotipi, lo stereotipo della vittima e quello del carnefice. Quando ci sono le crisi economiche c'è già una base e bisogna stare molto attenti a cosa capita. Allora nascono questi primi passi di forme di fanatismo, si creano i capri espiatori ("quelli sono brutti, cattivi, ci portano via il lavoro, sono di un'altra religione...") e dall'altra parte il "salvatore" (della razza, della patria...)."
Occhio!

domenica 23 febbraio 2014

Il paradigma delle vittime

Questo mese sto seguendo un nuovo corso di formazione organizzato dall'ANPI a cura dell'Istituto Storico della Resistenza in Toscana (l'altro si era tenuto nel maggio scorso). Il tema di questo ciclo è la memoria, parola che è talmente usata da essermi quasi venuta a noia e in queste lezioni ho capito perché. Il direttore dell'ISRT, Simone Neri Serneri, nella prima lezione ci ha illustrato le tre tappe fondamentali della memoria collettiva dopo la seconda guerra mondiale: la torsione anticomunista degli anni Cinquanta quando la resistenza era dipinta come un movimento del popolo Italiano per riscattarsi, il "paradigma antifascista" degli anni Sessanta/Settanta cioè la mitizzazione della resistenza come base della nostra Repubblica ed infine, dagli anni Ottanta in poi, il cosiddetto "paradigma delle vittime".
Che cosa sia questo "paradigma delle vittime" ce lo ha spiegato bene la storica Marta Baiardi nella seconda lezione di cui ecco alcuni sintetici spunti interessanti:

a) La memoria è fallace (vedi Primo Levi in I sommersi e i salvati). I ricordi con il tempo non solo tendono a cancellarsi, ma anche a modificarsi e addirittura a crescere, cioè ad assimilare elementi estranei.

b) Le ragioni profonde per spiegare la storia non si trovano nelle memorie. La storia lavora sui processi di lungo periodo. La percezione dei fatti da parte dei contemporanei è limitata. Per questo bisogna fare la tara sulla voce dei testimoni, mentre invece è passata l’idea che solo il testimone, colui che ha vissuto quel dato evento, sia l’unico accreditato a raccontarlo.

c) Con la perdita di credibilità delle grandi narrazioni del Nocevento (il marxismo, il cattolicesimo, ecc.) si è affermata la soggettività come valore (in ciò ha fortemente contribuito la televisione). Si è diffusa cioè l’idea che siano più interessanti ed efficaci i racconti soggettivi ed individuali delle ricostruzioni storiche.

d) Nella nostra era postmoderna il mondo è visto in modo orizzontale: tutto vale la stessa cosa, non c’è più una gerarchia di valori, esistono solo racconti (il web è la classica dimostrazione di questa orizzontalità: tutte le opinioni hanno lo stesso valore). 

e) A partire dal processo Eichman con le sue più di cento testimonianze di persecuzione, la vittima conquista la scena. La figura del testimone, da un lato, scava positivamente nella coscienza della vecchia Europa, dall’altro, crea il paradigma vittimario (si veda l'istituzione della giornata delle memoria, del ricordo, delle vittime del terrorismo, ecc.). 

f) Se la vittima occupa troppo la scena, la figura dell’eroe, cioè colui che attua una scelta e ne accetta i rischi, scompare; c’è una deresponsabilizzazione generale. La legge che ha istituito il Giorno della Memoria, per esempio, non contiene neanche una parola sui responsabili, non contiene la parola “fascista”. La legge commemora i deportati, ma non dice chi li aveva denunciati, arrestati e deportati. I colpevoli delle persecuzioni non erano “bande”, come più volte si sono chiamati, ma erano le istituzioni repubblicane stesse che operavano i rastrellamenti. Ci siamo “tranquillizzati” nello stereotipo del nazista cattivissimo, ma i nazisti non avrebbero avuto il personale sufficiente e le informazioni necessarie per fare da soli tutte quelle deportazioni. I morti sono tutti ugualmente vittime, ma quello che cambia la memoria dei fatti sono le loro scelte da vivi. 

Per fare storia, questa la conclusione di Marta Baiardi, i testimoni sono importanti ma non sufficienti. Ci vogliono anche i documenti ma anche un certo spirito critico, quasi da investigatore, dello storico. La realtà è sempre complessa e quindi lo storico deve dotarsi di “passione fredda” e sfuggire le semplificazioni.

mercoledì 19 febbraio 2014

Il vero costo delle promozioni

Da quando sono una consumatrice critica (si parla ormai di qualche anno) guardo con sospetto le offerte speciali, le promozioni, i 3x2, i supersconti. A parte il dubbio che sotto ci sia la fregatura (anche solo banalmente spingerti a comprare cose in più di quelle che ti servono) ma soprattutto se qualcosa costa palesemente meno bisognerebbe sapere quali costi si sono tagliati. Il profitto? Assai difficile. La pubblicità? Sarebbe uno dei pochi motivi accettabili ma è raro che accada. Il più delle volte invece il risparmio è sui lavoratori che hanno prodotto quella merce o sull'impatto ambientale della sua produzione o sulla qualità degli ingredienti.
Mi ha fatto piacere quindi notare che anche Altroconsumo, rivista a cui sono abbonata da anni ma che talvolta mi ha convinta poco per la sua estrema ricerca della convenienza per il consumatore a tutti i costi, stia cominciando invece a pubblicare articoli dove si indaga anche il comportamento etico e sociale delle aziende produttive come questo.
In sintesi l'articolo spiega che le promozioni e le offerte speciali si riflettono in peggiori condizioni praticate ai fornitori ai quali vengono imposti prezzi all'osso. Così questi non possono garantire salari equi ai propri lavoratori oppure diminuiranno la qualità del prodotto (per esempio con ingredienti più economici) oppure andranno in fallimento diminuendo così la concorrenza.
L'articolo prosegue confrontando la trasparenza e il comportamento sociale e ambientale delle sei grandi catene di distribuzione che fanno il bello e il cattivo tempo sul mercato tenendo in mano le sorti di migliaia di produttori.
Altroconsumo invita quindi a mettere nel carrello anche l'etica. Operazione affatto banale.

sabato 15 febbraio 2014

La verve civica della signora Maria e il sindaco assenteista


La signora arriva al punto di ritrovo con la sua bicicletta ed appare subito piena di energia di buon mattino. "Buon giorno! Sono Cecconi Maria.*" Suona strano questo presentarsi con cognome e nome in un'associazione di ciclisti-ambientalisti dove di solito ci si chiama per nome, e poi come sa di popolare questo mettere il cognome per primo! Quello spiritoso di mio marito non resiste ad una delle sue battute sardoniche: "Non le garantisco che mi ricorderò il suo nome." Ma la signora Maria, ad occhio tra i 65 e i 70 anni, non si fa problemi, giustamente ignora e, sprizzando energia e chiacchiera da tutti i pori, attacca a raccontarci del lieve incidente che le ha impedito l'uso della bicicletta nell'ultimo periodo, della nipotina che deve badare a giorni alterni, per passare poi ai problemi del palazzo dove vive sotto il quale stanno facendo dei grossi lavori. Penso a mia madre, che ha pochi anni più di lei, e confronto la sua vita così ritirata, abitudinaria e timorosa, con quella di questa donna che sembra un vulcano.
Ed ecco infatti che qualche giorno dopo alla radio locale, che ospita talvolta cittadini o comitati che vogliono portare l'attenzione su un problema, sento annunciare: "E' venuta a trovarci nei nostri studi Maria Cecconi per esporre le sue preoccupazioni, come abitante del quartiere, in relazione ai lavori che si stanno effettuando nel viale...." Ohibò! 
La signora Maria espone con la sua schiettezza tutta fiorentina i suoi timori per le vibrazioni del palazzo dove vive dovute alle perforazioni sottostanti e per eventuali infiltrazioni d'acqua. 
"Non credo che ci siino... ma non si sa mai!" 
"Ieri una mia amiha me l'ha fatto vedere anche su Fesbuc. Io i' computer non ce l'ho." 
"La gente dice... sa... siamo Fiorentini: sia apre la bocca e si spara..." 
"Si ha paura perché lì c'era tutta acqua un tempo. C'erano i bindoli."
"I bindoli?" chiede il conduttore. 
"Sì, eran quelli dei hontadini, dove lavavan le verdure... c'era l'acqua. Hapito?" E racconta di aver portato una lettera con le firme del condominio al quartiere, all'assessorato al traffico, a Matteo Renzi, ad un giornale locale ed a La Nazione. 
"Poi un signore mi ha detto: 'perché un tu vai a Radio...?' Alla radio? Icché vo a fare? Ma come si dice: se tutti si sta zitti, si fa come San Lorenzo: si piglia in tasca e si fa silenzio. Diho bene?" 
"Gli stianti gli si sentano... non credo sia una hosa dal giorno alla notte, però la paura fa novanta." 
"I' traffico ora passa tutto dall'altra strada. Lo vedo 'i lunedì che vo a fa' volontariato. Ora sembrano 'e mettino un semaforo."
Nella lettera del condominio si chiede notizie sullo stato dei lavori ma "siccome qualcuno ora è troppo indaffarato, gli sta dappertutto fòri che a Firenze..." 
Ed infine non risparmia una battuta da ambientalista:
"Tutti si vole la strada pulita però la macchina ci s'ha sempre sotto il sedere..."
Quale profezia fu più sbagliata di quella di mio marito? Ci ricorderemo eccome della signora Cecconi Maria. Dieci, cento, mille Cecconi Maria!

*il nome ovviamente è di fantasia, il resto è tutto vero.

mercoledì 12 febbraio 2014

Alle radici del femminismo su RAI Storia

Chissà se ci sarà qualcun altro o qualcun altra che nutre la mia stessa passione per quei programmi di archivio, quei documentari televisivi un po' polverosi, in bianco e nero, un po' seriosi, ma così affascinanti che Rai Storia trasmette a tutte le ore, come, per esempio la serie sulla questione femminile datata 1976 a cura di Mara Bruno. Bellissima la puntata sulle radici dei movimenti femministi nei vari paesi occidentali. 
E se "la prima americana a chiedere il diritto di voto fu Margaret Brent nel 1647" e il primo convegno per i diritti della donna si tenne nel 1848 a Seneca Falls, fu il 26 agosto 1920 che il suffragio universale entrò a far parte della Costituzione Americana.
E se le donne che parteciparono alla rivoluzione francese erano convinte che sarebbero diventate delle cittadine attive, mentre invece la maggior parte dei rivoluzionari (a partire da Robespierre) non erano per niente favorevoli ad un ruolo attivo per le donne, tanto da ghigliottinare le rivoluzionarie che si presentarono all'assemblea legislativa per chiedere i diritti, finì che le donne francesi ottenennero il suffragio solo alla fine della Seconda Guerra Mondiale nel 1944.
E se il congresso dell'Associazione dei Lavoratori nel 1866 votò che "dal punto di vista morale, fisico e sociale il lavoro femminile deve essere energicamente condannato come principio di degenerazione di razza e come uno degli agenti di avvilimento morale della classe capitalistica," non è un caso che le donne abbiano fatto qualche passo avanti subito dopo le due guerre mondiali (il 28 marzo 1917 il parlamento inglese concesse il voto alle donne che avessero superato i trent'anni). Con gli uomini impegnati nei conflitti la manodopera femminile diventava preziosa e le donne, una volta uscite di casa e capita l'importanza dell'indipendenza economica, facevano fatica a rientrare nei ranghi a loro riservati. 
Ecco quindi che suona di intramontabile attualità le parole che la socialista Anna Kuliscioff scriveva alla fine dell'Ottocento: "La questione della donna non è semplicemente una questione di etica né di questa o di quella forma matrimoniale, ma puramente economica. E' questa che la spinge nel campo produzione, della professione e della politica ed è questa che l'emanciperà anche nei rapporti intimi con l'altro sesso."

domenica 9 febbraio 2014

Domenico Quirico e il Paese del Male

Mette i brividi ascoltare l'intervista a Pane Quotidiano di Domenico Quirico, giornalista de "La Stampa" prigioniero in Siria per cinque mesi insieme al belga Pierre Piccinin, esperienza raccontata nel libro "Il paese del male". 
Mette i brividi perché ci si rende conto quanto la sua estrema lucidità sia dovuta alla terribile vicenda provata sulla sua pelle (tenuti in prigioni sottoterra al buio piene di insetti o in case bombardate in continuazione, privati dell'acqua, senza contare le due finte esecuzioni). 
Mette i brividi per il rigore morale che dimostra questo professionista dell'informazione quando afferma che: "Poiché in Siria l'uomo è portato alla radice del suo essere, continuamente in bilico tra il morire e il vivere, per avere il diritto di fare il mio mestiere e di parlare per i Siriani, bisogna aver condiviso con loro quella sofferenza."
Mette i brividi quando parla del problema principale che ha dovuto affrontare durante la prigionia: la lotta contro il tempo. "Quando uno è prigioniero bisogna conquistare ogni secondo, bisogna arrampicarsi per arrivare al secondo successivo. Il tempo è il tuo nemico più invincibile perché esso è sempre davanti a te."
Mette i brividi quando parla delle finte esecuzioni nelle quali "il problema non è tanto affrontare la propria morte, ma la rabbia che ti dà la tua paura ed il fatto che c'è un altro essere umano che è contento di essere proprietario della tua paura. Il puro piacere di vedermi avere paura. Siamo nel fondo del pozzo del Male, il Male gratuito."
Mette i brividi quando racconta la contentezza nel vedersi restituiti i suoi quattro libri che aveva portato, quattro alleati formidabili per affrontare la sfida del tempo, ed il fatto che non sia impazzito grazie alla presenza del suo compagno belga, con il quale ha passato ore a raccontarsi e discutere di tutto.
Mette i brividi quando risponde ai ragazzi in studio che la speranza a cui si è aggrappato durante i cinque mesi è stata quella di ritornare dai suoi familiari per chiedere loro perdono per averli immersi, senza la loro volontà, in questi cinque mesi di dolore e quando dice che, in un paese dove ci si appella continuamente a Dio da una parte e dall'altra, hanno trovato aiuto "nell'immanenza di Dio nel vuoto assoluto del tempo".
Domenico Quirico ha nutrito forti simpatie per i rivoluzionari che ha conosciuto le prime volte che si è recato in Siria, energie popolari, giovani che volevano reimpadronirsi del proprio destino in un paese soffocato da un regime sanguinario e mafioso. Ma adesso, dice, come accade quasi sempre nelle guerre civili, questi rivoluzionari sono stati spazzati via e sono sostituiti da altri attori e da finti rivoluzionari; agli ideali iniziali sono subentrati altri progetti molto più sordidi e nefasti.
L'essenza del dramma siriano, racconta il giornalista, è che tutti i Siriani, anche i più innocenti, sono obbligati a praticare il male.

lunedì 3 febbraio 2014

Appuntamento sotto tono all'oasi


Fine settimana sotto tono quest'ultimo all'oasi WWF di Focognano. Molte le defezioni, causa maltempo, influenza ed esami universitari incombenti. Gli organizzatori un po' distratti da altre preoccupazioni.
Sabato è andata meglio: abbiamo travasato piantine (in particolare di salciarella), poi abbiamo sistemato intorno a piante già in terra una corona di plastica ricoperta di ghiaia in modo che non fossero soffocate dall'erba che cresce velocemente. Infine, la cosa che mi ha dato più soddisfazione è stato piantare dei giovani alberelli (fusaggine, sanguinella, salice). Impressionante manipolare la terra argillosa della piana alluvionale. Un habitat tuttavia non facile per le radici delle piante.
Domenica il tempo è stato uggioso. La cosa più interessante è stata il giro per fotografare delle bellissime escrescenze di funghi e licheni nate sui tronchi degli alberi.




La giornata è terminata con la ripulitura di un fosso davanti all'oasi dove erano stati abusivamente scaricati i resti del rifacimento di un bagno. Non è stato piacevole con il fango alle caviglie sotto la pioggia raccogliere due sanitari rotti e una moltitudine incredibile di frammenti di mattonelle bianche e rosse ma, per tornare al precedente post, sono contenta di aver fatto qualcosa per la collettività rendendo quel posto più pulito. Una goccia nel mare delle discariche abusive ma comunque questa goccia è merito mio e dei miei compagni.