C'è una cosa che ho sullo stomaco da tempo ma avevo delle remore. Un dibattito che ho sentito in questi giorni a Controradio mi ha fatto scattare la molla e lo devo proprio scrivere: io penso che le persone che parlano ad un pubblico hanno il dovere di rendersi comprensibili a quanti più ascoltatori possibili quindi chi parla in modo incomprensibile, in modo fumoso o ancora peggio usando termini da addetti ai lavori mi irrita profondamente.
Premetto che:
1) non apprezzo la banalizzazione del linguaggio, cioè quella tendenza ad usare per pigrizia e superficialità sempre le stesse parole impoverendo il nostro vocabolario;
2) sono contraria alla preoccupante tendenza a ridurre tutto a slogan per venire incontro agli istinti e ai sentimenti più primordiali (tipo "padroni a casa nostra", "non metteremo le mani nelle tasche degli Italiani", vaffa vari e altre amenità ancora più volgari);
3) sono la prima (e forse sono rimasta tra i pochi) ad ammirare le persone che hanno cultura, che si esprimono con una dialettica ricca e profondità di concetti.
Tuttavia troppo spesso dietro un linguaggio difficile si cela solo l'interesse a mostrare che si è studiato, l'autocompiacimento nel sentirsi parlare o addirittura il voler nascondere la povertà dei contenuti e forse persino il tentativo di ingannare l'interlocutore. Troppo spesso chi parla ad una platea non è affatto interessato a farsi capire quanto a far bella mostra di sé.
Non vi dirò l'argomento della trasmissione sopracitata (e nemmeno chi vi è intervenuto) perché non è importante di cosa stessero parlando. Voglio solo riportare alcune espressioni di quelle che mi fanno venire l'orticaria tenendo presente che si tratta solo di un esempio tra i tanti:
"...si tratta di documento prodotto in sinergia completa con...", "il documento su cui abbiamo fatto questa analisi riguarda una proposta che è in itinere", "abbiamo voluto dare una lettura, un contributo soprattutto positivo per farci in qualche modo parte attiva del processo di partecipazione", "sin dalle battute iniziali dell'ingresso nella compagine ordinistica l'anno scorso, quest'ordine ha cercato di esser un elemento di raccordo e catalizzare energie nuove e argomenti nuovi sulla città, credendo nel luogo della città", "raccogliamo degli input in modo inclusivo", "il metodo del Sindaco è denso di originalità e di buoni presupposti, ma è l'inizio di un percorso. Ci poniamo il problema come istituzione (e questo contributo ne è un tangibile effetto) di proporre le professioni come un possibile interlocutore, non certamente da parificare a quella che può essere una generica cittadinanza", "portatori di saperi e di esperienze", "fase di raccolta delle idee e delle forze", "questioni metodologiche", ecc.
Non è che queste espressioni in quanto tali siano incomprensibili e una persona dotata di media cultura come me è benissimo in grado di capirle ma deve fare un certo sforzo per seguire il ragionamento. E' perché mi devo sforzare di capirti? Non stai spiegando filosofia teoretica o meccanica quantistica. Parli alla radio e hai il dovere di venire incontro all'ascoltatore con un linguaggio vario e ricco quanto vuoi ma non inutilmente fumoso.
Evviva allora Corrado Augias che quando i suoi ospiti usano una frase un po' difficile li ferma e li costringe a spiegarsi in parole più semplici dicendo: "Sa, qui siamo in televisione".
E che dire del linguaggio legale. Perché le leggi, i provvedimenti, le circolari sono sempre incomprensibili? Perché usare espressioni come: "Nelle more dell'acquisizione di siffatta documentazione..."? C'è una sola spiegazione: far sì che il popolo non capisca e possa essere ingannato. Anche Don Milani, se non erro, diceva ai suoi alunni che il primo strumento per il povero per non farsi fregare era quello di essere capace di comprendere le cose scritte dai ricchi.
Quanto sarebbe bello estendere ad altri campi l'acronimo informatico KISS: Keep it Simple, Stupid! (Ci sarebbe da parlare anche di short ma lo farò un'altra volta)
E che voglia di far mio l'urlo liberatorio di Nanni Moretti in Palombella Rossa (anche se egli si riferisce in realtà più all'uso di espressioni alla moda)!
Premetto che:
1) non apprezzo la banalizzazione del linguaggio, cioè quella tendenza ad usare per pigrizia e superficialità sempre le stesse parole impoverendo il nostro vocabolario;
2) sono contraria alla preoccupante tendenza a ridurre tutto a slogan per venire incontro agli istinti e ai sentimenti più primordiali (tipo "padroni a casa nostra", "non metteremo le mani nelle tasche degli Italiani", vaffa vari e altre amenità ancora più volgari);
3) sono la prima (e forse sono rimasta tra i pochi) ad ammirare le persone che hanno cultura, che si esprimono con una dialettica ricca e profondità di concetti.
Tuttavia troppo spesso dietro un linguaggio difficile si cela solo l'interesse a mostrare che si è studiato, l'autocompiacimento nel sentirsi parlare o addirittura il voler nascondere la povertà dei contenuti e forse persino il tentativo di ingannare l'interlocutore. Troppo spesso chi parla ad una platea non è affatto interessato a farsi capire quanto a far bella mostra di sé.
Non vi dirò l'argomento della trasmissione sopracitata (e nemmeno chi vi è intervenuto) perché non è importante di cosa stessero parlando. Voglio solo riportare alcune espressioni di quelle che mi fanno venire l'orticaria tenendo presente che si tratta solo di un esempio tra i tanti:
"...si tratta di documento prodotto in sinergia completa con...", "il documento su cui abbiamo fatto questa analisi riguarda una proposta che è in itinere", "abbiamo voluto dare una lettura, un contributo soprattutto positivo per farci in qualche modo parte attiva del processo di partecipazione", "sin dalle battute iniziali dell'ingresso nella compagine ordinistica l'anno scorso, quest'ordine ha cercato di esser un elemento di raccordo e catalizzare energie nuove e argomenti nuovi sulla città, credendo nel luogo della città", "raccogliamo degli input in modo inclusivo", "il metodo del Sindaco è denso di originalità e di buoni presupposti, ma è l'inizio di un percorso. Ci poniamo il problema come istituzione (e questo contributo ne è un tangibile effetto) di proporre le professioni come un possibile interlocutore, non certamente da parificare a quella che può essere una generica cittadinanza", "portatori di saperi e di esperienze", "fase di raccolta delle idee e delle forze", "questioni metodologiche", ecc.
Non è che queste espressioni in quanto tali siano incomprensibili e una persona dotata di media cultura come me è benissimo in grado di capirle ma deve fare un certo sforzo per seguire il ragionamento. E' perché mi devo sforzare di capirti? Non stai spiegando filosofia teoretica o meccanica quantistica. Parli alla radio e hai il dovere di venire incontro all'ascoltatore con un linguaggio vario e ricco quanto vuoi ma non inutilmente fumoso.
Evviva allora Corrado Augias che quando i suoi ospiti usano una frase un po' difficile li ferma e li costringe a spiegarsi in parole più semplici dicendo: "Sa, qui siamo in televisione".
E che dire del linguaggio legale. Perché le leggi, i provvedimenti, le circolari sono sempre incomprensibili? Perché usare espressioni come: "Nelle more dell'acquisizione di siffatta documentazione..."? C'è una sola spiegazione: far sì che il popolo non capisca e possa essere ingannato. Anche Don Milani, se non erro, diceva ai suoi alunni che il primo strumento per il povero per non farsi fregare era quello di essere capace di comprendere le cose scritte dai ricchi.
Quanto sarebbe bello estendere ad altri campi l'acronimo informatico KISS: Keep it Simple, Stupid! (Ci sarebbe da parlare anche di short ma lo farò un'altra volta)
E che voglia di far mio l'urlo liberatorio di Nanni Moretti in Palombella Rossa (anche se egli si riferisce in realtà più all'uso di espressioni alla moda)!
In effetti è un modo di fare veramente snob ed irritante in quanto oltre a darsi arie, tende anche ad offendere la dignità di di chi ascolta.
RispondiEliminaConcordo.
RispondiEliminaQuanto mi è piaciuto quel pezzo di video!
E'un linguaggio che mi fa venire l'orticaria, fatto solo per parlarsi addosso, tipico di chi "se la tira" e pensa di valere molto più di chi ascolta.
RispondiEliminaOltretutto è il sistema migliore per non farsi ascoltare,proprio l'opposto della comunicazione.
Dolores
Sono pienamente d'accordo. Questo purtroppo capita molto spesso. Molti intellettuali si autocompiacciono di rendersi incomprensibili. Invece, la bravura non è la semplificazione, ma di saper spiegare la complessità ion modo semplice per raggiungere quante più persone possibile. Altrimenti si allontana la gente dalla cultura per sempre.
RispondiEliminaUn caro saluto
Giulia
Dici bene Arte,finiscono per dare l'impressione di 'saputelli' che pretendono di guardare gli altri dall'alto in basso,senza mai raggiungere un minimo d'empatia con chi li ascolta.
RispondiEliminaPeggio per loro.
Cristiana
Riporto qui un commento di Frank57 che ho ricevuto via mail:
RispondiElimina"Sul linguaggio, di cui hai parlato, ti fornisco un ulteriore spunto, vale a dire se occorra rivolgersi a tutti allo stesso modo, indistintamente, oppure se non sia meglio adeguarsi al livello, in genere basso che si può riscontrare nell'occasionale interlocutore, sapendo in ogni caso di non appartenere a quel livello, semmai provando ad inserire un concetto diverso, fuori dal pensiero corrente, qualcosa che ti distingua. Analogamente come occorra adeguarsi a consessi diversi in cui la persona, o le persone incontrate, richiedano un'impronta marcata, pensieri più alti. E a cosa sia più impegnativo."
Caro Frank,
RispondiEliminasecondo me non è direttamente proporzionale il linguaggio artificioso con l'altezza del pensiero. Si può esprimersi tranquillamente in maniera chiara ("chiara", non "povera") ed esprimere concetti profondi. Tra le persone che ho ascoltato recentemente e di cui ho anche parlato sul blog mi vengono in mente Dorfles o Viroli. Sicuramente persone colte ma che non hanno bisogno di ostentarlo e si fanno capire perfettamente.
Grazie per il contributo.
Un caro saluto
Anche se in ritardo,voglio esprimerti il mio totale accordo con quanto dici riguardo al linguaggio. Non avevo mai incontrato un post su questo argomento, oppure mi era sfuggito; ma in generale mi piace (si fa per dire) cercare i difetti/difettacci dei nostri (credo anche tuoi) rappresentanti in parlamento. E così vivo con rabbia proprio una brava persona come Bersani che usa un linguaggio stanco, senza comunicare né tanto meno suscitare un briciolo di passione (eh sì, ci starebbe bene anche quella) ed in definitiva alla fine ci si chiede: ma che ha detto? O meglio: che ha detto di nuovo, che non venga ripetuto stancamente e pedissequamente da altri alla prossima occasione? Ecco, però non sono d’accordo con te quando metti insieme, nel “non voler farsi capire”, la “spocchia” intellettuale” che sarebbe presente in rappresentanti del nostro partito, ed altra gente tipo, suppongo, Bindi, Franceschini , Veltroni …e da ultimo l’ottimo Bersani. Non mi pare che gente come Bersani non si faccia volutamente capire per spocchia : è che non sanno neanche loro che dire quando si rivolgono a coloro che dovrebbero votarli, non hanno ancora trovato un canale di comunicazione efficace. Brancolano nel buio.
RispondiEliminaCiao Francesca, grazie del commento.
RispondiEliminaIl post comunque non si riferisce solo ai politici, anzi, le frase citate sono di architetti. Sono certi intellettuali, professionisti o venditori di fumo che talvolta non si vogliono far capire. O per lo meno io ho questa impressione.
Tra i politici invece va piu' di moda il "parlacomemagni", ahinoi.
Riguardo a Bersani ti segnalo l'audiolettera di cui ho parlato nel mio ultimo post (ma forse arrivi proprio da li'...).
Cara Artemisia, prima di tutto una curiosità: se, come credo, nel post di risposta successivo al mio franz90 ti rivolgi a me, mi chiedo come mai mi chiami Francesca. Forse ci conosciamo? Una semplice curiosità. Per quanto riguarda il linguaggio di certi potenti e la loro nulla capacità di comunicare alcunché, sono andata ad ascoltarmi l’audio intervista "in persona", e l’ho trovata davvero allucinante. Continuo però a non capire il fenomeno-Vendola che pur usando termini al limite dell’incomprensibile anche per persone di buona cultura, sembra che abbia la capacità di comunicare “empaticamente” (dio, non vorrei fare una figuraccia anch’io con questi termini): voglio dire che sembra che nel suo caso la gente che lo vota capisca la sincerità, la passione che lo anima, e pazienza se non si capiscono tutte le parole. Altre spiegazioni non so dare, e mi pare che non le dia nemmeno l’intervistatore.
RispondiEliminaGrazie e ciao
Gia'... perche' ti ho chiamato Francesca?
RispondiEliminaNo, non ci conosciamo ma sono andata a vedere il tuo profilo e il tuo blog, per cui ho immaginato che "franz" stesse per "Francesca". Scusami, forse ho lavorato di fantasia... :-)
Mi fa molto piacere che tu abbia ascoltato l'audiolettera.
Senti, su Vendola, io non so cosa pensare. A me francamente non convince piu' di tanto. Io sarei per meno fumo e piu' proposte concrete. Boh, sono abbastanza smarrita (oltre che delusa).
A presto!